PREFAZIONE
I testi raccolti in questo volume ruotano intorno al tema della crisi della politica (e della democrazia) e delle sue residue possibilità di rinnovamento.
Questa crisi è il prodotto di un processo pluriforme in cui si incontrano tanti fenomeni: la deriva corporativa dei partiti, la burocratizzazione delle istituzioni, il declino civico della società, l’impoverimento della democrazia e della funzione della rappresentanza, l’invasione nella sfera pubblica del mondo degli affari, la pervasività del sistema dei media su partiti e istituzioni. E altro ancora. Una parte di questi fenomeni è fortemente intrecciata con i processi della globalizzazione, che ha indebolito il ruolo dello Stato nazionale a favore di nuovi poteri – economici, finanziari, politici e militari – transnazionali e internazionali.
Tutto ciò ha generato non solo una perdita di senso della politica, sempre più ridotta a una pratica di mera occupazione del potere e di manipolazione del consenso, ma anche manifestazioni di anti-politica, spesso di carattere demagogico e populista.
Mentre i partiti politici sono entrati in una profonda crisi e la democrazia ha progressivamente smarrito la sua funzione di partecipazione e socializzazione, la politica nel suo complesso si è ridotta a puro consumo mediatico ed è stata piegata agli interessi del mercato e delle corporazioni, di piccoli e grandi poteri forti. Da importanti canali di partecipazione democratica, i partiti si sono ridotti a strumenti di difesa di privilegi e rendite di posizione per poche élites. Da gratuità e servizio pubblico, la politica è diventata interesse e professione.
Ma nei contributi che compongono questo libro ci si interroga anche sulle possibili vie d’uscita, che non sono molte: la rigenerazione della democrazia – con la sussidiarietà, la democrazia deliberativa e partecipativa, la pratica del sorteggio, ad esempio – e della rappresentanza, l’affermazione della pari dignità tra le diverse forme e anime della politica, la riforma dei partiti attraverso nuove norme e regole, il ruolo delle comunità locali e della partecipazione dal basso.
Il libro contiene nove interventi.
Nel saggio di Jürgen Habermas si riflette sul rapporto tra crisi del welfare e crisi della politica e sull’esaurimento delle utopie progressiste dopo l’onda lunga del cambiamento sociale cha ha caratterizzato i tre decenni successivi alla Seconda guerra mondiale. In questo quadro, un fondamentale ruolo di rivitalizzazione democratica spetta a quelle sfere pubbliche discorsive che si organizzano autonomamente sulla base di vincoli e relazioni improntate alla solidarietà al di fuori delle istituzioni dello Stato e dal mercato.
Nel contributo di Ekkehart Krippendorff viene tematizzato il rapporto tra la politica e l’arte, rimettendo al centro della discussione e delle riflessione etica e culturale il valore e il ruolo della persona in un processo di individualizzazione della politica.
Nel contributo di Carlo Donolo, ci si interroga sul senso profondo della democrazia come autogoverno, sulle sue aspettative deluse e le sue possibilità di rinnovamento, di fronte alla crescente complessità della società e alla sempre maggiore distanza che separa governanti e governati nell’ambito della divisione del lavoro politico.
Nel contributo di Duccio Zola, viene sviluppato il concetto di democrazia deliberativa in stretta relazione con quello di società civile, alla ricerca di un orientamento teorico e pratico in grado di indirizzarsi positivamente alla forte crisi di legittimazione che investe oggi le istituzioni dello Stato democratico.
Nel contributo di Giuseppe Cotturri vengono indagati i nodi critici di un modello di democrazia storicamente basato sulla dialettica tra potere politico e partecipazione popolare, mettendo in luce il ruolo della sussidiarietà circolare e della cittadinanza attiva nel favorire processi di trasformazione e apprendimento democratico.
Nel contributo di Luigi Bobbio sono discusse le possibilità e le virtù della pratica del sorteggio, già diffusa nell’antica Grecia, intesa come strumento del rinnovamento delle istituzioni del governo democratico e della partecipazione civica.
Nel contributo di Donatella della Porta sono presentati i risultati di un’importante ricerca europea sulle visioni e le pratiche di democrazia nei movimenti sociali globali, mostrando come le nuove forme di partecipazione e deliberazione democratiche al centro del pensiero e dell’azione di questi attori collettivi siano in grado di riaffermare il valore e il senso del fare politica dentro la società.
Nel contributo di Pino Ferraris, viene affrontato il tema del rapporto tra politica, società e forme storiche dell’agire sociale e politico alla luce di una prospettiva che metta al centro le esperienze e le pratiche di politicizzazione dal sociale che hanno caratterizzato periodi e attori importanti della sinistra, in Italia e altrove.
Nell’intervento di Giulio Marcon, nel contesto di una radicale critica al sistema politico delle democrazie contemporanee, si prospetta il passaggio dalla monarchia dei partiti alla repubblica della politica, rivendicando il riconoscimento e la pari dignità delle diverse forme di una politica diffusa.
Nel complesso questi interventi ci offrono un quadro dei seri problemi (di legittimità e di credibilità, di funzionamento e di rappresentatività) che affliggono la politica e la democrazia oggi, e aprono al contempo uno spazio di possibili alternative – alcune già concretamente e positivamente realizzate – che riposano sulle buone pratiche di cittadini attivi, minoranze etiche e gruppi sociali. Ed è proprio da qui che bisogna ripartire per dare un futuro e una speranza alla democrazia e alla politica, non solo in Italia. Se per “fare politica” si intende gratuità e servizio pubblico, ricerca del bene comune e dell’interesse generale, è allora necessaria e urgente una radicale auto-riforma e innovazione democratica che investa nel suo complesso le istituzioni, la rappresentanza politica e le forme dell’agire sociale e collettivo.
Nota redazionale
I contributi di Krippendorff, Donolo, Cotturri, Bobbio e della Porta sono rielaborazioni di interventi tenuti al convegno, promosso da Lunaria e dalla Presidenza del Consiglio provinciale di Roma, dal titolo “L’arte di non essere governati”, che si è svolto a Roma il 2 dicembre del 2006. L’intervento di Ferraris riprende invece il testo presentato al seminario “Una sinistra unita e plurale”, svoltosi a Firenze il 4 e 5 luglio del 2008. Il testo di Marcon, scritto appositamente per questo volume, è stato anticipato in forma ridotta dalla rivista “Quale Stato” nel luglio del 2008. Il testo di Zola prende spunto da un lavoro più ampio, Democrazia deliberativa e società civile. Da Jürgen Habermas ai movimenti per la giustizia globale. Infine, il testo di Habermas è la ripubblicazione di un suo saggio del 1985, uscito in italiano per le Edizioni Lavoro nel 1998, che rielabora il discorso tenuto davanti alle Cortes il 26 novembre del 1984 su invito del Presidente del Parlamento spagnolo. Ringraziamo Edizioni Lavoro per averci gentilmente permesso di ripubblicare la traduzione italiana di questo saggio.
INDICE
Prefazione
JÜRGEN HABERMAS
La nuova oscurità. Crisi dello Stato sociale ed esaurimento delle utopie
EKKEHART KRIPPENDORFF
La politica parte dalle persone
CARLO DONOLO
Chi governa chi
DUCCIO ZOLA
Le prospettive della democrazia deliberativa
GIUSEPPE COTTURRI
La politica condivisa
LUIGI BOBBIO
Le virtù del sorteggio
DONATELLA DELLA PORTA
La democrazia dei movimenti
PINO FERRARIS
La sinistra. O è sociale o non è
GIULIO MARCON
Dai partiti alla politica diffusa
LA NUOVA OSCURITÀ
CRISI DELLO STATO SOCIALE ED ESAURIMENTO DELLE UTOPIE
La nuova oscurità. Crisi dello stato sociale ed esaurimento delle utopie di Jürgen Habermas
I.
Dalla fine del XVIII secolo si è andata sviluppando, nella cultura occidentale, una nuova coscienza del tempo.1 Mentre nell’Occidente cristiano per “nuova era” s’intendeva il nuovo tempo che sarebbe iniziato il giorno del giudizio, da allora con il termine “modernità” si definisce il tempo che stiamo vivendo e quindi il presente. In ogni attimo il presente è inteso come transizione verso qualcosa di nuovo, esso vive della consapevolezza che gli eventi storici si stanno accelerando e nell’attesa di un futuro diverso. II nuovo inizio epocale, che ha sancito la rottura tra il mondo moderno da un parte e il Medioevo cristiano e l’antichità dall’altra si ripete in ogni momento presente, il quale porta con sé qualcosa di nuovo. Il presente ribadisce la rottura col passato nella forma di un rinnovamento continuo. Costituito da aspettative che si riferiscono al presente, l’orizzonte aperto al futuro condiziona anche il modo in cui si intende il passato. Dalla fine del XVIII secolo la storia è stata considerata sia un processo che coinvolge il mondo nella sua interezza, sia una fonte di problemi. In questo processo il tempo è considerato una risorsa scarsa, finalizzata al trattamento orientato al futuro dei problemi ereditati dal passato. Periodi cruciali del passato, che il presente potrebbe utilizzare per orientarsi senza esitazioni, divengono insignificanti. La modernità non può più ricavare gli standard per orientarsi da modelli offerti da altre epoche e si percepisce come dipendente solo da sé stessa: solo da sé stessa essa deve ricavare i suoi principi normativi. Da quel momento in poi il presente autentico è il luogo in cui si combinano innovazione e continuazione della tradizione.
La svalutazione degli esempi del passato e la necessità di trarre dalle esperienze e dalle forme di vita moderne principi normativi sostanziali spiega l’alterazione dello “spirito del tempo”, che diventa il medium da cui d’ora in poi si evolvono il pensiero e il confronto politico. Lo “spirito del tempo” si nutre di impulsi provenienti da due correnti di pensiero contrarie, ma anche interdipendenti e che si influenzano reciprocamente: esso s’infiamma nello scontro tra pensiero utopico e pensiero storico.2 A prima vista questi due modelli di pensiero si escludono l’un l’altro. Il pensiero storico, saturato dall’esperienza, sembra destinato a cri...