Nuova Tèchne n. 27
eBook - ePub

Nuova Tèchne n. 27

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Nuova Tèchne n. 27

Informazioni su questo libro

Nuova TèchneRivista di bizzarrie letterarie e nonAnno XXXIII, n. 27, 2019NUMERO MONOGRAFICO SUL TEMA DEI SOGNI

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Nuova Tèchne n. 27 di AA.VV. in formato PDF e/o ePub. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

F r ancesco Marsibilio
Francavilla o il segreto
I
Io per le mie ferie ho seguito il consiglio di un amico che mi ha detto che qui avrei trovato le donne più belle del pianeta. Mi fido di quest’amico, è un conoscitore della materia carnale, oltre che geografica.
Al bar, dove ci vado per bere un prosecco o un campari e prosecco o anche solo un campari, ci vado prima di tornare a casa, dopo che stacco da lavoro, il mio amico tiene una reputazione tale che se non sai una cosa e ne vuoi sapere, e la chiedi a lui, come minimo dopo esci dal bar che ne sai almeno un po’ di più di prima. Questo perché, in ogni caso, anche quando il mio amico quella cosa non la conosce minimamente, comunque azzarda una risposta, che è sempre meno di niente.
Allora, siccome il mio amico ha parlato un gran bene di questo posto, ho prenotato una camera al piano terra di una pensione che sta proprio al centro città, in una via di passeggio.
A dire il vero, si trova in una traversina, appena fuori dal centro, che non sbuca da nessuna parte, il cosiddetto vicolo cieco. Dicevo così perché devo abituarmi alla recita, per quando la vacanza dovrò raccontarla a lavoro, per pareggiarmi con i colleghi che millantano esperienze favolose sulle loro vacanze al mare. Ti mostrano le fotografie scattate in un posto studiato, li vedi che sono tutti lì con delle espressioni di divertimento, anche queste studiate, e vogliono così farti credere che ci sia stata spontaneità nello scatto e che se la sono spassata per davvero senza mai un momento di noia, e insomma, per farla breve, che loro non sbagliano un colpo. Ma si capisce che invece è tutta una finzione, perfino le luci e le ombre sono studiate appositamente, deve esserci addirittura l’impronta di uno di quei fotografi che si aggirano per le spiagge e costano meno di un pezzo di cocco.
Altre volte mi hanno mostrato fotografie nelle quali ho perfino dubitato che fossero loro, sembravano persone famose dei ritagli di rotocalchi. Non prendetemi in giro, insomma.
Comunque, sono arrivato da poco, soltanto ieri sera, e già mi sento tirare. Aveva ragione il mio amico, questo posto è magico, scommetto che c’entra il magnetismo terrestre – è un presentimento geologico questa sensazione che ho. Porto sempre una calamita con me, l’ho provata su un radiatore e infatti è caduta a terra come sospettavo. E mi gira la testa fra l’altro, e questo è un indizio che si somma all’altro della calamita, e fanno così due indizi che sono più di uno.
Nel vicolo cieco, proprio di fronte alla finestra della camera, c’è un negozio di ciabatte, con l’insegna di una macelleria però, oltre ad alcuni cassonetti della spazzatura che strabordano di pattume vario, come se li avessero dimenticati dai giri di raccolta. Carni equine, dice l’insegna al neon. Potrebbe allora anche darsi che sia una macelleria clandestina, per quanto ne sappia io in questo momento; dei vecchi cavalli se ne perde sempre traccia eppure da qualche parte finiscono; il mio amico del bar dice che alla fine te li ritrovi nelle tartare dei ristoranti.
Sono stato alla finestra tutta la mattina, un passo dietro la tenda, con il thermos del caffè in una mano. Ho portato i thermos da casa, saranno in tutto una dozzina, che fanno più di due litri di caffè, perché dappertutto io vada a finire coi miei viaggi di piacere, il caffè non lo sanno fare che non lo sanno fare come lo faccio io. Non lo sanno fare per niente come lo faccio io perché, per dirla come si deve, sarebbe anche illegale questo metodo come lo faccio io; ci sarebbe cioè una legge che lo vieta, me lo hanno ripetuto in tanti in giro, e a casa, e a lavoro, perfino dalla guardia medica: È sbagliato! Mi hanno ripetuto. A quanto pare il caffè mi bucherebbe lo stomaco, secondo loro. Così ho smesso di parlarne perché non voglio altri guai oltre a quelli che ho già, ci mancherebbe pure il guaio del caffè a tormentarmi.
Ognuno ha i suoi segreti, questo del caffè è il mio, a parte gli altri che non vi sto a dire.
Questa legge, in poche parole, vieterebbe di rifare il caffè con il caffè appena fatto, cioè come lo faccio io, e via facendo; qualche volta ammetto d’aver esagerato e di averlo fatto addirittura per ben tre volte consecutive secondo questo sistema reiterativo, anche quattro mi pare di ricordare, pure cinque non lo escluderei; sei di fila soltanto una volta per vedere che succedeva. È successo che mi hanno portato alla guardia medica, quella volta. Alla fine viene fuori un caffè scuro e potentissimo: un veleno per il diavolo; mi prende la tachicardia, quasi un principio d’infarto, quando lo mando giù. A ogni sorsata sento che sale su in gola un sussulto del cuore. Ci credo che è vietato, non è roba per tutti; tanto, io ho il cuore buono, e ho perciò la certezza che quando sarò morto non sarà per via del caffè.
Che il cuore si fermi, invece, quello è un fatto in ogni caso inevitabile con l’avvento della morte. Non si può farci niente.
Secondo quella legge sul caffè, allora, dovrei essere già in galera; ma lo dico ora e non lo ripeterò un’altra volta: è piuttosto una legge di strada quella di cui sto parlando, anziché una legge del codice civile o peggio del codice penale, quindi più una legge morale per dirla in altro modo; inutile prender le vie legali, che già vi vedo indaffarati a preparare le scartoffie per il mio processo. E di conseguenze è più una galera metaforica quella che mi spetterebbe. Non scherziamo, in galera io non ci torno, lì il caffè è peggiore che altrove, tanto che lo fanno annacquato.
Ma non per questo la legge morale è meno valida delle altre.
Per capirci: mi porterei a letto la moglie di un amico se capitasse l’occasione? Sì che lo farei. Anche quella di un amico alla lontana, l’amico di un amico? Eccerto, non va mica risparmiata. Anche quella del mio migliore amico? Eccome se lo farei, se ce l’avessi il mio migliore amico, e se lui ce l’avesse una moglie, io non la risparmierei affatto, con o senza il suo consenso.
Ma da quante variabili dipende il possibile? Molte, troppe direi, perciò non sempre il possibile accade proprio a me, mentre finisce per accadere a qualcun altro con più fortuna, o con più amici.
Comunque è qui che volevo arrivare, perché anche in caso di rapporti infedeli, si capisce che mi ritroverei nella situazione di infrangere una legge morale, e lo sanno tutti, ma la infrangono lo stesso, senza però finire dietro le sbarre di una galera. Ch’io sappia.
È un esempio quello che ho fatto, se ne potevano fare altri, volendo, ma quello è stato il primo che mi è venuto in mente e ora non posso rimangiarmelo.
II
Sono stato dietro la tenda altro tempo, non so quanto, d’altronde il vicolo è ombreggiato e perdo la concezione del tempo che passa, comunque, facendo una stima, almeno tutto il primo pomeriggio, e sempre nudo coi calzini di spugna bianca e con la testa del serpente sul palmo della mano che sporge mimetizzato fra i drappi rossi della tenda. Coi calzini, lo dico per far chiarezza, che già vi vedo scandalizzarvi ma non ce n’è bisogno, coi calzini, dicevo, perché mi fa schifo la moquette di questo posto e ho dimenticato le pantofole a casa.
E appostato così com’ero dietro la tenda ne ho contate molte e viste passare di ogni, di belle ma soprattutto di meno belle, anche se pure quelle mi tirano la pelle per come s’atteggiano sapendo di essere meno belle. Non so se mi spiego.
Passeggiano passando di qua soprattutto per entrare a far compere in quel negozio di ciabatte; nessuna ha avuto intenzione per ora, invece, di buttare la monnezza: sporcaccione, dico io, sporcaccione che non siete altro, guardate che l’umido poi fermenta e ci crescono i vermi che vi impressionano.
Da quel che vedo, nella vetrina del negozio si vendono soltanto ciabatte di plastica. E fra quelle esposte ci sono anche di quelle trasparenti col carrarmato che sono adattissime per andare sugli scogli a pescare o a spiare le coppiette che amoreggiano in posizioni scomode con i ricci di mare sotto il sedere e i granchi lì circospetti ad aspettare che vadano via; i granchi hanno una paura atavica nei confronti di tutto e perciò non danno mai le spalle. Come li capisco.
Il negozio di ciabatte si chiama Carni equine dei fratelli Silvestre, ma sotto c’è scritto La casa della gomma delle sorelle Bucci. Le donne comunque ci entrano di gran fretta, smaniose di dover comprare per forza qualcosa, e poi escono con calma, come sedate dallo sperpero di denaro, con le buste piene di ciabatte per una famiglia intera completa di tutti i piedi. Si capisce che le scarpe sono da sempre una passione per le donne, ma la plastica, mi chiedo, lo è sempre stata?
La plastica è una calamita per le donne, le magnetizza dalle punte dei capelli alle dita dei piedi; d’altronde l’hanno inventata apposta per loro, attira molto più dei diamanti, in proporzione; molto più dell’oro e dell’argento, se si fa una dovuta proporzione.
Altrimenti non avremmo avuto tutta la plastica che c’è intorno. Sono state dunque le donne che l’hanno scelta, molto più dei maschi, che se fosse stato per loro il mondo sarebbe rimasto ancora legnoso, tuttalpiù ferroso, ma pur sempre primitivo. Io, comunque, ci tengo a farlo sapere, non la disdegno affatto, la plastica; a casa c’ho degli affari in plastica niente male, che le donne ne andrebbero matte se potessero toccarli, magari adoperarli. Quando volete, dico io, io non aspetto altro, ne ho una valigia piena, di oggetti plasticosi ancora intonsi; avanti, venite a scartarli, ve li regalo.
C’ho anche una tuta nera di latex, che è simile alla plastica: l’ho pagata una barca di soldi; confesso che certe volte sotto i vestiti ordinari la indosso nascostamente per andarci al turno in fabbrica. D’altronde sotto i vestiti siamo tutti pieni di segreti.
Nella fabbrica dove ci lavoro facciamo le piastrelle di ceramica; io lavoro in una linea meno pregiata, le macchine sono vecchie e i materiali chissà da dove provengono. Alterno il turno alla macchina del taglio al turno ai forni per la cottura; e una volta è successo che col caldo dei forni la tuta nera di latex che indossavo sotto quella aziendale quasi mi soffocava; e difatti sono svenuto, senza però che nessuno se ne sia accorto in tempo, rimettendoci quella volta soltanto i capelli.
Al taglio invece l’estate scorsa c’ho rimesso due falangi, sono saltate via fra un taglio e l’altro, senza che le terminazioni nervose nemmeno se n’accorgessero.
L’assicuratrice ce l’ha a morte con te… parlano di licenziamento… ne ho combinata un’altra delle mie… devo starle alla larga, sennò rischi grosso, mi aveva avvisato con queste parole il collega Saturnino che non ho capito come mai si firma col cognome della moglie anziché il suo. È meglio non andarci subito a parlare… lascia prima passare del tempo, continuava.
Ma io sapevo bene che lui voleva soltanto ingannarmi per un proprio tornaconto, cioè ch’io m’arrendessi al destino per non dover attivare la macchina delle procedure di sicurezza che finisce per coinvolgere la pazienza di tutto lo stabilimento, compreso lui che non ha mai voglia di lavorare. Saturnino, infatti, fa il rappresentante sindacale, e lì seduto a farlo ce l’ha messo suo zio che è stato senatore della Repubblica, e ce l’ha messo nonostante Saturnino è scemo e non è capace di scrivere una frase di senso compiuto, nemmeno il suo cognome è capace di scrivere.
Io invece ci sono andato subito, altroché, in ufficio dall’assicuratrice. Lì l’ho trovata con la camicetta azzurra sbottonata e la collanina di perle, seduta dietro la scrivania di mogano, mentre cercava di far carriera come avrebbe voluto il suo papà avvocato rappresentato in fotografia nella cornice sulla scrivania di mogano. Mi stuzzica l’idea di parlarle nel suo ufficio, capita spesso che vado a farle visite vuoi per un motivo vuoi per un altro, casomai, io penso, poi da cosa nasce un’altra cosa.
L’assicuratrice sull’incidente delle dita mi ha rimproverato come al solito, che è successo perché non sono qualificato per fare quel lavoro, che avrei dovuto fare certe visite mediche, un test polisonnografico, magari anche esami frenologici, perché a suo dire sarei sempre distratto e bla bla bla. Io intanto annuivo e le guardavo i fianchi pieni e fertili quando lei diceva ancora, per sottolineare le sue intuizioni mediche, che guardo sempre altrove e che farfuglio parole confuse fra i denti, segno evidente che sono costantemente deconcentrato, come in quel momento mentre lei mi parlava. Ma si sbagliava alla grande perché io proprio allora la stavo guardando e ascoltando con estrema attenzione, lei, l’assicuratrice e nessun’altra; ed ero muto per giunta, o al massimo se bisbigliavo qualcosa era perché mi preparavo alla domanda che le avrei fatto. Allora, che fine faranno le mie dita? Dopo, infatti, le ho domandato.
Che avrei dovuto scordarle, secondo lei di riattaccarle si sarebbe potuto anche fare ma sarebbe venuta una cosa posticcia, e per farmelo intendere aveva spezzato una matita davanti ai miei occhi, poi provandone a riunire i due pezzi, che a quel punto non stavano più insieme come prima. Vede, ha detto, e le ha lasciate cadere a terra, non si reggono. Le piacerebbe avere le dita come questa matita? Certo che no.
Io preferisco dar retta alle persone tanto ambiziose come l’assicuratrice, perché sono predatrici; si capisce dall’ordine e dalla cura con le quali stanno al mondo, e io mi sento una loro preda a loro cospetto, non si scappa da quelle se decidono d’acchiapparti. Queste persone è impossibile convincerle del contrario, perché in un modo o nell’altro sanno come portare la ragione dalla loro parte, e il contrario tuo gli diventa una direzione a favore loro. Non so se mi spiego.
Ok, almeno un risarcimento, le ho chiesto poi, dovrebbe pur spettarmi?
Sì, m’è spettato eccome, col risarcimento ci sono venuto in vacanza.
III
Alla reception della pensione l’hostes...

Indice dei contenuti

  1. Sommario
  2. L’editoriale della Nuova Tèchne
  3. W. Szymborska, Elogio dei sogni
  4. Artemidoro, Alcune interpretazioni di sogni
  5. G. Baffo, Sogno dell’autore
  6. G.C. Lichtenberg, La minestra
  7. R. Gómez de la Serna, Il trasloco dei sogni
  8. C. Dossi, Sogno e pazzia
  9. A. Savinio, Sogni
  10. G. Zaffagnini, Incubo
  11. O. Henry, Il sogno
  12. J. Hašek, Come ho incontrato l’autore del mio necrologio
  13. C. Zavattini, Il paese dei sogni
  14. G. Manganelli, Sogna più l’uomo o il coccodrillo?
  15. M. Mari, Un sogno bruttissimo
  16. L. Fois, Giochi da spiaggia che sognano una vacanza in montagna
  17. A. Campanile, La vita è un sogno
  18. E. Cavazzoni, La vita è sogno?
  19. J. Talon, L’autobus 77
  20. P. Morelli, Nel paese di Moravia
  21. A. Bravi, Il sogno premonitore di Louis Lambert
  22. P. Pergola, Sognavo di diventare un regista
  23. M. Santinelli, Il sogno
  24. J. Narros, Il pugno
  25. F. Marsibilio, Francavilla o il segreto
  26. P. Vistoli, Il sogno di un armadio
  27. S. Tonietto, La sentenza di Riccardo Muti e altri sogni
  28. A. Castronuovo, Sogno a San Gemini
  29. Y. Kawabata, Il braccio
  30. A. Somenzari, Un bambino
  31. L. Amadasi, Son desto se sogno!
  32. M. Frusca, Breve notizia intorno alla vita di Meriplo Riparaldi, sognatore per conto terzi
  33. E. Mazzardi, Il sogno di Sandro
  34. S. Salabelle, Un incontro casuale
  35. M. Pelliti, Sogni
  36. C.A. Parmeggiani, Il sogno agitato della grande editoria
  37. L. Bruni, Trasognato
  38. L. Di Lallo, Colori dei sogni
  39. C. Battisti, S’ogni
  40. M. Pompei, ’Na distesa senza misure
  41. D. Ruffini, Il grande editore
  42. S. Ricci, Oneiropedia
  43. N. Calvagna, La forma animalesca
  44. A. Debenedetti, Sogni
  45. Art index
  46. Notizie sugli autori di questo numero