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Gianni Vasino
Da 90° Minuto
alle Olimpiadi
Cronache di 30 anni di sport
PREFAZIONE
Una vita sul campo e una vita da campo: è la sintesi dell'impegno e del lavoro di Gianni Vasino, amico e collega di lunga data. Con lui, ho condiviso una scrivania negli uffici della Rai di Corso Europa a Genova e tante trasferte insieme, in giro per il mondo: olimpiadi, mondiali di calcio, giochi del mediterraneo. Fianco a fianco, gomito a gomito, microfono con microfono.
Gianni ha deciso - ed era ora - di mettere nero su bianco, carta su carta, le sue tante esperienze. Un mondo di esperienze, non limitate solo all'ambito sportivo, visto che è stato una colonna di quel fantastico "Novantesimo Minuto" ideato e diretto per anni da Paolo Valenti.
Di quella fortunatissima e per certi aspetti, inarrivabile trasmissione, Vasino era uno dei punti fermi. Non c'è stato stadio dell’Italia pallonara domenicale dal quale non partissero i suoi servizi. Colonna per anni della Sede regionale della Rai per la Liguria, Gianni è stato per anni sul 'pezzo', da buon ufficiale degli alpini. Non solo per lo sport, ma cronaca, giudiziaria, spettacoli. E tanto impegno sociale.
Negli anni '80, ideò una rubrica al servizio degli handicappati, Tg2 "Come noi", era intitolata ed è stata l’unica finestra su un mondo che aveva bisogno di farsi conoscere: diritti negati, disservizi assortiti, la rubrica di Gianni Vasino è stata davvero "servizio pubblico".
Trottola instancabile, da buon ferrarese trapiantato a Sanremo, decise, a metà degli anni '80, di fare il grande salto a Milano, per misurarsi con una realtà dal respiro più profondo, metropolitano: la conduzione di Tg2 Sportsera, che raccoglieva milioni di telespettatori, le telecronache sportive, l'ideazione di un programma del pomeriggio da lui condotto e diretto con la partecipazione di una bella ragazza bionda che avrebbe avuto un successo strepitoso: Antonella Clerici, la regina del sabato sera targato Rai Uno, la conduttrice del Festival di Sanremo, nostra signora delle pentole partì per la sua folgorante carriera proprio grazie a Gianni. Magari non se lo ricorderà, ma in certe occasioni... "repetita ...juve".
Rammento inoltre da parte del nostro amico Gianni il tiepido e mai sbandierato tifo per la Spal e per un certo Gianni Rivera.
Un libro, il suo, di memorie e di ricordi, di aneddoti e di curiosità, di invenzioni e di umanità. Una vita sul campo, sempre al servizio del pubblico. un set, inteso come tennis e non come cinematografo, che merita di essere giocato sino al tie-break, e anche dopo.
Buona lettura
Emanuele Dotto
INTRODUZIONE
Tutti noi abbiamo vissuto esperienze, spesso al lavoro, molto interessanti. Il sottoscritto ha avuto la fortuna di viverle in occasione di fatti che hanno lasciato traccia nel mondo dello sport.
Per sottolineare il clima che aleggiava in quel momento intorno alla Rai, unica emittente nazionale, ho riportato critiche e giudizi dei colleghi dei giornali che sembravano spesso giudici intransigenti e depositari unici della verità.
Tutti noi, dall’altra parte dello schermo, andavamo avanti facendo finta di niente, ma masticavamo amaro!
Da 90° Minuto alle Olimpiadi
POMERIGGIO INSANGUINATO
Tutto è iniziato alla fine dell’ Ottobre 1953 in una serata fredda e uggiosa, di quelle che sulla Riviera dei Fiori capitano molto raramente, prologo per gli avvenimenti di quella serataccia nella quale successe qualcosa che influenzò in maniera determinante il mio futuro.
Avevo da poco compiuto 17 anni e da qualche anno la mia famiglia si era trasferita a Sanremo da Ferrara: era stato un cambio di vita epocale, non capita tutti i giorni di passare dalle nebbia della provincia ferrarese al sole e ai fiori di Sanremo. Stavo concludendo il ciclo di studi superiori all’Istituto tecnico Cristoforo Colombo che sfornava decine di ragionieri.
Nel cortile della scuola c’era un campo per la pallacanestro all’aperto e in un sottoscala erano stati sistemati gli uffici e gli spogliatoi della Cestistica Sanremo, società sportiva dilettantistica che era solita reclutare i suoi atleti proprio tra gli studenti che sostavano sul suo campo prima e dopo le lezioni. Questa presenza facilitò certamente la mia scelta del basket quale sport da praticare.
A quei tempi il mondo dello sport non aveva ancora scoperto gli sponsor e le società dilettantistiche erano sostenute da personaggi abbienti della città e la “Cestistica” era sostenuta da un giovane negoziante di tessuti che aveva sposato una donna bellissima.
Proprio in quella nera serata piena di lampi e tuoni, rientrando improvvisamente a casa, aveva scoperto la moglie con l’amante. Colto da un raptus aveva ucciso la donna e l’amante, suicidandosi subito dopo.
La notizia, si era sparsa in tutta la città con la velocità di un fulmine e aveva raggiunto tutti noi mentre stavamo finendo l’allenamento.
Si era da poco usciti dal periodo post bellico ed i giornali stavano cercando una nuova dimensione che, come dirà più tardi la storia, troverà soluzione, con una sensibilità ed una nuova misura, tra il racconto dei fatti e i lettori, ma il percorso era ancora all’inizio e i fatti di cronaca violenta attiravano la massima attenzione, e si cercava di arricchire il racconto con particolari piccanti.
Me ne andai a casa a testa bassa senza accorgermi della pioggia battente.
Dentro sentivo solo un grandissimo vuoto che cercavo di colmare ricordando le ultime parole che avevo scambiato solo qualche ora prima con l’amico Presidente.
Il mattino successivo sui giornali lessi cronache che mi fecero ancora più male. Nei lunghissimi articoli sembrava che si volesse mettere in mostra, quasi esclusivamente, i particolari piccanti della storia senza dire nulla o ben poco dei suoi protagonisti.
Mi pareva ingiusto che tutto quello che aveva fatto di buono quell’uomo venisse dimenticato di fronte a quel tragico gesto. Tante parole e molte bugie che finirono con il coinvolgermi in maniera emotiva: stimavo il Presidente perché era un uomo aperto e cordiale, sempre disponibile a confortare chiunque non avesse giocato bene.
QUANTA RABBIA
Quei titoli, i sommari e gli articoli lasciarono in me un segno profondo. Non era facile dominare ciò che mi bruciava dentro. La rabbia cresceva via via che mi rendevo conto che difficilmente avrei potuto fare qualcosa per “salvare” almeno la memoria di quella persona che avevo conosciuto tanto bene.
I giornali del pomeriggio erano quelli che avevano calcato di più la mano e tra questi mi aveva colpito l’articolo apparso su ”Il Corriere Lombardo” di Milano.
Dopo aver scartato diversi modi per far giungere la mia voce di protesta conclusi che avrei dovuto scrivere la “mia verità”, per cercare di fare giustizia sulla memoria di quell’uomo.
Presi carta e penna e raccontai aneddoti e particolari di vita quotidiana vissuti con lui, ben lontani dalle descrizioni che i giornalisti milanesi avevano fatto in quei giorni. Continuai a scrivere sino a quando fui convinto di aver detto tutto in sua difesa.
Non rilessi quelle pagine, aggiunsi una lettera d’accompagnamento e spedii il plico per raccomandata al Direttore, Nino Nutrizio.
Era come se mi fossi liberato da un gravoso impegno, assunto con tutte le mie forze, in difesa di chi non si sarebbe potuto difendere.
Non raccontai a nessuno quello che avevo fatto e dopo qualche giorno mi dimenticai completamente di quella lettera.
Un giorno, rientrando da scuola, trovai sulla mia scrivania una lettera con l’intestazione del Corriere Lombardo.
Mi aveva scritto di suo pugno proprio Nino Nutrizio dicendomi di essere rimasto colpito dalla mia esposizione e invitandomi a prendere contatto telefonico con la sua segreteria per fissare un incontro in redazione a Milano dal momento che: “…sembri avere delle buone qualità per fare questo lavoro.”
Senza esserne consapevole avevo scritto il mio primo pezzo e quel che più mi dava soddisfazione era l’accoglienza che aveva ricevuto dagli addetti ai lavori. Non mi rendevo conto che quell’episodio mi aveva avvicinato ad un mondo al quale non avevo mai neppure lontanamente pensato; sino ad allora nel mio futuro sembrava esserci un tranquillo lavoro in banca.
Era bastata quella lettera, con parole che potevano anche essere solo di circostanza, e l’invito per galvanizzarmi.
Le poche ore trascorse al Corriere Lombardo avrebbero assunto un’importanza determinante per il mio futuro di lavoro, ma lo capii solo dopo qualche tempo.
Vedere giornalisti intenti al lavoro, in un ambiente che sino ad allora non avrei neppure potuto immaginare, mi emozionò, travolgendomi.
Con una perseveranza che rasentava la pedanteria durante la permanenza al giornale avevo ripetuto, a tutti coloro che avevo incontrato, la versione dei fatti che avevo scritto
nella mia lettera. Per la verità mi sentivo abbastanza “disturbato” dall’insistenza con la quale mi veniva chiesto chi mi avesse aiutato a scrivere quelle pagine che facevano mostra di sé nella bacheca rendendomi molto orgoglioso.
Tutti coloro che mi parlarono si dissero molto sorpresi per come ero riuscito ad “inserire” nel testo tutti gli elementi indispensabili per un articolo, al posto giusto, senza aver mai avuto nulla a che fare con quella materia. La mia risposta era stata sempre la stessa: avevo scritto senza pensare, tutto di getto, non ritenevo di essere “colpevole” di aver azzeccato la stesura di un vero articolo giornalistico.
PASSIONE VERA
Fu proprio durante quei momenti che ebbi come una folgorazione che mi fece innamorare del giornalismo.
Quelle ore trascorse nella “baraonda” della redazione, in mezzo a gente che riusciva a scrivere,parlare o disegnare pagine come se fosse immersa nel silenzio più profondo, mi contagiò e al momento del commiato chiesi al Direttore cosa avessi dovuto fare per poter, un giorno, diventare giornalista.
A questo punto, dopo il diploma, feci il servizio militare come ufficiale in Artiglieria da montagna e poi mi occupai per tre anni all’ufficio esteri dell’Istituto Bancario San Paolo, prima a Torino e poi a Sanremo.
Rientrando a casa ripresi i contatti e cominciai a collaborare con il Corriere Lombardo e subito dopo con il Corriere Mercantile di Genova. Ovviamente potevo fare solo piccole corrispondenze mentre cercavo di imparare dai colleghi che lavoravano a Sanremo in un bisettimanale, in che cosa consistesse questo genere di lavoro.
Tra tutti legai una stretta amicizia con Attilio Panizzi, grande investigatore di cronaca nera, tanto bravo da fare carriera nei Carabinieri sino a diventarne Generale. Da lui imparai, ad esempio, come sfruttare le sfumature di un dialogo all’apparenza senza interesse.
SALTO NEL BUIO
Nei primi mesi del 1965 decisi di fare il grande passo accettando l’offerta di diventare Direttore Responsabile del quindicinale “Borsa Invest” che si doveva occupare del mercato azionario italiano.
Non fu semplice passare dagli argomenti dei quali ero solito scrivere all’informazione finanziaria, cercai di adeguarmi nel minor tempo possibile studiando il materiale fornito dai responsabili dell’iniziativa editoriale. Per contratto avevo ottenuto di mantenere tutte le mie corrispondenze con i quotidiani.
L’iniziativa editoriale era sostenuta da un gruppo finanziario internazionale, rappresentato a Sanremo da Armando Nano, che aveva svolto attività simili in Canada.
Era un particolare momento per la borsa italiana, in piena euforia da boom economico. Agli abbonati della rivista venivano inviati telegrammi su possibili vendite/acquisti su titoli che potevano rendere molto.
Contemporaneamente il gruppo finanziario effettuava operazioni opposte traendo ovviamente ingentissimi utili.
Nano era un editore “speciale”: lontano dalle tradizioni, con una fama che si era già conquistato a livello internazionale per iniziative simili a questa di Sanremo.
Tra le tante voci che circolavano sul suo conto si diceva che fosse stato coinvolto in una operazione che, qualche anno prima, aveva fatto scalpore perché avrebbe venduto una nave carica di carri armati e armi pesanti all’OAS, l’Organizzazione per la liberazione dell’Algeria in lotta per l’indipendenza da Parigi, che non era mai arrivata a destinazione nonostante il pagamento fosse regolarmente avvenuto in una banca fantasma, scomparsa subito dopo l’arrivo del bonifico.
Dopo i primi concreti risultati delle operazioni in borsa nel giro di qualche mese raggiungemmo oltre diecimila abbonamenti alla rivista.
SERVIZI SEGRETI
Tutto sembrava andare per il meglio quando Nano ricevette minacce di rapimenti o attentati da parte dell’OAS che chiedeva un’ingente somma di dollari, quale risarcimento per la truffa ai danni del movimento per la liberazione dell’Algeria.
In seguito a quelle minacce negli uffici di Borsa Invest a Sanremo piombarono agenti dei Servizi segreti francesi e italiani.
Erano interessati, soprattutto i francesi, a scoprire cosa rappresentassero quelle minacce in riferimento alla presunta esistenza nelle forze dell’ordine d’oltralpe di reduci dell’Oas.
Lavoravamo in mezzo a registratori e centrali d’ascolto, c’era chi puliva le pistole e chi dormiva sulle brandine sistemate in tipografia: si respirava aria di prima linea.
I molti particolari indicati nelle missive ricattatorie inducevano a pensare che ci fossero fughe di notizie dall’interno dei Servizi, soprattutto da parte francese, che sembravano avere ancora agganci con gli ex affiliati dell’Oas. I responsabili dell’operazione decisero di accettare la richiesta di pagamento.
Nell’ultima lettera erano state impartite istruzioni molto particolareggiate in merito alla consegna del denaro che avrebbe dovuto avvenire in un istituto bancario di Nizza in pieno centro cittadino.
Gli agenti italiani erano, a loro volta, convinti dell’esistenza di una talpa che informava i ricattatori dettagliatamente.
Nelle istruzioni per la consegna del “malloppo” venni indicato proprio io quale “postino”, ovviamente con tutte le raccomandazioni del caso.
UN POSTINO ORIGINALE
Tante e lunghe furono le riunioni sui rischi che avrei potuto correre nell’eseguire quell’operazione. Alla fine mi chiesero se me la sentivo e mi spiegarono che cosa avrei dovuto fare per evitare qualsiasi conseguenza.
Ero talmente “galvanizzato” da quello che mi apprestavo a fare che non mi ero reso assolutamente conto, dei pericoli ai quali sarei andato incontro.
L’importante era aver ottenuto il permesso di continuare a scrivere su quei fatti per le mie corrispondenze, ovviamente senza mai superare certi limiti di censura!
Come era stato indicato nelle istruzioni giunsi a Nizza, in treno da Sanremo ed alla stazione presi un taxi per raggiungere la se...