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Trasporti e infrastrutture
Informazioni su questo libro
70 miliardi di euro. A tanto ammontano le risorse che, ogni anno, i contribuenti europei versano nelle casse delle aziende che gestiscono reti e forniscono servizi di trasporto collettivo locale e di lunga percorrenza.
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Informazioni
Argomento
BusinessCategoria
Industria dei trasportiCapitolo 1 – Riequilibrio modale: una costosa illusione
di Francesco Ramella
Divisi su quasi tutto, gli schieramenti politici che si contendono la guida dell’Italia condividono un’incrollabile certezza nel campo della politica dei trasporti; pressoché tutti, al governo come all’opposizione, ritengono che sia necessaria una politica di forti investimenti per la realizzazione di infrastrutture ferroviarie ed a favore dei trasporti collettivi locali. Solo così, si afferma, sarà possibile dare una risposta ai problemi della mobilità nel nostro Paese.
L’idea del riequilibrio modale fra strada e ferrovia non è peraltro un’esclusiva dell’Italia ma è al centro della politica dei trasporti europea e di quella di pressoché tutti gli Stati membri. Apparentemente di buon senso, tale idea ha però un piccolo difetto: si fonda infatti su un postulato smentito dai fatti, ossia che sia possibile sostituire alla strada altri modi di trasporto. Non è così. Come cento anni fa sarebbe stato inimmaginabile un riequilibrio modale fra la ferrovia ed il cavallo, da conseguire investendo risorse della collettività a sostegno del modo di trasporto estromesso dal mercato, non c’è oggi alcun intervento pubblico che possa modificare, se non in misura marginale, l’attuale ripartizione della domanda di trasporto che vede la netta prevalenza della strada. Sarebbe come pensare di ridurre la vendita di personal computer sussidiando l’acquisto di macchine per scrivere o quella di dvd incentivando le buone vecchie videocassette: la sola differenza è che, mentre è a tutti evidente l’insensatezza di provvedimenti come quelli appena citati, lo stesso non accade nel campo delle politiche dei trasporti. Al contrario, come detto, tali indirizzi godono di un consenso pressoché unanime. Eppure, l’esperienza passata dovrebbe quantomeno far sorgere qualche dubbio.
1. La spesa pubblica per i trasporti collettivi in Europa
Per quanto concerne le ferrovie, i trasferimenti pubblici avvengono sotto forma di investimenti, sussidi per i servizi (pendolarismo, ecc.), spese di funzionamento dell’infrastruttura, materiale rotabile. Esistono peraltro anche altri aiuti finanziari, meno trasparenti: il disavanzo generato a valle di questi sussidi, i sostegni per il traffico intermodale delle merci, i debiti per i pensionamenti anticipati del personale assorbiti dallo Stato, ecc.
L’ordine di grandezza dei trasferimenti totali è intorno ai 47 miliardi di euro per l’anno 2006, dei quali 37 miliardi per la gestione e, in base ad una stima assai prudenziale, 10 miliardi per investimenti diretti o impegni di debito per gli investimenti finanziati dai prestiti, ecc. sul lato degli investimenti, a parte le nuove linee ad alta velocità che rappresentano un aumento reale della capacità, la quota preponderante dei contributi pubblici sembra essere collegata alla manutenzione ordinaria, sono cioè spese operative “mascherate” come investimenti al fine di abbellire l’immagine del bilancio nazionale.{2}
Raramente si suppone che gli investimenti generino un ritorno finanziario e, sebbene alcuni di essi raggiungano risultati di questo tipo, la struttura finanziaria generale delle società ferroviarie è tale che i trasferimenti annuali totali dallo Stato risultino le uniche cifre significative.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico locale, il livello complessivo del sussidio è tuttora molto incerto anche perché i trasferimenti avvengono sia a scala nazionale che locale e riguardano voci di bilancio plurime (servizi, acquisto materiale rotabile, pagamento dei debiti pregressi, ecc.). Una stima di massima, basata su dati di qualche anno fa,{3} è dell’ordine di 20 miliardi di euro l’anno.
Si perviene a tale valutazione ipotizzando che in tutti i Paesi dell’unione vi sia un livello di sussidi pro capite analogo al valore medio di Italia, Regno Unito, Francia e Germania, Paesi nei quali i trasferimenti pubblici ammontano a circa 14 miliardi di euro. Questa stima non tiene conto degli investimenti in infrastrutture (soprattutto linee metropolitane).
L’ordine di grandezza dei sussidi pubblici al trasporto collettivo è pertanto di 67 miliardi di euro l’anno (per il 2006).
Ma, nonostante tale ingente flusso di denaro, la quota di domanda soddisfatta dai trasporti collettivi è andata scemando nel tempo, anche nei Paesi dove i soldi dei contribuenti sono stati spesi meglio che in Italia e nei quali l’offerta infrastrutturale, oltre che il livello dei servizi di trasporto collettivo, è di gran lunga superiore a quella del nostro Paese.
2. La dotazione infrastrutturale dell’Italia e dei maggiori Paesi europei
Nell’anno 2007, la lunghezza complessiva della rete stradale in Italia ammontava a circa 679 mila chilometri, valore di poco superiore a quello della Germania; in Francia si superava di poco il milione di chilometri mentre molto più contenuta risultava essere l’estensione della rete nel Regno Unito (Tabella 1).

Se rapportati alla popolazione residente ed alla superficie, tali dati mostrano come il nostro Paese presenti una dotazione infrastrutturale complessiva intermedia: in particolare, l’estesa della rete per abitante risulta essere inferiore di oltre il 30 per cento rispetto a quella d’oltralpe ma superiore a quella di Germania e Regno Unito (Figura 1); per quanto concerne le autostrade, infrastrutture caratterizzate da livello qualitativo ed intensità di traffico significativamente più elevati rispetto alle strade ordinarie, la dotazione pro capite del nostro Paese è inferiore del 40 per cento rispetto a quella francese e del 25 per cento rispetto a quella tedesca e quasi doppia di quella del Regno Unito.

La densità della rete, data dal rapporto fra estesa chilometrica complessiva e superficie, risulta essere più elevata in Italia che negli altri Paesi mentre per le autostrade è la Germania a svettare, con una dotazione superiore del 60 per cento rispetto all’Italia ed alla Francia e più che doppia di quella del Regno Unito.
Con riferimento alle reti ferroviarie, la dotazione del nostro Paese in rapporto al numero di abitanti risulta più modesta di quella di Francia e Germania e doppia rispetto al Regno Unito (Figura 2). La densità della rete elettrificata si attesta in posizione intermedia tra quella degli altri due Paesi dell’Europa continentale. Si rileva infine come la Francia disponesse nel 2009 di linee ad alta velocità{4} aventi una estensione complessiva pari a oltre il doppio di quella dell’Italia (876 chilometri di cui oltre 600 aperti all’esercizio negli ultimi quattro anni).


Per completare il quadro delle reti, diamo infine uno sguardo alle infrastrutture di trasporto rapido di massa ossia le linee di metropolitane e le tramvie veloci (o metropolitane leggere).
Sia in termini di popolazione servita che di estensione della rete, l’Italia presenta una dotazione molto al di sotto degli altri Paesi con un’estesa complessiva intorno ai 130 chilometri: dispongono di linee metropolitane Roma, Milano, Napoli, Genova e Catania (in queste ultime tre città solo dagli anni Novanta). Nel febbraio del 2006 è entrata in attività la prima tratta della metropolitana di Torino (9,6 chilometri - 15 stazioni). Sono previste per i prossimi anni nuove tratte di metropolitana a Brescia, Catania, Genova, Milano, Monza, Napoli, Perugia, Roma, Salerno.
In termini assoluti è la Germania a disporre della rete più estesa di trasporti rapidi di massa (717 chilometri). Molte di queste reti sono “metropolitane leggere” e derivano da ristrutturazioni di linee tranviarie preesistenti.
In Gran Bretagna circa il 75 per cento della rete è dislocato a Londra che dispone di 12 linee di metropolitana pesante per un’estensione complessiva di 400 chilometri.
La rete di Parigi è tra le più avanzate d’Europa (14 linee per 210 chilometri e 294 stazioni); in Francia reti di metropolitana sono presenti anche a Lione, Marsiglia, Lilla e Tolosa.
In conclusione possiamo affermare che, per quanto concerne la densità della rete e la dotazione di strade ordinarie rapportata alla popolazione, la situazione dell’Italia è sostanzialmente allineata alla media degli altri maggiori Paesi della UE. L’estesa della rete autostradale per abitante nel nostro Paese risulta invece significativamente inferiore a quella di Germania e Francia. La Germania dispone di una rete ferroviaria più densa della nostra mentre in Francia vi sono linee ad alta velocità con un’estensione complessiva doppia. Risulta inoltre evidente il divario che sussiste con gli altri Paesi a riguardo della dotazione di infrastrutture di trasporto di massa in ambito urbano.

A tale deficit di infrastrutture di trasporto collettivo viene spesso ricondotto il più forte squilibrio modale a favore del trasporto individuale e su gomma che sussisterebbe nel nostro Paese. Nel paragrafo seguente proveremo a valutare la veridicità di tale affermazione.
3. Ripartizione modale del trasporto terrestre in Europa
Un confronto fra le principali nazioni dell’Unione Europea, Francia, Germania, Italia e Regno Unito, mostra come l’attuale ripartizione modale tra l’automobile privata ed il trasporto pubblico sia sostanzialmente omogenea (Figura 3). La quota parte del traffico privato è mediamente dell’84 per cento: la percentuale più bassa è quella dell’Italia (82 per cento) e la più consistente quella del Regno Unito (86 per cento). Nei Paesi Bassi, nazione che presenta una densità di popolazione doppia rispetto alla media dei più grandi Paesi europei (393 abitanti per chilometri quadrati contro 191), il trasporto su auto detiene una quota pari all’83 per cento degli spostamenti motorizzati.

In Italia è più elevata la percentuale di spostamenti su autobus e pullman: la differenza con gli altri stati è probabilmente dovuta ad una maggiore concorrenza tra i servizi automobilistici a lunga percorrenza e la ferrovia (la legislazione francese vieta linee automobilistiche parallele alle ferrovie). Francia, Germania e Regno Unito fanno registrare un’incidenza del trasporto pubblico su gomma pari a circa il 6 per cento, mentre nei due Paesi continentali la quota delle ferrovie è superiore di due punti percentuali rispetto a quella del Regno Unito.
La quota modale dell’auto in Europa (UE15) è cresciuta negli ultimi 40 anni ad un tasso modesto, circa lo 0,03 per cento all’anno; già nel 1970 era pari al 75 per cento.
Il periodo di radicale trasformazione della ripartizione modale tra il trasporto pubblico e quello individuale corrisponde al quarto di secolo successivo alla Seconda...
Indice dei contenuti
- Titolo pagina
- Prefazione
- Introduzione
- Capitolo 1 - Riequilibrio modale: una costosa illusione
- Capitolo 2 - Gli investimenti per i trasporti: le cinque tentazioni della politica
- Capitolo 3 - Trasporti ed ambiente: in viaggio verso la sostenibilità
- Capitolo 4 - Espansione urbana: benedizione o maledizione? Una visione europea
- Capitolo 5 - Congestione stradale: il pedaggio urbano, strumento da usare a favore degli automobilisti
- Capitolo 6 - “Socialità” dei trasporti: la strada dei sussidi e quella delle liberalizzazioni
- Gli autori