La biblioteca senza libri
I
Anche se in maniera molto diversa, sono entrambi monumenti della cultura americana. Il primo è un palazzo: una grandiosa struttura in marmo e pietra in stile «Beaux Arts» che occupa l’equivalente di due isolati della Quinta Strada, nel pieno di Manhattan. Il secondo è un raffinato conglomerato di metallo, plastica e vetro lungo poco più di dieci centimetri, dello spessore di neanche un centimetro e del peso di poco più di cento grammi. Il primo è lo «Stephen A. Schwarzman», il corpo principale della New York Public Library (NYPL). Il secondo è un iPhone. A dispetto delle loro ovvie differenze, molte persone li utilizzano per il medesimo scopo: leggere libri. Oggi il numero di libri disponibili per iPhone è di gran lunga superiore a quello dei libri conservati nella Biblioteca di New York, e i primi si possono ottenere assai più in fretta dei secondi: appena trent’anni fa, uno scenario simile sarebbe stato considerato un semplice parto di sfrenate immaginazioni fantascientifiche.
Ormai da tempo è chiaro che il cambiamento in atto pone una delle più grandi sfide che le moderne biblioteche – proprio a partire da istituzioni come la NYPL – abbiano mai affrontato nella loro storia. Per parlare chiaro, una delle loro funzioni principali è a rischio di obsolescenza. Quale sarà il ruolo delle biblioteche quando i lettori non avranno più bisogno di entrarci per consultare o prendere in prestito libri? Questa domanda ha suscitato un gran numero di commenti e discussioni. Nell’ultimo anno, però, le ampie polemiche innescate dalle vicende di molte biblioteche hanno reso urgente e inevitabile dare delle risposte.
La più infuocata fra queste polemiche coinvolge proprio la biblioteca di New York, che in passato è stata un modello per altre grandi biblioteche americane. L’ambizioso Central Library Plan voluto da Paul LeClerc, presidente della biblioteca fino al 2011, prevede che milioni di libri vengano spostati dai venerabili scaffali della sede principale a un deposito situato in pieno New Jersey, dal quale i volumi impiegherebbero almeno 24 ore per arrivare nell’ampia «Rose Room», la sala di lettura principale. Il piano prevede anche la vendita delle fatiscenti strutture limitrofe (fra cui il distaccamento nel centro di Manhattan, uno degli otto di cui è composta la struttura della NYPL) e l’integrazione delle loro funzioni in un rinnovato «Schwarzman Building». Questo progetto non è in alcun modo una risposta a un processo di digitalizzazione, ma chiaramente la prospettiva della digitalizzazione ha facilitato la decisione da parte della biblioteca di spostare i libri. Le proteste contro questo progetto, compresa una lettera firmata da diverse centinaia di importanti scrittori ed accademici, sono state aspre, fino ad accusare il nuovo presidente della NYPL, Anthony Marx, già a capo dell’Amherst College, di concepire le biblioteche del futuro non tanto come luoghi in cui custodire libri e conoscenza, quanto come degli internet café particolarmente raffinati.
Quest’ultima accusa è chiaramente priva di fondamento. Marx è arrivato alla NYPL solamente un anno fa, quando il Central Library Plan era ormai in uno stadio troppo avanzato per poter essere bloccato. Marx inoltre, come praticamente ogni altro direttore di biblioteche negli Stati Uniti, si trova a dover lavorare in un periodo di gravi ristrettezze finanziarie. Persino la biblioteca dell’Università di Harvard ha visto il proprio budget diminuire drasticamente negli ultimi anni, e il suo staff è stato ridotto di oltre di un terzo (e questo è diventato il punto cruciale di un’ulteriore polemica sulle biblioteche). Alla NYPL il budget per le nuove acquisizioni è diminuito del 26% solo negli ultimi quattro anni. Secondo Marx, il nuovo piano consentirà , col semplice spostamento di diverse funzioni nello stesso edificio, di risparmiare la bellezza di 16 milioni di dollari all’anno in costi di gestione, il che corrisponde a un aumento del 50% della dotazione della biblioteca. Inoltre, l’ambiziosa riprogettazione dello «Schwazman Building», firmata da Norman Foster, attrarrà ulteriori finanziamenti. Marx, insomma, è tutto fuorché un barbaro alle porte. Al contrario, il suo desiderio è evidentemente quello di far circolare il maggior numero di libri cartacei in quante più mani possibili. Tra le altre iniziative, sta sviluppando un programma grazie al quale tutti gli studenti delle scuole pubbliche di New York potranno richiedere testi della NYPL e farseli recapitare direttamente presso le loro scuole entro ventiquattr’ore.
Certo, i detrattori del Central Library Plan non hanno tutti i torti quando segnalano che il progetto renderà più difficile fare ricerca alla NYPL. Anche se la costruzione di un nuovo magazzino sotto l’adiacente Bryant Park ridurrà di molto il numero di libri che alla fine verranno spediti nel New Jersey, saranno prevedibilmente numerosi i lettori che, sfogliando un libro, scopriranno elettrizzati l’esistenza di un altro titolo fondamentale per i propri studi, ma si accorgeranno subito dopo che quel titolo non è immediatamente disponibile (la stessa cosa accade in molte biblioteche universitarie, che fanno un uso sempre maggiore di magazzini in sedi distaccate). Allestendo la biblioteca per i prestiti in uno spazio ampio e attraente all’interno dell’edificio principale, è probabile che il già considerevole flusso di visitatori nell’edificio raddoppierà , con successivo aumento del rumore, la sporcizia, il disturbo (sebbene la biblioteca stia predisponendo nuovi spazi per...