Gli stereotipi nella storia delle donne
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Gli stereotipi nella storia delle donne

Verso l'educazione di genere a partire dalla prima infanzia

  1. 156 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Gli stereotipi nella storia delle donne

Verso l'educazione di genere a partire dalla prima infanzia

Informazioni su questo libro

La famiglia e la scuola hanno per lungo tempo plasmato una figura femminile dedita esclusivamente alle mansioni domestiche e alle cure familiari, escludendola dagli studi e da ogni tipo di incarico pubblico.Oggi però, grazie all'attenzione che le diverse istituzioni educative rivolgono al superamento degli stereotipi, è possibile analizzare la questione del 'genere' secondo un'ottica pedagogica, per proporre soluzioni che puntino a evitare il formarsi di luoghi comuni nei primi anni di infanzia. La ricerca di questo libro offre una indagine storiografica sulla nascita degli stereotipi, nonché le soluzioni che l'approccio pedagogico offre. La ricerca si conclude raccontando il progetto "Fiocco bianco", che ha coinvolto educatrici, famiglie e bambini/e di 2-3 anni, con lo scopo di favorire condizioni in cui i più piccoli potessero esplorare e sviluppare abilità, gusti ed interessi, con la fiducia di crescere e superare il modello patriarcale, fonte primordiale delle disuguaglianze tra uomini e donne.

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Informazioni

1. Educata a non istruirsi. Gli stereotipi nell'educazione delle donne: una storia secolare
1.1. Il mito di Sisifo: la questione femminile nella storia
Nella storia il termine “femminilità” è stato spesso confuso con “fragilità”; la fragilitas nata dal diritto romano, ha costituito nei secoli un motivo per il quale la donna necessitava di protezione da parte della figura maschile, diventando una sua proprietà. Il misconoscimento della donna come persona, poiché priva di diritti, ha condotto l’uomo a decidere per i suoi doveri; fra questi vi era il compito di legittimare la famiglia attraverso il matrimonio e la riproduzione, fine ultimo del destino femminile1. Un tentativo di rivalutazione dell’immagine della donna inizia intorno al Settecento nei luoghi privilegiati del sapere, come Accademie, Università e salotti. L’Illuminismo italiano ha presentato alcune aristocratiche famose per il loro fervido intelletto, ma l’archetipo femminile delineato resta quello di una donna che non destabilizza l’equilibrio sociale, rimanendo in una posizione di subalternità. Viene privilegiato il modello femminile tradizionale, trasmesso nei secoli attraverso varie istituzioni, come la famiglia, la chiesa e la scuola. L’Illuminismo seppur ha decantato l’ideale dell’uguaglianza tra gli esseri umani, non ha garantito un miglioramento della condizione femminile, tale che l’istruzione rimane assente. L’esigenza di introdurre dei percorsi formativi accessibili alle donne, diventa una delle conversazioni tipiche all’interno dei salotti e delle accademie; in questi ambienti culturali alcune aristocratiche hanno portato al centro il tema dell’istruzione, discutendo con gli intellettuali che guardavano con sospetto le poche donne istruite. La questione della scolarizzazione femminile per lungo tempo è stata considerata non necessaria e non opportuna, perpetuando nelle donne il loro unico destino di mogli e madri. La formazione ha riguardato solo i piccoli di sesso maschile, i quali hanno avuto la possibilità di proiettarsi alla vita pubblica, agli affari e alla politica. Il pregiudizio circa la presunta inferiorità fisica ed intellettuale della donna ha giustificato nei secoli l’assenza di un’istruzione femminile ed ha potenziato delle forme paternalistiche di protezione e pietà verso di esse. La negazione del rapporto donna-cultura ha ostacolato la possibilità di sviluppare un pensiero autonomo e quindi ha contribuito ad evitare l’insorgenza di quei comportamenti ritenuti pericolosi rispetto all’ordine costituito e alla morale collettiva, così è stata educata a non istruirsi;
mentre sulla necessità di educare la donna non ci sono dubbi, il tema dell’istruzione femminile ha rappresentato l’occasione di una secolare controversia in cui, pur con argomentazioni diverse, hanno finito col predominare posizioni tendenti a dimostrare il solito insanabile contrasto fra la “diversità” biologica della donna e la possibilità di accedere agli studi2.
Diversamente dall’istruzione, la necessità di educare le donne ha origini antiche ed è riconducibile al destino della società. L’educazione della donna si è basata sulla trasmissione di modelli comportamentali fondati sul moralismo, in cui l’idea di femminilità è racchiusa «in un sistema simbolico, destinato a svolgere una funzione regolatrice dei comportamenti collettivi e ad esercitare […] un compito tipicamente pedagogico»3; un esempio a riguardo è tratto dall’opera di Anastasio Bocci La missione sociale della donna, in cui si asserisce che «l’educazione della donna deve […] mirare a ingentilirne sempre più il cuore col dolce sentimento dell’amore filiale»4.
La “femminilità” secondo l’autore, risulta realizzarsi attraverso la condotta morale, la quale è positiva quando si adempie alla “missione sociale”; diversamente, le donne che rifiutano di svolgere il loro compito, manifestano una negativa condotta, causando la degenerazione della società. Per questa ragione l’imperativo presente fino alla prima metà dell’800, conforma la donna ad un preciso modello educativo basato sulla trasmissione orale di pratiche comportamentali, distinte per classi sociali.
Oltre al pregiudizio di natura biologica che si approfondirà più avanti, anche la dottrina cristiana ha indisposto le donne nei confronti dell’istruzione.
Dal punto di vista della chiesa cattolica, l’uomo e la donna si sono visti attribuire delle responsabilità specifiche e non intercambiabili da Dio. In altre parole, se gli uni e le altre sono uguali davanti a Dio, essi sono stati creati per svolgere ruoli differenti sulla terra. Tradizionalmente dunque, la Chiesa cattolica ha sottolineato per le donne il ruolo di sposa, madre e di donna di casa, esattamente come fa la Chiesa ortodossa. Nel corso dei secoli, questi stereotipi di genere motivati da credo religiosi hanno conferito agli uomini un senso di superiorità, dando vita ad un trattamento discriminatorio nei confronti delle donne5.
La religione ha sancito dei precisi destini femminili in cui ha operato l’alternativa aut maritum aut murum, il matrimonio o la clausura, così le donne sono state indotte a trovare una realizzazione attraverso il matrimonio o la fede6. L’educazione delle fanciulle si è basata sulle letture dei santi, con particolare riguardo a quei testi in cui si descrive il peccato originale.
I danni provocati da Eva all’umanità [sono] infatti attribuiti proprio alla sua “natura curiosa” e dalle sue arti seduttive, considerate “malefiche” perché in grado di convincere l’uomo ad andare contro il volere di Dio7.
In opposizione alla figura di Eva, le sacre scritture hanno insegnato alle fanciulle ad emulare i comportamenti della vergine Maria, figura femminile per eccellenza dedita al sacrificio e alla misericordia verso la società. Le scritture bibliche hanno contribuito a giustificare il principio secondo il quale uomini e donne, devono occupare distinti ruoli all’interno della società, dove quest’ultime svolgono il loro appropriato compito di madre e moglie.
Nell’800 con lo sviluppo dell’industrializzazione, la chiesa ha temuto il crollo dei valori tradizionali della famiglia con l’arrivo del modernismo e del pensiero socialista; così si è cercato di valori...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Gli stereotipi nella storia delle donne
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. 1. Educata a non istruirsi. Gli stereotipi nell'educazione delle donne: una storia secolare
  7. 2. L'Ottocento: nuovi scenari
  8. 3. Educata a educare. Tra emancipazione e destino dall'Otto al Novecento
  9. 4. L'educazione di genere nei servizi per la prima infanzia: nuovi percorsi e sperimentazioni
  10. Bibliografia
  11. Ringraziamenti