Una cosa divertente che non farò mai più
eBook - ePub

Una cosa divertente che non farò mai più

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

Una cosa divertente che non farò mai più

Informazioni su questo libro

Un capolavoro di comicità e virtuosismo stilistico con cui i lettori italiani hanno conosciuto il genio letterario di David Foster Wallace. Commissionatogli inizialmente come articolo per la prestigiosa rivista Harper's, questo reportage narrativo da una crociera extralusso ai Caraibi - iniziato sulla stessa nave che lo ospitava e cresciuto a dismisura dopo innumerevoli revisioni - è ormai diventato un classico dell'umorismo postmoderno e al tempo stesso una satira spietata sull'opulenza e il divertimento di massa della società americana contemporanea.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Una cosa divertente che non farò mai più di David Foster Wallace, D'Angelo G., Piccolo F., D'Angelo G.,Piccolo F. in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Collezioni letterarie. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

1
/

E allora oggi è sabato 18 marzo e sono seduto nel bar strapieno di gente dell’aeroporto di Fort Lauderdale, e dal momento in cui sono sceso dalla nave da crociera al momento in cui salirò sull’aereo per Chicago devono passare quattro ore che sto cercando di ammazzare facendo il punto su quella specie di puzzle ipnotico-sensoriale di tutte le cose che ho visto, sentito e fatto per il reportage che mi hanno commissionato.
Ho visto spiagge di zucchero e un’acqua di un blu limpidissimo. Ho visto un completo casual da uomo tutto rosso col bavero svasato. Ho sentito il profumo che ha l’olio abbronzante quando è spalmato su oltre dieci tonnellate di carne umana bollente. Sono stato chiamato «Mister» in tre diverse nazioni. Ho guardato cinquecento americani benestanti muoversi a scatti ballando l’Electric Slide. Ho visto tramonti che sembravano disegnati al computer e una luna tropicale che assomigliava più a una specie di limone dalle dimensioni gigantesche sospeso in aria che alla cara vecchia luna di pietra degli Stati Uniti d’America che ero abituato a vedere.
Ho partecipato (molto brevemente) a un trenino a ritmo di conga.
Devo dire che ho vissuto il reportage commissionatomi con una sorta di fobia della prestazione. L’anno scorso una certa rivista patinata dell’East Coast aveva deciso di mandarmi a una di quelle vecchie e tranquille fiere locali, a farmi fare una specie di reportage, senza darmi nessuna indicazione precisa, ed è rimasta soddisfatta dei risultati. Così adesso mi è stata offerta quest’altra ciliegina tropicale, anche qui senza nessuna indicazione o richiesta specifica. Ma questa volta mi sento più a disagio: il rimborso spese della fiera locale era di ventisette dollari esclusi i giochi a premi. Questa volta Harper’s ha sganciato più di tremila dollari senza aver letto neanche una delle mie succose descrizioni ipnotico-sensoriali. Mi continuano a dire – con grande pazienza, al radiotelefono della nave – di non affliggermi per questioni del genere. Credo davvero che questa gente che lavora nei giornali sia in malafede. Dicono che tutto quello che vogliono è una specie di cartolina turistica gigante scritta da uno che ci è stato – vai, ti fai i Caraibi alla grande, torni e racconti quello che hai visto.
Ho visto un sacco di navi bianche veramente enormi. Ho visto frotte di pesciolini con le pinne luccicanti. Ho visto un parrucchino in testa a un ragazzo di tredici anni. (Ai pesci luccicanti piaceva ammucchiarsi tra la carena e il cemento delle banchine ogni volta che attraccavamo.) Ho visto la costa settentrionale della Giamaica. Ho visto e ho sentito la puzza di tutti i 145 gatti che vivono nella villa di Ernest Hemingway a Key West in Florida. Ora conosco la differenza tra Bingo e Superbingo, e cosa significa quando il jackpot del Bingo va «a palla di neve». Ho visto videocamere che praticamente richiedevano un carrello; ho visto valigie fosforescenti e occhiali da sole fosforescenti con cordicelle fosforescenti e più di venti tipi diversi di ciabatte infradito. Ho sentito tamburi da banda di paese e ho mangiato frittelle di sgombro e ho visto una donna in lamé argentato che vomitava a getto dentro un ascensore di vetro. Ho tenuto il ritmo di due quarti puntando il dito verso il cielo esattamente sulla stessa disco music sulla quale odiavo puntare il dito verso il cielo nel 1977.
Ho imparato che in realtà ci sono intensità di blu anche oltre il blu più limpido che si possa immaginare. Ho mangiato più che mai e piatti più sofisticati che mai, per di più nella stessa settimana in cui ho imparato anche la differenza tra beccheggiare nel mare agitato e rollare nel mare agitato. Ho sentito un comico professionista dire seriamente al pubblico: «A parte gli scherzi». Ho visto completi fucsia e giacche rosa mestruo e scaldamuscoli viola e marrone e mocassini bianchi senza calzini. Ho visto croupier professioniste così carine che ti facevano venire voglia di fiondarti al loro tavolo e perdere fino all’ultimo centesimo a blackjack. Ho sentito cittadini americani maggiorenni e benestanti che chiedevano all’Ufficio Relazioni con gli Ospiti se per fare snorkeling c’è bisogno di bagnarsi, se il tiro al piattello si fa all’aperto, se l’equipaggio dorme a bordo e a che ora è previsto il Buffet di Mezzanotte. Ora conosco l’esatta differenza mixologica fra uno Slippery Nipple e un Fuzzy Navel. So cos’è un Coco Loco. Sono stato oggetto in una sola settimana di oltre 1500 sorrisi professionali. Mi sono scottato e spellato due volte. Ho fatto tiro al piattello sul mare. È abbastanza? In quei momenti non sembrava mai abbastanza. Ho sentito quanto pesa la cappa del cielo subtropicale. Almeno una dozzina di volte il suono della sirena della nave, un’assordante flatulenza degli dei, mi ha fatto prendere un colpo. Ho assimilato i fondamenti del mah-jong, mi sono visto a stralci una due giorni di bridge contratto, ho imparato come si allaccia il giubbotto salvagente sopra lo smoking e ho perso a scacchi con una bambina di nove anni.
(Per la verità, ho fatto tiro verso il piattello, sul mare.)
Ho mercanteggiato per dei gioielli senza valore con ragazzini malnutriti. Ora conosco ogni possibile giustificazione o scusa per chi spenda tremila dollari per andarsi a fare una crociera ai Caraibi. Mi sono mangiato le mani per aver rifiutato autentica marijuana giamaicana da un giamaicano autentico.
Una volta ho visto dalla balaustra del ponte scoperto, molto più in basso e a destra della coda della carena, una cosa che mi è sembrata essere la pinna di uno squalo, mimetizzata nella scia del motore di dritta, violenta come le cascate del Niagara. Ho sentito – e non ho parole per descriverla – una musichetta da ascensore in versione reggae. Ho capito cosa significa avere paura del proprio water. Ho imparato ad avere il «piede marino» e ora mi piacerebbe perderlo. Ho assaggiato il caviale e mi sono trovato d’accordo con il giudizio del bambino che mi sedeva accanto: fa schifo.
Ora ho capito bene cosa significa duty free.
Ora conosco la velocità massima in nodi di una nave da crociera.1 Ho mangiato escargot, anatra, salmone affumicato dell’Alaska, salmone con finocchi, pellicano al marzapane e un’omelette fatta con quelle che venivano definite «tracce di tartufo etrusco». Ho sentito persone sedute sulle sdraio sul ponte dire che non è tanto il caldo, ma l’umidità. Sono stato – completamente, professionalmente e come mi era stato promesso – viziato.
page_no="8"
Ho osservato e catalogato, con ribrezzo, ogni tipo di eritemi, cheratinosi, lesioni pre-melanoma, macchie da mal di fegato, eczemi, verruche, cisti papulari, pancioni, celluliti femorali, vene varicose, trattamenti al collagene e al silicone, tinture orribili, trapianti di capelli malriusciti – insomma, ho visto un sacco di gente seminuda che avrei preferito non vedere seminuda. Mi sono sentito depresso come non mi sentivo dalla pubertà e ho riempito quasi tre taccuini per capire se era un Problema Mio o un Problema Loro.
Ho acquisito e nutrito un rancore che potrebbe anche durare tutta la vita verso il direttore d’hotel della nave – il cui nome era signor Dermatis e che io da allora in poi ho battezzato signor Dermatitis2 – un rispetto quasi ossequioso per il mio cameriere e un’ardente passione per la cameriera della mia cabina del corridoio sul ponte 10, Petra, Petra dalle fossette e dalle sopracciglia ampie e candide, che indossava divise sempre bianche inamidate e fruscianti e profumava del disinfettante al cedro norvegese che passava nei bagni; e che puliva ogni centimetro praticabile della mia cabina almeno dieci volte al giorno, ma che non si è mai fatta sorprendere nell’atto di pulire – una figura di eleganza magica e duratura, meritevole di una cartolina tutta dedicata a lei.
page_no="9"
1. Anche se non ho ancora ben capito cos’è un nodo.
2. In qualche modo aveva l’impressione che io fossi un giornalista ficcanaso, così non mi lasciava vedere la cambusa, il ponte di comando, le cabine del personale di bordo, niente di niente, né mi lasciava intervistare qualcuno dell’equipaggio o del personale con il registratore acceso; e poi portava gli occhiali da sole all’interno della nave, e aveva le spalline, ed è rimasto un sacco di tempo a parlare al telefono in greco mentre aspettavo nel suo ufficio dopo che mi ero perso le semifinali del karaoke nel salone Rendez-Vous per andare all’appuntamento che mi aveva dato lui; spero che si ammali.

2
/

Più precisamente: dall’11 al 18 marzo 1995 io, volontariamente e dietro compenso, mi sono sottoposto alla crociera «7 Notti ai Caraibi» (7NC) a bordo della m.n. Zenith,3 una nave da 47.255 tonnellate, di proprietà della Celebrity Crociere, una delle oltre venti compagnie di crociera che attualmente operano fra la Florida e i Caraibi.4 La nave e i servizi, da quello che ora so della qualità media dell’industria delle crociere, erano assolutamente di prim’ordine. Il cibo era superbo, il servizio impeccabile, le escursioni a terra e le attività di bordo organizzate fin nei minimi dettagli per il massimo dell’eccitazione. La nave era così bianca e pulita che sembrava sterilizzata. Il blu del mare dei Caraibi variava dal color coperta-dineonato-maschio fino al fosforescente; lo stesso per il cielo. Le temperature erano uterine. Persino il sole sembrava programmato secondo le nostre esigenze. Il rapporto equipaggio-passeggeri era di 1,2 a 2. Era una crociera extralusso.
A parte le lievi varianti adattative a seconda della nicchia, la «Crociera Extralusso 7NC» costituisce un genere uniforme. Tutte le megacompagnie offrono lo stesso prodotto di base. Questo prodotto non consiste in un servizio o in una serie di servizi. Non è neanche tanto il divertimento (anche se si capisce subito che uno dei grandi compiti del direttore di crociera e del suo staff è di continuare a rassicurare tutti che tutti si stanno divertendo): è più, come dire, una sensazione. Ma rimane un prodotto basato sulla buona fede – cioè, cercano davvero di produrla in te, questa sensazione: una miscela di relax ed eccitazione, di appagamento senza stress e turismo frenetico, quella fusione particolare di servilismo e condiscendenza che viene propagandata attraverso tutte le forme del verbo viziare. Le brochure delle megacompagnie sono addirittura tempestate da questo verbo: «...come non vi hanno mai viziati prima», «...a viziarvi nelle nostre jacuzzi e saune», «Lasciatevi viziare», «Fatevi viziare dai caldi zeffiri delle Bahamas».
Il fatto che gli americani adulti degli anni Novanta tendano ad associare la parola pamper, «viziare», a un particolare prodotto di consumo non è casuale, non credo, e la connotazione non si perde in queste megacompagnie di massa e nelle loro pubblicità. E se ripetono e sottolineano di continuo questa parola, avranno le loro buone ragioni.
page_no="12"
3. Nessun burlone farebbe a meno di ribattezzarla mentalmente Nadir nel momento stesso in cui sulla brochure della Celebrity legge lo stupidissimo nome Zenith, così concedetemi di farlo anch’io, ma il fatto che l’abbia ribattezzata non vuol dire che abbia qualcosa contro la nave.
4. Ci sono anche le compagnie Windstar e Silversea, Tall Ship Adventures e Windjammer Barefoot, ma sono esageratamente aristocratiche e usano imbarcazioni più piccole. Le venti e più compagnie di crociera di cui parlo usano le «meganavi», vere e proprie torte nuziali galleggianti, numero di passeggeri a quattro cifre e motori a elica grandi quanto una filiale di banca. Tra le megacompagnie che operano a sud della Florida ci sono la Commodore, la Costa, la Majesty, la Regal, la Dolphin, la Princess, la Royal Caribbean e la cara vecchia Celebrity. Poi ci sono la Renaissance, la Royal Cruise Line, la Holland, la Holland America, la Cunard, la Cunard Crown, la Cunard Royal Viking. C’è la Norwegian Cruise Line, c’è la Crystal, c’è la Regency. C’è il discount delle crociere, la Carnival, che le altre compagnie qualche volta chiamano la «Carnivore». Non riesco a ricordarmi a quale compagnia apparteneva la Pacific Princess di Love Boat (probabilmente, però, faceva la rotta California-Hawaii, anche se mi sembra di ricordare che andasse un po’ ovunque), ma ora la Princess ne ha acquisito il marchio e usa il povero vecchio Gavin MacLeod in alta uniforme per gli spot in televisione.
La nave da crociera extralusso 7NC è un tipo, un genere di nave tutto particolare, come il cacciatorpediniere. Tutte le megacompagnie hanno più di una nave. L’industria nasce da quei vecchi affari transatlantici tra nobili dove l’opulenza si fondeva con necessità reali di raggiungere delle mete – vedi il Titanic, la Normandie, eccetera. Le diverse nicchie di mercato della crociera nei Caraibi – single, persone anziane, serate a tema, interessi particolari, viaggi premio delle società, festeggiamenti, famiglie, vacanze di massa, lusso, lusso assurdo, lusso grottesco – sono ormai ben fisse e delineate e oggetto di una competizione ai limiti della perversione (sullo scontro tra Carnival e Princess, a registratore spento, mi hanno detto cose da far accapponare la pelle). Si preferisce progettare le meganavi in America, costruirle in Germania e immatricolarle in Liberia; e sia i capitani sia i proprietari sono per la maggior parte scandinavi o greci, e questo è interessante, visto che sono gli stessi popoli che dominano i mari più o meno da sempre. La Celebrity è di proprietà del gruppo Chandris; la X che campeggia sulle ciminiere delle tre navi ho scoperto che non è una X, ma una chi greca, che sta per Chandris, una famiglia greca di tradizione marittima così antica e potente che, pare, considera Onassis un poveraccio.

3
/

C’è un episodio che ha fatto notizia a Chicago. Qualche settimana prima che mi sottoponessi alla crociera extralusso, un ragazzo di sedici anni fece un capitombolo dal ponte più alto di una meganave – mi pare della Carnival o della Crystal: un suicidio. Secondo il tg si trattava di pene d’amore adolescenziali, una di quelle romantiche storie che nascono in crociera e finiscono male, eccetera. Secondo me c’era qualcos’altro sotto, qualcosa che nessun servizio del telegiornale sarà mai in grado di raccontare.
In queste crociere extralusso di massa c’è qualcosa di insopportabilmente triste. Come la maggior parte delle cose insopportabilmente tristi, sembra che abbia cause inafferrabili e complicate ed effetti semplicissimi: a bordo della Nadir – soprattutto la notte, quando il divertimento organizzato, le rassicurazioni e il rumore dell’allegria cessavano – io mi sentivo disperato. Ormai è una parola abusata e banale, disperato, ma è una parola seria, e la sto usando seriamente. Per me indica una semplice combinazione – uno strano desiderio di morte, mescolato a un disarmante senso di piccolezza e futilità che si presenta come paura della morte. Forse si avvicina a quello che la gente chiama terrore o angoscia. Ma non è neanche questo. È più come avere il desiderio di morire per sfuggire alla sensazione insopportabile di prendere coscienza di quanto si è piccoli e deboli ed egoisti e destinati senza alcun dubbio alla morte. E viene voglia di buttarsi giù dalla nave.
Sono sicuro che questa parte verrà tagliata, ma credo sia necessario partire da lontano. Io, che prima di questa crociera, si può dire, non ero mai stato sull’oceano, ho sempre associato l’oceano al terrore e alla morte. Quand’ero piccolo imparavo a memoria tutti i dati delle morti violente causate dagli squali. Non gli attacchi. Le morti violente. Albert Kogler a Baker’s Beach in California nel 1959 (squalo bianco gigante); il banchetto della Indianapolis nelle Filippine nel 1945 (molte specie diverse, gli esperti pensano soprattutto squali-tigre e squali blu);5 la serie di incidenti con più morti attribuiti a un singolo squalo nell’area Matawan/ Spring Lake, New Jersey, nel 1916 (ancora uno squalo bianco gigante; questa volta catturarono un carcharias nella Raritan Bay con resti umani in gastro (e mi ricordo quali resti e di chi)). A scuola sono arrivato al punto di scrivere tre relazioni sul capitolo «Il naufrago» di Moby Dick, che è il capitolo dove Pip il mozzo cade in mare e impazzisce per l’immenso vuoto in cui si ritrova a galleggiare. E ora che insegno, parlo sempre della storia orribile di «The Open Boat» di Crane, e rimango molto deluso quando i ragazzi trovano il racconto noioso o semmai del genere avventuroso-brillante: voglio che provino lo stesso terrore oceanico a livello spinale che ho sempre provato io, la percezione del mare come un nada primordiale, senza fondo – abissi popolati da esseri con denti affilati che risalgono verso di te alla velocità di una piuma che cade. Insomma, di qui il mio atavico feticismo per gli squali – che, devo ammettere, è tornato alla carica con un desiderio di vendetta a lungo represso, durante questa crociera extralusso6 – e per questo ho fatto tanto di quel casino per quell’unica (presunta) pinna dorsale che ho visto giù a dritta, che i miei compagni del tavolo 64 alla fine mi hanno dovuto dire, con il massimo tatto, di farla finita con questa storia della pinna.
Non penso sia un caso che le crociere extralusso 7NC attraggono perlopiù persone anziane. Non parlo di vecchi decrepiti, parlo di persone sopra i cinquant’anni, per le quali sentirsi mortali è qualcosa di più di un’astrazione. La maggior parte dei corpi in mostra che si potevano incontrare a tutte le ore del giorno sulla Nadir erano in vari stadi di decomposizione. E l’oceano stesso (che ho trovato salato come l’inferno, come un collutorio per il mal di gola; e il suo spruzzo era c...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. 1
  3. 2
  4. 3
  5. 4
  6. 5
  7. 6
  8. 7
  9. 8
  10. 9
  11. 10
  12. 11
  13. 12
  14. 13