Capitolo 1. Alimentazione
Chiunque fosse riuscito a fare crescere due spighe di grano o due fili d’erba dove ne cresceva uno solo, avrebbe reso un servizio al suo paese e all’umanità, tanto più grande dell’intera progenie dei politicanti messi insieme.
Jonathan Swift{8}
Un giorno d’inverno del 1868 Eric Norberg, il mio quintavolo, cioè il trisnonno del mio bisnonno, fece ritorno a Natra nel nord dell’Angermanland, in Svezia, con diversi sacchi di farina di grano sul carro. Veniva da una famiglia di “carrettieri del sud”, contadini del nord che, contravvenendo alle barriere doganali e ai monopoli imposti dalla Svezia, compivano lunghi viaggi commerciali. Eric Norberg vendeva biancheria tessuta a mano nel sud della Svezia e tornava con sale e cereali.
Tuttavia, raramente il suo ritorno è stato così desiderato come in quell’occasione. Il 1868 è ricordato come un anno di carestia. I raccolti erano andati male in tutto il paese e chi si trovava a corto di farina era costretto a mischiarla con corteccia di albero per fare il pane. Un uomo della vicina parrocchia di Bjorna ricorda con queste parole la sua esperienza personale di quando era un bambino di sette anni, durante quel periodo in cui si soffriva la fame:
Spesso vedevamo nostra madre piangere da sola, ed era difficile da accettare per una madre non avere cibo da mettere in tavola per i propri figlioli affamati. Si vedevano spesso bambini emaciati e affamati andare di fattoria in fattoria, mendicando qualche briciola di pane. Un giorno tre bambini erano venuti da noi, piangendo e mendicando qualcosa che potesse lenire i morsi della fame. Purtroppo, con gli occhi colmi di lacrime, nostra madre fu costretta a dire loro che non avevamo niente, tranne qualche briciola di pane che bastava appena per noi. Quando noi bambini vedemmo l’angoscia negli occhi supplicanti di quei bambini sconosciuti, scoppiammo in lacrime e supplicammo nostra madre di dividere con loro le poche briciole che avevamo. Non senza esitazioni acconsentì alla nostra richiesta, e i bambini sconosciuti divorarono il cibo prima di proseguire per la fattoria seguente, che si trovava parecchio lontana da casa nostra. Il giorno dopo tutti e tre furono trovati morti a metà strada tra la nostra fattoria e quella seguente.{9}
Giovani e vecchi, pallidi e smunti, andavano di fattoria in fattoria, elemosinando qualcosa che potesse ritardare la morte d’inedia. Il bestiame più scheletrico veniva legato in posizione eretta perché non riusciva a stare sulle proprie zampe. Il latte era spesso misto a sangue. Quell’anno e il seguente, diverse migliaia di svedesi morirono di fame.
I raccolti andati a male non erano cosa inconsueta in Svezia. Una singola carestia, tra il 1695 e il 1697, era costata la vita a uno svedese su quindici, e nei resoconti orali si parla di cannibalismo. Senza macchine, refrigerazione, irrigazione o fertilizzanti artificiali, la perdita del raccolto era sempre una minaccia, e in assenza di mezzi di comunicazione e trasporto moderni, i mancati raccolti spesso significavano carestie.
Fornire l’energia sufficiente a corpo e cervello per garantire il loro buon funzionamento è il bisogno umano primario, ma, storicamente, questo non era soddisfatto per la maggior parte delle persone. Le carestie erano un fenomeno universale, abituale, che si ripeteva con tale insistenza in Europa «da incorporarsi al regime biologico degli uomini: era una struttura della loro vita quotidiana», secondo lo storico francese Fernand Braudel. La Francia, uno dei paesi più ricchi del mondo, aveva patito ventisei carestie nazionali nell’undicesimo secolo, due nel dodicesimo, quattro nel quattordicesimo, sette nel quindicesimo, tredici nel sedicesimo, undici nel diciassettesimo e sedici nel diciottesimo. In ogni secolo, si sono inoltre verificate centinaia di carestie su scala locale.{10}
In tempo di carestie, i contadini si riversavano dalla campagna nelle città, dove si riunivano in folle e mendicavano cibo e spesso morivano nelle piazze e nelle strade, come a Venezia e Amiens nel sedicesimo secolo. Il clima freddo del diciassettesimo secolo non poteva che peggiorare di molto la situazione. Nel 1694, un cronista di Meulan in Normandia aveva annotato che gli affamati raccoglievano il frumento prima che fosse maturo, e un «gran numero di persone viveva d’erba come gli animali».{11} E forse erano relativamente fortunati: nella Francia centrale del 1662, «alcuni erano arrivati a mangiare carne umana».{12} In Finlandia, gli anni 1695-1697 sono conosciuti come «gli anni delle molte morti»: tra un quarto e un terzo dell’intera popolazione era andata incontro alla morte a causa delle carestie.
Braudel ha fatto notare che questo succedeva nell’Europa “privilegiata”: «Ben peggio accadeva in Asia, in Cina, in India». Questi paesi dipendevano dai raccolti di riso che attraversavano vaste distanze e ogni crisi si trasformava in un disastro. Braudel riporta le parole di un mercante olandese che era stato testimone della carestia indiana del 1630-1631:
La gente erra per il paese, avendo abbandonato la loro città o il loro villaggio. Il loro stato è facilmente riconoscibile: occhi profondamente infossati, volti smorti, labbra coperte di schiuma; la mascella inferiore è sporgente, le ossa bucano la pelle, il ventre pende come un sacco vuoto; alcuni piangono e urlano per la fame; altri giacciono agonizzanti in terra. A ciò si aggiungono i drammi abituali: abbandono delle donne e dei bambini, bambini venduti o abbandonati dai genitori, oppure che si vendono da sé per sopravvivere, suicidi collettivi. In tal caso gli affamati aprono il ventre dei morti e dei moribondi e ne mangiano le interiora [...] La gente moriva a centinaia di migliaia, al punto che l’intero paese era coperto di cadaveri, che restavano privi di sepoltura; ne scaturiva un lezzo tale che l’aria ne era appestata […] In un villaggio la carne umana era venduta sul mercato.{13}
Persino in periodi di normalità, nella maggior parte dei paesi più sviluppati i margini erano straordinariamente esigui: il cibo non era sempre nutriente, né poteva essere conservato a lungo. Spesso doveva essere procurato subito prima di essere consumato. Per la conservazione gli alimenti venivano essiccati e messi sotto sale, ma il sale era costoso. In un normale nucleo famigliare ad Àngermanland, la provincia dei miei antenati, cent’anni fa si facevano quattro pasti al giorno: patate, aringhe e pane a prima colazione; zuppa d’avena o polenta di farina di cereali a metà mattina; patate, aringhe e pane a pranzo; zuppa d’avena o polenta di farina di cereali a cena. Questo è ciò che mangiava la gente tutti i giorni, eccetto la domenica, unico giorno in cui poteva permettersi una zuppa di carne (se c’era carne) mista a chicchi d’orzo. Non avendo piatti in ceramica, tutti mangiavano dallo stesso piatto, utilizzando un cucchiaio di legno che alla fine veniva ripulito con una leccata e riposto nel cassetto del tavolo.{14}
L’importanza di un’alimentazione adeguata per la salute e la sopravvivenza delle persone è stata documentata in modo allarmante in uno studio sull’aspettativa di vita a cinquant’anni, in quelli che ora sono i paesi ricchi, al volgere del secolo scorso. Risulta maggiore di quasi sei mesi per i nati nell’Emisfero Nord tra ottobre e dicembre rispetto ai nati tra aprile e giugno. È il contrario nell’Emisfero Sud. Anche i nati nell’Emisfero Nord, che in seguito migrarono a Sud, vivono più a lungo se nati tra ottobre e dicembre. Uno dei probabili motivi è che, fino a poco tempo fa, persino nei paesi ricchi, la frutta e la verdura fresca erano più facilmente reperibili in autunno. Sembrerebbe che l’alimentazione nel grembo materno e nella prima infanzia sia stata migliore per questi bambini, poiché anche il peso alla nascita era maggiore.{15}
Alla fine del diciottesimo secolo, una famiglia francese media era costretta a spendere circa metà del reddito solo in granaglie – spesso voleva dire polenta di farina di cereali. I francesi e gli inglesi nel diciottesimo secolo assumevano meno calorie della media attuale dell’Africa subsahariana, la regione più afflitta dalla malnutrizione.{16}
Se talvolta sentite parlare di orari di lavoro ridotti attuati in un lontano passato, non siate troppo invidiosi. La gente lavorava finché poteva. Il principale fattore limitante era l’impossibilità di assumere le calorie necessarie per un’adeguata crescita infantile e per un sano funzionamento del corpo adulto. I nostri antenati erano rachitici, magri e bassi, il che richiedeva meno calorie e permetteva di lavorare con meno cibo. L’economista e premio Nobel Angus Deaton, uno dei maggiori esperti mondiali di salute e sviluppo, parla di una «trappola della nutrizione» nella Gran Bretagna del diciottesimo e inizio diciannovesimo secolo: a causa di questa mancanza di calorie la gente non riusciva a lavorare di più per produrre abbastanza cibo per lavorare di più.{17}
È stato stimato che duecento anni fa il 20 per cento degli abitanti dell’Inghilterra e della Francia non era nemmeno in grado di lavorare. Avevano energie sufficienti al massimo per camminare a passo lento per qualche ora, il che condannava la maggior parte di loro a una vita da mendicanti.{18} L’assenza di un’alimentazione adeguata produceva inoltre dei gravi effetti sullo sviluppo intellettuale della popolazione, dal momento che il cervello dei bambini ha bisogno di grassi per un suo sviluppo regolare.
Alcuni pensatori del tempo immaginavano che sarebbe sempre stato così. Nel diciottesimo secolo, il reverendo Thomas Robert Malthus era giunto alla conclusione che la popolazione umana avrebbe sempre superato la quantità di cibo disponibile. Aveva osservato che la popolazione raddoppiava a un tasso esponenziale – da due a quattro a otto a sedici – mentre la produzione agricola aumentava solo a un tasso lineare – da due a tre a quattro a cinque. Quando il cibo abbondava, il risultato era un maggior numero di bambini che sopravvivevano, il che si traduceva in un maggior numero di decessi in seguito. Per Malthus, l’umanità avrebbe sempre sofferto le carestie:
Il potere di popolazione è tanto superiore al potere di produrre sussistenza per l’uomo di cui è dotata la terra, che inevitabilmente la morte prematura sorprende, in un modo o nell’altro, la razza umana. I vizi dell’umanità (infanticidio, aborto, contraccezione) eseguono in maniera attiva ed efficace il loro compito spopolatore. Essi costituiscono le avanguardie del grande esercito della distruzione, e spesso hanno forza sufficiente per portare a termine da soli quest’opera terribile. Ma quando fallissero in questa guerra di sterminio, le stagioni malsane, le epidemie, la pestilenza e altri morbi avanzano in spaventoso schieramento, e spazzano via le loro vittime a migliaia e a decine di migliaia. Se il successo non fosse ancora pieno, incede dalle retrovie, immensa e inevitabile, la carestia, che con un sol colpo possente adegua la popolazione agli alimenti della terra.{19}
Malthus aveva descritto con precisione il dilemma in cui si trovava a quel tempo l’umanità, ma ne aveva sottovalutato la capacità di innovarsi, trovare soluzioni ai problemi e modificare i propri comportamenti, una volta che le idee dell’Illuminismo e la diffusione delle libertà offrirono alle persone le opportunità di farlo. Man mano che i contadini acquisivano il diritto alla proprietà privata, erano incentivati a produrre di più. Man mano che i confini venivano aperti al commercio internazionale, le regioni iniziarono a specializzarsi in produzioni adatte alla loro terra, clima e capacità. Inoltre, il miglioramento della tecnologia agricola permetteva di fruire di queste opportunità. Sebbene la popolazione avesse registrato una rapida crescita, l’offerta di beni alimentari aumentava più velocemente. Il consumo pro capite in Francia e in Inghilterra era cresciuto da circa 1.700/2.200 calorie a metà del diciottesimo secolo a 2.500/2.800 nel 1850. Le carestie stavano cominciando a scomparire.{20} La Svezia era stata dichiarata esente dalla fame cronica all’inizio del ventesimo secolo.{21}
Tuttavia, ancora nel 1918, in un libro sulla situazione alimentare, la United States Food Administration pubblicava una «Cartina della fame in Europa», che mostrava le minacce alla sicurezza alimentare in quel continente alla fine della Prima guerra mondiale. In pochi paesi, come Gran Bretagna, Francia, Spagna e i paesi nordici, si riteneva ci fossero «sufficienti scorte alimentari al momento ma gravi [carenze] in futuro». L’Italia era in presenza di «gravi carenze alimentari» e paesi come Finlandia, Polonia e Cecoslovacchia si trovavano in «condizioni di carestia». «Ricordiamoci», si diceva nel libro, «che ogni piccolo paese sulla [cartina] non è solo un contorno, ma rappresenta milioni di persone che soffrono di fame».{22}
Una delle armi più potenti contro il flagello della fame sono stati i fertilizzanti artificiali. L’azoto aiuta la crescita delle piante ed è presente in parte nel letame, ma in piccole quantità. Per più di un secolo, i contadini di tutto il mondo avevano utilizzato escrementi di uccelli accumulatisi nell’arco dei secoli sulle coste del Cile, contenenti grandi quantità di nitrato di sodio. Ma non era disponibile a sufficienza. Per scienziati e imprenditori ci doveva essere il modo di fissare l’azoto dall’atmosfera, dove è presente in abbondanza.
Il chimico tedesco Fritz Haber, che lavorava nell’azienda chimica Basf, è stato il primo a trovare una soluzione al problema. Basandosi sui suoi studi teorici, e dopo diversi anni di sperimentazione, nel 1909 era riuscito a produrre l’ammoniaca dall’idrogeno e dall’azoto presenti nell’atmosfera. Il problema era che la poteva produrre solo su scala molto ridotta. Non esistevano grandi serbatoi in grado di operare a temperature e pressioni necessarie. Un suo collega alla Basf, Carl Bosch, aveva eseguito oltre ventimila esperimenti all’interno di oltre venti reattori prima di scoprire il processo corretto per sintetizzare l’ammoniaca su scala industriale. Con il processo Haber-Bosch si consentiva la produzione di fertilizzanti artificiali a basso costo e in grandi quantità, che ben presto sarebbero stati impiegati in tutto il mondo.
«Qual è stata l’invenzione tecnologica più importante del ventesimo secolo?», si chiede Vaclav Smil in Enriching the Earth. Egli scarta l’idea dei computer e degli aeroplani, spiegando che niente è stato più importante dell’azotofissazione industriale: «Il principale cambiamento che ha interessato la popolazione mondiale – l’espansione da 1,6 miliardi di persone nel 1900 ai sei miliardi di oggi – non sarebbe stato possibile senza la sintesi dell’ammoniaca». Senza il processo Haber-Bosch non esisterebbero quasi due quinti della popolazione mondiale, afferma Smil.{23}
Tristemente, anche la mente geniale di Fritz Haber è stata i...