II. LA DIFFUSIONE DELL’ISLAM
L’ARRIVO DEGLI ARABI
La ikraha fi-d-din-i
“Non c’è costrizione nella religione”*
L’islam è entrato in Azerbaigian gradualmente e la sua evoluzione, fino all’adozione della shi’ah ithna’asharita (sciismo duodecimano), oggi prevalente, ha attraversato diverse fasi. L’islam giunse sul territorio dell’attuale Azerbaigian nel VII secolo d.C., con l’inizio delle conquiste arabe. Lo storico arabo Ahmad al-Baladhuri (820-892) afferma che, con il primo califfo sciita Ali (656-661), la maggior parte degli azerbaigiani si era convertita all’islam, ma nel Nord questo processo fu più lento. Nella sua opera Futh al-Buldan (Conquista degli stati) al-Baladhuri descrisse la presa da parte degli arabi del territorio del moderno Azerbaigian sotto il califfo Omar ibn al-Khattab (634-644). Secondo al-Baladhuri, il califfo Omar nominò Huzaifa ibn Yaman governatore (Marzban) dell’Azerbaigian. Avuta la nomina, Huzaifa giunse ad Ardabil, che allora era la capitale dell’Azerbaigian.
Il governatore sassanide dell’Azerbaigian, Isfandiyar ibn Farrukhzad, radunate la truppe, si oppose ai musulmani, ma fu costretto a concludere un armistizio con Huzaifa, accettando l’obbligo di pagare 800.000 dirhem (“dracme”). Dopo Ardabil, Huzaifa si mosse su Tebriz (oggi nell’Azerbaigian iraniano), Nakhchivan (oggi exclave azerbaigiana circondata da territorio armeno), Beylagan, Barda, Shirvan, Mughan e Arran (Albània caucasica); gli arabi, lungo il litorale caspico, arrivarono fino a Derbent, le cui fortificazioni li impressionarono al punto che decisero di rinominare la città Bab al-Abwab (“Porta delle Porte”).
In tutte queste città Huzaifa concluse accordi di armistizio, che vennero però spesso violati dalle autorità locali, inducendo i musulmani a intraprendere sempre nuove spedizioni punitive. Così, già il successore di Huzaifa al governo dell’Azerbaigian, Utba ibn-Farqad al Salami, intervenne contro le popolazioni di alcune regioni per costringerle a rispettare l’accordo concluso con i musulmani.
Nei territori conquistati gli arabi imponevano tasse il cui mancato pagamento provocava incursioni e invasioni. Le conquiste avvenivano in modo relativamente pacifico, ma in alcuni luoghi era necessaria la forza delle armi. Nei territori conquistati, agli “idolatri” si proponeva di convertirsi all’islam e, coloro che accettavano, pagavano la zakat1. Dopo la conquista dell’Azerbaigian odierno, tuttavia, ancora per lungo tempo l’islam era seguito dalla minoranza della popolazione. La grande maggioranza continuava a professare le religioni tradizionali e i musulmani, fedeli ai trattati conclusi, garantivano loro la libertà di culto.
Sui territori dell’Arran (Albània caucasica, tra i fiumi Kura e Arasse), Shirvan (regione storica dell’Azerbaigian, a Nord della Kura fino al territorio dell’attuale Daghestan) e Mughan (la steppa nel Sud-Est del Caucaso meridionale), la maggior parte della popolazione era cristiana, mentre a Sud prevalevano gli zoroastriani. Gli ebrei e i cristiani pagavano un testatico chiamato jizya e con questo avevano diritto alla protezione delle autorità musulmane.
LE FASI DELL’ISLAMIZZAZIONE
Prima fase (VII-VIII secolo)
La prima fase, il periodo delle conquiste arabo-islamiche, si estende dalla metà del VII secolo all’inizio dell’VIII secolo e si chiude con la caduta nel 705 dell’Albània caucasica (Arran) e con la perdita dell’autocefalia da parte della chiesa albanica. Il già citato al-Baladhuri afferma che il Marzban (governatore) dell’attuale Azerbaigian al-Ashas ibn-Qays, che era stato nominato dallo stesso primo califfo sciita Ali, aveva trasferito la capitale ad Ardabil e vi aveva costruito una moschea. Alla fine di questa fase l’islam divenne in Azerbaigian religione dominante. La nuova fede si diffuse fra i mercanti e gli artigiani, poiché gli arabi accordavano facilitazioni a queste categorie della popolazione. Non vi era una vera e propria attività missionaria, anzi alcuni califfi scoraggiavano la conversione della popolazione all’islam poiché ciò avrebbe ridotto il gettito fiscale nelle casse dello stato. Durante la dominazione del califfato arabo penetrano nella regione la lingua e la scrittura araba.
Seconda fase (VIII-X secolo)
La seconda fase abbraccia il periodo dall’inizio dell’VIII secolo al potere dei buyidi nell’Iran occidentale e in Iraq. Sul territorio dell’odierno Azerbaigian sorgono gli stati indipendenti degli Shirvanshah-mazyadidi (799-1050) e dei sajidi. Nel periodo pre-islamico la regione dello Shirvan era parte dell’Impero sassanide e i governatori sassanidi venivano chiamati Shirvanshah. Il loro stato fu il primo ad affermarsi, anche per le connessioni con altre dinastie arabe, come, appunto, quella dei mazyadidi. Il fondatore di questa dinastia fu Yazid ibn Mazyad al Shaybani. I suoi discendenti approfittarono dell’indebolimento del califfato per trasformare Shirvan in un loro possedimento ereditario, e nell’861 assunsero anch’essi il titolo di Shirvanshah. Il primo Shirvanshah della dinastia dei mazyadidi fu Haisam ibn-Khalid. A metà del IX secolo i mazyadidi controllavano anche l’Albània caucasica e divennero particolarmente forti nel X secolo. Tra i vassalli dei mazyadidi vanno annoverati, in epoche differenti, la regione storica di Sheki e parte del Daghestan Sud-orientale, comprese Derbent, le terre dei Lak e dei Tabasaran2.
La capitale dell’Azerbaigian era stata trasferita a Shamakha (Yazidiya), fondata nel IV secolo. Una delle città principali era Baku, dove si trova uno dei più importanti monumenti dell’Azerbaigian, il complesso palatino degli Shirvanshah. La religione ufficiale nello stato era l’islam sunnita di scuola hanafita. Nonostante in determinati periodi della loro storia gli Shirvanshah e i loro sudditi si trovassero sotto l’influenza degli stati sciiti dei buyidi e dei safavidi, conservarono sempre fedeltà al sunnismo. In questo periodo, metà dell’VIII secolo, l’idolatria e lo zoroastrismo perdono di importanza, il giudaismo continua a esistere e la chiesa albanica restaura la sua autocefalia. Tuttavia, poiché la sua influenza si affievolisce, la liturgia viene celebrata in armeno e i fedeli si “armenizzano”. Fra i musulmani si rafforza il senso dell’appartenenza all’islam; tuttavia, non si perde completamente la consapevolezza delle radici etniche, come si può vedere nel movimento degli shu’ubiti, che prese le mosse nel periodo iniziale del dominio degli abbasidi. Sotto il dominio arabo la letteratura in Iran per lungo tempo si sviluppò in lingua araba. Dall’VIII secolo cominciò però a diffondersi il movimento shu’ubita (dalla parola shu’ub, plurale di sha’ab, “popolo”, quindi “i popoli”, “le genti”, o, all’uso biblico, “i gentili”), come nel corano sono chiamati i non arabi convertiti all’islam.
Questo movimento costituiva un’opposizione al dominio politico e culturale degli arabi e della loro lingua, in quanto gli shu’ubiti cercavano di dimostrare la dignità delle popolazioni conquistate dagli arabi rispetto ai conquistatori. Nel IX secolo nel Sud dell’Azerbaigian contemporaneo avvenne la più grave rivolta contro il califfato, una rivolta che ebbe anche un orientamento anti-islamico. A capo dell’insurrezione c’era il khurramita Babak (816-838). I khurramiti erano i seguaci di una setta sincretistica che riuniva elementi zoroastristi3, cristiani e islamici. Essi traggono il loro nome dal termine khurram, il decimo mese dell’antico calendario solare persiano, e il cui significato si può rendere con “gioioso”, “allegro”, “soddisfatto”. Questo termine, dopo la conquista islamica, veniva usato per indicare cripticamente i “nostalgici” della vecchia religione. Uno dei maggiori esponenti di questo movimento fu appunto Babak al-Khurrami4, nato fra il 798 e l’800 nell’odierno Azerbaigian iraniano. Figlio di un piccolo mercante, lavorò come pastore e cammelliere, quindi come artigiano a Tebriz. Nell’816 divenne il capo del movimento e guidò un’insurrezione contro gli arabi in Azerbaigian che durò circa 20 anni. A repressione compiuta fu giustiziato nel gennaio dell’838.
Nel 778-779 a Gurgan, in Iran, si sviluppò la rivolta nota come surkh ‘alam, o ‘alam-i surkh (“Bandiera Rossa”) e diretta contro l’oppressione politica e la pratica fiscale degli abbasidi. Durante il periodo sovietico, nel Caucaso si sottolineava che questa «fu probabilmente la prima insurrezione nella storia durante la quale la bandiera rossa servì da emblema di una rivolta del popolo contro gli oppressori»5 e i surkh-alamiti venivano presentati quasi come dei precursori dei comunisti. Il colore rosso fu adottato anche dai seguaci di Babak, che venivano chiamati muhammira (dall’arabo ahmar, “rosso”), i “rosso-vestiti”6. La loro insurrezione, iniziata nell’816, si estese ad alcune regioni dell’Iran, a quasi tutto l’Azerbaigian e all’Armenia orientale, coinvolgendo circa 300.000 persone. La guerra del califfato contro Bisanzio e la repressione di una contemporanea insurrezione in Egitto (830-833) alleviarono la pressione sui khurramiti ma, dopo la conclusione della pace con Costantinopoli (833), il califfo al-Mu’tasim (833-842) concentrò tutte le forze nella repressione del movimento di Babak. Gli insorti subirono una grave sconfitta presso la città iraniana di Hamadan, perdendo, secondo fonti arabe, 60.000 uomini.
Nell’835 il calif...