Europa e Cina
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L'esame delle relazioni storiche trale due civiltà mostra quale legameprivilegiato vi sia tra di esse.Il confronto con la Cina imponeall'Europa di scegliere: unitàpolitica o dissolvimento.IT. L'unificazione politica è la condizione assoluta affinché l'Europa continuiad avere voce e ruolo nell'attuale contesto mondiale. Diversamente, l'Unione e gli Stati che la compongono sono destinati a una crescente irrilevanza politica e culturale. Il testo assume a dimostrazione emblematicai rapporti tra Europa e Cina. L'esame delle relazioni storiche tra le dueciviltà mostra quale legame privilegiato vi sia tra di esse; l'analisi delleattuali relazioni rende evidente la necessità dell'unificazione politica europea e di uno sguardo libero da pregiudizi sulla Cina. Infine, l'esigenza dicontribuire congiuntamente al benessere del pianeta pone l'esigenza diun confronto sistematico sui principî delle rispettive civiltà.EN. Political unification is the absolute condition for Europe to continue tohave a voice and role in the current world context. Otherwise, the Unionand its component States are destined to witness growing political andcultural irrelevance. The text assumes as an emblematic demonstrationthe relations between Europa and China. The examination of the historical relations between the two civilizations shows what privileged relationship there is between them; the analysis of current reports makesclear the need for European political unification and a free gaze on China. Finally, the need to contribute jointly to the well-being of the worldpoints to the need for a systematic comparison concerning the principlesof the respective civilizations.

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Informazioni

I.
LE RELAZIONI STORICHE TRA EUROPA E CINA
1. In età antica e medievale
Quando Romolo tracciava il solco della futura Roma, nell’VIII secolo a.C., in Cina erano già corsi oltre mille anni di storia, regnando la terza dinastia preimperiale dei Zhou, così cari a Confucio. E qualcuno aveva già pensato e composto, o attendeva a comporre il celebre Libro dei Mutamenti (I-Ching). La Cina è l’unico grande Paese le cui antichissime origini si perdano nel buio del tempo (Kissinger 2011, 13 sgg.; Tamburello 1997).
Non abbiamo notizia di rapporti diretti tra Cina ed Europa in età antica. Alcuni autori latini, tra i quali Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, VI, 54; XII, 2; XXI, 11 ecc.) e Seneca (De Beneficiis, VII, 9, 5), trasmettono rare informazioni su relazioni commerciali indirette tra una lontanissima terra chiamata “Serica” (dal cinese Si, seta) o “Sina” (dal nome della prima dinastia imperiale, Qin, che unificò la Cina nell’attuale forma nel 221 a.C.) e l’Impero Romano. Da parte loro, i cinesi della dinastia Han (202 a.C. - 220 d.C.) avevano qualche conoscenza dell’impero romano, che indicavano come “Gran Qin”. Si legge nel Hou Hanshu (Storia degli Han posteriori): «Il re del Gran Qin [Roma] desiderava costantemente intraprendere relazioni diplomatiche con la Cina ma i Parti, che volevano mantenere il controllo sul commercio delle sete cinesi, creavano degli ostacoli tali, che non poterono stabilirsi relazioni dirette» (Drège 1992, 13). Tuttavia vi si narra anche che nel 166, sotto l’imperatore Marco Aurelio, un’ambasciata proveniente da Roma sarebbe stata ricevuta dall’imperatore Huangdi (Bertuccioli, Masini 1996, 3-25; Fumagalli 2003).
La prima penetrazione occidentale in Cina fu quella di missionari cristiani nestoriani, provenienti dall’Asia Minore, tra il VII e il IX secolo. Accolta con attenzione nella corte imperiale della dinastia Tang, nella città di Xi’an (dove il 4 febbraio del 781 veniva scolpita in cinese e in siriaco la celebre stele che tramandava i principali eventi della comunità), la missione nestoriana fu cancellata da un decreto imperiale contro il buddismo e le altre religioni straniere nell’anno 843. Sopravvissero alcune chiese dell’alta Asia, che nel corso dei secoli XI-XIII diffusero di nuovo il nestorianesimo fra tribù non cinesi e nella stessa Cina. Marco Polo riferisce di un certo numero di comunità cristiane incontrate durante il suo soggiorno in Cina, tra il 1275 e il 1292. Non sembra tuttavia che questa prima presenza cristiana abbia lasciato tracce nella memoria cinese (Tisserand 1931; Benz 1958, 232-258; Nicolini-Zani 2001; Pelliot 1996).
Bisognerà attendere il XIII secolo per registrare i primi contatti ufficiali tra l’Europa cattolica e l’impero dei Mongoli, che in quel tempo dominava la Cina. I contatti, durati circa un secolo, furono assicurati da religiosi francescani (D’Arelli 2001), spesso in veste di ambasciatori, e da mercanti.
Il 16 aprile 1245 papa Innocenzo IV inviava il francescano Giovanni da Pian del Carpine alla corte dei Mongoli per tentare la conversione dell’imperatore o almeno convincerlo a un’alleanza contro i musulmani. Giovanni raggiunse Karakorum; tornò indietro due anni dopo senza alcun risultato, ma consegnando le proprie esperienze di viaggio alla Storia dei Mongoli (Giovanni da Pian del Carpine 1989; 2007; Bianchi 2007, 45-63).
Fallirono anche altri tentativi1, fino alla missione di fra’ Giovanni da Montecorvino, che giunse a Khanbaliq (l’attuale Pechino) nel 1294 e, quasi vent’anni dopo, nel 1313, venne ordinato arcivescovo e primo patriarca dell’Estremo Oriente da vescovi francescani inviati da Roma (Silvestri 1954; Atti del Convegno di studi sul beato Giovanni da Montecorvino 1994; Canetti 2000, 105-109).
Negli anni successivi arrivò in Cina via mare anche il francescano Odorico da Pordenone, che vi si trattenne dal 1325 al 1328 (Odorico da Pordenone 1986; 1990; 2000; Sgorlon 2004). Morto in questo stesso anno il Montecorvino, la sede rimase vacante fino al 1342, quando vi giunse il fiorentino fra’ Giovanni de’ Marignolli, a capo dei cinquanta francescani chiesti al papa da Odorico. Accolto a corte dall’imperatore e mantenuto a spese dell’erario, il Marignolli rimase quattro anni a Khanbaliq, da dove ripartì alle prime avvisaglie della guerra interna che avrebbe rovesciato la dominazione mongola (Evangelisti 2008; Bertuccioli, Masini 1996, 45-73).
Nel 1368 salì al potere la dinastia cinese dei Ming, con la quale, nel corso di un secolo, la Cina tornò a chiudersi all’Europa, anche per l’affievolirsi dello zelo missionario nell’Ordine francescano. Della grande missione da questo compiuta non rimarrà traccia tra i cinesi. Ciò sembra dipendere specialmente dal fatto che i francescani lavorarono fra tribù non cinesi presenti in gran numero nell’esercito mongolo; inoltre, poiché nessuno di essi apprese la lingua cinese, non vi fu, da parte loro, alcuna significativa penetrazione tra la popolazione di etnia Han.
Sul fronte mercantile, come i Parti erano stati gli intermediari degli scambi commerciali tra Occidente ed Estremo Oriente, più tardi, fino alla conquista mongola dell’Impero Cinese, saranno gli arabi ad assicurare e controllare, principalmente via mare e a partire almeno dall’VIII secolo e dalla fondazione di Baghdad (762), le relazioni commerciali con la Cina, aventi come terminale la città e il porto di Canton. Risale all’851 la redazione di una celebre Relazione sulla Cina e sull’India2, compilata raccogliendo numerosi racconti di mercanti arabi.
L’ingresso significativo di mercanti europei nel commercio con l’estremo Oriente è sollecitato dai costi eccessivi delle merci, dovuti ai rincari dell’intermediazione araba; è favorito dalle crociate, che aprono vie più sicure verso il Medio Oriente e Costantinopoli (conquistata nel 1204); è reso infine praticabile via terra dalla conquista mongola e dalla pacificazione imposta in gran parte dell’Asia Centrale.
Sono i mercanti ad aprire e a percorrere, anche più volte nel corso di un’esistenza, quella che più tardi verrà chiamata, dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen (1877), la “via della seta” (Surdich 2007; Liu, Shaffer 2010; Liu 2016; Frankopan 2017; 2019; Cardini, Vanoli 2017). Nel contesto di generale rivalutazione della mercatura come strumento privilegiato per l’acquisizione della ricchezza e del potere civile, e di valorizzazione della figura del mercante, si sviluppano i commerci tra Europa e Cina nell’età dei Mongoli (Petech 1962, 549-574; Lopez 1975; Boulnois 1992; Tangheroni 1996; Airaldi 1997; Spufford 2005).
Una delle esperienze più fortunate e note fu quella compiuta in Cina dai fratelli Niccolò e Matteo Polo. Partiti da Venezia nel 1271 per un secondo viaggio alla corte di Kubilai Khan, condussero con sé anche il giovane Marco (Venezia 1254-1324). Giunsero a Khanbaliq nel 1275 e si trattennero in quella corte almeno un anno, mentre Marco, stando alle sue memorie, visse nel “Catai” per diciassette anni, ricevendo dall’imperatore una serie di incarichi amministrativi e diplomatici. Marco dichiara (ma diversi critici lo negano) di aver viaggiato per tutta la Cina, fino alla provincia del Tibet, ottenendo forse anche l’incarico di governatore di Huangzhou, città descritta con toni di meraviglia nel Milione (Marco Polo 1975; Bianchi 2007). Anche in questo caso, se attraverso l’opera che avrebbe dettato a Rustichello da Pisa, Marco Polo rese la Cina dei Mongoli nota all’Europa, non offrì tuttavia un significativo contributo reciproco, rendendo l’Europa e la sua civiltà parimenti note alla Cina.
2. L’Europa dei gesuiti e la Cina
Impiego l’espressione “Europa dei gesuiti” in due sensi. Intendo anzitutto l’idea di Europa che i gesuiti hanno offerto alla Cina, inventando un modello inesistente sul piano sociale e politico, benché reale sotto vari profili sul piano culturale. Essi erano spinti in tal senso, a cominciare da Matteo Ricci3, dalla necessità di presentarsi come rappresentanti di un Paese comparabile con la Cina per grandezza, potenza, antichità e sapere. D’altra parte, la Compagnia di Gesù aveva attuato al suo interno, prima della sua espansione missionaria, una sorta di unità europea, provenendo i suoi adepti dalle principali nazioni del Vecchio Continente e costituendo, per così dire, l’Europa degli spiriti prima ancora che della moneta e dei popoli.
Quasi subito dopo la fondazione della Compagnia (1540) iniziarono i tentativi di “entrata” nel chiuso mondo cinese, tra i quali quello progettato dallo stesso Francesco Saverio, morto sull’isoletta di Sancian, di fronte a Canton, mentre si apprestava a farsi trasportare sul suolo cinese (3 dicembre 1552; Léon-Dufour 1995; Bellido 1998).
La svolta si ebbe con l’arrivo a Macao, nel 1578, di Alessandro Valignano, Visitatore delle missioni gesuitiche d’Oriente. Egli raccolse le informazioni più accurate sulla cultura, la lingua, le tradizioni, le religioni, il sistema politico e amministrativo della Cina e applicò al diffidente e misterioso Paese il metodo della “inculturazione” o dell’adattamento, previsto nelle Costituzioni dell’Ordine. Si trattava di assimilare la cultura del Paese per potere, dall’interno, acquisito il credito necessario, trasmettere insegnamenti e dottrine. Era evidente, in questo progetto, la centralità della conoscenza come strumento di comunicazione (Luca 2005; Tamburello, Üçerler, Di Russo 2008; Valignano 2011; Volpi 2011).
Nel 1579 Valignano chiamò dall’India Michele Ruggieri per avviare la nuova missione (Gisondi 1999; Lo Sardo 1993; Ruggieri 2018; Zhang 2019, 95-130); nel 1582 inviò in suo aiuto Matteo Ricci, dapprima assistente di Ruggieri, poi, tornato questi a Roma nel 1588, vero fondatore della missione cinese (Mignini 2009; Fontana 2005; Po-Chia Hsia 2012).
Nato a Macerata il 6 ottobre 1552, Matteo ricevette la prima formazione in casa; quindi, apertasi in città nel 1561 la scuola dei gesuiti, fu iscritto tra i primi alunni dei “preti riformati”. Qui compì gli studi umanistici di base fin verso il 1566. Dopo aver forse collaborato per un certo tempo alla spezieria paterna, a sedici anni fu inviato a studiare legge all’Università di Roma.
Matteo potrebbe aver frequentato l’intero ciclo triennale della Facoltà di diritto dall’autunno 1568 al giugno 1571. Tuttavia, nel verbale del suo esame d’ingresso nel noviziato, avvenuto il 15 agosto 1571, si dichiara che aveva studiato umanità e «doj anni» di legge4. Per un singolare destino, essendo malato il maestro dei novizi padre Fabio de Fabii, fu esaminato e accolto dal vice-maestro, quel Valignano che, più tardi, gli affiderà l’impresa della Cina. Finito il noviziato e perfezionati gli studi umanistici a Firenze, nell’autunno del 1573 iniziò a frequentare il Collegio Romano, dove seguì i corsi di retorica e di filosofia. All’ambito delle discipline filosofiche appartenevano anche quelle matematiche, che abbracciavano non soltanto aritmetica e geometria, ma anche astronomia, geografia, cartografia, scienze della misurazione dello spazio e del tempo. Ricci frequentò in quegli anni l’accademia del celebre matematico gesuita tedesco Cristoforo Clavio, amico e corrispondente di Galileo e di Keplero. Da Clavio, che chiamerà sempre “il mio maestro”, egli apprese le scienze e le tecniche che gli avrebbero consentito, grazie anche all’arte della memoria e alla solida formazione umanistica, di imporsi all’attenzione dei letterati cinesi (Mignini 2009, cap. 3; Fois 1984, 203-228).
Nel maggio del 1577, ancora studente di filosofia, lasciò Roma per il Portogallo, dove, nella primavera del 1578, trascor...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Indice
  3. INTRODUZIONE
  4. 1. LE RELAZIONI STORICHE TRA EUROPA E CINA
  5. 2. EUROPA E CINA OGGI
  6. 3. IL CONFRONTO SUI PRINCIPÎ
  7. QUASI UNA CONCLUSIONE
  8. Bibliografia
  9. Abstract
  10. Notizia biografica