Il codice della persuasione
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Il codice della persuasione

Come il neuromarketing coinvolge, convince e fa aumentare le vendite

  1. 336 pagine
  2. Italian
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Il codice della persuasione

Come il neuromarketing coinvolge, convince e fa aumentare le vendite

Informazioni su questo libro

Fin dall'alba dei tempi, gli umani cercano di influenzarsi a vicenda. Studiosi, accademici e ricercatori hanno formulato una infinità di teorie della persuasione, eppure si sprecano ancora miliardi di dollari per spot e campagne che non riescono a catturare l'attenzione e motivare all'azione. Attingendo a quasi vent'anni di ricerche sugli effetti dei messaggi pubblicitari sul cervello umano, Christophe Morin e Patrick Renvoisé presentano qui il primo modello completo della persuasione, basato sulle scoperte più recenti nel campo delle neuroscienze, nella psicologia dei media e nell'economia comportamentale. Sulle orme dei premi Nobel per l'economia Daniel Kahneman e Richard Thaler, gli autori rivelano che i messaggi persuasivi devono raggiungere anzitutto il cervello primitivo, la parte più antica dell'encefalo, che è anche quella dominante nel processo di persuasione. Morin e Renvoisé illustrano in termini semplici in che modo i messaggi persuasivi condizionano le funzioni principali del cervello, come l'attenzione, le emozioni, l'attività cognitiva e i processi decisionali. E soprattutto, svelano la NeuroMappa: un semplice processo che permette di formulare messaggi in grado di persuadere chiunque, in qualsiasi luogo e momento. Ne Il codice della persuasione scoprirete: il funzionamento di due sistemi cerebrali in competizione, che gestiscono le nostre reazioni a ogni messaggio persuasivo: il sistema veloce 1 (primitivo) e il sistema lento 2 (razionale); gli unici 6 stimoli persuasivi che comunicano direttamente con il cervello primitivo; 4 passi per incrementare le possibilità di persuadere in modo sistematico; 6 Elementi della persuasione e 7 Catalizzatori della persuasione che illustrano i dati scientifici alla base della 'chimica della persuasione'; oltre trenta case study che illustrano l'efficacia del modello; 300 citazioni scientifiche in sostegno della NeuroMappa. La NeuroMappa (stampata sul retro di questa copertina) ha dimostrato di funzionare per molte aziende di successo: Siemens, TransUnion, Epson, GE, PayPal e tante altre. Con Il codice della persuasione imparerete a persuadere con successo usando un procedimento semplice ma efficace, basato su principi scientifici all'avanguardia.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2019
eBook ISBN
9788820391089
Parte
III
Image
La narrazione persuasiva
5
Diagnosticare il problema (PAIN)
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La maggior parte delle persone vuole sottrarsi alla sofferenza, e la disciplina tende a essere dolorosa.
John C. Maxwell, ministro di culto
PERCHÉ SONO I PROBLEMI A STIMOLARE I COMPORTAMENTI D’;ACQUISTO
Anzitutto il vostro messaggio deve mirare all’eliminazione delle paure, delle minacce e dei rischi che il cervello primitivo ha più urgenza di rimuovere. Come abbiamo visto parlando dello stimolo personale, il nostro cervello si è evoluto nell’arco di milioni di anni. Ancora oggi dobbiamo prestare attenzione agli eventi che rivestono maggiore importanza per la nostra sopravvivenza, affinché la specie umana possa prosperare. Secondo Stanislas Dehaene, un noto esperto di neuroscienze della coscienza, la nostra capacità di orientarci in una gamma complessa di decisioni dipende dal livello di vigilanza che applichiamo agli stati di coscienza più importanti. All’aumentare della vigilanza (all’aumentare quindi delle minacce), il cervello attiva altre aree in un processo ascendente che richiama al cervello un volume maggiore di sangue.[136]
Il fatto che la vigilanza sia così cruciale per l’irradiamento dell’energia cerebrale dagli strati emotivi a quelli cognitivi (dall’inconscio al cosciente) spiega perché siamo creature ansiose, non solo quando ci svegliamo ogni mattina ma anche quando prendiamo decisioni d’acquisto. Fa parte della nostra modalità standard di elaborazione. Il nostro cervello è come un’auto con il motore che resta sempre acceso al minimo, cioè in uno stato ansioso. La vigilanza è il programma di fondo che ci aiuta a gestire quel minimo. Se abbiamo bisogno di fuggire senza preavviso, non possiamo perdere tempo ad accendere il motore! Lo stato di vigilanza è indispensabile per affrontare le sfide davanti a cui ci mette la vita. Sigmund Freud pensava che l’ansia fosse alla base della maggior parte dei disturbi mentali. Per Freud l’ansia deriva dalla preoccupazione per il futuro non associata a un’idea precisa di ciò che potrebbe danneggiarci. Il principale esperto di paura e ansia nella comunità neuroscientifica, Joseph Ledoux, la pensa allo stesso modo.[137] Ledoux insiste sulla grande differenza tra ansia e paura: l’ansia è prodotta soprattutto dalle aree subcorticali del cervello primitivo e solitamente non coinvolge né richiede gli strati coscienti, più razionali e più recenti dei nostri ingranaggi cognitivi. Ledoux ci ricorda che l’etimologia della parola «ansia» è il latino anxietas che a sua volta proviene dalla radice greca ango-, che si usava per descrivere sensazioni fisiche spiacevoli come la rigidità e la scomodità.
Oggi i disturbi d’ansia affliggono più del 20 per cento della popolazione americana. Molti di coloro che soffrono di questi problemi non riescono a reggere l’impatto psicologico e a volte fisico dell’incessante ruminazione sui timori. Non sto dicendo che acquistare un prodotto possa generare altrettanta ansia della paura di non potersi permettere una casa, di non trovare lavoro o di non saper spezzare un ciclo di relazioni negative. Affermo però che l’ansia deriva in gran parte dal predominio del cervello primitivo. Quindi tendiamo a usare le stesse reti neurali per giudicare la rilevanza e il valore di un acquisto e per affrontare una situazione di vita o di morte.
L’iceberg della Figura 5.1 aiuta a riconoscere la gerarchia dei fattori motivanti delle decisioni d’acquisto. Per esempio, la motivazione che influenza direttamente il cervello di un acquirente sorge spesso dalla paura di conseguenze negative, come la paura del rimpianto o della delusione. La paura causa frustrazioni o sofferenza, che in ultima analisi influenzano ciò che diciamo di volere, ciò di cui crediamo di aver bisogno e persino ciò che ci piace. Osserviamo che molte preoccupazioni e paure possono essere completamente inconsce, mentre solitamente riusciamo a spiegare a parole ciò che ci lascia frustrati (i problemi), le nostre esigenze, i desideri eccetera.
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Figura 5.1L’iceberg dei fattori decisionali.
L’iceberg dei fattori decisionali è una metafora efficace per spiegare come determinati stati psicologici e neurofisiologici possano influenzare la nostra risposta agli stimoli persuasivi. Tradizionalmente le ricerche di mercato si focalizzavano sugli aspetti che i consumatori dicono di apprezzare o pensano di volere. Oggi però il neuromarketing ha dimostrato che non ci si può fidare di quello che i clienti dicono o confermano di volere. Ecco perché «ciò che piace» e «ciò che si vuole» non sono elementi utili per prevedere i comportamenti d’acquisto. Sono vaghe interpretazioni coscienti di ciò che crediamo ci serva per essere felici e al sicuro. Tendono a cambiare rapidamente a seconda delle alterazioni dello stile di vita, delle tendenze e persino dell’umore. D’altro canto, le nostre paure e i nostri problemi di fondo hanno un carattere più permanente. Quindi diventano i criteri migliori per prevedere i processi decisionali.
Dalla fondazione di SalesBrain, quasi vent’anni fa, abbiamo progettato numerosi sondaggi, condotto centinaia di focus group e facilitato migliaia di interviste approfondite. Abbiamo raccolto feedback spontaneo da migliaia di persone in oltre dieci Paesi. Raccogliere dati in maniera sistematica su ciò che le persone vogliono genera risultati confusi se non fuorvianti. In più di vent’anni di ricerche sul neuromarketing abbiamo imparato che non c’è nulla di più efficace che chiedere alle persone di cosa hanno paura. In questo modo si fa leva sulla natura umana che ci spinge a essere ansiosi e vigili per sopravvivere.
La natura della paura
Per Ledoux la paura è associata a eventi emotivi per i quali possiamo identificare una minaccia specifica. La differenza semantica tra i due termini può apparire trascurabile, finché non ci rendiamo conto che l’ansia è più generalizzata e più permanente, mentre la paura è più precisa e solitamente più puntuale. Sostiene Ledoux: «Provare paura significa sapere che TU sei in una situazione di pericolo, mentre provare ansia significa preoccuparti che le minacce future possano danneggiare TE».[137]
La natura dei problemi
Comprendiamo che nella maggior parte dei casi è molto difficile, se non imbarazzante, parlare apertamente di ansie e paure con i vostri clienti. Quando conduciamo un esperimento di neuromarketing possiamo valutare il livello di agitazione e paura che le persone possono provare guardando uno spot senza richiedere un feedback cosciente. Tuttavia, per molti clienti di SalesBrain è costoso e complicato identificare la base neurofisiologica di paure associate all’acquisto di un prodotto o soluzione. D’altro canto, è relativamente facile instaurare un dialogo sui problemi e sulle frustrazioni che le persone incontrano nell’acquisto di una soluzione.
Diagnosticare i problemi è un passo importantissimo perché poi vi aiuterà a selezionare alcuni dei vantaggi della vostra proposta di valore che possono eliminare direttamente le fonti principali di frustrazione. È come passare al setaccio i tanti motivi per cui i clienti dovrebbero comprare da voi: solo i motivi che offrono una soluzione diretta, originale e credibile ai problemi principali dovrebbero restare nel setaccio!
Spesso i problemi sono semplicemente correlati a lamentele, reclami o recriminazioni che i clienti avanzano dopo aver comprato e usato un prodotto o una soluzione. Quando vendete qualcosa di nuovo, i problemi possono aiutarvi a prevedere le lamentele future. Ecco alcuni dati interessanti che vi aiuteranno a capire meglio l’importanza di diagnosticare i problemi per incrementare la soddisfazione della clientela.[138]
• Il 66 per cento dei clienti passa a un altro brand perché ha ricevuto un servizio insoddisfacente.
• Il 58 per cento non si rivolge mai più alla stessa azienda dopo aver vissuto un’esperienza negativa.
• Il 48 per cento dei clienti con esperienze negative lo dirà ad almeno dieci persone, mentre le esperienze positive sono condivise con un massimo di cinque persone.
Questi dati sottolineano un’ovvia verità: siamo più influenzati dalle istanze negative di customer experience che da quelle positive. Ed è per questo che dedichiamo più tempo a condividere i brutti ricordi che non le belle sorprese.
La natura delle esigenze
Gli psicologi che indagano sul modo in cui i tratti di personalità spiegano e prevedono il nostro comportamento hanno reso popolare il termine esigenze. Di solito si chiamano esigenze o bisogni le cose che cerchiamo di ottenere o che facciamo per difendere o migliorare la nostra vita. I ricercatori che studiano la personalità dibattono da decenni sulle basi psicologiche (e più di recente quelle neurofisiologiche) delle nostre esigenze o, più semplicemente, su quali forze ci motivano ad agire ogni giorno. Ai fini di questa trattazione, tuttavia, riesaminiamo uno dei modelli più importanti che illustrano l’importanza e l’utilità dei bisogni: la teoria di Maslow.[139]
La teoria di Maslow. Abraham Maslow [140] aveva una visione piuttosto ottimistica della natura umana. Riteneva che Freud avesse identificato «la metà malata della psicologia» e annunciava che il suo modello avrebbe descritto «la metà sana»....

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Prefazione all’edizione italiana
  6. Ringraziamenti
  7. Gli autori
  8. Perché leggere questo libro?