Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura
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Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura

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Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto. Riflessioni sulla scrittura

Informazioni su questo libro

Le difficoltà e le gioie del suo processo creativo; le tecniche narrative; i consigli ad amici scrittori impegnati nella stesura dei loro libri; i giudizi sull'opera di colleghi illustri, da Proust a Joyce, da Jane Austen a Dostoevskij: Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto ci conduce per mano nel laboratorio di Virginia Woolf. Il curatore ha estratto dal suo epistolario una serie di citazioni e di brevi passi, tutti dominati dalla volontà di distaccarsi dal proprio mestiere per rimetterlo in prospettiva, e riprendere la scrittura con rinnovata consapevolezza. Un compendio prezioso e illuminante non solo per gli appassionati e gli studiosi della Woolf, ma anche per gli aspiranti scrittori e gli amanti della grande letteratura.

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Informazioni

Seconda parte

Virginia Woolf: la donna,
la scrittrice, la critica

1
/
«Pensare in modo puramente letterario»
La vita da scrittrice e la personalità

Rapporti umani
Oh, quando questo libro sarà finito (o stracciato) non farò altro che vedere i miei amici. Desidero fortemente tornare ai rapporti umani.
A Ethel Smyth, 26 agosto 1936
Un dilemma ricorrente
Non credo tu abbia ragione o torto sulle Onde: non esistono due persone al mondo che abbiano la stessa opinione a riguardo. E, per quanto ne sappia io, potrei essere più brava come critica, come dici tu, che come scrittrice. Ma è comunque troppo tardi per cambiare; e in questo, come in altre cose, seguo il mio umore – il quale mi ricorda che... sto per andare a una festa a Londra! Devo assolutamente vedere della gente dopo dieci giorni di solitudine; poi tornerò ai libri, poi ancora di corsa in società. Cosa è meglio? Di cosa ho più bisogno? Che Dio mi aiuti, non saprei... è sempre un dilemma per me, da sempre.
A Ethel Smyth, 1o gennaio 1933
La mia voce
È sciocco: ma è un dato di fatto, ciò che voglio è una breve chiacchierata: voi pittori, suppongo, non arrivate mai a detestare il suono della vostra voce, come accade a me con la mia. Vorrei scrivere con lo stile di qualcun altro, una volta tanto.
A Roger Fry, 22 settembre 1924
Ingoiare il proprio libro
Pensa di scrivere un libro intero per ingoiarlo di nuovo fino a spingerlo giù nelle viscere! Che metafora disgustosa: il risultato di tre ore di chiacchiere con Ethel Smyth.
A Dora Carrington, 18 gennaio 1932
Spedire i propri libri
Vuoi davvero un’altra copia delle Onde? Se è così, non hai che da alzare il mignolo della mano sinistra e te ne manderò una (sono un po’ reticente a inviare i miei libri alla gente: in questo modo si sentiranno costretti a dire che li hanno amati; e dunque non li spedisco, a meno che non mi sia richiesto).
A Hugh Walpole, 28 febbraio 1932
Lettere
Sono un disastro, lo so. Ma più adoro ricevere lettere, più odio scriverle.
A Hugh Walpole, 17 agosto 1932
Le reazioni degli amici alla pubblicazione
Notte e giorno uscirà a breve [...] non sono nervosa; a nessuno importa nulla di ciò che si scrive, e i romanzi, nella migliore delle ipotesi, sono dei mostri goffi e agonizzanti; ma santo cielo, sarà una tale noia! Tutti gli amici pensano di dover dire qualcosa; il vecchio Bob Trevelyan, agitato, dirà ovviamente la cosa sbagliata; quando mi fanno i complimenti, non so mai cosa dire; e anche quando non me li fanno... beh, non è proprio esaltante.
A Katherine Arnold-Forster, 9 ottobre 1919
Scrivere introduzioni
Gentile Sig. Cape, grazie molte per la sua lettera e per invitarmi a scrivere la prefazione di un libro di Jane Austen. Mi duole dover rifiutare ancora, ma in verità non m’interessa scrivere prefazioni, è un esercizio molto difficile per me.
A Jonathan Cape, 14 febbraio 1932
Umiltà
Mio caro Kot, ti mando il libro su Dostoevskij insieme a questa lettera. Credo sia un documento estremamente interessante. Ma non credo davvero di poter scrivere un’introduzione, perché per riuscire a dire qualcosa di rilevante su queste annotazioni si dovrebbe andare a fondo nella questione della scrittura di un romanzo, e di tutto ciò che ruota intorno alla psicologia del Dostoevskij scrittore. Sento di non conoscerlo abbastanza. Come autore è un caso talmente straordinario che mi sentirei sciocca ad azzardare ipotesi su di lui; dovrei pensarci davvero molto. E sento che alla fine non direi comunque nulla di interessante, perché i problemi che egli solleva sono molto complessi. A dire il vero non capisco perché ci sia bisogno di un’introduzione. Chiunque lo legga deve già essere un appassionato di Dostoevskij e, esattamente come me, proverebbe fastidio per l’intrusione [...] Non credo nell’attirare l’attenzione utilizzando un nome molto conosciuto: quello attira solo gli snob, e irrita le altre persone.
A S.S. Koteliansky, 21 agosto 1933
Un libro dovrebbe reggersi sulle proprie gambe
Gentile signora Easdale, mi fa molto piacere sapere che ha scritto la sua autobiografia [...], la mia personale sensazione è che sia molto meglio non avere una prefazione altrui. Quando anni fa Bernard Shaw si disse disposto a scrivere una prefazione a un libro di mio marito, rifiutammo; perché se un libro è degno di essere pubblicato, è meglio che si regga sulle proprie gambe. Sono sempre turbata quando sono messa io stessa nella condizione di «introdurmi» nel libro di un altro scrittore. E inoltre, un nome famoso implica che tutta l’attenzione andrà all’introduzione e non al libro. Sono sicura che il suo libro non abbia bisogno delle lodi di qualcun altro.
Alla signora Easdale, 8 gennaio 1935
Rifiutare di fare conferenze
Questa mattina ho ricevuto nientemeno che una lettera dal Rettore del Trinity College in persona: mi chiede di partecipare alle Clark Lectures54 il prossimo anno. Già, proprio così: ma non accetterò; solo all’idea di scrivere sei interventi e dover stare in piedi su un podio a questo stadio della mia vita... Certamente lo dirò in giro più che posso, ma in modo molto informale e casuale, per poi
cambiare subito discorso. A dire il vero, visto che una
volta vi ha partecipato anche Desmond [MacCarthy], l’onore non è così travolgente, nemmeno per una vanitosa come me!
A Clive Bell, 29 febbraio 1932
La luce dei riflettori e la luce del crepuscolo
E la mia avversione per queste apparizioni in pubblico non è fasulla, davvero; la pubblicità che ho è già troppo per me; non che io sia modesta, tutt’altro. Ma la luce dei riflettori non fa per me: la luce in cui lavoro al meglio è quella del crepuscolo.
A Ethel Smyth, 31 agosto 1932
Fare conferenze non è nelle mie corde
Carissimo Herbert, è davvero generoso da parte della English Association chiedermi di parlare. Vorrei poterlo fare. Ma sono giunta alla conclusione che fare conferenze non è nelle mie corde, e ho smesso di provarci – persino in circostanze così lusinghiere come queste. Perciò temo di dover rifiutare.
A H.A.L. Fisher, 6 gennaio 1935
Il mio cervello
Il mio cervello è un motore che funziona solo dieci minuti alla volta.
A Vita Sackville-West, 29 giugno 1936
Un’infinità di metafore nel cervello
La febbre è passata e mi ha lasciato un senso di serenità: inizio persino a sentire il fluire della corrente che torna a smuovere il canneto. Perdonami le metafore: affluiscono in gran numero quando sono supina, non riesco a metterle a tacere, se ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Introduzione di Federico Sabatini
  3. Spegnere le luci e guardare il mondo di tanto in tanto
  4. Prima parte | L’arte e il processo della scrittura
  5. Seconda parte | Virginia Woolf: la donna, la scrittrice, la critica