Atleta vincente
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Atleta vincente

Strategie e tecniche per diventare campioni nello sport e nella vita

Massimo Binelli

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  1. 224 pagine
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Atleta vincente

Strategie e tecniche per diventare campioni nello sport e nella vita

Massimo Binelli

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Vuoi diventare un Vincente? Vuoi scoprire le formule per esprimere tutte le tue potenzialità e dare il meglio di te in ogni circostanza, nella vita, prima ancora che nello sport? Atleta Vincente, frutto di oltre 35 anni di esperienza dell'autore, spiega con stile semplice ed efficace come applicare giorno dopo giorno le stesse strategie che adottano i campioni per raggiungere i loro traguardi. La prima parte del volume, arricchita da esercizi, schede di lavoro e file audio disponibili online, è dedicata alle tecniche fondamentali dell'allenamento mentale. La seconda è una raccolta di casi reali di eccellenza che ne testimoniano l'efficacia in ogni situazione, dalla preparazione quotidiana alla finale dei Giochi Olimpici. La terza parte, infine, è un invito a metterti in gioco, affrontando un percorso di crescita personale che ti spinga a definire obiettivi e ad agire per ottenere in breve tempo risultati di grande successo.

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Informazioni

Editore
Hoepli
Anno
2017
ISBN
9788820380519
PARTE PRIMA
Pillole di Crescita Sportiva
La Parte Prima è un percorso di Crescita Sportiva con il quale condivido tecniche, strategie e fattori di successo messi a punto in oltre 35 anni di esperienza, maturata sulle pedane del sollevamento pesi e sulle piste di atletica.
Pillola 1
Dialogo interno e pensiero positivo
Formule e strategie di successo
Se vuoi diventare un campione, pensa come un campione, agisci come un campione, allenati come un campione, gareggia come un campione, vivi e comportati da campione.
Perché il percorso che ti consentirà di diventare un Atleta Vincente inizia dal dialogo interno? Perché l’uomo, a differenza di tutti gli altri esseri viventi, possiede l’autoconsapevolezza, ossia la capacità di riflettere sul proprio processo di pensiero e di osservarsi in modo distaccato, come in una “visione dall’alto”. Il pensiero, dunque, è l’attività psichica mediante la quale l’essere umano prende coscienza di sé e della realtà, formula ipotesi e giudizi, elabora contenuti e informazioni, per arrivare a definire la “mappa del mondo” in cui vive e in cui si rappresenta. Per questa ragione, tutte le tecniche di allenamento mentale che condividerò con te ruotano attorno al concetto di dialogo interno e di pensiero positivo.
Ciascuno di noi parla con sé stesso. C’è chi lo fa a voce alta, e ti sarà capitato certamente di ascoltare atleti che al termine di un’esecuzione ben riuscita si fanno i complimenti o si criticano ferocemente, se hanno commesso un errore; e c’è chi lo fa appunto tramite il dialogo interno, con la “vocina” silenziosa che abbiamo dentro e che non può essere messa a tacere in alcun modo. Il dialogo interno influenza la concentrazione, agisce sulla motivazione, potenzia o demolisce l’autostima, quindi puoi già intuire quanto sia importante formularlo in modo corretto.
Il dialogo interno può essere negativo o positivo, può essere orientato alla scarsità o all’abbondanza, può essere formulato per allontanarsi da qualcosa o per andare verso qualcos’altro. Alcuni di questi monologhi spontanei ci danno la carica, mentre altri avvelenano la mente, pertanto, per evitare conseguenze nefaste, occorre trovare un antidoto efficace.
Ecco alcuni esempi di dialogo interno negativo. Se durante una competizione un atleta inizia a dire a sé stesso frasi come “Oggi faccio schifo”, “Oggi sono un disastro”, “Oggi non è giornata”, “Sono un idiota e se continuo così perdo di sicuro”, “Non devo sbagliare il prossimo colpo”, il cervello di quell’atleta riceverà solo informazioni negative, quindi inizierà ad attivarsi la procedura inconscia e autolesionista, nota come profezia che si autoavvera (Pillola 47), per cui tutto andrà esattamente come immaginato. Questo accade, e sto semplificando, perché il cervello “non conosce” la negazione, quindi il “non devo sbagliare il prossimo colpo” viene ricevuto come “sbaglierò il prossimo colpo”.
Vuoi una prova di questo meccanismo mentale bizzarro? Se ti chiedo di “non pensare” a cosa hai mangiato stamattina a colazione, cosa ti viene in mente? Sono pronto a scommettere che hai pensato alla colazione, perché non esiste l’immagine della “non colazione”, poi la tua mente ha cercato di NON pensare a cosa hai mangiato, ma ormai l’immagine era arrivata! E se ti dico di “non pensare” a una mucca lilla, cosa ti viene in mente? Esatto, hai pensato a una mucca color lilla, come quella della famosa tavoletta di cioccolato, perché pure in questo caso non esiste l’immagine della “non mucca lilla”, poi la tua mente ha cercato di NON pensare alla mucca lilla, ma ormai l’immagine era arrivata e il simpatico ruminante stava già pascolando e scampanando beatamente nella tua testa…
In questi casi non si è trattato di immagini foriere di sensazioni negative, ma pensa a cosa può accadere se ti dici che NON vuoi sbagliare la prossima azione e come prima immagine compare proprio l’azione sbagliata: è un clamoroso autogol e rappresenta un duro colpo tanto per la tua fiducia quanto per la tua autostima.
Cosa succede se ora ti dico di NON pensare a un tricopiricotìno? Già hai fatto fatica a leggerlo, questo nome, poi la tua mente ha cercato nei vari archivi l’immagine dello strano animale esotico (perché sembra il nome di un animale, vero?), ma siccome non l’ha trovata, visto che il tricopiricotìno non esiste, non hai provato nulla, perché le emozioni sono scatenate dall’immagine evocata dal pensiero, non dal pensiero in sé. Ti è chiaro, adesso, perché dobbiamo formulare pensieri che richiamino immagini ricche di contenuti positivi?
Il dialogo interno positivo, invece, si può formulare con frasi motivazionali quali “Forza, ce la puoi fare”, “Voglio dare il meglio di me”, “Continua così che sta andando tutto bene”, “Non vedo l’ora di…” (che contiene una negazione, ma in questo caso è un’esortazione ad agire!), e simili. Nell’esempio che ti ho fatto a proposito del dialogo interno negativo, se invece di dirsi mentalmente “Non devo sbagliare il prossimo colpo”, quell’atleta (che potrebbe essere un giocatore di biliardo che sta per affrontare un colpo di stecca) pensa semplicemente “Voglio mettere a segno il prossimo colpo in modo perfetto”, il suo cervello riceve un segnale positivo, e reagisce di conseguenza.
Attenzione: darsi del tu (“Forza, ce la puoi fare”, “Continua così che sta andando tutto bene”), come se stessimo parlando al nostro alter ego allo specchio, al posto di usare l’io della prima persona (“Voglio dare il meglio di me”) può avere un effetto molto stimolante, ma è una scelta personale.
Ho parlato anche di “scarsità”, pensiero negativo, e di “abbondanza”, pensiero positivo. Per spiegarti la contrapposizione tra questi due concetti, che il senso comune semplifica con le locuzioni “bicchiere mezzo vuoto” e “bicchiere mezzo pieno”, ti propongo un esempio… podistico. Prendiamo due amici che si allenano assieme da alcuni mesi e un paio di volte alla settimana corrono per una dozzina di chilometri, alla medesima andatura. Hanno raggiunto uno stato di forma perfettamente equilibrato e terminano l’allenamento provando sensazioni di affaticamento pressoché identiche.
Un bel giorno decidono di mettersi alla prova e di affrontare una gara su strada di 10 chilometri, distanza che immaginano di poter completare agevolmente. Per effetto dell’adrenalina scatenata dalla competizione, iniziano a correre con un passo più allegro rispetto al consueto allenamento, fianco a fianco, e prestano attenzione ai segnali che indicano la distanza: 1° chilometro, 2° chilometro… Arrivati al 9° chilometro, uno dei due, quello che vede il “bicchiere mezzo vuoto”, che percepisce la scarsità, che sente il peso della strada macinata, inizia a dire “Non ce la faccio più”, “Sto scoppiando, mi devo fermare”, “Manca ancora un chilometro, non ci arriverò mai al traguardo”. L’altro, di contro, quello che vede il “bicchiere mezzo pieno”, che percepisce l’abbondanza, replica all’amico che sta per piantarsi a un chilometro dall’arrivo e gli dice “Dai, manca solo un chilometro”, “Possiamo farcela”, “Teniamo duro per altri cinque minuti e siamo arrivati”.
Il primo guarda indietro e sente il peso della fatica; il secondo guarda avanti e cerca le ultime risorse dentro di sé per raggiungere l’obiettivo. Hanno nelle gambe lo stesso allenamento fisico, eppure il pensiero negativo dell’uno fa comparire immagini e sensazioni di fallimento che lo portano a rinunciare, mentre il pensiero positivo dell’altro evoca immagini e sensazioni di successo che gli fanno stringere i denti ancora per qualche minuto, fino al traguardo.
Il pensiero negativo formulato per “allontanarsi da”, infine, è tipico di tutti gli atleti che acquisiscono nuove abilità per tentativi. Immaginiamo un ginnasta che stia preparando per la prima volta un difficile volteggio, un tuffatore alle prese con il suo primo triplo avvitamento, oppure una pattinatrice che stia inserendo nel proprio programma un salto mai provato fino a quel momento. Prima di padroneggiare l’esecuzione dell’esercizio, ciascuno di questi atleti deve sopportare un numero considerevole di prove e di errori, e non è raro che arrivino momenti di sconforto, se il pensiero dominante è “Ho sbagliato un’altra volta, non ce la farò mai a imparare!”. In questi casi, l’errore, seppure funzionale all’apprendimento, viene vissuto come un allontanamento dalla meta.
Se lo schema di pensiero dell’atleta viene orientato ad “andare verso” il risultato finale, invece, ogni nuovo errore assume tutt’altro significato: “Un errore in meno, mi sto avvicinando all’obiettivo!”. L’atleta sa che per imparare quel determinato movimento dovrà provare il gesto tecnico un certo numero di volte, come hanno fatto altri atleti prima di lui, quindi non c’è ragione di dubitare che il successo prima o dopo arriverà: l’errore è vissuto come uno scotto necessario e l’atteggiamento che ne discende è positivo.
La Formula CCCP
Finora ho sciorinato una bella carrellata di esempi, ma c’è una domanda che fa capolino: come deve essere costruito un pensiero positivo efficace? Cito un breve aneddoto personale, poi rispondo. Quando vestivo la maglia azzurra della Nazionale di pesistica, prima della caduta del Muro di Berlino i nostri avversari più temibili erano i sovietici. Sulle loro divise campeggiava il simbolo dell’URSS, la falce e il martello, accompagnato dalla sigla CCCP.1
Un bel giorno, quel CCCP divenne l’acronimo di “Col Cappero Che Perdiamo”, ovviamente detto scherzosamente da loro, che avevano imparato qualche parola di italiano, a noi. In realtà il cappero era più piccante, ma ci siamo capiti, vero? A distanza di anni, mentre riflettevo sul fenomeno del dialogo interiore, mi sono accorto che le parole che avevo individuato per descrivere il pensiero positivo avevano proprio tre “c” e una “p” come iniziali, così ho recuperato la vecchia sigla e l’ho trasformata in un acronimo doppio. Ecco dunque la risposta alla domanda “come deve essere costruito un pensiero positivo efficace” ancora in sospeso. Secondo la mia Formula CCCP, un pensiero positivo efficace deve essere:
Corto
Convinto
Consapevole
Positivo
Se il tuo dialogo interno è formato da pensieri CCCP, ossia Corti, Convinti, Consapevoli e Positivi, sono pronto a scommetterci:
Col
Cappero
Che
Perdi…
…aggiungi tu cosa NON VUOI perdere!
Ora che hai imparato la Formula CCCP a doppia valenza, come corollario aggiungo sei Princìpi ai quali dovrebbe attenersi ogni pensiero vincente.
1. Usa frasi mirate. Evita di soffocare la tua mente con pensieri lunghi e ingarbugliati: i comandi devono essere sintetici, decisi e specifici per lo scopo con cui li formuli, perfettamente attinenti al momento che stai vivendo.
2. Usa il tempo presente. Avevi problemi con la grammatica? Niente panico, non ti interrogo sui verbi: è importante capire che dobbiamo rivolgerci alla nostra mente con il tempo del “qui e ora”, perciò “Forza, ce la posso fare” e non “Ce la farò”, il giorno poi dell’anno mai…
3. Costruisci frasi positive, evitando parole negative. Come ti ho dimostrato, il nostro cervello “non conosce” la negazione, quindi al posto di pensare o dire “Non devo sbagliare”, trova un’alternativa positiva, come per esempio “Ce la posso fare” o “Voglio farcela”. Evita di usare il verbo “dovere” perché per la mente, nella nostra lingua, è una parola che evoca una forzatura, quindi “posso” oppure “voglio” e non “devo”. D’ora in poi, soltanto io, per pungolarti un po’, mi rivolgerò a te con un devi, dunque trasforma il mio devi in qualcosa che “vuoi” o “puoi” fare, ogni volta che lo leggerai, scritto proprio così.
4. Evita pensieri che esprimono un giudizio. Nel dialogo interno è inutile commentare e giudicare, soprattutto se il pensiero è riferito a un errore appena commesso. Prendi semplicemente atto dell’accaduto e formula un pensiero lineare, senza aggiungere appendici superflue e dannose.
5. Ripeti le frasi positive con convinzione, attenzione e intenzione. Devi credere al pensiero che hai formulato, quindi ripetilo, mentalmente o a voce alta, come se fosse un mantra. Tieni conto che nel ripeterlo metti a tacere tutti gli altri pensieri che vorrebbero prepotentemente emergere, a tutto beneficio della concentrazione.
6. Sii gentile mentre ti parli. Evita di insultarti o di essere troppo intransigente, non serve e ti sottrae energia e valore. “Con la gentilezza si ottiene tutto”, afferma la saggezza popolare, e se questo adagio vale per gli altri, a maggior ragione vale per noi stessi. La durezza non è uno stimolo per la nostra mente, tutt’altro: provoca soltanto rabbia e tensione. Limitati a descrivere con distacco l’oggetto del tuo pensiero.
La Formula RVM
Come ci dobbiamo comportare, durante un allenamento intenso o nel corso di una gara, se all’improv...

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