1. COS'È UNO SCRITTORE,
E CHE COSA FA
Posso riassumere tutte le mie idee sulla scrittura in una sola frase: un autore dovrebbe scrivere per i giovani della sua generazione, per i critici di quella successiva e per i professori di tutti i tempi a venire.
alla Convention dei librai, 1920
Lettere
Non smetto di pensare alla prefazione di Conrad al Negro del Narciso, e credo che l’importante in un’opera di narrativa sia questo: la reazione dev’essere profonda e duratura. Se il finale di questo mio libro [Tenera è la notte] non è efficace, mi piacerebbe pensare che l’effetto si faccia sentire molto più tardi, quando il lettore, e già da tempo, avrà dimenticato il nome dell’autore.
a John Peale Bishop,
scrittore e amico di Fitzgerald, 1934
Lettere
Dalla prefazione di Conrad al Negro [del Narciso] ho tratto la teoria secondo la quale il fine di un’opera narrativa è quello di stimolare, nella mente del lettore, effetti lenti ma duraturi; a differenza, per esempio, dell’oratoria o della filosofia, il cui scopo è lasciarti in una disposizione d’animo, rispettivamente, combattiva o meditabonda.
a Ernest Hemingway, 1934
Lettere
Non si scrive un romanzo, o almeno non lo si inizia, con l’idea di costruire un sistema filosofico definitivo.
a John Peale Bishop, 1929
Lettere
Un’affinità fra noi tre, come scrittori, è nello sforzo, che trapela di pagina in pagina nella nostra narrativa, di far rivivere l’esatta atmosfera di un momento nello spazio e nel tempo, incarnata nelle persone più che nelle cose; uno sforzo, direi, per compiere ciò che Wordsworth stava cercando di fare, e non ciò che Keats fece, con la sua magnifica disinvoltura; il tentativo del ricordo maturo di un’esperienza profonda.
a Max Perkins,
direttore editoriale della Scribner’s,
su Hemingway, Wolfe e se stesso, 1934
Lettere
Quasi tutto ciò che scrivo va a imprimersi, nel bene o nel male, nel subconscio del lettore. Mi è capitato che qualcuno mi raccontasse, anni dopo, storie come «Il caso singolare di Benjamin Button» sotto la forma di un aneddoto, avendo scordato da tempo chi ne fosse l’autore. Questa, probabilmente, è la cosa più presuntuosa che abbia mai messo per iscritto, o addirittura detto, a proposito della mia opera.
a Margaret Case Harriman, 1935
Lettere
Scrivere bene è sempre nuotare sott’acqua e trattenere il fiato.
L’età del jazz e altri scritti
Che sia qualcosa successo vent’anni fa o soltanto ieri, all’origine di tutto ci dev’essere un’emozione; un’emozione che mi tocchi da vicino e che io possa capire.
Crepuscolo di uno scrittore
Raccontare cose estreme come se fossero normali ti inizierà all’arte della narrativa.
L’età del jazz e altri scritti
Joseph Conrad ha definito tutto questo in modo più chiaro e vivido di quanto nessuno mai abbia fatto nel nostro tempo: «Il mio compito è quello di farvi sentire e toccare, grazie al potere della parola scritta; è, innanzitutto, quello di farvi vedere».
Non è molto difficile tornare su una cosa e ricominciare daccapo, specialmente in privato. Ma ciò cui aspiri è correre un paio di buone gare mentre il pubblico, in tribuna, sta a guardarti.
Crepuscolo di uno scrittore
«Scrivere, sai, è un trucco della mente e del cuore, fatto di tante emozioni distinte quante sono le mosse di un gioco di prestigio. Una volta imparato, le dimentichi...»
«E tu, quand’hai imparato?»
«Oh, ogni volta che mi ci metto devo ricominciare daccapo, in un certo senso. Ma il mistero del perché, quello, è qui dentro: perché ho scelto questo mestiere tremendo (giornate a tavolino, notti insonni, perenne insoddisfazione), perché lo sceglierei ancora».
Crepuscolo di uno scrittore
Le storie fondamentali di ogni tempo sono due: Cenerentola e Pollicino. Il fascino delle donne e il coraggio degli uomini.
L’età del jazz e altri scritti
Il pubblico, avendone abbastanza di essere preso in giro, è tornato ai suoi inglesi, alle sue memorie, ai suoi profeti. Dei giovani talenti, alcuni tengono conferenze qua e là, altri scrivono per la pagnotta... C’è anche chi ha abbandonato del tutto la letteratura.
Non hanno mai capito abbastanza che il materiale narrativo, per quanto osservato da vicino, è inafferrabile come il momento stesso in cui si è manifestato, a meno che non sia purificato da uno stile incorruttibile e dalla catarsi di un’emozione ardente.
Crepuscolo di uno scrittore
C’è un terzo articolo che completa la trilogia della depressione [la serie dell’Età del jazz]. Naturalmente, ora che le cose paiono andare un po’ meglio, o che l’intensità della disperazione, almeno, sta sfumando, mi accorgo che l’aver scritto quegli articoli è stata una specie di catarsi; ma mentre li scrivevo ciò che dicevo sembrava assolutamente reale. [...]
Mi rendo conto, anche, che un critico ostile potrebbe stroncarli come il piagnucolio di un bambino viziato. Ma se è per questo anche la poesia, perlopiù, è il lamento di quella parte eternamente giovane che persiste nello scrittore, e soltanto il fatto che i miei articoli sono in prosa li distingue da tanti brontolii di Shelley, Stephen Crane e Verlaine.
Non sto paragonando la qualità di queste mie cose con la grande poesia della lamentazione. Sto solo dicendo che, quanto allo stato d’animo, non sono fondamentalmente diverse.
a Julian Street, 1936
Lettere
«Ritiene di far parte... di far parte, diciamo... della grande tradizione letteraria?», ho chiesto timidamente.
«Non esiste grande tradizione letteraria... L’unica tradizione è la morte futura di ogni tradizione letteraria. In letteratura, il figlio saggio uccide il proprio padre».
In His Own Time
È immorale tutto ciò che conforta, stimola o corrobora una stortura. Qualsiasi cosa agisca al posto della naturale volontà di vivere è immorale. Qualunque divertimento a buon mercato diventa, alla fin fine, immorale, come una droga dell’anima.
In His Own Time
«Questa, in ogni caso, è fra le cose più belle della letteratura: scopri che i tuoi desideri sono universali, che non sei solo, che non sei isolato da nessuno. Sei parte di».
a Sheilah Graham, 1938
Beloved Infidel
Mi hai chiesto che ne penso in merito: se in arte sia più grande dare origine a una nuova forma o perfezionarla. La migliore risposta è quella che Picasso fornì, piuttosto infastidito, a Gertrude Stein: «Fai una cosa per primo, poi arriva un altro e la fa come si deve».
Nell’opinione di ogni vero artista l’inventore, per esempio un Giotto o un Leonardo, è immensamente superiore all’impeccabile Tintoretto, e l’originale D.H. Lawrence è infinitamente più grande degli Steinbeck.
alla figlia, Frances Scott Fitzgerald, 1940
Lettere
«Non è che Dick [Richard Caramel, personaggio dello sc...