Francesco
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Francesco

Il santo di Assisi alle origini dei movimenti francescani

  1. 320 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Francesco

Il santo di Assisi alle origini dei movimenti francescani

Informazioni su questo libro

La storia di Francesco d'Assisi rappresenta uno dei punti chiave dell'intera vicenda bimillenaria del cristianesimo. Né quel punto di forza si esaurisce nella sua – pur esemplare – vicenda biografica, giacché il suo straordinario percorso di vita si salda profondamente con la vicenda storica dell'ordine da lui fondato: un ordine divenuto in pochi decenni il più numeroso e vivace dell'intera cristianità occidentale. In effetti, il nesso fra la sua originaria proposta cristiana e gli indirizzi perseguiti dall'ordine che ne derivò pone non pochi problemi. Come non poche questioni si pongono se si analizzano le caratteristiche e le prospettive reali dell'esperienza religiosa di Francesco e dei suoi primi compagni mettendole a confronto coi termini in cui furono variamente tradotte e tramandate nella pratica e nella memoria storica della Chiesa nei secoli successivi. Non è un caso che la figura di Francesco, canonizzato a pochi anni dalla sua morte, sia divenuta riferimento per una straordinaria varietà di movimenti e prospettive, spesso in aperta contraddizione con quanto i suoi scritti autentici propongono e suggeriscono. Sta in questo intrico di problemi l'aspetto centrale di quella lunga e ancora attualissima «questione francescana» che è resa ancora più intrigante dalla recente scelta del cardinale Bergoglio di adottare, come vescovo di Roma, per la prima volta il nome di Francesco: perché al Francesco storico, largamenten conoscibile nei suoi aspetti di fondo, si sommano e si aggiungono i tanti Francesco che la tradizione ha costruito, e che continuano a proporre molteplici, differenti modelli di esperienza religiosa.

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Informazioni

IV. Dall’agiografia alla storia: considerazioni sulle prime biografie francescane come fonti storiche

1. Fra tradizioni agiografiche e domanda storica.

Le biografie francescane, come genere letterario, presentano un duplice carattere. Sono e pretendono di essere biografia, ossia storia della vita del loro eroe, riallacciandosi in questo a modelli già largamente presenti e operanti nella cultura medievale. Le loro consuete dichiarazioni di fondarsi su attestazioni provate e sicure, su testimoni autorevoli e attendibili, non sono soltanto di maniera: rispondono a preoccupazioni, e a metodi e criteri di lavoro, già in atto da tempo1. La constatazione, assolutamente ovvia e scontata, che il loro concetto di attendibilità, autorevolezza e verità storica è diverso per tanti aspetti dal nostro, che vi è presupposta una «gerarchia di verità», da svelare e da mostrare negli accadimenti della storia, tale da non poter non privilegiare, rispetto all’individualità concreta delle opere degli uomini, il filo segreto della presenza e dell’intervento di Dio, non altera il fatto che esse intendevano descrivere e raccontare eventi e vicende la cui caratteristica di base era, per loro, di far parte di esperienze e situazioni «vere» e che come tali, dunque, andavano lette e accettate dal loro pubblico. Ma le biografie francescane sono anche la vita di un santo, e sia pure di un santo che sarà avvertito sempre di più in termini di inusitata ed eccezionale grandezza. Da questo punto di vista si iscrivono a pieno titolo nella tradizione agiografica, i loro autori si rifanno a modelli, ripetono schemi e procedimenti narrativi, condividono preoccupazioni e finalità che chiaramente rinviano a quella tradizione.
Non si tratta, sia ben chiaro, di due caratteri che siano sentiti, allora, come antitetici o in contraddizione tra loro. Nel Duecento, e ormai da tempo, riallacciandosi ai modelli del IV e V secolo, il racconto agiografico pretende di essere storia e di costruirsi come storia, con i suoi criteri e le sue autorevoli testimonianze, pur ricorrendo ancora, copiosamente, a immagini, figure e scene suggerite e consacrate dalla tradizione2. Storia sacra e umana insieme perché storia dell’o pera di Dio nella vita di un uomo, il genere agiografico condiziona gli schemi di costruzione del testo e la scelta degli episodi e delle vicende che si ritengono degni di essere narrati. Le preferenze del biografo, all’interno delle sue informazioni, cadono su determinati aspetti piuttosto che su altri, con un netto privilegiamento di tutto ciò che può risultare pedagogicamente efficace per i suoi lettori, edificarne l’animo, ammaestrarne e sollecitarne le volontà, orientarne e disciplinarne i comportamenti. L’interesse dello scrittore non si volge perciò alla ricostruzione del percorso esistenziale e umano del santo, alle occasioni e alle circostanze di esso, se non in quanto siano immediatamente traducibili in termini esemplari ed edificanti, perché manifestazione, espressione e punto d’arrivo di volta in volta, in tutta la sua misteriosa grandezza, dell’opera di Dio in lui. Da ciò il carattere di «speculum perfectionis» o di «speculum virtutum» che le biografie francescane in misura più o meno ampia costantemente presentano, da ciò la possibilità anche di un lavoro di raccolta e di compilazione che si limitasse a presentare come flores ed exempla singoli episodi della vita di Francesco prescindendo da ogni preoccupazione di racconto complessivo.
Indubbiamente flores ed exempla si costruiscono e si presentano così, nell’insieme dei materiali riguardanti la vita di Francesco, perché rispondono in primo luogo all’esigenza di recuperare alla memoria scritta episodi, detti e situazioni trascurati dalle prime biografie, hanno le lacune delle prime biografie come loro punto di riferimento. Non a caso la loro prima massiccia raccolta si verificò in seguito alle decisioni del capitolo di Genova del 1244, quando, in vista della compilazione di una nuova biografia di Francesco, venne promosso un largo censimento di episodi della sua vita non registrati in quelle precedenti3. Ma tale recupero si verifica in questa forma anche perché ciò che soprattutto preme è di allargare la sfera dell’esemplarità, di moltiplicare il quadro di atti, gesti, reazioni e parole cui poter attingere i propri modelli di comportamento.
Non era del resto un fatto nuovo nella prassi omiletica e nella letteratura pedagogica ed edificante, che andavano ormai da vari decenni teorizzando l’opportunità di concedere uno spazio adeguato all’exemplum – breve racconto morale in sé concluso –, la cui presentazione e raccolta era considerata necessaria perché non perissero per dimenticanza «ea […] quae posteris esse poterant ad aedificationem». Significativamente, seguendo quest’ordine di idee, Cesario di Heisterbach aveva aperto alla metà degli anni venti del Duecento il suo Dialogus miraculorum con la citazione giovannea «Colligite fragmenta ne pereant» (Ioh. 6,12), incrociando la sistematicità dell’organizzazione trattatistica sui grandi temi della vita cristiana e del progresso religioso dell’uomo con la ricchezza e la varietà degli episodi chiamati a illustrarne e a spiegarne al novizio il significato e la portata4. L’analogia non va spinta troppo oltre. Ma al di là dei motivi particolari che consigliavano integrazioni e recuperi di situazioni e momenti della vita di Francesco credo non si debba trascurare questa più larga tendenza a organizzare secondo exempla la predicazione e l’insegnamento indirizzati a larghe fasce di pubblico.
Riguardo alla vita di Francesco, tuttavia, tale recupero acquistava un’urgenza e un significato del tutto specifici e particolari, nella misura in cui l’ordine, che della sua opera era il frutto più vistoso, non poteva non continuare a riferirsi a lui come al proprio ispiratore, come al santo cui ogni frate doveva guardare come al proprio ideale modello. È un aspetto che ritorna con grande insistenza un po’ in tutte le biografie, ma soprattutto nei materiali variamente riportabili al gruppo dei «compagni», e particolarmente in quegli episodi e racconti contrassegnati da quel «nos qui cum eo fuimus», che voleva rimarcare così il carattere autorevole e l’autenticità della propria testimonianza, come tale sentita e trasmessa anche in seguito5.
Da questo punto di vista tutto l’intenso lavorio di rielaborazione biografica e di allargamento della piattaforma informativa ed esemplare riguardante la vita di Francesco si inseriva esplicitamente nelle lacerazioni e nei conflitti che segnavano sempre più profondamente la vita dell’ordine, al proprio interno come nei rapporti con le diverse articolazioni dell’istituzione ecclesiastica6; nasceva da bisogni e domande di un presente che intendeva cercare nel passato le proprie risposte: risposte sugli orientamenti da assumere, ma anche sui perché delle proprie lacerazioni e difficoltà. Non può non colpire, in effetti, l’insistenza con cui già nei materiali raccolti su iniziativa del capitolo di Genova ritorna la questione del silenzio di Francesco rispetto a deviazioni e storture che si sarebbero verificate nell’ordine già negli ultimi anni della sua vita, radice e premessa di quegli abusi che agli appassionati zelatori dell’osservanza rigorosa della regola apparivano clamorosamente grandeggianti nel presente7. La situazione stessa, insomma, sollecitava un recupero della propria memoria storica, un impegno di riflessione e di ripensamento che non mancò di ripercuotersi sui testi via via trascritti e raccolti e sulle nuove compilazioni biografiche che ne derivarono.
Strumenti di discussione e di lotta e frutto dei contrasti in corso, sono scritti dunque che, per il loro stesso carattere, filtrano e ricostruiscono la memoria del passato alla luce delle condizioni, dei problemi e degli orientamenti del loro presente: il rischio dell’anacronismo, della forzatura o della manipolazione interessata insidiano costantemente i tratti e la consistenza della loro testimonianza. Tali prodotti non sono tuttavia riducibili a quest’unica dimensione, che rinvia agli sviluppi e ai mutamenti intervenuti nella vita e nella situazione dell’ordine. Nel momento stesso in cui si propongono di trovare e mostrare in una ben circoscritta vicenda storica le ragioni e le giustificazioni delle proprie posizioni ideali – ma anche non di rado delle proprie divisioni e difficoltà –, essi si sottopongono a un tipo di vaglio e di condizionamento che non trova analogie nel passato del cristianesimo occidentale: perché fanno del percorso storico di un uomo la pietra di paragone e la cartina di tornasole per giudicare se stessi e la propria condizione.
Vi sono insomma, progressivamente crescenti in essi, nella ricerca e nella ricostruzione dei fatti e dei momenti considerati essenziali di quella storia, un’intensità di partecipazione, una domanda di verità, un’ansia di mostrare, spiegare e capire, che non hanno eguali nella produzione storiografica e biografica di quei secoli. Le reticenze e le zone d’ombra, che pur non mancano, non infirmano questo aspetto che resta in essi essenziale. Vorrei dire che, in qualche modo, la storia diventa in quei testi un problema reale, la sua ricostruzione e il giudizio su di essa un elemento peculiare del loro intenso lavorio di riscrittura, di correzione e di ricerca. Nella molteplicità dei filtri e dei tramiti cui le vicende della vita di Francesco furono contemporaneamente soggette, questo problema più propriamente di storia – di memoria, ricostruzione e raccolta dei fatti accaduti, e di domande sul perché, il valore e il significato di essi – non risulta mai pienamente sopraffatto e accantonato, resta presente e operante come componente significativa di tutti quei testi, aspetto e ragione non secondari del loro proliferare e contrapporsi: di quella costante interazione tra racconto scritto e memoria orale che ne sollecita la produzione, ma anche dell’opera di revisione, correzione e precisazione che sostiene e giustifica il loro dialogo a distanza.
Per questo ritengo astratta e fuorviante la proposta avanzata a suo tempo da Kajetan Esser di privilegiare, per la storia delle origini francescane, le testimonianze esterne all’ordine, essendo gli scritti prodotti al suo interno irrimediabilmente condizionati e deformati dalle sue lacerazioni e dai suoi contrasti8: astratta, perché presume negli osservatori esterni un’oggettività di informazione e una capacità di penetrazione e comprensione dell’originario fenomeno francescano che risultano in realtà costantemente contraddette dai loro giudizi e dalle loro interpretazioni; fuorviante, perché ipotizza la possibilità, nelle fonti storiche, di un’asetticità assolutamente inesistente, senza rendersi conto che proprio il profondo e spesso antagonistico coinvolgimento degli autori francescani nella storia che intendevano ricostruire e narrare costituisce la forza della loro testimonianza storica, assai più rilevante e ricca di implicazioni delle spesso distaccate e distratte testimonianze degli osservatori esterni9. Intendo dire insomma che proprio le lacerazioni e i problemi che dividevano l’ordine, insieme alla necessità per tutti di misurarsi, volenti o nolenti, sulla vita e l’esempio di Francesco, sono ragione e causa non solo del rischio costante della deformazione interessata, mai assente del resto nei testimoni di vicende storiche, ma anche di quella varietà di racconti, testimonianze ed episodi, di quell’incontro/scontro di sempre nuove precisazioni e correzioni su vicende particolari, che aprono scorci, prospettano situazioni e suggeriscono piste di indagine e di ricerca altrimenti del tutto improponibili. Il serrato, lacerante confronto tra l’esperienza di Francesco e la nuova situazione dell’ordine, nel momento stesso in cui è motivo di divisione e di polemica al suo interno, è anche occasione per un impegno di memoria, di approfondimento e precisazione di quell’esperienza, che non può essere sottovalutato.
La Legenda maior di Bonaventura e i criteri che presiedettero alla sua stesura tentarono di liberare l’ordine da tale problema. Le decisioni del capitolo di Parigi del 1266 di considerarla unica biografia autorizzata e ufficiale, ordinando la distruzione di tutte le precedenti Legendae, intese sorreggere tale operazione con un atto di forza, che chiudesse il circuito tra passato e presente, interrompendo un confronto che risultava esiziale per l’armonico sviluppo dell’ordine e del tutto insostenibile con gli strumenti critici a propria disposizione10. Fu un tentativo che, com’è noto, non riuscì pienamente (già dieci anni dopo il lavoro di raccolta delle testimonianze e dei materiali biografici su Francesco venne ufficialmente ripreso)11, anche se fu catastrofico per lo stato, le condizioni e la natura stessa della nostra documentazione. La drastica interruzione intervenuta nella lettura e nella trasmissione dei materiali scritti facilitò ulteriormente la crescita delle deformazioni mitizzanti, dando più libero corso a tutte le fantasie e i bisogni soggettivi veicolati dalla memoria orale. La leggenda del «grande perdono» di Assisi nacque in questo contesto12, come in questo contesto presero nuovo slancio quegli aspetti miracolistici e meravigliosi che intessono alcuni racconti degli Actus e dei Fioretti, ma anche l’Historia septem tribulationum di Angelo Clareno13.
All’opera del tempo, che allontanava in una sfera sempre più mitica la memoria fascinosa delle origini, si aggiunse così l’azione violenta dell’uomo. Le decisioni del capitolo di Parigi e la scelta della Legenda maior come unico testo biografico cui far capo determinarono un’interruzione non più riparabile nella trasmissione dei testi, e quindi nelle possibilità stesse di misurare e confrontare su una tradizione varia e frastagliata la propria immagine di Francesco. Non vi è dubbio che il ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Introduzione 2013 Otto Secoli Dopo: Il Santo e il Papa
  5. Prefazione
  6. Elenco Delle Abbreviazioni
  7. I. Chiesa, Riforma, Vangelo e Povertà: un Nodo Nella Storia Religiosa del XII Secolo
  8. II. La Proposta Cristiana di Francesco D’assisi
  9. III. La «Scoperta» del Vangelo Come «Forma Vitae» Nelle Biografie Francescane: le Aporie di una Memoria Storica in Difficoltà
  10. IV. Dall’agiografia alla Storia: Considerazioni Sulle Prime Biografie Francescane come Fonti Storiche
  11. V. Bonaventura e Francesco
  12. Indice