Introduzione
di Francesco Codello
«Ho letto Kropotkin sul comunismo. Ben scritto e buoni concetti, ma stupefacente per l’intima contraddizione: per far cessare la violenza di alcuni uomini su altri uomini, bisogna impiegare la violenza. Il punto è questo: come far sì che gli uomini cessino di essere egoisti e violenti? Secondo il loro programma, per il raggiungimento di questo obiettivo occorre impiegare nuova violenza»1.
Ecco come Lev Nikolaevič Tolstoj (1828-1910), il grande scrittore russo, il famoso autore di grandi e intramontabili opere narrative, interrogava l’anarchismo. Eppure, nonostante le critiche forti e risolute che muoveva all’idea anarchica, Tolstoj era, ed è, considerato un pensatore sostanzialmente anarchico. Che lo sia sempre stato, oppure che lo sia diventato nella seconda parte della sua vita, è questione di non strategica importanza in questo contesto. Attorno a queste due possibili interpretazioni si sono cimentati diversi autori (critici letterari, storici o politici), e quel che mi pare di poter affermare è che una sensibilità libertaria del grande scrittore russo, pur avendo avuto esplicita manifestazione a un certo punto della sua vita, può essere rintracciata, in nuce, già nei suoi due più famosi romanzi: Guerra e pace e Anna Karenina2. In ogni caso, il fatto che il pensiero di Tolstoj possa legittimamente essere definito come anarchico, proto-anarchico o libertario, è un’interpretazione che accomuna tutti gli studiosi.
Anarchico dunque, ma di un anarchismo specifico, particolare, diverso sicuramente, per certi tratti che vedremo, da quello degli altri pensatori «classici» di questa idea. Infatti, se la critica allo Stato e al Potere, alla concezione «sviluppista» dell’economia, alla proprietà privata, all’educazione autoritaria e alla scuola istituzionalizzata, alla funzione repressiva della religione ufficiale, al militarismo e a ogni forma di esercito, alla nozione di patria e di patriottismo, al socialismo statalista, all’uso antropocentrico della natura e degli animali, se tutto questo (e altro ancora) può essere riconosciuto come patrimonio comune dell’anarchismo, per altre caratteristiche il suo pensiero si differenzia, in modo anche radicale, da quello tradizionalmente considerato come libertario. Tuttavia questo aspetto, lungi dal rappresentare un limite (anche se può esserlo), costituisce in realtà un utile e quanto mai significativo contributo a un pensiero anarchico non rigidamente rinchiuso in presunte inossidabili certezze.
Molti pensatori e militanti libertari hanno scritto e commentato le idee di Tolstoj fin dai primi momenti in cui queste hanno fatto la loro comparsa sulla ribalta internazionale. Il «tolstoismo» è stato presente in maniera significativa anche nel dibattito politico e cultural-religioso italiano3.
Nel 1900, a firma Étudiants socialistes révolutionnaires internationalistes, appare a Parigi un opuscolo dal significativo titolo Tolstoïsme et l’Anarchisme4 in cui viene appunto affrontata la questione del possibile rapporto tra pensiero anarchico e quello che ormai viene chiamato tolstoismo. Gli autori della brochure, dopo aver constatato come il pensiero tolstoiano si sia ampiamente diffuso in Europa e abbia offerto varie sponde a un certo numero di gruppi rivoluzionari, denunciano il ruolo deviante che a loro avviso il suo pensiero ha incarnato, soprattutto in Russia, in quanto fautore di una prospettiva controrivoluzionaria. E concludono: «In sintesi, noi pensiamo che la propaganda di Tolstoj abbia un’utilità teorica incontestabile, soprattutto quando attacca con vigore il militarismo e lo Stato. Ma essa contiene, a nostro avviso, anche dei gravi pericoli. […] Tolstoj, che critica con tanta asprezza e vigore i pregiudizi e le istituzioni, fa una propaganda che devia dal socialismo e dalla rivoluzione. Egli è forse un eccellente cristiano della Chiesa primitiva, ed è certamente un grande scrittore, e un pensatore, ma non è, in nessun caso, un anarchico comunista e rivoluzionario»5. Sostanzialmente sulla stessa lunghezza d’onda, si troveranno, seppur con accenti diversi e sfumature non omogenee, molti altri pensatori e militanti anarchici italiani come Pietro Gori, Luigi Fabbri, Luigi Galleani, Errico Malatesta, Camillo Berneri e molti altri6.
Nel 1905 usciva a Londra l’opera di Pëtr Kropotkin Ideals and Realities in Russian Literature, nella quale il rivoluzionario russo dedicava un capitolo proprio a Tolstoj. In quel capitolo Kropotkin esprimeva le sue opinioni sul Tolstoj letterato ma anche sulla dimensione più complessiva del suo pensiero. La prima osservazione, di estrema attualità, la fa a proposito di due opere giovanili di Tolstoj, Infanzia e Adolescenza, in cui l’autore coglie bene la profondità delle intuizioni tolstoiane rispetto ai temi educativi. Scrive infatti Kropotkin: «L’infanzia è un periodo della vita del quale molti autori si sono occupati con grande successo. Eppure, nessuno forse ha così ben descritto la vita dei ragazzi dall’interno, cioè dal loro punto di vista, come Tolstoj. In lui è il ragazzo stesso che esprime i suoi sentimenti infantili, e lo fa in modo tale che il lettore è costretto a giudicare gli adulti dallo stesso punto di vista del ragazzo»7. In effetti, a partire proprio da questi iniziali capolavori letterari, Tolstoj elaborerà con anticipo (secondo solo a William Godwin) quelle che saranno le idee base, tuttora riconosciute, su cui si svilupperanno nel tempo le esperienze di scuola libertaria e l’approccio antiautoritario all’educazione e alla scuola. Sarà proprio il tema dell’educazione, infatti, che avvicinerà per primo la sensibilità dello scrittore russo alle idee dell’anarchismo8. L’altra grande fonte di ispirazione filosofica che caratterizzerà la sua scelta di un radicalismo antiautoritario sarà la sua particolare ed estrema lettura della figura di Gesù9.
Kropotkin però coglie, nelle sue opere, anche altri aspetti centrali del pensiero di Tolstoj e li interpreta in chiave libertaria: la denuncia dei mali della cosiddetta civiltà e il bisogno di un ritorno alla natura con l’abbandono di tutte quelle artificiosità che «chiamiamo vita civile»; la potente condanna della guerra e la rivalutazione del ruolo delle masse a scapito del singolo eroe nel progresso della storia; il tentativo di liberare il cristianesimo da ogni gnosticismo e misticismo e di descrivere Dio come la vita, o «come l’amore, o in generale come l’ideale, di cui l’uomo è cosciente in se stesso»; la lotta contro lo Stato, la Chiesa, il governo in quanto tale, i dogmi religiosi, le disuguaglianze sociali, il sistema capitalistico. E inoltre: l’incitamento alla disobbedienza civile; a una visione non antropocentrica e più rispettosa degli altri esseri viventi; alla costruzione di una società decisamente più semplice e umana. Rispetto alla questione della «non resistenza al male», concetto fondamentale nell’elaborazione di Tolstoj che ispirerà anche la vita di Gandhi10, Kropotkin – diversamente da altri anarchici – sottolinea che essa non va letta come il rifiuto di lottare contro le ingiustizie ma, piuttosto, come un’esortazione a non contemplare la violenza nelle lotte, peraltro giuste e sacrosante: si tratta cioè «della non resistenza al male con la violenza»11.
Anche Max Nettlau evidenzia in modo positivo il notevole apporto di Tolstoj al pensiero anarchico, soprattutto in Russia, e ribadisce le stesse sottolineature fatte da Kropotkin rispetto alla teoria della «resistenza al male» come una forma di lotta, di disobbedienza civile, di rifiuto di scelte autoritarie, di condanna della violenza dello Stato e dei governi. Tolstoj, secondo Nettlau, «non ha detto: sottomettetevi al danno che vi si causa o porgete l’altra guancia dopo aver ricevuto uno schiaffo, bensì: non fate ciò che vi si ordina di fare, non prendete il fucile che vi si dà per uccidere i fratelli». Inoltre, nel pensiero tolstoiano si trova il riconoscimento della forza che il bene, la bontà, la solidarietà possiedono. Si tratta, in altre parole, di un’energia veramente rivoluzionaria che ci appartiene e che deve pertanto essere incoraggiata a esprimersi al posto della malvagità e della sopraffazione. L’unica cosa che Nettlau lamenta è l’uso che Tolstoj fa della terminologia religiosa, che inevitabilmente confonde il popolo: «Ha errato perché […] le religion...