La città e il territorio
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La città e il territorio

Quattro lezioni

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La città e il territorio

Quattro lezioni

Informazioni su questo libro

«Cercherò di dirvi come per capire le città sianecessario esplorare il territorio e, viceversa, come per capire il territorio sia necessarioesplorare le città: fra loro esiste un rapportoreciproco e si sono sedimentati sistemidi corrispondenze che non possono essereignorati se si vuole indagare quali sianola struttura e il significato dello spazio».Fra le attività che più hanno impegnato GiancarloDe Carlo vi è stata quella dell'insegnamento, sia nellasua forma tradizionale, quella universitaria, in Italiae negli Stati Uniti (Yale, Mit), sia in una forma piùsperimentale e itinerante come l'Ilaud (InternationalLaboratory of Architecture and Urban Design).Dopo il lungo periodo trascorso allo Iuav di Venezia(1955-1983), De Carlo si trasferì a Genova, doveinsegnò per circa dieci anni, concludendovi la suacarriera accademica. Al momento del ritiro, nel 1993, tenne un corso di quattro lezioni, organicamenteinterrelate fra loro, in cui ripercorse il complesso, stratificato e indissolubile rapporto fra il territorio– e il paesaggio – e le città sviluppatosi nel corsodei secoli. È un campo d'indagine che l'autore avevaaffrontato e rinnovato già a partire dalla fine deglianni Cinquanta, in seguito all'acceso dibattito sortointorno al Piano intercomunale milanese e, quindi, al tema della città-territorio.Quelle che qui presentiamo sono non solo lezioni distoria dell'architettura o dell'urbanistica (si va dall'etàgreca e romana fino a quella contemporanea), maanche quattro racconti in cui De Carlo si giova della suadimestichezza con i classici della letteratura – «L'unicapossibilità per concepire un'idea del territorio chenon derivi dalla specializzazione [...] credo sia quella dirivolgersi agli scrittori» – per narrare la vita e il sensodella più antica utopia realizzata dall'uomo, la città.Il volume – a cura di Clelia Tuscano, che collaboròcon De Carlo alla realizzazione del corso – restituiscedunque questo ciclo unitario di lezioni finora del tuttoinedito, consegnandoci una summa inattesa e preziosaper la comprensione dello spazio in cui viviamo.

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Informazioni

Quarta lezione

L’Illuminismo

Quella di oggi potrebbe essere una conversazione molto lunga, perché tratta un periodo di oltre tre secoli, che però sono quelli più vicini a noi; siccome comprendono il momento presente li vediamo con più attaccamento e chiarezza di dettagli, ma anche con più confusione, e comunque con più urgenza.
Perciò credo che potrà esserci un’altra conversazione, magari al principio dell’anno prossimo da fare insieme a un seminario per porre le basi per ulteriori esplorazioni1.
L’argomento di cui mi occupo oggi è il cambiamento di concezione della città e del territorio dal periodo immediatamente prima dell’Illuminismo fino a oggi.
Abbiamo visto che, dopo il Rinascimento, man mano che si evolve il concetto di territorio, la campagna diventa non solo un’alternativa mentale, ma anche socio-economica.
Tra la campagna e la città comincia ad aprirsi una frattura insanabile, come avrebbe detto più avanti Karl Marx, in quanto il potere ha sede nella città e invece lo sfruttamento della manodopera si annida nel territorio. Questa spaccatura raggiunge il culmine all’inizio del Novecento, dopo di che è come se la campagna fosse scomparsa. Oggi è divenuta un luogo di produzione assoggettato all’industria e non sembra che abbia la capacità di esprimere la sua potenzialità, o la natura del suo ruolo, che tuttavia probabilmente non è quello che oggi manifesta; perciò la nostra esplorazione si spinge proprio in questa direzione (fig. 1).


1. Appunti di Giancarlo De Carlo per la quarta lezione, p. 1.


A partire dal periodo barocco il territorio acquisisce un’importanza molto maggiore di quanta non ne abbia avuto in periodi recenti, e comincia ad assumere una serie di sfumature e colorazioni diverse.
Diventa per esempio un miraggio poetico: nelle descrizioni arcadiche il territorio è popolato da fauni, ninfe, sorgenti e fronde; il paesaggio è un mondo beato dove non ci si sazia di stare, dove gli amori diventano complessi ed estremamente seducenti, dove la vita diventa meravigliosa. Questo immaginario viene rappresentato nella poesia vera e propria, nei quadri e anche attraverso l’organizzazione dello spazio esterno, perché si cominciano a organizzare i parchi, e la campagna vicino ai parchi, con nuovi criteri.
La rivoluzione del giardino romantico porta un rapporto fluido con la campagna. Vengono abolite le recinzioni: mentre a Versailles (fig. 2) la recinzione segnava un limite rigoroso fra due mondi diversi, nel giardino romantico la recinzione non ha più senso per una ragione concettuale, che non è determinata dalla natura della proprietà o dalla definizione del territorio, ma dal nuovo modo di concepire il rapporto con la natura.


2. Planimetria del palazzo e dei giardini di Versailles nel 1746 in un’incisione dell’abate Jean Delagrive.


Il giardino inglese diviene il canto di libertà di una società non dominata dall’assolutismo.
Il paesaggio viene organizzato per la gioia dello spirito e del corpo, ma anche perché produca redditi effettivi per i signori che hanno deciso di spostare i loro interessi economici nella campagna; i prodotti del suolo cominciano a essere esportati e distribuiti in modo molto più sistematico rispetto alle epoche precedenti.
L’insediamento sul territorio in genere avviene con la localizzazione di palazzi, che diventano i fulcri dell’organizzazione complessiva; intorno ai palazzi vengono disegnati i giardini, all’inizio in modo molto rigido, e viene pensata la campagna circostante anche nella sua composizione formale: le coltivazioni vengono distribuite in relazione alla produttività dovuta alle intrinseche potenzialità del suolo, ma anche tenendo conto dell’effetto scenico: ci si comincia a impegnare con la più grande tavolozza del paesaggio.
Un’operazione di trasformazione con intenzioni così precise non può che essere impositiva, ma la rappresentazione formale architettonica e urbanistica che le corrisponde è ricchissima.
Louis de Saint-Simon, zio di Henri de Saint-Simon che si proponeva di riformare la società sulle nuove basi socialiste, nelle Mémoires (1739-1749) descrive l’organizzazione del territorio che aveva visto in Francia, ma che cominciava a diffondersi un po’ dappertutto: «per il re era un piacere tiranneggiare la natura e addomesticarla con l’arte e il denaro […] si prova un senso di rivolta nel vedere come la natura sia sottoposta a costrizioni».
La sua analisi è di una lucidità incredibile e rivela un cambiamento di fondo: si esce dalla sfera classica, che dal barocco al rococò aveva assunto connotazioni arcadiche, per entrare nel mondo romantico, che genererà morfologie territoriali completamente diverse.
Diderot, l’autore dell’Encyclopédie (1751-1780) – di cui vi raccomando di leggere qualcosa perché era uno scrittore gradevolissimo oltreché estremamente interessante – vede nascere alcuni di questi paesaggi, soprattutto in Inghilterra, che coinvolgono anche il territorio coltivato e lo disegnano con una notevole quantità di manufatti.
Diderot aveva una corrispondenza con una signora di nome Sophie Volland che, per come lui ne parla, immagino deliziosa, e in una lettera le scrive: «Questo paesaggio progress...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Indice
  3. Berlino, Ginevra, Marte. Un contesto di fine Novecento, di Clelia Tuscano
  4. Nota ai testi
  5. La città e il territorio
  6. Prima lezione
  7. Seconda lezione
  8. Terza lezione
  9. Quarta lezione
  10. Appendice
  11. Lettura e progetto del territorio