
eBook - ePub
La banca che ci manca
Le banche centrali, l'Europa, l'instabilità del capitalismo
- 144 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
La questione della banca centrale, della sua autonomia, dei suoi compiti, dei modi in cui adempierli è al centro dell'agenda politica, non solo in Europa, a seguito del dibattito che le ultime elezioni nel Vecchio continente hanno acceso sulle sorti future dell'Unione. Dagli anni settanta del Novecento, la discrezionalità amministrativa e tecnica delle banche centrali si era ridotta. La crisi finanziaria anglosassone del 2008 ha invece aperto la via a una rinnovata estensione delle competenze delle banche centrali nella supervisione finanziaria e all'ampliamento degli obiettivi e dei gradi di libertà nella politica monetaria. La storia, la pratica e la migliore teoria della «banca delle banche» – l'istituzione che è il perno dell'intero sistema della finanza – confermano come sia possibile una riforma che doti la politica economica di una vera banca centrale, della cui mancanza si è avuta l'ennesima prova nella crisi del 2008. In queste pagine Pierluigi Ciocca, a lungo responsabile della ricerca economica nella Banca d'Italia, avanza e motiva la proposta secondo cui le banche centrali, a cominciare da quella europea, perseguano il pieno impiego oltre alla stabilità dei prezzi, prevengano il dissesto del sistema finanziario, assicurino la continuità della spesa pubblica laddove, pur essendo il bilancio non lontano dall'equilibrio, lo Stato incontra difficoltà nel collocare i suoi titoli sul mercato obbligazionario. Complemento e non sostituto delle politiche che competono ai governi – fiscale, dei redditi, industriale, della concorrenza – l'azione di una banca centrale che disponga di strumenti utilizzabili discrezionalmente può recare un contributo prezioso al contrasto dell'instabilità, in molteplici forme radicata nelle economie di mercato capitalistiche.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a La banca che ci manca di Pierluigi Ciocca in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Business e Business generale. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Argomento
BusinessCategoria
Business generaleVIII. Un ritorno al central banking
L’ultima crisi è sfociata in un ripensamento sia degli assetti posti a presidio della stabilità sia del ruolo delle banche centrali. Al crac dell’alta finanza e alla disoccupazione sono seguiti due sviluppi: riaffermazione della flessibilità della politica monetaria e attribuzione alle banche centrali di maggiori responsabilità nella cura dell’industria finanziaria.
Di fronte alla profondità della recessione le banche centrali sono state indotte ad attuare una politica monetaria espansiva senza precedenti, non convenzionale anche rispetto ai loro statuti. Gli obiettivi hanno spaziato dall’alleviare le tensioni nei mercati finanziari allo sventare la deflazione dei prezzi, dal sostenere l’economia e l’edilizia all’evitare il tracollo dei debiti pubblici. Fra l’acme della crisi nel 2008 e il 2012 per creare base monetaria, abbassare i tassi d’interesse e forzare l’espansione degli aggregati monetari e creditizi le banche centrali degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Eurozona hanno triplicato, o più, i loro bilanci e la Banca del Giappone ha accresciuto il suo del 50%1. La base monetaria è pur essa triplicata negli Stati Uniti e nel Regno Unito, più che raddoppiata nell’Eurozona, aumentata di un terzo in Giappone. In tutti e quattro i casi si è posto il problema di riassorbire nel tempo la liquidità eccedente iniettata nel sistema finanziario, ristagnante presso le banche e non ancora percolata nell’economia. Ha complicato il problema l’entità del debito pubblico accumulatosi in ciascun paese per lenire con maggiore spesa in disavanzo le ripercussioni della crisi2.
Il Sebc ha incontrato le maggiori difficoltà: per la rigidezza dello statuto, gli squilibri di finanza pubblica, la diversa condizione economica e finanziaria dei paesi dell’Eurozona, il «bias» antinflazionistico e di ortodosso rigore imposto dalla Germania. La politica monetaria del Sebc è stata a lungo restrittiva, sino alla vigilia della crisi finanziaria connessa con il dissesto Lehman. Un improvvido rialzo dei tassi ufficiali, dal 4 al 4,25%, veniva attuato dalla Bce diretta da Jean Claude Trichet agli inizi di luglio del 2008, quasi alla vigilia del crac Lehman. Veniva sopravvalutato lo spettro d’inflazione da aumento dei prezzi di prodotti primari e fonti d’energia. Veniva sottovalutato il rischio che si accentuasse e diffondesse l’instabilità finanziaria ormai palese nei mercati anglosassoni. Dall’ottobre del 2008, vista Lehamn, la Bce correva precipitosamente ai ripari, riducendo a più riprese i tassi d’interesse sino al minimo storico di allora (l’1% nel 2009). Ma lo faceva tardi, quando le economie dell’Eurozona erano già entrate in recessione. Inoltre, pur venendo limati ulteriormente, fin quasi allo zero, i tassi d’interesse della Bce diretta da Mario Draghi, il bilancio dell’Eurosistema, la base monetaria complessivamente creata, la parte di essa detenuta dalle banche e non dal pubblico si riducevano sensibilmente dal picco toccato nell’estate del 2012 al settembre del 2014 (si veda la tabella sottostante).
Non solo per la recessione prima e il ristagno poi dell’economia europea, nel biennio estate 2012-estate 2014 la crescita della quantità di moneta rallentava notevolmente rispetto ai ritmi tendenziali pre-crisi. Anche il tasso di cambio dell’euro si apprezzava, con effetti di contenimento sulla domanda e sui prezzi europei: nei confronti del dollaro l’euro saliva da poco più di 1,20 nell’estate del 2012 sin quasi a 1,40 nel maggio del 2014, mentre in termini nominali effettivi si rafforzava del 10% circa rispetto all’insieme delle valute. Nel complesso, la politica monetaria e del cambio mancava di spegnere i focolai deflattivi emergenti in Europa, in prospettiva molto difficili da domare una volta innescatisi e che occorreva invece prevenire.
Banca centrale europea ed Eurosistema (consistenze, in miliardi di euro).
2007 (6 aprile) | 2012 (6 luglio) | 2014 (5 settembre) | |
A) Bilancio consolidato | 1.171 | 3.085 | 2.012 |
B) Base monetaria: | |||
B1) del pubblico | 626 | 898 | 973 |
B2) delle banche | 186 | 887 | 220 |
B3) Totale | 812 | 1.785 | 1.193 |
Fonte: Banca centrale europea.
Al di là del merito e della tempistica di queste scelte, moltiplicare la dimensione dei bilanci e azzerare i tassi d’interesse nominali di policy – mentre l’inflazione era ancora lievemente positiva – ha significato per le maggiori banche centrali discostarsi discrezionalmente da ogni criterio prefissato di governo della moneta, come avveniva dagli anni settanta. Mutatis mutandis, si è trattato dell’analogo della sospensione della convertibilità della sterlina che due secoli prima – 1797-1821 – aveva sollecitato l’opposto impegno analitico e propositivo di Henry Thornton e di David Ricardo.
La reazione dei sostenitori delle regole monetarie rigide è stata immediata3. In particolare, la dilatazione del bilancio delle banche centrali colliderebbe con l’assunto della Bce secondo cui l’espansione della quantità di moneta è alla lunga inflazionistica, come pure con il dettato normativo che prevede che la politica monetaria coadiuvi le politiche economiche europee solo «fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi». Una contraddizione siffatta – va ribadito – è esemplificata dal dilemma a cui la normativa vigente costringerebbe il Sebc per il caso di acuta stagflation, quale quella che anche l’Europa ha sperimentato in un passato non lontano. In tali contesti, la banca centrale non può che mediare fra gli obiettivi e dosare l’uso dei suoi strumenti. Deve ricercare un non facile compromesso. Fra prezzi e attività economica vi sono strettissime connessioni. Scindere i due momenti – come vuole il fatto salvo – è artificioso, non risolutivo. Costringere il Sebc ad agire al limite della lettera dello statuto – come è avvenuto, di necessità, dopo il 2008 – è inopportuno.
Sarebbe invece stato – sarebbe – preferibile che l’Europa monetaria s’ispirasse alla già evocata Section 2.A della Fed, estendendo in modo esplicito al breve periodo l’articolata gamma di obiettivi che essa prevede. Oltre il caso europeo, sarebbe opportuna la ricezione di una formulazione siffatta da parte delle banche centrali su scala internazionale. Anche nella Section 2.A l’accento è in prima approssimazione posto sul legame di lungo termine fra l’espansione dei volumi di moneta-credito e la crescita della produzione (potenziale). Nondimeno, è implicita – e meglio esplicitabile – l’indicazione rivolta alla banca centrale perché tenga conto altresì con discrezionale ponderazione delle connessioni di breve periodo fra occupazione, prezzi, costo del danaro, tasso di cambio, così da favorire l’occupazione, stabilizzare il potere d’acquisto, calmierare i tassi d’interesse rilevanti per l’accumulazione del capitale4.
Riguardo al secondo sviluppo scaturito dalla crisi libri bianchi, rapporti di commissioni ufficiali, proposte di riforma del sistema finanziario e del suo governo – fra cui i rapporti «Turner», «de Larosière», «Liikanen», «Vickers» – sono fioriti al di là e al di qua dell’Atlantico. Si è al fine incrinata la fede di analisti, operatori, legislatori nella parabola dei mercati perfetti. Fra gli economisti e i giuristi è emersa una disillusione almeno parziale verso l’analisi finanziaria d’impianto neoclassico, che si era diffusa nonostante i rilievi di cui è stata da tempo fatta oggetto sul piano teorico ed empirico e nonostante la disponibilità dei paradigmi alternativi, classici, neo-ricardiani, keynesiani, istituzionali5.
La regolamentazione della finanza è stata resa in diversi paesi più restrittiva. Negli Stati Uniti, a partire dal Dodd-Frank Wall Street Reform and Consumer Protection Act varato nel 2010, sono stati imposti obblighi di registrazione e informativi agli hedge funds, nella circostanza dell’ultima crisi incolpevoli. Si è tornati a vecchie idee, compresa quella della distinzione fra attività di banca commerciale e attività di banca d’investimento (del tipo Glass Steagall), distinzione che può essere opportuna, ma l’abbandono della quale non aveva affatto contribuito, al pari degli hedge funds, a provocare la crisi. Sono stati introdotti divieti sul proprietory trading, bizantini nella formulazione, difficili da rispettare, onerosi per gli intermediari. Impongono alle banche di non commerciare in proprio a breve termine in titoli, derivati, opzioni, futures. È stato previsto che i derivati siano almeno in parte standardizzati, vengano scambiati in Borsa o su piattaforme aperte, con l’adempimento contrattuale affidato a una clearing house, mentre gli intermediari che li trattano devono essere capitalizzati e disporre di margini a garanzia delle passività. Le banche sono tenute a rivolgere i loro derivati alla copertura dei rischi, compresi i pochi contratti non standardizzati che sono autorizzate a stipulare.
Ma nessuno ha saputo dire, nemmeno a posteriori, quale precisa regola salvifica avrebbe prevenuto la crisi. Quindi nessuna regola che eviti le crisi per il futuro e consenta di fare a meno d’interventi discrezionali è stata introdotta, né negli Stati Uniti né altrove6.
Con riferimento più specifico ai compiti della banca centrale è stato autorevolmente affermato che «l’impegno delle banche centrali per la stabilità deve andar oltre i prezzi dei beni e dei servizi ed estendersi alla stabilità e alla solidità dei mercati e in generale delle istituzioni della finanza»; ciò, sebbene le «agenzie regolatrici, forse la Federal Reserve in particolare, abbiano mostrato un certo lassismo, e inefficacia della propria azione, nella fase che è sfociata nel disastro finanziario del 2008, segnatamente con riferimento al mercato ipotecario»; coerentemente, è stato ribadito il principio rigore/flessibilità, secondo cui «con o senza un obiettivo quantitativo, un’ampia responsabilità per la stabilità dei prezzi nel tempo non implica affatto l’incapacità di attuare ordinarie politiche anticicliche […]. La fiducia nella capacità e nella determinazione della Federal Reserve (o di qualunque banca centrale) di assicurare la stabilità dei prezzi nel tempo è proprio quanto consente di agire con decisione per fornire liquidità nelle recessioni»7.
Sul piano legislativo, il Titolo XI del Dodd-Frank Act ha ampliato e rafforzato gli strumenti d’intervento sulla condizione patrimoniale e di liquidità, come pure sulle attività, degli operatori sottoposti a supervisione. Alla Bagehot, nel Board della Fed, la competenza per la vigilanza bancaria è stata specificamente assegnata a un nuovo vicepresidente. La Fed – come la Fdic e l’Occ – assumerà compiti di supervisione prima attribuiti all’Office of Thrift Supervision, soppresso anche in ragione del ridimensionamento delle casse di risparmio. È stato creato un Financial Stability Oversight Council (Fsoc), che riunisce gli esponenti di dieci agenzie federali di regolamentazione, presieduto dal Tesoro e incentrato sulla Fed, a cui il Fsoc può rivolgere raccomandazioni concernenti i principali intermediari finanziari, macroeconomicamente rilevanti. «Il Dodd-Frank ha posto la Fed in posizione dominante nel supervedere le società di rilievo sistemico indicate dal Council, assegnandole la primazia nel fissare i livelli di capitale e di liquidità negli Stati Uniti. Inoltre ha imposto l’effettuazione di rigorose verifiche annuali (stress tests) della adeguatezza di capitale di quelle società»8. Le simulazioni sono state affidate alla Fed, che le aveva sperimentate con successo dopo lo scoppio della recente crisi.
I gruppi d’interesse e l’indiscriminata impopolarità presso l’opinione pubblica dei soggetti a vario titolo coinvolti nella crisi hanno tuttavia impedito una semplificazione della giungla dei supervisori statunitensi e l’attribuzione di poteri ancor maggiori alla Fed in questo campo9. In particolare, la Section 13(3) è stata rivista in peggio, sotto la pressione dell’opinione pubblica, restringendo i gradi di libertà della banca centrale nel finanziare ogni operatore, in specie se insolvente o a rischio di insolvenza10:
La perdita del potere della Fed di fare credito a singole nonbanche rende il sistema finanziario più debole e più esposto a fenomeni di panico nel futuro. Lasciar fallire imprese di rilievo sistemico in una crisi senza disporre della capacità di evitare che il panico si diffonda può essere devastante. È questo che rese il crollo di Lehman orrendo11.
Nel Regno Unito la Caporetto della vigilanza, che il governo (laburista) aveva brutalmente sottratto alla banca centrale e accentrato presso la neo-istituita entità burocratica, ha indotto il governo (conservatore) a tornare indietro. Il Financial Services Act del dicembre 2012 ha cancellato per manifesta incapacità, dall’aprile del 2013, la Fsa; ha attribuito alla Bank of England poteri macroprudenziali per la stabilità sistemica della finanza inglese; ha creato un nuovo foro, il Financial Policy Committee, composto dalla Bank of England, dalla Prudential Regulation Authority (che è parte della banca centrale, presieduta dal suo governatore e diretta da un nuovo vice-governatore, a ciò dedicato, per l’attività microprudenziale) e dalla Financial Conduct Authority (chiamata alla tutela degli utenti, dell’integrità, della concorrenza nel sistema finanziario).
Al di là del grottesco caso britannico anche nell’Unione europea, a oltre quindici anni dalla creazione del Sebc, si è riconosciuta l’opportunità di impegnare la banca centrale nella supervisione bancaria. L’evidenza dei fatti ha indotto a superare l’assurda idea – prevalsa dopo gli anni settanta e sempre respinta dalla Banca d’Italia, prima e dopo l’istituzione del Sebc e la creazione dell’euro – di un intrinseco conflitto tra l’affidamento di tale compito alla banca centrale e il rigore della sua politica monetaria antinflazionistica. Vigilanza e politica monetaria oltre a non collidere, possono essere utilmente complementari. Scelta degli strumenti, loro dosaggio e scansione dei tempi d’intervento della politica monetaria traggono vantaggio dalla conoscenza diretta, acquisita sul campo, che la quotidiana supervisione di intermediari e mercati finanziari consente. La politica monetaria ha nel sistema finanziario il canale...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- Indice
- Premessa
- I. Le radici della banca centrale
- II. Tendenze
- III. Rigore, flessibilità
- IV. Discrezionalità, non regole
- V. La temporanea rivincita delle regole
- VI. La crisi del 2008
- VII. Carenza delle regole, carenza della supervisione
- VIII. Un ritorno al central banking
- IX. Bagehot e oltre
- X. Discrezionalità, non arbitrio
- XI. La tutela dell’autonomia e della discrezionalità
- XII. Considerazioni conclusive