Mal d'Africa
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Mal d'Africa

  1. 288 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Informazioni su questo libro

L'Africaè tornata a essere terra di conquista. Dopo i conflitti scatenati nel secolo scorso per accaparrarsi le risorse naturali del continente, ora è "guerra" commerciale, ma soprattutto militare, di tutti contro tutti. L'Occidente ha deciso che è giunto il momento di arginare l'influenza cinese che ormai ha le mani su tutto il continente, nessun paese escluso. Le forze militari straniere si stanno posizionando nel Corno D'Africa, in particolare in un fazzoletto di terra: Gibuti. Le guerre economiche inAfricanon si combattono solamente attraverso accordi commerciali, è diventato indispensabile, per vincere la battaglia, "mettere gli scarponi sul terreno". Un percorso analitico sulla situazione politica ed economica odierna ripercorre, anche narrativamente, i passi dei grandi viaggiatori del passato, lungo i suoi corsi d'acqua più imponenti, attorno ai laghi prosciugati dallo sfruttamento umano e dai cambiamenti climatici e nei gironi infernali delle miniere più preziose al mondo.

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Sguardo dall’esterno

La presenza militare come termometro degli interessi politici ed economici

Non sventola la bandiera rossa, quella dell’impero sovietico, ma quella tricolore di Vladimir Putin. Il presidente russo si sta riprendendo la scena in Africa e la Repubblica Centrafricana è diventata il suo quartier generale, l’avamposto degli interessi militari della Russia. Ciò assomiglia a un cambio di passo per l’intero continente. Un paese, il Centrafrica, apparentemente insignificante, è stato la testa di ponte dei francesi, prima, poi degli americani e ora di Mosca. Una mossa, quella di Putin, tesa a riprendersi la scena in un continente che nel passato, nell’immediatezza delle indipendenze africane, tanto ha tenuto con il fiato sospeso il mondo intero, per lunghi anni, fino alla caduta dell’impero sovietico, e ora si ripropone il medesimo scenario.

Boots on the ground

La guerra fredda è un lontano ricordo. Eppure Russia e Usa hanno ripreso le ostilità, e dove? In Africa. Mosca sta cercando di riprendersi una qualche centralità nel continente africano, favorita, anche, dalle mutate condizioni politiche. Crollato il muro di Berlino, infatti, su tutto il continente si sono scatenate numerose guerre che non avevano più nessun legame con gli amici di un tempo – America e Unione Sovietica – ma, semplicemente, rappresentavano il tentativo di riposizionarsi e trovare nuovi amici attraverso l’accaparramento delle risorse naturali. Finito, non del tutto per la verità, quel periodo, ora è “guerra” commerciale, ma anche militare, di tutti contro tutti. L’Occidente ha deciso che è giunto il momento di arginare l’influenza cinese che, ormai, ha le mani su tutto il continente, nessun paese escluso. La Russia non ci sta e non vuole, certo, rimanere ai margini. Mosca sta in maniera sistematica espandendo la sua incidenza militare e strategica nel continente. E tutto ciò allarma, e non poco, le cancellerie occidentali. Gli Stati Uniti, dal canto loro, hanno ben marcato il territorio attraverso il comando Africom. Oltre ai 4000 militari di stanza a Gibuti, la missione americana, dispone di 34 siti militari, 14 basi principali e 20 postazioni secondarie a supporto della lotta al terrorismo. In tutto oltre 7000 militari. Le presenze più significative sono in Somalia, Niger, Kenya, Mali e Camerun.
Tornare a essere protagonisti in Africa, significa anche rafforzare la presenza militare. Un obbligo dettato dal fatto che la Cina ha già messo gli “scarponi” sul terreno attraverso le missioni di peacekeeping. I caschi blu cinesi, tuttavia, dispiegati in Africa – circa 2500 – sono concentrati nelle aeree di particolare interesse per Pechino. Non è un caso che mille di questi siano in Sud Sudan dove la Cina ha investito molto nel petrolio e altri 400 in Mali.

Finché c’è guerra, c’è speranza

Mosca non sta a guardare. La Russia, a differenza della Cina, non può offrire prodotti di consumo con i quali sta invadendo i mercati africani, ma armi sì e in abbondanza. Il grosso del mercato africano delle armi, infatti, già da tempo è sotto i riflettori di Mosca. In dieci anni, dal 2007 al 2017, sono state vendute armi russe in 15 nazioni per un ammontare di 21 miliardi di dollari, che rendono Mosca il più grande esportatore di armi in Africa dopo gli Stati Uniti. Ma anche in questo settore la Cina sta rosicchiando quote di mercato. L’aiuto militare è arrivato alla cifra di 100 milioni di dollari. Mosca, dal canto suo, ha firmato accordi di cooperazione in materia di sicurezza con 24 paesi africani e fornisce armi, hardware militare e addestramento. Ora è il primo fornitore di armamenti controllando il 35 per cento del mercato locale davanti a Cina, Stati Uniti e paesi europei. Il portafoglio di ordini di armi russe dall’Africa, dunque, è in costante crescita. Il capo del servizio federale russo per la cooperazione tecnico-militare (Fsmtc), Dmitriy Shugaev, ha spiegato che si «tratta di cifre significative, specialmente perché il trend è in crescita negli ultimi cinque anni».
Etiopia e Eritrea siglano la pace. Le sanzioni internazionali ad Asmara sono state revocate, e l’Eritrea cosa fa? Vuole acquistare armi russe. Il vicedirettore dell’Fsmtc, Anatoly Punchuk spiega che «l’Eritrea esprime attivamente il suo interesse a riprendere una cooperazione a pieno titolo nel settore della difesa con la Russia. Dato che il paese ha raggiunto un accordo di pace con l’Etiopia è interessato all’acquisto di armi: navi, elicotteri e armi leggere». Buona fortuna pace e popolo eritreo.

Strategie geomilitari e spartizioni: i mercenari russi...

L’attenzione di Mosca, dunque, non è marginale. Lo dimostra anche il tour del ministro degli Esteri Sergej Lavrov che ha visitato paesi estremamente strategici, per posizione geografica e per risorse possedute, come l’Angola, la Namibia, il Mozambico, l’Etiopia e lo Zimbabwe. Paesi con i quali il Cremlino ha stretto accordi di collaborazione in ambito minerario, di cooperazione militare e per stabilire zone economiche di libero scambio. L’annuncio più importante di Lavrov, tuttavia, è quello di voler realizzare un centro logistico in Eritrea, nell’area strategica del Corno d’Africa, già affollato di presenze straniere. A Gibuti, con le loro basi, sono presenti francesi, americani e cinesi.
In attesa che si realizzi il centro logistico in Eritrea, il Cremlino ha messo le basi del suo centro strategico militare a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Consiglieri e militari russi affollano il Centrafrica. A una sessantina di chilometri dalla capitale, proprio sull’ex residenza del dittatore Jean-Bedel Bokassa, sventola la bandiera russa. Essere nella Repubblica Centrafricana non è solo una questione strategica per la centralità del paese, ma anche simbolica. Non si può dimenticare che Bangui è un’ex colonia francese, dove Parigi ha sempre avuto una presenza militare significativa. Fino agli anni Novanta, oltre 1200 uomini stazionavano proprio a Bangui e in altre città del paese. La Francia ha progressivamente abbandonato il paese, gli americani hanno acceso i riflettori, ma la Russia ha avuto la meglio. Mosca, nei fatti, attraverso l’utilizzo del veto in tal senso al Consiglio di Sicurezza, ha stoppato Parigi che era intenzionata a fornire armi al Centrafrica, per poi chiedere all’Onu di allentare – una sorta di deroga – l’embargo imposto al paese nel 2013. Una mossa spregiudicata che ha avuto un esito positivo grazie ai colloqui di Sochi tra il presidente centrafricano, Faustin-Archange Touadéra, e lo zar di Mosca. Bloccata l’offerta di aiuto france...

Indice dei contenuti

  1. Introduzione
  2. La scoperta dell’africa: un continente affollato ma senza mercato
  3. Parte I
  4. Sguardo dall’interno
  5. Sguardo interafricano
  6. Sguardo dall’esterno
  7. Parte II
  8. Il Grande Congo
  9. La Diga della Rinascita e la cacciata di al-Bashir
  10. Sahel: terrorismo, migrazioni e nuovo califfato nero
  11. I coccodrilli ivoriani di Yamossoukro
  12. La matrioska nigeriana
  13. Il Teatro Avenida a Maputo
  14. La confusão angolana
  15. Conclusioni
  16. Aiutare l’africa: ma si deve proprio?
  17. Postfazione
  18. Orizzonti Geopolitici COLLANA DI DISTOPIE GLOBALI