Digital food marketing
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Digital food marketing

Guida pratica per ristoratori intraprendenti

Nicoletta Polliotto

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  1. 304 pagine
  2. Italian
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Digital food marketing

Guida pratica per ristoratori intraprendenti

Nicoletta Polliotto

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La ristorazione in Italia cresce ma non brilla e fatica ad abbracciare il 'futuro'. Ormai la metà degli italiani scrive recensioni e cerca il locale da mobile, più di 4 milioni ordinano con il food delivery e il 70% vorrebbe prenotare il tavolo online. Questo manuale accompagna il lettore nella costruzione del piano di marketing digitale per il ristorante, ormai improrogabile. Ogni parte del sistema di comunicazione, promozione e vendita dell'offerta è raccontata con semplici 'how-to-do', conditi con buone pratiche, interviste agli specialisti, testimonianze di brand del food e dell'accoglienza ristorativa. Senza tralasciare pratici spunti da applicare subito in cucina e in sala. Dedicato a chef, ristoratori e operatori F&B, questo volume permette di acquisire visione e strategia, e gestire al meglio il proprio percorso di evoluzione digitale.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2018
ISBN
9788820385224
Argomento
Business
1
Stato dell’arte della ristorazione Italiana
Il denaro smetterà di essere il segnale principale nel mercato e al suo posto sorgeranno due fattori monetari: attenzione e reputazione.
Chris Anderson1
La ristorazione italiana tiene. Ha sempre tenuto durante tutto il periodo di crisi, dal 2008 a oggi. Un po’ per necessità – chi lavora deve mangiare fuori e acquista o si fa consegnare un lunch box – un po’ perché la cena è ancora vissuta come un’esperienza importante, un “piccolo lusso” che comunque vogliamo e possiamo concederci.
Il rapporto Coldiretti/Censis sulla ristorazione in Italia nel 20162 dà ulteriore ossigeno al panorama economico del comparto: un terzo dei consumi alimentari delle famiglie si concentra proprio qui, con la spesa per la ristorazione che supera i 78 miliardi annui (+8% rispetto al periodo pre-crisi).
Circa 24,5 milioni di italiani hanno mangiato fuori casa regolarmente e 50,3 milioni almeno una volta. I millennial (nati tra il 1980 e il 2000) testimoniano un’abitudine in crescita esponenziale: lo hanno fatto 11 milioni, di cui 6,9 milioni con regolarità e frequenza.
Tra i clienti italiani, 48,6 milioni preferiscono i classici ristoranti, osterie, trattorie di cucina italiana o regionale (tengono gli agriturismi); 37,9 milioni scelgono bar, pasticcerie e caffè per mangiare. Stabili pub e paninoteche: questi ultimi due dati sono legati all’esigenza di velocità per i pranzi lavorativi.
I dati Infocamere su elaborazione del Centro Studi Fipe ci confermano risultati quantitativi importanti, nel 2016: 329.787 attività ristorative attive, di cui 177.241 ristoranti e aziende di street food3.
Figura 1.1 Tabella delle attività ristorative nazionali 2016, con distribuzione regionale. © C.S. Fipe/Infocamere
Quindi va tutto bene?
Sì e no. Ci troviamo di fronte a una ristorazione che necessita di un profondo ripensamento: le aspettative nei confronti della cultura digitale del ristoratore da parte del cliente sono sempre più alte e spesso disilluse.
Il cliente vorrebbe prenotare online e ancora non ci riesce, perché il sistema non è previsto, perché il locale non ha sito web o non lo cura, perché non reclama le schede locali e non risulta né la sua posizione geografica corretta né il suo dato di contatto. Quanto costa alla ristorazione oggi questa inadeguatezza? Che fine faranno le imprese della ristorazione che non investono da un lato nel miglioramento della propria offerta ristorativa e dall’altro nella propria evoluzione digitale e tecnologica? Ricorda che un altro fenomeno in crescita è quello della nuova distribuzione dei pasti che passa attraverso il digitale: 4,1 milioni di italiani ordinano regolarmente cibo a domicilio online, tramite sito web oppure app e 11 milioni usano il telefono in maniera costante per il food delivery dal ristorante o dalla pizzeria.
Figura 1.2 Ristoranti e attività di street food nel 2016. © C.S. Fipe/Infocamere
Quasi la metà degli italiani – sempre secondo la ricerca Censis-Coldiretti – dà voti e scrive commenti online a ristoranti, trattorie o altri locali, con il 47% della popolazione adulta che ha scritto nell’ultimo anno recensioni relative alla propria esperienza di pranzo o cena fuori (o consegnata a domicilio).
In media i giudizi sono piuttosto positivi, quindi non si comprende come note piattaforme aggregatrici di recensioni siano ancora lo spauracchio di ristoratori smart ed evoluti: il 58,2% degli italiani definisce eccellente la propria esperienza, il 36,8% buona e il 5% insufficiente.
Per non parlare del 66% dei commenti di ospiti stranieri che esprime un giudizio eccellente circa la propria esperienza in un ristorante italiano.
In buona sostanza, la situazione è favorevole solo per gli imprenditori che scelgono un comportamento digitale maturo e responsabile.

Situazione attuale: rischi e opportunità di comunicazione e management
Hai già in mano parecchi indizi: il nostro manuale ti accompagnerà sempre più in profondità attraverso nuovi media, strumenti, sistemi e tecniche per raggiungere e ascoltare i tuoi ospiti anche senza conoscerli personalmente, aumentando la tua visibilità, notorietà e affidabilità, con l’obiettivo di vendere di più e meglio con tecnologia e digitale. Concretezza ed esempi a cui ispirarsi guideranno il tuo percorso. Riteniamo, tuttavia, che senza una chiara visione del panorama che ci circonda e una debita contestualizzazione, la pratica possa tramutarsi in una sterile e meccanica ripetizione di azioni già svolte da altri, con risultati improvvisati e certamente deludenti.
Detto ciò, non parleremo dei grandi sistemi e il nostro non è un testo di economia né un trattato di sociologia. È un manuale utile, da un lato per comprendere, scegliere e crescere su specifici argomenti, dall’altro per lavorare sulle tue visioni, sulla filosofia e sul tessuto valoriale, cervello, anima e muscoli della tua azienda ristorativa.
I ritmi con cui si evolvono gli strumenti di comunicazione e distribuzione dell’offerta e le abitudini e gusti del mercato sono incalzanti e frenetici. Si creano due problemi: la difficoltà a stare al passo compiendo scelte strategiche attuali nel management, marketing e vendita e la rapida obsolescenza dei tool e delle tecniche utilizzate.
La soluzione non può essere tirarsi fuori dalla competizione: non progetto il sito web perché non so come farlo. Faccio gestire i social media da un ragazzino perché sono necessari ma così spendo meno. Le schede di localizzazione e le mappe? Lasciamo stare perché non so da che parte cominciare. Le recensioni? Ma chi si credono di essere i clienti? Tutti master chef!
Sono necessari informazione e aggiornamento e devi iniziare subito perché il maggior costo è quello di una mancata formazione. Ti renderà vulnerabile e in balìa di un mercato – da cui sarai sempre più lontano – e di uno stuolo di consulenti tuttologi che, parlando in un linguaggio incomprensibile, ti proporranno roboanti soluzioni nella maggior parte dei casi assolutamente inutili.
Conoscere per saper scegliere come comunicare, promuovere e vendere la propria proposta gastronomica e individuare gli specialisti che possano ideare strategie e strumenti adatti agli obiettivi.
Formazione, quindi, per migliorare il proprio business personale e per sostenere un comparto che tiene e ha risultati positivi ma non sta innovando, fa fatica a rinnovarsi e a crescere compatto in quell’ecosistema digitale in cui si muovono con disinvoltura i colleghi di altre nazioni.
Made in Italy: brand da difendere
Immaginiamo di stuzzicare la tua sensibilità sottolineando questo: la ristorazione italiana, molto fiera della propria tradizione e del Made in Italy, spesso paradossalmente pecca in senso di appartenenza e corporativismo, per innata difficoltà a fare rete e a mettersi in discussione. Sembra restia a sperimentare nuove soluzioni a nuovi problemi e in balìa di una contrapposizione antica: l’arretratezza tecnologico-organizzativa in cui versa l’Italia rispetto al management ristorativo di molti altri Paesi.
La scarsa alfabetizzazione digitale è la punta dell’iceberg. Parlando con i ristoratori quotidianamente ci sentiamo ripetere, come una litania, le stesse frasi:
“Internet non serve a molto: quello che conta è che noi italiani abbiamo la cucina migliore al mondo”.
“Bisogna che i clienti imparino a mangiare: non possono lasciare recensioni, non capiscono nulla di enogastronomia”.
“La cucina del nostro ristorante è curata ed eccellente, non possiamo perdere tempo a scrivere di qua e di là: i clienti sanno dove stiamo”.
I più attenti iniziano a confrontarsi con i colleghi internazionali e questo secondo noi è un grande passo. Sono convinti che gli altri siano “avanti di almeno dieci anni rispetto a noi!”.
Se ci mettiamo d’impegno, le distanze si possono superare, anzi colleghi e mercati più evoluti possono offrirci una valida ispirazione, sempre rapportata e contestualizzata a una cucina italiana che effettivamente è unica al mondo.

Proprio per raccontare la nostra unicità dobbiamo comprendere come e dove comunicare in modo efficace. Risulta inutile “piangere per il latte versato”, indignandoci se gli stereotipi sulla nostra tradizione culinaria inondano il resto del mondo – dalle Fettuccine Alfredo alla pizza all’ananas – e se due prodotti su tre venduti al mondo sono alimenti di italian sounding, copiati e taroccati.
La nostra responsabilità comune, soprattutto di produttori e trasformatori ma anche di ristoratori e altre attività di somministrazione, è quella di traslare lo stereotipo in esperienza autentica. Tutti dobbiamo assumerci questa responsabilità, sia se la food experience italica è vissuta all’estero – in un ristorante italiano, negozio o locale – sia in un viaggio di scoperta nel nostro Paese sia attraverso i social media, veicolo di curiosità e bisogni che, se assecondati, possono portare ad approfondimenti interessanti e contatti veramente solidi.
In altre nazioni la gestione, il servizio e la comunicazione sono avanti anni luce ma comunque il mondo adora, sogna e anela a vivere una italian food experience4: presentiamola in modo efficace e al passo con i tempi.
Troviamo calzante un bel report dell’American Journal of Tourism Management che, nel 2013, disegna l’identikit dei foodie che condividono fotografie, ricette e curiosità sui social media. È un utente che non ha tempo né desi...

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