Su Frédéric Bastiat
I.
Primo periodo della vita di Bastiat
Bastiat è lo schietto ed energico propagatore di quella tendenza filantropica ed affettuosa, in difetto della quella l'Economia politica inaridisce o degenera; o perde il carattere scientifico, per confondersi con l'interesse delle caste e coi privilegi favoriti del giorno, per inaugurare la ricchezza come produzione e travaglio, dimenticandola come consumo o godimento; o la speranza nell'indefinibile vanità delle utopie, l'umilia sino a farne lo strumento d'ogni più tristo partito, la spinge a rinnegare i suoi tre secoli di fatti e deduzioni, la condanna a rivestire, sotto la maschera della pura democrazia, lo spirito di confiscazioni e torture che fu il carattere sociale del medioevo, e sulla distruzione del quale vennero appunto a fondarsi il bisogno, l'esistenza, il progresso di questo ramo dell'umano sapere.
Un avverso destino ha rapito alla Francia ed al genere umano tutte le belle speranze, che si legavano all'esistenza futura di Bastiat, alla carriera economica, della quale, per quanto rapidamente ed alacremente l'avesse in pochi anni battuta, egli era appena all'ingresso.
Bastiat è una di quelle celebrità immacolate e modeste, che s'ingrandiscono a dispetto di se medesime. Visse nel ritiro de' suoi studii dapprima, quindi in un'attività unicamente ispirata dalla sua viva fede e dalla sua coscienza sicura; visse con sè, con Dio, con la massa ideale degli uomini, alla cui prosperità consacrò tutte le potenze dell'esser suo ed una gran parte, forse, della sua esistenza; visse più noto quasi in certi angoli dell'Europa, ai quali i grandi nomi francesi giungono nudi d'ogni falso prestigio, che nell'immensa Francia, le cui simpatie non si svegliano che alla voce comprata de' suoi giornali, o ai rumori de' suoi dorati saloni; visse ben poco: e appena spirato, tutto il mondo si è accorto di ciò che stava nel cuore di pochi ed ha ripetuto che una rara e preziosa esistenza è venuto meno nel mondo.
Di lui vivente, noi ci saremmo limitati a fornire quelle scarse notizie che l'inespugnabile sua modestia si lasciava a gran pena strappare; su lui mancatoci, ogni minuto particolare della sua vita appartiene alla storia; e crediamo adempire insieme a un dovere e indovinare il desiderio de' nostri lettori, raccontandone tutto ciò che uno de' suoi più intimi amici ha potuto raccontare.{1}
Il periodo infantile di Frédéric Bastiat è notevole per le medesime qualità e per la medesima sventura, che lo hanno distinto negli ultimi anni della sua vita: anima estremamente sensibile ad ogni concetto elevato, intelligenza perspicace ed esatta, salute fiacca e sempre inferiore all'energico volere della sua virtù.
Nacque a Bayonne il 25 giugno 1801; e perduti, mentr'era ancora in tenerissima età, il padre e la madre, rimase affidato alle cure di alcuni suoi prossimi parenti, abitanti nel dipartimento delle Lande. I suoi studi elementari furon fatti a Sorrèze, collegio assai riputato, ove l'acutezza dell'intelligenza e l'attenzione sostenuta, distinguevano abbastanza il giovane allievo, per lasciarlo sempre trovare a livello de'' suoi migliori compagni, in onta alle continue lacune che la debole tempra della sua salute lo costringevano a frapporre nel corso de' suoi lavori.
S'ignora se per causa di malattia, o per altro motivo qualunque, sia stato impedito dal seguire in collegio il corso della rettorica. Si sa di lui stesso che egli non prese il grado di baccelliere. «Io non posso nè anco dire come Lindoro: non sono che un semplice baccelliere» – così dichiarava pubblicamente una sera in una seduta dell'Associazione del Libero-scambio. Quanto al corso di filosofia, sappiamo che il fece, da un aneddoto che egli stesso racconta, e che crediamo opportuno di riferire.
Ogni volta che il maestro intercalava nelle sue lezioni un'opinione di Voltaire o Rousseau, era solito di usare la frase: un celebre autore ha detto, ecc. Bastiat, a cui era arrivata qualche copia di que' libri, furtivamente penetrati in collegio, nel ripetere la lezione, si serviva di una frase più chiara: Rousseau ha detto, Voltaire ha detto; ma il professore, sorpreso nel suo artificio di reticenza, si affrettava ad interromperlo, ed un giorno, alzando le mani al cielo soggiunse: Mio caro Bastiat, astenetevi pure dal citare i nomi; e sappiate che non son pochi coloro i quali ammireranno il passo da voi citato finchè lo diate sotto l'anonimo, ma lo troveranno ben detestabile al momento che sappiano l'autore da cui l'attingeste.
L'affetto alla libertà, che doveva poi formare il perno de' migliori concetti della sua vita, si rivelava in germe sin da quel primo periodo, quando, compreso di entusiasmo verso gli antichi eroi, scriveva in fronte a tutti i suoi libri: malo periculosam libertatem quam otiosum servitium. Più tardi la pienezza delle cognizioni acquistate nell'assiduità delle sue meditazioni, allargando in lui l'idea della libertà e depurandola dalle scorie del seminario, lo condusse ad abdicare e rimproverare a se stesso ed ai suoi educatori la cieca ammirazione dell'antichità. La trovò responsabile di tutte le false o perverse inclinazioni, di tutto il convenzionalismo classico, su cui, come sopra una matrice comune, vide parimente informate le Avventure di Telemaco e il Contratto sociale; e Rollin apologista del furto inaugurato a Sparta, e Montesquieu che segna come epoca di corruzione il momento in cui gli artigiani divengono cittadini; e poi Mably, Morelly, Brissot, Raynal; e Mirabeau, Robespierre, St. Just, Babeuf; e le loro antiche e nuove dottrine sulla proprietà, la libertà e l'uguaglianza; e tutto il sangue che han costato finora, e tutto quello che minacciano ancora costare. La matura ragione e l'infermità de' tempi in mezzo ai quali la sua intellettuale energia fu costretta a spiegarsi, portarono una profonda mutazione ne' sentimenti esaltati de' suoi primi anni; e la linea su cui si arrestò, e la sicura coscienza che lo salvò dalle smanie retrograde in cui il fiore delle intelligenze francesi son fatalmente cadute, han mostrato vie meglio come, in fondo alla sua bell'anima, l'istinto generoso ubbidiva assai meno alla forza dell'organismo che all'intelligenza ed alla purità dell'affetto.
Uscito di collegio all'età di 20 anni, scorse ancora un decennio prima che il suo nome cominciasse ad entrare nella sfera della pubblicità; e questo tempo si suddivise ancora in due fasi.
Nella prima, aggregato in Bayonne ad una casa di commercio appartenente a un suo zio paterno, vi si applicò mal volentieri e profittò largamente di tutto il tempo che poteva sottrarre, per darsi ai piaceri della sua giovine età, ne' quali una parte favorita, era sempre serbata, agli esercizi del corpo e soprattutto all'equitazione.
Due aneddoti religiosamente conservati e riferiti dal sig. Paillottet, intorno a quell'epoca, non devono esser taciuti: dimostrano sempre meglio come l'energia dell'animo bastava essa sola a far sortire dalle sue braccia il vigore che le sue forze ordinarie non gli avrebbero consentito. In un momento difficile, un atto di volontà poteva trasmettere ai suoi muscoli un'insolita forza; un momento appresso la debolezza originaria del polmone riprendeva il disopra ed imponeva al suo sforzo i limiti al di là de' quali non gli era permesso trascorrere. Bastiat lo sentiva e faceva, a quanto pare, di tutto, per supplire col libero esercizio a quello sviluppo che la sua naturale complessione non mostrava di prendere. Già sin dall'epoca del collegio, gli esercizii ginnastici lo avevano tanto più sedotto, quanto meno era in grado di farne la sua occupazione continua. Al giuoco delle barre, la parte per cui egli tenesse era sicura della vittoria, perchè niuno poteva, in una breve corsa, competere con lo slancio impetuoso dell'agile Frédéric; ma quante volte trattavasi di corse più lunghe, egli perdeva ogni vantaggio, ed era anzi costretto di rinunziare ad una gara, per la quale avrebbe dovuto prolungare lo sforzo al di là di quello che i suoi polmoni gli concedessero. Così a Bayonne, in un momento d'indegnazione vivamente sentita, alla vista di un facchino che maltrattava un essere debole, gli intimò di desistere, e quando quell'uomo gli si rivolse con parole d'ingiuria ed alzando minaccioso il suo braccio, Bastiat gl'impresse un urto così violento da rovesciarlo a dieci passi di distanza sul suolo ed insegnargli a temere quella mano sì gracile in apparenza, ed alla quale gli astanti non tardarono in quel momento a profondere gli applausi dovuti al vendicatore spontaneo del debole oppresso. Un'altra volta, Bastiat trovavasi testimonio ad un duello, nel quale un suo amico stava a fronte di un avversario, la cui colossale statura gli assicurava un deciso vantaggio qualora non si restasse ne' termini di condizioni leali. Fidando infatti sul suo naturale vantaggio, il colosso si scaglia a pugni sul suo rivale; ma Frédéric, indegnato, gli si precipita addosso, lo atterra e minaccia di rovesciarlo dal bastione in cui erano, se si ostinasse a non domandare pietà. Il colosso atterrito si umilia: e n'era tempo, le forze di Bastiat si trovavano esaurite; un minuto ancora, e sarebbe rimasto alla discrezione dell'avversario.
La seconda fase di quel decennio è interamente diversa nella sua apparenza, ma è in realtà una nuova forma sotto cui venivano a spiegarsi i due punti culminanti della sua costituzione, l'energia dello spirito e la debolezza del corpo, il bisogno di meditare e il bisogno dell'esercizio materiale. Fu questo doppio impulso ciò che decise Bastiat alla vita campestre. Si ritrasse in un podere della sua famiglia nel dipartimento delle Lande, e là, occupato a coltivare la sua intelligenza ad un tempo e la sua campagna, lasciava un libro per dar la mano all'aratro. Ma quell'ozio beato fu così favorevole allo sviluppo della sua mente come fu nemico ai suoi interessi domestici. .
È quell'epoca che rimonta l'accumulazione di tutto il fondo d'idee, delle quali più tardi potè fare quell'uso franco e pieno, in cui sta forse il segreto dal quale promana il carattere indefinibile che rende così cari i suoi scritti. La filosofia, la storia e l'economia sociale lo attiravano a preferenza; G.B. Say, C. Comte e O. Dunoyer erano gli autori suoi prediletti. Di Comte facea soprattutto un'altissima stima. «Io non conosco, diceva parlando del Trattato di legislazione, un libro che più dia luogo a pensare, che contenga, sull'uomo e sulla società, vedute più feconde e più nuove». Il Bello, in tutte le sue manifestazioni, spirituali e sensibili, era anche l'oggetto di un culto speciale per lui. Una tendenza irresistibile lo spingeva a coltivare le Arti, e si assicura che il resultato dei primi saggi che ne fece in Bayonne, prova quanto bene avrebbe potuto promettersi dalle sue attitudini artistiche, se il bisogno di meditare non le avesse soperchiate e non avesse tutta assorbita la parte disponibile del suo tempo. Un'altra delle passioni di Bastiat fu quella delle lingue, e pare che sin da quell'epoca gli si cominciò a sviluppare.{2} Conobbe a fondo l'italiano, lo spagnuolo e l'inglese; volle fino conoscere l'escualdanaco, antico idioma de' Baschi, che per le sue pittoresche bellezze e la regolarità grammaticale che lo predomina, aveva in verità tutto ciò che fosse d'uopo per eccitare ad un tempo il gusto artistico e l'attitudine riflessiva di Bastiat.{3}
Con questi pazienti studi, ne' quali era accompagnato da uno de' suoi amici d'infanzia, M. Felice Coudroy, e con le osservazioni quotidiane sulla piccola società in mezzo alla quale viveva, Bastiat si preparava ai suoi lavori futuri. Col solo disegno di illuminare la sua mente, egli veniva accumulandovi un capitale di scienza acquistata e di originali osservazioni. Più volte fu ascoltato in appresso a dolersi del non avere potuto cavar partito più di buon'ora da questo capitale, che egli aveva aggiunto ad un fondo di sua natura già ricco. Si doleva di non avere trovato, che ad un'epoca molto inoltrata della sua vita, uno sbocco alle laboriose raccolte della sua intelligenza. Ma chi può dirlo? Se Bastiat fosse, come tant'altri, entrato di primo slancio nel mondo della scienza e delle lettere, se si fosse affrettato ad incatenare la sua mente in una giacitura preordinata, non sarebbero forse i suoi lavori cosi bene improntati dal marchio della originalità. Senza dieci anni di un vivere ignoto, in un oscuro villaggio, non avrebbe forse contratto quel medesimo grado di scaltra semplicità e quella schiettezza del fare antico, di cui s'era perduto il gusto dopo Rabelais e La Fontaine. La sua intelligenza è rimasta per lungo tempo ripiegata sopra se stessa ed apparentemente oziosa: ma qual soave fragranza non vi ha guadagnato invecchiando!{4}
Non furono altrettanto felici le sue agrarie occupazioni. Rare volte infatti il talento di meditare è congiunto a quello di far fortuna. Malgrado l'abitudine delle forme mercantili che egli portava nelle sue coltivazioni, malgrado la diligente scrittura doppia alla quale assoggettava ogni specie di lavoro, ogni tratto di terreno, ogni particolare produzione, ogni strumento, ogni ingrasso, la riuscita non secondò i suoi calcoli; e dopo il resultato di un dissodamento di terreno inculto, nel quale si avventurò con un ben tristo successo, si ebbe a convincere di un'idea, poi divenuta predominante nel suo sistema, che la terra, in se stessa, indipendentemente dall'umano travaglio, è priva affatto d'ogni valore.
Scorse ancora un lungo periodo, primachè Bastiat uscisse dalla prediletta sua solitudine e cominciasse a sentire il dovere e la potenza di giovare ai suoi simili.
Due volte in quel tratto di ben 15 anni fece una modesta escursione nel campo della pubblicità. La prima, in novembre del 1830, segnò l'epoca del primo scritto; la seconda, due anni più tardi, fissò la sua professione di fede politica. Nel 1830 scrisse per raccomandare la candidatura di M. Faurie, uomo stimabilissimo e decisamente liberale; nel 1832 per far conoscere i suoi stessi principii agli elettori delle Lande, ai quali il generale Lamarque, suo vicino di campagna, lo aveva proposto. In entrambe, le sue parole furono perdute per gli elettori; ma restarono per la storia, alla quale i suoi biografi non hanno obliato di tramandarle, e delle quali non siam noi coloro che sapremmo privare i nostri lettori.
L'opuscolo per la candidatura di M. Faurie fu stampato a Dax, ed unicamente destinato a circolare nell'angusto territorio di un circondario elettorale.
Bastiat comincia dal formarsi un criterio sulla direzione che un rappresentante della Francia libera era chiamato ad imprimere nella condotta del suo governo.
Se la vasta macchina governativa si restringesse sempre nel cerchio della sua competenza, una rappresentanza elettiva sarebbe superflua. Ma il governo è, nel mezzo della nazione, un corpo vivo che, come tutti gli esseri organizzati, tende fortemente a conservare la sua esistenza, ad accrescere la sua potenza ed il suo benessere, ad allargare indefinitamente la sua sfera d'azione. Lasciato a se stesso, trapassa ben presto i limiti che circoscrivono il suo ufficio; aumenta oltremisura il numero e la ricchezza de' suoi dipendenti; non amministra ma specula, non giudica ma perseguita o si vendica; non protegge ma opprime ... Può egli esistere libertà, ove, per sostenere enormi spese, il governo, costretto a levare enormi tributi, ricorre alle imposte più vessatorie, ai monopolii più ingiusti, alle esazioni più odiose; ad invadere il campo delle industrie private, ristringere sempre più il cerchio dell'attività individuale, farsi mercante, fabbricante, corriere, professore, e non solamente imporre un alto prezzo ai servigi che presta, ma ben anco allontanare, dandole il carattere di un delitto punibile, ogni concorrenza che possa attenuare i suoi profitti? Siamo noi liberi, quando il governo spia tutti i nostri movimenti per assoggettarli ad una tassa, sottopone tutte le nostre azioni alle ricerche de' suoi impiegati, impaccia tutte le nostre intraprese, incatena tutte le nostre facoltà, s'interpone tra tutti i cambii, per farsi ostacolo agli uni, contrariare gli altri e guadagnare su tutti?.
Da queste idee generali passando alla pratica quistione del candidato, Bastiat, senza punto discendere a quelle personalità che formano il repertorio delle apologie elettorali, va direttamente a colpire il lato debole di un sofisma politico, che era allora in gran voga. Allora un buon numero di elettori affiggevano una grande importanza a far cadere i loro voti sopra uno de' 221 ai quali si facea ridondare tanta parte di merito della rivoluzione di luglio. M. Faurie non poteva figurare in quella eletta classe, per la ragione ben semplice che avanti la rivoluzione non era stato alla Camera. Bastiat gettando il primo tipo della sua maniera di perseguitare il sofisma, dopo avere enumerato le diverse varianti della famiglia elettorale, si esprime così:
Ecco in ultimo un elettore a cui soprattutto sta a cuore di rieleggere ad ogni costo qualcuno de' 221.
Voi avete un bel muovergli le più fondate obbiezioni; la sua risposta sarà: il mio candidato è de' 221.
Ma il suo passato? – Io lo dimentico: egli è de' 221.
Ma egli è membro del governo. Credete voi che sia disposto a restringere un potere al quale partecipa, a diminuire le imposte su cui sussiste? – Non me ne curo per nulla: egli è de' 221.
Ma pensate che egli concorderà a fare le leggi. Vedete quali conseguenze potrà produrre una scelta consigliata da motivi estranei al fine che voi vi avete proposto. – Tutto ciò mi è indifferente: egli è de' 221.
Malgrado ciò, Bastiat non potè riuscire ad ottenere l'elezione di M. Faurie, più di quanto nel 1832 il generale Lamarque riuscisse ad ottenere quella di Bastiat. Il che prover...