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Le vesti dei Papi. I parati della Sacrestia Pontificia. Seicento e Settecento
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Le vesti dei Papi. I parati della Sacrestia Pontificia. Seicento e Settecento
Informazioni su questo libro
'Le vesti dei Papi - I parati della Sacrestia Pontificia' presenta per la prima volta con una grande documentazione testuale e fotografica il ricco patrimonio di vesti liturgiche conservato nella Sacrestia Pontificia, situata negli ambienti retrostanti la Cappella Sistina. Si tratta di materiale ricchissimo e non ancora conosciuto, in particolare per quanto riguarda il corredo dei paramenti, solo sporadicamente pubblicati nei volumi dedicati alle suppellettili in oro e argento o occasionalmente esposti in mostre. Il primo volume dedicato all'argomento permette di rivivere due secoli di storia dei pontefici e della Chiesa.
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Informazioni
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DesignCategoria
Design della moda“Il Signore disse a Mosé…
Farai per Aronne, tuo fratello, abiti sacri,
che esprimano gloria e maestà.
Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti,
ai quali io ho dato uno spirito di saggezza,
ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione
e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore.”
che esprimano gloria e maestà.
Tu parlerai a tutti gli artigiani più esperti,
ai quali io ho dato uno spirito di saggezza,
ed essi faranno gli abiti di Aronne per la sua consacrazione
e per l’esercizio del sacerdozio in mio onore.”
(Esodo 25,1; 28, 1-3)
CAPITOLO 1
CENNI SULLE VESTI E SUGLI ARTIGIANI DEI PONTEFICI
1. LE VESTI DEI PONTEFICI: ABBIGLIAMENTO QUOTIDIANO, ELEZIONE, CELEBRAZIONI
1.1 La veste nella cultura cattolica
Nella cultura cattolica la veste, in senso generale, è considerata simbolo di onore e di decoro: già nei primi versi della Genesi si racconta di come Dio stesso, dopo la cacciata, avesse confezionato con le sue mani una veste per Adamo ed Eva. Nell’Antico e nel Nuovo Testamento si parla a più riprese degli abiti: Giacobbe dona a Giuseppe una veste lunga con le maniche per dimostrargli il suo amore paterno ed è la stessa veste la protagonista del tranello ordito dai fratelli gelosi ai danni di Giuseppe, venduto ai mercanti, di cui mostrano la veste lacerata al padre per fargli credere che il suo figlio prediletto era morto (Genesi, 37, 1-35). Il ruolo speciale dell’abito emerge anche nel Nuovo Testamento: quando il Figliol Prodigo torna alla casa di suo padre, ad esempio, quest’ultimo, per onorarlo, chiama subito i servitori affinché portino per lui la veste più bella. Nel libro dell’Esodo Dio stesso definisce anche nei dettagli le caratteristiche della veste del Sommo Sacerdote - “Farai il manto dell’efod, tutto di porpora viola con in mezzo una scollatura per la testa; il bordo attorno alla scollatura sarà un lavoro di tessitore come la scollatura di una corazza, che non si lacera” - i suoi colori - “oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso” - e le gemme e i decori - melagrane e sonagli d’oro - con cui adornarla (Esodo 28, 1-43).
La veste del Sommo Sacerdote ha quindi la funzione ben precisa di esprimere “gloria e maestà” fin dai tempi più remoti.
Il vestito non ha solamente un’utilità pratica, ma indica l’appartenenza sociale, lo stato, la funzione; in particolare il valore dell’abito per definire lo stato sacerdotale si codifica quando Mosé, obbedendo all’invito di Dio, designa Eleazaro come successore di suo padre Aronne facendogli indossare le vesti sacerdotali paterne (Numeri 20, 24-29). Questo gesto, agli occhi del popolo, definisce chiaramente Eleazaro come sacerdote. E da questo momento in poi, il sommo sacerdote riceverà sempre l’investitura con l’unzione ed indossando le vesti sacre.
1.2 Le vesti conservate nella Sacrestia Pontificia e alcune storie inaspettate
Non si può qui seguire la secolare evoluzione di questi abiti, ma l’analisi dei parati sei e settecenteschi conservati nella Sacrestia Pontificia consente di affrontare l’argomento da un punto di vista più diretto e concreto: i parati stessi raccontano la loro storia, una storia che ci permette di capire come mai tanti di essi non ci sono pervenuti, perché si sono attribuite le vesti fatte confezionare da un pontefice ai suoi successori, e, infine, l’evoluzione del gusto attraverso i secoli.
Quello che è rimasto nella Sacrestia Pontificia è in un certo senso poca cosa rispetto alla ricchezza dei parati liturgici e degli arredi tessili descritti negli inventari, che, come si vedrà, si susseguivano a intervalli ravvicinati, con annotazioni precise relative agli ultimi acquisti. Non ci sono assolutamente quei “Manti Pontificali Preziosi con Perle”, dei quali nel 1728 (A.S.R., Camerale I, Inventari 1660, n. 25, 1728 (fig. 2) si conservavano ancora sette esemplari arricchiti con trame d’oro e ricami figurati, né delle altrettanto preziose e numerose pianete, che erano stati indossati dai pontefici nei secoli precedenti, ma soprattutto nel XVI secolo.
I paramenti conservati all’interno della Sacrestia Pontificia sono appartenuti a vari papi (alcuni a cardinali): i più antichi sono quelli di Paolo V Borghese (si vedano le schede 1A., 1B., 1C.), ma in una teca in vetro si conservano reliquie e parati di San Pio V; in alcune delle varie sale della Sacrestia, situata dietro la Cappella Sistina, sono esposte le tiare pontificali e le suppellettili in oro e argento più preziose1.
I parati conservati non costituiscono una raccolta sistematica, nel senso che non si deve pensare che vi si trovino tutti i parati di tutti i pontefici, che si sono succeduti da Paolo V a oggi, ma gli esemplari conservati, più numerosi quelli ottocenteschi e novecenteschi, consentono di far luce sull’evoluzione cronologica del gusto e su alcuni aspetti davvero inediti e singolari, che aiutano anche a spiegare la relativa esiguità dei parati rimasti.
Oltre all’analisi dei manufatti conservati, per la ricerca ci si è avvalsi delle informazioni fornite dagli inventari e dai numerosi documenti di archivio, le “Giustificazioni di Tesoreria”, cioè le registrazioni dei pagamenti effettuati dalla Camera Apostolica, conservati nell’Archivio di Stato di Roma e nell’Archivio Segreto Vaticano (fig. 13); lo spoglio della vastissima documentazione esistente non è stato capillare, ma ha permesso di rinvenire molte nuove e illuminanti informazioni, di cui si è dato conto anche per la loro eventuale utilità per ulteriori ricerche.
Gli inventari (fig. 2) sono stati redatti a distanza più o meno ravvicinata a seconda dei periodi; va detto che l’ultimo completo è del 1906, quindi l’attuale campagna di ricerche su questo patrimonio avviene dopo più di un secolo (e nel Millenio successivo) dall’ultima verifica sistematica, anche se parallelamente si sta svolgendo la catalogazione informatizzata dei beni culturali vaticani, quasi completa per quanto concerne i paramenti.
I documenti consultati sono ovviamente molto importanti per identificare e rintracciare i parati ancora esistenti, ma forniscono anche altre indicazioni di carattere più generale relative alla consistenza complessiva del patrimonio nei secoli e alle diverse “manomissioni”, che ne hanno determinato la storia e talvolta la perdita: ci si riferisce in particolare alla diffusissima abitudine di apporre il proprio stemma sopra o in sostituzione di quello del papa precedente per riutilizzare il parato già confezionato; questa pratica è stata spesso all’origine di attribuzioni inesatte, perché la presenza dello stemma ha indotto a ritenere che il parato risalisse al periodo del Papa, il cui stemma era ricamato sul parato. Solo integrando le notizie di carattere storico - artistico evincibili dai manufatti stessi con le indicazioni fornite dai documenti di archivio è stato possibile risalire al primo committente del parato. In questo senso i documenti più utili sono risultati per un verso gli inventari e per un altro le notizie fornite dalle note relative ai conti della Camera Apostolica con gli artigiani, in particolare con i ricamatori. Nell’ambito di questa ricerca i casi più eclatanti sono una pianeta rossa recante lo stemma di Pio VI, che era stata invece realizzata durante il pontificato di Benedetto XIV (cfr. 15B.), alcuni parati recanti lo stemma di Pio VII, dei quali si è potuto identificare il committente nello stesso Benedetto XIV (cfr. 15A. e C.), mentre altri con lo stemma dello stesso papa sono risultati eseguiti negli anni in cui regnava Clemente XIII (cfr. 16A.); un manto bianco ora ornato dallo stemma di Papa Giovanni Paolo II ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Ringraziamenti
- Sommario
- PREFAZIONE Sua Eminenza Cardinal Gianfranco Ravasi Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura
- INTRODUZIONE Monsignor Guido Marini, Maestro delle Cerimonie del Sommo Pontefice
- CAPITOLO 1 CENNI SULLE VESTI E SUGLI ARTIGIANI DEI PONTEFICI
- SCHEDE RELATIVE ALLE OPERE Marzia Cataldi Gallo
- GLOSSARIO Marzia Cataldi Gallo
- BIBLIOGRAFIA a cura di Annarita Bruno