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L'economia italiana vista dall'America (1970-2003). I «modesti consigli» di un premio Nobel

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L'economia italiana vista dall'America (1970-2003). I «modesti consigli» di un premio Nobel

Informazioni su questo libro

Franco Modigliani non è stato solo uno dei più grandi economisti del Novecento, è stato anche un intellettuale a tutto tondo, interessato alla cultura, all'arte, alla tutela del patrimonio storico e culturale; è stato anche uno strenuo difensore della libertà e dei diritti civili. A partire dagli anni sessanta, per oltre quattro decenni ha guardato alle vicende dello sviluppo economico e alle trasformazioni della società italiana, esercitando un costante ruolo di osservatore critico, pungolando con indipendenza di giudizio sia le istituzioni economiche sia il mondo della politica. Rigore scientifico, intransigenza, difesa del bene comune hanno sempre contraddistinto la sua attività di uomo pubblico. Questa forte tensione etica si manifesta in un preciso stile d'intervento in cui si sommano il gusto per la provocazione, la curiosità intellettuale, la passione per l'eresia e il rifiuto di ogni ortodossia (incluse quelle di tipo economico). Gli articoli qui raccolti documentano questa sua attività. Sotto le lenti del riformatore finiscono tutti i principali nodi irrisolti del Bel Paese: dalla questione tributaria alla riforma previdenziale, dalla disoccupazione al controllo della spesa pubblica, dalla politica dei redditi al costo del lavoro. L'ampio saggio introduttivo del curatore traccia un profilo inedito del grande economista, mettendo in luce come la sua formazione sia stata segnata dal particolare percorso compiuto dentro le istituzioni scientifiche in cui s'incrociano gli esuli europei arrivati negli Stati Uniti negli anni tra le due guerre.

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Informazioni

Argomento
Storia

Le lenti del grande esule: l’Italia vista da Franco Modigliani

Introduzione di Renato Camurri
1. Un intellettuale sospeso tra due mondi.
Non rientra negli obiettivi di questo lavoro quello di scrivere un’altra biografia di Franco Modigliani. Il nostro interesse è principalmente rivolto al suo profilo di intellettuale e di uomo pubblico e in particolare all’esperienza dell’esilio che ha segnato la vita del grande economista: un’esperienza poco considerata dai suoi biografi1, che intendiamo analizzare cercando di capire quanto e come essa abbia influito sulla sua formazione e collocare storicamente all’interno della più ampia vicenda dell’esilio degli intellettuali europei e italiani verso le Americhe tra le due guerre2, di cui egli può essere considerato una figura simbolo.
Parleremo, dunque, poco del Modigliani economista e parleremo, invece, del grande esule, delle diverse tappe di questa sua esperienza iniziata nell’Italia fascista e mai conclusasi: l’esilio, come scrive Edward Said, «è una crepa incolmabile, perlopiù imposta con forza, che si insinua tra un essere umano e il posto in cui è nato, tra il sé e la sua casa nel mondo»3.
Le domande da cui partire sono essenzialmente due: cosa cambia nella vita di un uomo e nella sua capacità di leggere e interpretare la società – nel modo, in sostanza, di interpretare il ruolo di intellettuale – con il passaggio da un mondo a un altro? E poi: la carriera di Modigliani sarebbe stata la stessa se fosse rimasto in Italia? Al di là dei successi professionali raggiunti, il suo modo di cimentarsi con le grandi questioni dell’economia sarebbe stato lo stesso?
Modigliani ha continuato per tutta la sua vita a dividersi tra due mondi: quello che aveva suo malgrado dovuto lasciare e quello che lo aveva accolto. Nel dialogo e nell’incontro tra questi due spazi sociali dell’esilio si è formata la sua biografia, umana e intellettuale. Cercheremo dunque di ricostruire come nella sua condizione di esule questi mondi abbiano convissuto, quali momenti e quali incontri siano stati determinanti per la sua formazione.
Infine, guardando al rapporto con l’Italia tenteremo di mettere in evidenza non solo le principali questioni economiche da lui affrontate, ma soprattutto lo stile usato, rivelatore di una particolare attitudine alla lettura e interpretazione dei «mali» italiani e delle loro radici, uno stile, come vedremo, che appartiene a una specifica tipologia di intellettuale italiano del Novecento nella quale, a nostro parere, si può a pieno titolo collocare anche Modigliani.
Nel delineare, dunque, il profilo intellettuale di Modigliani, oltre ad alcune fonti primarie4, alle informazioni ricavate dai colloqui personali5, faremo riferimento a un’ampia letteratura esistente sul tema degli intellettuali6.
Qualche ulteriore riflessione metodologica merita invece l’utilizzo di un’altra fonte che userò spesso nelle pagine che seguono. Si tratta dell’autobiografia di Modigliani, scritta dall’economista alle soglie degli ottant’anni, ricca di informazioni, di particolari importanti della sua vita, della sua famiglia, delle molte esperienze professionali. Un genere di testo poco frequente tra gli esuli italiani7, a differenza di quanto invece avviene nel caso degli esiliati tedeschi, che hanno lasciato un’ampia testimonianza dell’esperienza della forzata emigrazione oltreoceano8.
Davanti a questo tipo di fonte lo storico non deve mai dimenticare che essa è un documento di parte, quasi sempre scritto – come ci spiegano gli esperti di autobiografie9 – con un intento celebrativo e che di conseguenza va usato con estrema cautela. Tuttavia, se è vero che spesso l’autobiografia è una sorta di monumento e che viene pensata per commemorare una storia individuale, va anche detto che quella di Modigliani presenta caratteristiche sostanzialmente diverse. In essa prevale nettamente il desiderio di «fare i conti» con il proprio passato rispetto all’intento puramente autocelebrativo. L’economista riapre alcune pagine della sua storia individuale e le colloca, sulla scia dei ricordi – con qualche inevitabile errore – dentro alcuni processi storici ben precisi con i quali, a distanza di tanto tempo, intende confrontarsi.
Le parti che colpiscono lo storico, infatti, non sono tanto quelle che riguardano la sua carriera scientifica e accademica, ma piuttosto quelle che ci portano dentro gli anni della sua giovinezza, nell’Italia fascista, ovvero nella fase in cui Modigliani si trova a dover scegliere se uniformarsi al clima culturale imposto dal regime oppure mettere in atto una qualche strategia attraverso la quale progressivamente emanciparsi dalla retorica della cultura fascista.
Più che la chiusura di un discorso, più che il bilancio di una vita, la sua voleva essere, dunque, una riapertura di dialogo su molti passaggi importanti della sua esistenza coincidenti con alcuni tornanti decisivi della storia italiana. Sono questi, ci sembra, i momenti cruciali della biografia del giovane Modigliani da cui partire.
2. Un giovane ebreo nell’Italia fascista.
Modigliani compie il suo percorso formativo nell’Italia fascista: studia negli anni trenta al Liceo classico Visconti di Roma e nel 1935 s’iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma dove si laurea nel luglio 193910 – al rientro da un anno di studio trascorso a Parigi –, un mese prima di salpare per gli Stati Uniti.
Gli anni giovanili trascorrono tranquilli. Modigliani si presenta come un normale studente alle prese con le fatiche di un percorso di studi reso più complicato del solito da qualche scelta originale e bizzarra – come quella di saltare il terzo anno del liceo –, apparentemente poco interessato a quanto avviene attorno a lui. Manca dunque, nella descrizione della Roma dove egli cresce, qualsiasi riferimento alla situazione politica e alle condizioni di vita imposte dal fascismo. Nelle sue pagine autobiografiche vi sono tuttavia alcuni spunti utili per capire come matura la sua presa di distanza dal regime mussoliniano e come, in un secondo momento, approda all’antifascismo.
Un primo interessante indizio in questo senso è la pagina dedicata a un viaggio compiuto all’estero: siamo nell’estate del 1935, alla fine del liceo, e Modigliani decide di trascorrere due mesi in Inghilterra per migliorare il suo inglese. Dalle sue pagine quest’esperienza sembra costituire una prima occasione per aprire gli occhi sulla realtà italiana: il giovane Modigliani, ancora indeciso sulla scelta universitaria da compiere, rimane fortemente colpito dall’atteggiamento critico dell’opinione pubblica inglese nei confronti della guerra di Abissinia11.
Un secondo elemento che si coglie nella sua autobiografia riguarda la partecipazione ai Littoriali della cultura e dell’arte, che lo videro vincitore nell’edizione del 1937 tenutasi a Napoli – nella sezione dedicata agli studi corporativi – con un contributo sul controllo dei prezzi12. In questo caso le pagine di Modigliani sono più dettagliate e più meditate ed evidenziano un passaggio molto significativo della sua biografia intellettuale. In esse l’economista parla esplicitamente dei Littoriali come di un’occasione d’incontro con «il fior fiore dei giovani antifascisti»13, interpretazione questa che non sorprende affatto, risultando in linea con una rilettura di quell’esperienza che nel secondo dopoguerra andò progressivamente consolidandosi sulla scia delle prime memorie e delle testimonianze pubblicate da alcuni ex littori, molti dei quali scelsero, dopo il 1945, di militare nei partiti dell’arco costituzionale.
Chi nel clima politicamente avvelenato del secondo dopoguerra decise di scrivere e raccontare la propria esperienza di giovane fascista, era di solito mosso da intenti politici. Sicuramente lo erano coloro i quali da destra rivendicavano la loro fedeltà al fascismo e attaccavano quanti, ai loro occhi, avevano rinnegato la giovanile militanza14. Ma lo erano anche gli ex gufini che dopo il 1945 si ritrovarono sotto le insegne del Partito comunista o in altre formazioni della sinistra e, ricostruendo il loro passato di littori, contribuirono ad alimentare il mito dei Littoriali come «palestra dell’antifascismo»15. La questione è di grande interesse e merita di essere approfondita anche per poter inquadrare il percorso di Modigliani sullo sfondo di una vicenda che coinvolge più generazioni di giovani italiani16.
Diciamo subito che pochi sono stati i tentativi compiuti per allargare il campo di osservazione, andando al di là delle vicende strettamente autobiografiche e affrontando sul piano storico la questione dei giovani formatesi negli anni del regime. Ci provarono in tempi diversi e da punti di vista opposti prima Ruggero Zangrandi17 e poi Gastone Silvano Spinetti18.
Come spiega Enzo Santarelli in un suo interessante contributo nel quale rilegge criticamente questa produzione, si dovette attendere gli anni settanta – quando la storiografia sul fascismo aveva raggiunto un più elevato livello di maturazione – per cominciare a uscire dagli schemi interpretativi e dalle semplificazioni di quanti avevano parlato di generazione «tradita» o della generazione «in buona fede», portando, invece, il ragionamento sul piano della sola analisi storica19. Lavoro d’indagine, questo, che solo in anni a noi vicini ha consentito di rileggere in una chiave interpretativa nuova la vicenda dei Littoriali della cultura e dell’arte, ridimensionando e superando la vulgata che si era consolidata nell’immediato dopoguerra – troppo schiacciata sulla produzione memorialistica –, dimostrando come i Littorali abbiano costituito «uno degli strumenti più potenti e consapevolmente utilizzato dal partito per riassorbire l’ortodossia, anche quella inconsapevole, e il dissenso»20, e come essi fossero a tutti gli effetti un momento fondamentale del programma pedagogico di massa che nel corso degli anni trenta conobbe una forte accelerazione.
3. La scelta antifascista.
La storia della «generazione degli anni difficili» appare dunque molto più complessa di quello che per lungo tempo si è stati indotti a pensare, rubricando sotto un’unica voce, quella del presunto dissenso (o addirittura dell’antifascismo), una vera dialettica esistente all’interno del mondo studentesco e universitario fascista che non necessariamente preludeva alla fuoruscita dal regime21. L’universo giovanil...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Presentazione: di Paolo Marzotto
  5. Indice
  6. Premessa: di Renato Camurri
  7. Le lenti del grande esule: l’Italia vista da Franco Modigliani Introduzione di Renato Camurri
  8. Ringraziamenti
  9. I quattro comandamenti
  10. Come evadere la legge Preti: Intervista del «Mondo»
  11. Speculazione monetaria ancora in agguato
  12. Nell’anno della ripresa economica gli italiani dovranno vivere peggio: Intervista di Ugo Stille
  13. Primo: la disoccupazione: Intervista di Ugo Stille
  14. Vi aspettano sudore e tasse: Intervista di Livio Caputo
  15. Chi pagherà per la crisi: Discutendo con Claudio Napoleoni
  16. Possiamo uscire dal ciclo infernale: Intervista di Ugo Stille
  17. Attenti alle polveriere: Intervista di Alberto Ronchey
  18. Contro un rilancio prematuro: Intervista di Massimo Riva
  19. Quale sentiero di sviluppo?
  20. Cari italiani, ecco i vostri mali, e qualche cura: Intervista di Peter Dragadze
  21. Grido d’allarme: Intervista di Alberto Mucci
  22. Non volere troppo: Intervista di «Epoca»
  23. L’Italia è già fuori della crisi: Intervista di Franco Papitto
  24. Negoziamo ora sulla produttività: Intervista di Paolo Glisenti
  25. Il sindacato non ha più scelta: Intervista di Paolo Glisenti
  26. La scala ancora troppo mobile: Intervista di Riccardo Chiaberge
  27. I mali dell’economia si combattono con il rilancio dell’Europa: Intervista di Alberto Negri
  28. Diventeremo più ricchi?
  29. Due consigli per il governo Ciampi
  30. Berlusconi sconfessi An: Intervista di Elena Polidori
  31. Restituire fiducia al paese
  32. Questa manovra o l’Italia va in tilt: Intervista di Roberto Petrini
  33. Le dismissioni con il «nocciolino»: Con Silvia Garetti
  34. Senza leader pronti a risanare, l’Italia rischia il baratro: Intervista di Elena Polidori
  35. Rischio Italia
  36. I pugnali e la lira
  37. Italiani, non fatevi ingannare: Intervista di Riccardo Orizio
  38. Caro Prodi, sulle 35 ore si rischia il disastro: Intervista di Danilo Taino
  39. Il debito italiano? Non fa paura: Franco Modigliani e Giorgio La Malfa
  40. Italiani, non fate i furbi: Intervista di Gian Antonio Stella
  41. Il nostro Manifesto è fatto per l’Europa: Con Paolo Sylos Labini e Beniamino Moro
  42. Occupazione: l’unica ricetta è la flessibilità: Intervista di Giancarlo Bosetti
  43. Ecco come cambiare le pensioni: Con Maria Luisa Ceprini
  44. Dove sbaglia il premier
  45. Europa, la cura Modigliani: Intervista di Oletta Citterio
  46. Servono numero chiuso e competizione tra gli atenei: Intervista di Marco Biscione e Fabrizio Campelli
  47. L’accordo è la strada giusta: Intervista di Alessandro Merli
  48. Rilanciate gli investimenti pubblici: Intervista di Mario Platero
  49. La deflazione non fa paura. La discesa del risparmio Usa sì. E anche la politica di Bush. Ma la svolta non è lontana: Intervista di Paolo Pontoniere
  50. Ora si muova l’Europa: Intervista di Federico Fubini
  51. Tre Nobel dicono no a Berlusconi: Con Paul A. Samuelson e Robert L. Solow
  52. Quando il risparmio faceva paura