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Gillo Armadillo
Informazioni su questo libro
Thriller ambientato a Bari che vede l'investigatore privato Gillo Armadillo alle prese con il suo primo caso difficile: la ricerca di una persona scomparsa. L'autore mescola abilmente nello svolgimento della trama momenti di suspence con altri di puro humour.
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Informazioni
Editore
Wip EdizioniAnno
2020Print ISBN
9788884592309eBook ISBN
97888845957751
Dallo sguardo della ragazza
seduta di fronte a lui Gillo capì cosa stava per accadere. Tutte le
volte che si presentava a una persona prima o poi arrivava la
fatidica domanda.
«Posso essere un po’ indiscreta?» chiese la
bionda.
Ecco
qua, siamo arrivati al punto: spara pure.
«Certo, dimmi» sorrise.
«Come mai questo nome insolito? C’è qualche motivo
particolare?»
Perfetto,
benvenuta nel club. Sei l’ennesima persona che me lo chiede
da quando
esisto.
«Mio padre è un grande appassionato di cinema
d’autore e ‘La battaglia di Algeri’ è in assoluto il suo film
preferito.»
Lo sguardo inebetito della sua dirimpettaia dai
lunghi capelli biondi fece capire a Gillo che quella spiegazione
non era esauriente.
Se
riesco a parlare serenamente con mio padre devo chiederglielo
ancora una volta: quale forza oscura ti ha spinto a segnare il
mio destino in questo modo?
Gillo era abituato a quella domanda quanto lo era
alle reazioni dopo la sua risposta; c’erano quelli che annuivano
convinti perché capivano subito il riferimento cinefilo, ma erano
la minoranza; poi al secondo posto in classifica si collocavano
coloro che non capivano ma fingevano di aver compreso alla
perfezione; il primato però spettava alle persone come Patrizia,
che non capivano e neanche fingevano il contrario.
«Gillo Pontecorvo è il regista del film preferito
di mio padre al punto che ha voluto appiopparmi il suo nome.»
Patrizia scoppiò in una sonora quanto sguaiata
risata.
«Scusami, io avevo capito che Gillo era il cognome
e Armadillo il nome di battesimo. Mi sembrava strano che i tuoi
genitori potessero aver scelto il nome di un animale. Se non
sbaglio è una specie di cammello, vero?»
Promemoria per domani: ringraziare Alberto e Vanessa per avere
organizzato questo indimenticabile appuntamento con una fanciulla
dal quoziente intellettivo pari a quello di un abete, senza offesa
per l’albero.
«Sì una specie, per la verità somiglia più al
dromedario.»
«Ah, vedi qualcosa capisco, in fondo.»
Patrizia sorrise e Gillo ricambiò.
Era una bella ragazza, la serata era fresca e il
ristorante serviva dell’ottimo pesce.
Eppure lui avrebbe preferito essere altrove.
Il silenzio prese il sopravvento creando un certo
imbarazzo. Era evidente che avevano ben poco da dirsi.
«Anche a me piace il cinema. Questo Ponteconte che
film ha fatto di recente?»
«Veramente sarebbe un po’ defunto.»
«Oh, condoglianze, credevo…»
Patrizia si fermò. Qualcosa non stava andando per
il verso giusto. Eppure Vanessa le aveva dato molti consigli: le
aveva spiegato che Gillo non era il solito uomo che al primo
appuntamento le sarebbe saltato addosso.
Certo che da quello a ignorarla completamente, come
stava avvenendo, doveva pur esserci una via di mezzo.
Gillo guardò il cameriere augurandosi che di sua
iniziativa portasse il conto come tacito invito a lasciare il
tavolo a qualche coppia di clienti meglio assortita.
Purtroppo era un ordinario martedì, i camerieri
lasciavano gli avventori tranquilli e Gillo fu costretto a
sopportare quella noiosa serata. Sperava solo di non suscitare
nessun interesse in lei.
Era bello, dal fisico atletico e ricercato nel
vestire, tutte cose che non poteva nascondere. L’unica carta da
giocare era quella di apparire poco interessante.
Se le avesse raccontato del suo lavoro o di come
occupava il tempo libero dedicandosi alle sue passioni, avrebbe
suscitato più curiosità in lei. Così inanellò una serie pazzesca di
bugie per screditare la sua immagine. Raccontò di essere un
impiegato di banca che collezionava francobolli. Lei scatenò ancora
una volta la sua risata sguaiata.
«Che simpatici Vanessa e Alberto. Pensa, mi avevano
raccontato che fai il detective privato, hai una palestra dove
insegni full-contact e suoni bene anche il clarinetto.»
Secondo
promemoria per domani: ricordare a Vanessa e Alberto che ogni tanto
dovrebbero farsi gli affari loro e se proprio vogliono raccontare
qualcosa di me, che almeno siano precisi dal momento che ‘non ho’
una palestra dove insegno full-contact ma ci lavoro soltanto,
mentre l’agenzia investigativa è di mio padre, quindi ‘quasi mia’ e
il clarinetto lo suono benissimo.
«Hanno una grande fantasia. Volevano solo che io
facessi colpo su di te» sorrise lui.
Lo sguardo di lei gli fece capire che neanche con
la storia dei francobolli poteva evitare di farle perdere la
testa.
La maggior parte degli uomini avrebbe fatto carte
false per avere a propria disposizione le armi di seduzione in
dotazione a lui. Un uomo come suo padre ne avrebbe approfittato di
certo. Lui no, preferiva interessare qualcuno per le sue idee, per
il suo modo di essere, non certo per i pettorali o, peggio,
l’estratto conto.
La cena terminò e Gillo, dopo aver pagato un
salatissimo conto che avrebbe dimezzato lo stipendio di un comune
impiegato, si preparò alla parte più difficile. Arrivati sotto casa
si aspettava che lei lo invitasse a salire.
Le note di ‘Moon River’ echeggiarono nell’abitacolo
dell’auto.
«Scusami… Pronto… chi? Ah ciao. Certo è un po’
tardi. Ah, ma dove ti trovi? Va bene, dai, non sono molto distante.
Ti raggiungo immediatamente.»
Patrizia era l’emblema della delusione.
«Problemi?»
«Già . Un amico è uscito fuori strada con la sua
auto e mi ha chiesto di passare a prenderlo.»
La storia non reggeva neanche un po’. Con il
telefonino nascosto nella mano sinistra aveva composto il numero
dell’altro cellulare che aveva nel taschino della giacca e aveva
improvvisato quella recita mal riuscita per tirarsi fuori dai guai.
Una persona attenta avrebbe potuto chiedergli come mai l’amico
chiamasse lui piuttosto che il carro attrezzi.
Lei non lo fece, perché ormai era certa di non
piacergli. Si salutarono con casti baci sulle guance e false
reciproche promesse di futuri contatti.
Dopo aver chiuso lo sportello della sua Audi TT
nera, Gillo si lasciò scappare un lungo sospiro di sollievo.
Rientrò a casa depresso. Sul pianerottolo si fermò a guardare la
porta dell’appartamento di fronte al suo. Chi abitava lì lo
interessava sul serio, ma c’erano troppe complicazioni e la sua
depressione aumentò.
All’improvviso gli venne in mente che Patrizia
aveva creduto che Armadillo fosse il suo nome di battesimo.
«Una specie di cammello» ripeté a voce alta.
2
Esaurite le sue cento flessioni, come ogni mattina preparò la consueta colazione a base di fiocchi di cereali e yogurt.
Per lui la forma fisica e la salute erano fondamentali, per affrontare il grande Franco Armadillo, suo padre, il signore indiscusso dell’agenzia investigativa capace di mettere soggezione a chiunque: dipendenti, clienti e naturalmente suo figlio.
Nonostante il rapporto familiare, Gillo sul luogo di lavoro continuava a percepire quell’uomo soltanto come il suo datore di lavoro.
Uscì di casa con la solita flemma. In agenzia nessuno lo aspettava né considerava la sua presenza indispensabile. Titti la segretaria gli fece gli occhi dolci come sempre.
«Ciao Assunta» la salutò lui apposta sapendo di farla innervosire. Come ogni volta lei precisò che il suo nome era Titti e non Assunta. E come sempre lui si scusò.
Niente di personale, Assuntina, ma fino a quando andrai a letto con mio padre non potrai essermi troppo simpatica.
Era una bella donna, tutto sommato, se a un uomo piaceva il genere: vistosa e dalle curve molto pronunciate, aveva quarantadue anni e almeno dieci chili in eccesso.
Inoltre odiava il suo nome di battesimo e riteneva che il diminutivo da lei scelto la rendesse più fine. Conviveva da cinque anni con il suo capo e cercava da sempre di conquistare, invano, le simpatie del figlio.
Gillo prese posto alla sua scrivania. La sua stanza era la più ordinata di tutta la Armadillo Investigazioni.
Aveva pochi casi e sempre i più semplici. I casi difficili andavano tutti a Salvatore Lupo. Si alzò per sbirciare nella stanza di fronte alla sua. Naturalmente il grande Salvatore Lupo non c’era, sempre impegnato in prima linea. La sua specialità era smontare le frodi a danno delle compagnie di assicurazioni.
Negli anni la Armadillo Investigazioni si era specializzata nello smascherare questo genere di truffe. Le più importanti compagnie italiane incaricavano l’agenzia che provvedeva a sguinzagliare i suoi terribili segugi. Tre investigatori coprivano tutta l’Italia nel tentativo di incastrare gli artefici degli incidenti falsi. Le loro relazioni venivano utilizzate dalle compagnie di assicurazioni per sporgere querela contro i delinquenti che richiedevano il risarcimento per sinistri costruiti ad arte.
Franco Armadillo aveva impiegato trenta lunghi anni per costruire quell’impero, sfruttando conoscenze e agganci politici, e convincere i funzionari delle compagnie assicurative a ricorrere ai servigi dell’agenzia. I buoni risultati raggiunti avevano instaurato un passaparola che in breve aveva portato le parcelle della Armadillo Investigazioni sulle scrivanie degli uffici di contabilità di tutte le più importanti aziende del settore.
Il problema di Franco Armadillo era la sua successione.
Era del tutto naturale e consueto che il titolare di un’azienda solida e florida come quella proponesse all’unico erede di seguire le sue orme.
Nel caso degli Armadillo però, Gillo era stato costretto a intraprendere quell’attività , come se per lui non ci fosse mai stata un’alternativa.
Franco non si era mai preoccupato di conoscere le attitudini di Gillo, né di chiedergli quali ambizioni coltivasse.
Eppure, una volta inserito nella struttura organizzativa, Gillo non era mai stato messo seriamente alla prova, come se nessuno, compreso suo padre, si aspettasse grandi cose da lui.
Il figlio ideale di Franco sarebbe stato Salvatore e lui non faceva niente per nasconderlo.
Oltre al talento professionale, Salvatore Lupo condivideva con il suo datore di lavoro l’arte di conquistare belle donne. Entrambi infatti avevano fama di essere grandi play-boy.
Anche sotto questo aspetto, Gillo aveva rappresentato per Franco una cocente delusione.
Nonostante il suo metro e novanta di bell’aspetto, il buon gusto nel vestire, le belle macchine e un alto tenore di vita in genere, Gillo non era mai stato un conquistatore.
Aveva sposato Martina la sua compagna di liceo a venticinque anni. A trenta aveva divorziato, ma nel complesso il matrimonio era durato un anno scarso. Il resto era stato un cocktail di litigi e separazioni più o meno lunghe. E un bel po’ di alimenti che Gillo pagava puntualmente tutti i mesi. L’unico aspetto positivo di tutta la storia era non aver messo al mondo dei figli. Da quel divorzio erano passati cinque anni durante i quali Gillo non era più riuscito a vivere una storia importante. Martina era stata più fortunata. Aveva trovato il suo uomo ideale così diverso da Gillo. Lei aveva sempre avuto le idee chiare. Era una donna dal carattere forte e leale. Si era illusa su Gillo ritenendo che, con il tempo, sarebbe riuscita a trasformarlo nell’uomo giusto per lei.
Gillo non ricordava altri errori di valutazione così macroscopici da parte della sua ex moglie.
«Ci sono telefonate per me?» chiese ad Assunta-Titti.
Lei scosse la testa con un’espressione che stava a indicare quanto fosse improbabile che lui potesse ricevere comunicazioni in quell’ufficio nel quale lavorava da dieci anni.
Fece un rapido giro delle altre stanze. Non c’era nessuno. Da quando Franco Armadillo aveva deciso di investire una somma considerevole in pubblicità , il lavoro non mancava mai. Sembrava che a Bari tutti avessero la necessità di ingaggiare un investigatore privato. L’unica persona con pochi incarichi in tutta l’agenzia risultava essere Gillo.
Per lui pochi semplici casi, segno della scarsa stima che il padre nutriva nei suoi confronti.
Quando qualche marito nascondeva all’ex moglie dei guadagni in nero per pagare meno alimenti, era il momento di Armadillo junior. Le sue pratiche si sbrigavano piuttosto in fretta e spesso Gillo si trovava senza nulla da fare.
Per ingannare un po’ il tempo tornò a studiare i vecchi fascicoli dei suoi casi ancora in piedi.
Alle dodici, come ogni mattina, entrò in scena Franco Armadillo, impegnato in una concitata conversazione telefonica con un funzionario di una compagnia di assicurazioni.
Franco Armadillo era sempre in abito scuro, camicia celeste e cravatta a pois celesti su fondo blu.
Osservandolo dall’esterno si sarebbe potuto pensare che avesse a disposizione un guardaroba molto scarso. Invece Franco disponeva di una grande scelta di vestiti, firmati e molto costosi. Per assecondarlo, tutti i suoi collaboratori vestivano abiti classici. Tutti tranne uno, Gillo, che preferiva l’abbigliamento casual.
Prima di chiudere la porta della propria stanza, Franco incrociò lo sguardo del figlio. Gli dedicò un tiepido, quasi distratto, sorriso.
Gillo tornò a scaldare la sedia della sua scrivania. Si guardò intorno. La disposizione dei mobili non gli piaceva affatto. Negli ultimi tre mesi l’aveva cambiata cinque volte e ancora non era soddisfatto. La finestra alle spalle creava un fastidioso riflesso sul monitor del suo computer e il ficus benjamin, sistemato alla sua destra per offrirlo alla luce del sole, costituiva una presenza inquietante quanto ingombrante. Gli sembrava di avere qualcuno costantemente vicino a osservarlo.
Gillo era sempre stato indifferente verso le piante. Il ficus suo compagno di stanza faceva eccezione perché riusciva a suscitare in lui un sentimento di puro odio.
E che dire del porta-penne dell’ispettore Gadget, simpatico regalo di Alberto e Vanessa.
Si alzò e vagando per la stanza iniziò a studiare una nuova disposizione ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Gillo Armadillo
- Indice dei contenuti
- ...C’ERA BISOGNO DI UN ARMADILLO?
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- Epilogo
- Ringraziamenti