La libertà dell'uomo, le sfide del diritto, la coerenza della fede
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La libertà dell'uomo, le sfide del diritto, la coerenza della fede

Scritti su «Studium» (1950-1964)

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La libertà dell'uomo, le sfide del diritto, la coerenza della fede

Scritti su «Studium» (1950-1964)

Informazioni su questo libro

Questo ebook raccoglie gli articoli di Alfredo Carlo Moro pubblicati sulla rivista «Studium» dal 1950 al 1964. Protagonista della cultura giuridica italiana del Novecento, interprete fedele della Costituzione e del Concilio, Moro esprime in questi testi considerazioni e intuizioni che svilupperà in tutta la sua successiva, vastissima produzione scritta. La partecipazione dei laici alla vita della Chiesa, la riforma della giustizia, la moralità della politica, la difesa della dignità e della libertà della persona sono solo alcuni dei temi che egli affronta in queste pagine, nelle quali testimonia, con giovanile passione, una non comune intelligenza dei fatti e delle idee, in un periodo di profonde trasformazioni nel tessuto civile ed ecclesiale dell’Italia.
Alfredo Carlo Moro, nato a Taranto nel 1925, è stato magistrato, giudice e docente universitario. Pioniere della scienza del diritto minorile in Italia, presidente del Tribunale per i minorenni di Roma dal 1971 al 1979, esperto di diritto di famiglia – alla cui riforma offre un contributo decisivo – è autore di testi fondamentali per la cultura giuridica italiana e di centinaia di scritti e articoli di argomento ecclesiale, pedagogico e sociopolitico. Collabora intensamente con riviste, pe­riodici e quotidiani, in particolare «La Gazzetta del Mezzogiorno». Muore a Roma nel 2005.

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Informazioni

Esperienze pastorali in Francia. 1) Le esigenze della Parrocchia*

* in «Studium», a. XLVI, n. 1, gennaio 1950, pp. 48-52.

Se è vero che il mondo di oggi è lontano da Cristo, se dobbiamo dolorosamente constatare quanto siano spesso ignorati e incompresi i supremi valori del cristianesimo e come molti, troppi battezzati vivano completamente fuori della Chiesa da pagani, non possiamo però dimenticare che il mondo di oggi ha un’ansia veramente cristiana di giustizia e di pace, che, – stanco per tanti esperimenti falliti – l’uomo cerca un’idea trascendente che illumini la sua vita e le dia un senso.
Il cristiano vero opera dunque in queste condizioni difficili ma anche favorevoli: è necessario, perché la sua opera di diffusione della parola di Cristo possa essere fruttuosa, che in lui divenga sovrabbondante la vita interiore e che i metodi e i mezzi del suo apostolato siano adeguati alle particolari esigenze dei tempi. Con l’istituzione dell’Azione Cattolica si è già compiuto un notevolissimo passo innanzi in questa via: l’unione dei laici in associazioni che vivono con il proprio assistente inserite nella Chiesa, permette più continuativamente un’opera di formazione completa dell’individuo rendendo più fervida la vita di pietà, più intimo – nella collaborazione di tutti – il contatto col Signore, più profondo e vivo il senso della comunità. Ma l’Azione Cattolica tende anche, per la sua stessa definizione, ad agire per diffondere, fra tanti che non credono, la parola di Cristo: l’opera del laico permette infatti più facilmente la santificazione della famiglia, della professione, della società e rende più continua, per la sua mediazione, l’opera di ammaestramento e di santificazione che la Gerarchia Ecclesiastica è chiamata a svolgere in ogni settore della vita sociale.
Ma nel momento presente, se deve essere compito di tutti coloro che vogliono riportare la società a Cristo, un’opera di perfezionamento delle strutture e dei metodi di lavoro dell’Azione Cattolica, ci sembra che ulteriori passi ci siano da fare e che un rinnovamento di tutta la vita cristiana sia necessario. Forse non si tratta tanto di escogitare nuove formule più o meno felici quanto di effettuare un ritorno a quelle che erano le prime e più genuine forme di vita cristiana.
In questa sede non possiamo certo essere noi – che del resto non ne avremmo la competenza necessaria – a formulare delle proposte; ci contentiamo quindi solo di riportare alcune interessanti esperienze che il clero francese è venuto facendo in questi anni e che ci sono presentate da un’interessante collana di «Documentazioni ed esperienze pastorali» edite dalla editrice Morcelliana di Brescia.
Partendo da un’analisi onesta e cruda anche se dolorosa della attuale situazione in Francia (e molto impulso ha dato a questa serena critica il famoso libro di Don Godin e Don Daniel: Francia, paese di missione?) il clero francese è giunto ad individuare le principali deficienze che esistono nella vita cristiana di oggi, e sulla base di ciò ha indicato le varie vie da seguire per un risanamento completo che permetta un più rapido ed efficace ritorno a Cristo.
L’attenzione si è innanzi tutto rivolta alla Parrocchia.
Nei giorni 23-27 aprile del 1946 si è riunito a Besançon [1] un Congresso con oltre 1.800 partecipanti tra sacerdoti del clero diocesano e regolare, assistenti di Azione Cattolica, parroci di campagna e di città, professori e rettori del Seminario e in più circa 300 suore rappresentanti delle Congregazioni che svolgono la loro missione nella parrocchia. Nel discorso di apertura tenuto da S. E. Mons. Dubourg Arcivescovo di Besançon si è innanzi tutto affermata l’esistenza di un problema della parrocchia: «Sarebbe ben cieco chi non lo vedesse e ben ostinato chi cercasse di negarlo (il problema). Lo stato compassionevole delle chiese di Francia di cui parlava un giorno Maurizio Barrés non è che la conseguenza dello stato compassionevole di tante nostre parrocchie… Accanto a tante nostre parrocchie di campagna, che in molte regioni della Francia languiscono per mancanza di sacerdoti che vi dimorino, ci sono quelle che muoiono – e che sono già morte – per mancanza di abitanti e quelle più numerose, ahimè!, in città e in campagna che, vittime della scristianizzazione di questa nazione, hanno bisogno per rivivere che s’inoculi loro del sangue nuovo.
Esiste un problema delle parrocchie anche per un altro motivo. Vi è un fatto innegabile e dolorosissimo per il cuore dei veri pastori: molti cristiani, che vogliono vivere la loro fede, vanno a cercare fuori della comunità parrocchiale il nutrimento spirituale di cui le loro anime hanno fame». È necessario, dice l’Arcivescovo di Besançon, studiare il problema della parrocchia per rendere questa istituzione fattiva e conquistatrice. «Essa non deve essere una istituzione vetusta che termina di morire. Deve essere un’opera vivente che partecipa dell’eterna giovinezza della Chiesa, la quale, forte del suo passato, preoccupata di adattarsi ai bisogni presenti, fiduciosa nella grazia di Dio, non teme né le contraddizioni né la concorrenza. La Parrocchia non è proprietà di un uomo per quanto intelligente e attivo; è cosa di tutti o, più esattamente, un’opera alla quale tutti collaborano.
La parrocchia non è una fortezza che si erge orgogliosa e fiera di fronte alla città terrena, considerata come una rivale. No, essa è e deve essere una casa di famiglia, accogliente, felice di aprire le sue porte a chi vuole adorarvi Dio e farlo penetrare nella propria vita. La parrocchia non è un’amministrazione severa e inaccessibile ai sentimenti umani. Dev’essere un focolare dove ci si ami, anche senza conoscersi, perché si ha tutti un’origine comune e si lavora per la stessa causa.
Non è una sovrapposizione di individui che nei giorni di domenica e di festa si radunano alla rinfusa in chiesa, con grande scandalo di certe persone distinte che soffrono per questa promiscuità e con imbarazzo forse maggiore di coloro che soffrono di essere relegati, perché mal vestiti, in un angolo. Essa è, e deve essere, una fraternità dove ci si aiuta reciprocamente perché non è solo il povero che ha bisogno di essere soccorso, ma anche il ricco ha bisogno dei servizi del povero.
La parrocchia non è un corpo senz’anima. È innanzi tutto uno spirito che anima e vivifica un corpo. Non è, non deve essere un ostacolo allo sviluppo delle opere, ma al contrario dev’essere il luogo di incontro di tutti coloro che in organizzazioni diverse lavorano, agiscono, combattono per l’estensione del Regno di Dio».
Cercando di chiarire ulteriormente quale sia la natura della parrocchia si è specificato che essa non deve essere considerata un beneficio (e la parrocchia sarà nella Chiesa ciò che deve essere, solo il giorno in cui si assegneranno i sacerdoti alle parrocchie in funzione delle capacità di lavoro, in modo che per esempio i migliori sacerdoti siano naturalmente mandati nelle cattive parrocchie); non dev’essere soltanto una circoscrizione amministrativa (nel costituire le varie parrocchie si deve tener conto delle realtà umane e dei comuni bisogni di determinati agglomerati umani, senza distinzioni empiriche che formano parrocchie profondamente eterogenee come bisogni e come mentalità); non deve essere soltanto un centro di culto e un focolare di santificazione perché essa deve essere la Chiesa in quel determinato spazio territoriale.
La parrocchia di oggi deve essere riformata proprio perché è rimasta arretrata nel tempo, non essendo riuscita a seguire le profonde mutazioni che si sono operate nell’uomo stesso a causa delle trasformazioni sociali. Bisogna dunque modificare le parrocchie su queste basi:
1) Un nuovo spirito di evangelizzazione perché ci troviamo spessissimo di fronte a un mondo pagano che dobbiamo conquistare. «Non si tratta dunque di amministrare la comunità, né di assicurarne il culto, ma di evangelizzare». Per fare questo non può più bastare un sacerdote per ogni campanile. «Nell’ora attuale in cui vi è penuria di sacerdoti ma soprattutto paganesimo largamente diffuso e vita così profondamente dipendente dai centri di influenza, bisogna che la Chiesa dapprima si stabilisca solidamente nei centri dove passa la vita, là dove parte e si irradia e che là faccia sentire con abbastanza forza la sua influenza perché tutto l’ambiente sia trasformato… Perciò è necessaria una orchestrazione d’insieme dell’apostolato, dell’evangelizzazione attraverso tutta la Francia, che faccia capo a una integrazione della parrocchia nella diocesi e della diocesi nella Chiesa. Non vi debbono più essere parrocchie che vivono in regime di autarchia».
2) Sul piano più strettamente parrocchiale è necessario che i capi (parroco e curati) non siano più animati da quello spirito amministrativo, giuridico e cultuale che si vede troppo sovente e che fa tanto male; si deve operare più profondamente nel settore liturgia e nel settore vita profana.
Di due caratteristiche principali della parrocchia del giorno d’oggi si è poi a lungo parlato: della caratteristica comunitaria e di quella missionaria.
Perché la parrocchia debba essere comunitaria è evidente: vediamo piuttosto come si deve articolare questa comunità. Innanzi tutto ci deve essere una comunità di preghiere e di vita spirituale nella S. Messa, nell’assistenza alla recita dell’Ufficio serale, nelle visite al SS. Sacramento, nei mesi di Maria ecc. «Una vita cristiana interamente incentrata sulla preghiera individuale, che si astenesse volutamente o per principio da ogni partecipazione alla preghiera pubblica, ala vita comunitaria non sarebbe una vita cristiana, qualunque fosse il suo fervore apparente».
È necessario poi che nella parrocchia si realizzi una comunità di scambievoli servizi. I cristiani di una stessa parrocchia non possono accontentarsi di vivere gli uni accanto agli altri come angeli, ignari del volto umano del loro fratello, dei suoi problemi, delle sue pene, dei suoi bisogni. La parrocchia per questo deve organizzare delle istituzioni di carità, dei servizi. Deve perciò preoccuparsi di «raggruppare i suoi membri per motivi diversi da quelli della preghiera: per una formazione più completa, religiosa, sociale, matrimoniale, od anche solo perché si conoscano meglio e si divertano sanamente insieme, eccola preoccupata della sorte sia spirituale che materiale dei suoi malati, li fa visitare a domicilio, curare, assistere; impianta laboratori, asili d’infanzia, colonie estive».
Deve ancora la parrocchia essere una comunità di azione cattolica per far sì che la redenzione si compia più rapidamente. Ma oltre a questa profonda comunità tra fedeli la parrocchia deve essere una comunità tra fedeli e sacerdoti. Il sacerdote, è vero, è il responsabile della preghiera, ma «se vogliamo che la comunità dei fedeli senta che la preghiera è cosa sua, bisogna che ne possa scoprire da se stessa la necessità; bisogna che suggerisca, che proponga ogni tanto delle formule nuove, con docilità nei riguardi del clero che giudicherà in ultima istanza, ma che talvolta troverà, in queste invenzioni della coscienza cristiana, il sigillo dello Spirito Santo». Il sacerdote è incaricato dell’insegnamento ma «anche ora – nella penuria di sacerdoti – troviamo laici incaricati di preparare il lavoro al sacerdote, di insegnare i rudimenti di una scienza che la famiglia avrebbe dovuto far conoscere, di preparare un testo di cui il sacerdote farà il commento, di dirozzare i ritardatari. D’altro canto la parola del sacerdote ha bisogno a sua volta di essere commentata, spiegata, trasmessa».
Inoltre per rendere più efficace la sua parola il sacerdote deve riuscire a penetrare nella vita vera dei contemporanei, portando una risposta ai problemi della vita d’oggi. Può bastare dello spirito di osservazione e della psicologia da parte del sacerdote? Forse sì; ma una efficacia reale la si avrà solo «il giorno in cui l’insegnamento sarà il risultato di una collaborazione, di un lavoro, di uno studio comune tra i sacerdoti e la comunità dei fedeli».
È logico e assolutamente necessario che il sacerdote governi ma è anche necessario che la comunità dei fedeli sia trattata da adulta e prenda le sue responsabilità. Così per es. gli si potrebbe affidare le questioni finanziarie e potrebbe curare per es. la pulizia della cappella, il mantenimento materiale della Chiesa ecc.: sarebbe questo un ottimo metodo per interessare sempre più la comunità dei fedeli alla vita religiosa.
L’altra caratteristica della parrocchia di oggi è quella di dover essere missionaria. Non ci si può più contentare di creare una buona comunità, e di ammaestrare e di amministrare i Sacramenti: di fronte a un mondo pagano è necessario che anche la parrocchia diventi dinamica per conquistare e riportare a Cristo tanti che se ne sono allontanati. «La parrocchia deve avere un compito missionario; è essa che ne ha la responsabilità prima e le altre organizzazioni solo per un mandato e sovente per un mandato del parroco sono anche esse responsabili della conquista degli altri parrocchiani che non sono praticanti. Inoltre la parrocchia è attrezzata, ha la sua Chiesa, ha i suoi sacerdoti: è sempre a loro che ci si rivolge quando si ha bisogno di una cerimonia o d’un documento ufficiale».
È necessario per questo che il parroco non faccia l’amministratore del culto, ma realmente il missionario, cercando di seguire i suoi parrocchiani senza aspettare che essi si rivolgano a lui, divenendo amico delle famiglie in occasione dei battesimi, matrimoni, funerali ecc.
È necessario che dalla parrocchia partano delle missioni, che portino, rione per rione, casa per casa, con coraggio, la parola di Cristo; che in parrocchia si facciano di tanto in tanto delle manifestazioni religiose adeguate alla mentalità di chi non crede.
Molte altre questioni sono state trattate dal Congresso: non potendo riportarle tutte, riferiamo le conclusioni approvate dai Rev.mi Vescovi presenti:
«1) Il movimento che spinge le nostre parrocchie a orientarsi in senso missionario è da incoraggiare. La parrocchia non è soltanto il centro di rifornimento dei fedeli, ma è anche responsabile di tutte le anime che popolano il suo territorio, e deve preoccuparsi con tutti i mezzi di far giungere loro la buona novella e di far vedere loro il vero volto della Chiesa.
2) In quanto cellula della Chiesa, animata dalla carità di Cristo, la parrocchia sarà sempre più comunitaria. E questo non si riferisce soltanto alla comunità costituita dal parroco e dai suoi coadiutori, ma a tutta la parrocchia, clero e fedeli, che devono essere una vera comunità, una vera famiglia. Questa comunità sarà largamente aperta, non si ripiegherà sui soli fedeli. In unione stretta coi suoi sacerdoti, si sentirà tutta responsabile della sua vitalità e del suo sviluppo
3) Il movimento che spinge attualmente un buon numero di sacerdoti a lavorare uniti, sia sul piano parrocchiale, sia su un piano più largo come quello della vicaria foranea, è ugualmente da incoraggiare. La collaborazione sarà per i sacerdoti un prezioso conforto nella loro vita sacerdotale e un mezzo di amplificare i risultati dei loro sforzi apostolici.
4) Il clero parrocchiale avrà a cuore di moltiplicare i contatti con la popolazione, di cui ha la responsabilità spirituale. Si guarderà bene dal lasciarsi isolare dall’ambiente reale tra alcuni elementi fedeli ma talvolta insufficientemente rappresentativi. L’apostolato parrocchiale ordinario offre ai sacerdoti che lo vogliano mezzi molteplici per assicurare il contatto. Altri mezzi più straordinari saranno riservati a casi eccezionali, di cui il Vescovo è giudice.
5) Tra i mezzi per stabilire il contatto con l’ambiente parrocchiale reale, l’unione stretta, confidente e piena di umiltà reciproca con i militanti dei movimenti di Azione Cattolica è certamente uno dei più fecondi.
6) Il clero parrocchiale, poiché deve avere la sollecitudine di tutte le anime che popolano il territorio parrocchiale, non trascurerà nessuna delle categorie che costituiscono la totalità della popolazione: né una categoria sociale, né una categoria di età. Ma il suo apostolato terrà conto delle vere strutture umane, quali dovranno essere ricostruite a poco a poco secondo l’ordine provvidenziale, grazie ai suoi sforzi zelanti e intelligenti.
7) Numerose iniziative si fanno strada, iniziative che hanno lo scopo di perfezionare i mezzi di evangelizzazione, specie nel campo liturgico. I sacerdoti si ricorderanno sempre che la liturgia propriamente detta è sottomessa a regole fissate dall’autorità della Chiesa. Riguardo alla paraliturgia e agli altri mezzi di istruire i parrocchiani o di farli pregare, è necessario che siano utilizzati con prudenza e buon senso e nella linea delle direttive dell’autorità religiosa.
8) Esperienze che sono potute riuscire in una parrocchia non sono necessariamente valevoli per tutte le parrocchie. Bisogna tener conto delle differenze di ambiente, di livello cristiano, dei temperamenti apostolici ugualmente diversi. L’essenziale è capir bene che non vi sono ricette valevoli per se stesse, che si possono adoperare come processi magici. Non hanno valore che per lo spirito che le anima e per il grado di adattamento alla vita.
9) Le religiose posso costituire un elemento preziosissimo nell’opera di evangelizzazione della parrocchia. Si deve dunque augurare che siano molto numerose per rispondere a tutti i bisogni. Il discernimento e la coltura della loro vocazione devono essere una delle grandi preoccupazioni del clero parrocchiale.
10) Qualunque siano i perfezionamenti delle nostre tecniche di apostolato, per quanto possa essere perfetta la nostra organizzazione parrocchiale moderna, rimane incontestabile che il cemento della comunità parrocchiale o, meglio il sangue che vivifica gli organi di questa comunità è la carità di Cristo quale sgorga da un cuore sacerdotale totalmente e lealmente dedicato al suo sacerdozio».
Vedremo nel prossimo numero le interessanti esperienze di Padre Remillieux su la liturgia nella vita parrocchiale e l’esperienza di Padre Loew, che ha fondato una missione proletaria alla periferia di Marsiglia.
Alfredo Carlo Moro


[1] Esigenze della Parrocchia. Ed. Morcelliana, Brescia.

Esperienze pastorali in Francia. 2) Parrocchia, liturgia e missioni proletarie*

* in «Studium», a. XLVI, n. 2, febbraio 1950, pp. 109-113

Se nello scorso numero abbiamo esaminato le esigenze della parrocchia nel mondo moderno, vogliamo esaminare oggi due esperienze pratiche che possono sembrare a prima vista contrastanti ma che in realtà possono completarsi a vicenda.
Padre Remillieux [1] , parroco di Nostra Signora di S. Albano a Lione, è convinto che si può rendere oggi nuovamente cristiano il mondo creando prima di ogni altra cosa una famiglia spirituale fortemente radicata in Cristo attraverso la liturgia e la pratica della virtù, famiglia che poi sarebbe naturalmente portata a effondere la sua vita e ad attirare gli altri a Gesù; i missionari di Francia (Don Godin, Padre Loew) [2] partendo invece dalla considerazione che c’è intorno alle parrocchie un mondo pagano difficilmente raggiungibile con i mezzi normali, pensano che sia necessaria andare in missione tra le masse scristianizzate per diffondere tra esse la buona novella. A noi, sembra che i due metodi si completino a vicenda perché se è vero che spesso lo zelo apostolico anche di chi fa parte di una comunità che viva perfettamente la vita liturgica è insufficiente per arrivare a tanti che vivono staccati dalla parrocchia, è anche vero che i nuovi cristiani per poter mantenere viva e fulgida la propria fede devono poter trovare delle comunità parrocchiali vive, dove la liturgia sia fortemente sentita, dove in una comunione di spiriti ci si aiuti veramente nell’ascesa individuale verso Cristo.
Una parrocchia perfettamente organizzata senza però una fiancheggiatrice attività missionaria rischierebbe di rimanere una oasi cristiana in un deserto pagano; una missione che non si appoggiasse a una parrocchia efficiente rischierebbe di gettare un seme che difficilmente potrebbe dar vita a una pianta solida e rigogliosa.
Ma vediamo le due diverse esperienze. Per permettere un avvicinamento di tutti alla parrocchia e, per far vivere a tutti i parrocchiani la vita cristiana nella maniera migliore, a nostra Signora di S. Albano si è lavorato lungo due direttrici di marcia: rimuovere dall’altare ogni rumore di denaro, ridare vita alla liturgia facendola comprendere e seguire da tutti.
È necessario innanzi tutto per eliminare uno dei pregiudizi più radicati tra il popolo e che tiene lontano l’uomo dalla...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LA LIBERTÀ DELL’UOMO, LE SFIDE DEL DIRITTO, LA COERENZA DELLA FEDE
  3. Indice dei contenuti
  4. NOTA DELL’EDITORE
  5. INTRODUZIONE - Tiziano Torresi
  6. La bussola della Costituzione e del Concilio
  7. Le «gioiose realtà» del cattolicesimo in fermento
  8. Il dialogo tra il cristianesimo e il mondo contemporaneo
  9. La promozione integrale della persona umana
  10. La giustizia al servizio dell’uomo
  11. La famiglia, le sue trasformazioni e le sue ferite
  12. La politica, la legalità e l’etica pubblica
  13. L’aborto e il diritto minorile
  14. Conclusione
  15. Profilo biografico
  16. Scritti
  17. Esperienze pastorali in Francia. 1) Le esigenze della Parrocchia*
  18. Esperienze pastorali in Francia. 2) Parrocchia, liturgia e missioni proletarie*
  19. La situazione universitaria italiana*
  20. ​La disciplina giuridica dei partiti*
  21. ​Lo sport nella vita moderna*
  22. ​Crisi della famiglia?*
  23. ​Adulterio e Costituzione*
  24. ​Il mondo contemporaneo di fronte alla Chiesa*
  25. ​Per una migliore amministrazione della giustizia*
  26. ​Specifica moralità dell’attività politica*
  27. Testimonianze
  28. Testimone di una sintesi possibile tra fede e storia
  29. Un intelletto aperto alla bontà
  30. Bibliografia
  31. Volumi
  32. Curatele
  33. Opuscoli
  34. Relazioni e interventi in volumi
  35. Articoli in riviste
  36. Direzione scientifica
  37. Scritti senza firma inseriti da Alfredo Carlo Moro tra le sue pubblicazioni