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Informazioni su questo libro

Il volume contiene una ricognizione sistematica,costellata di riferimenti casistici e spunti operativi, dell’area di responsabilità ex d.lgs. n. 231/01 delle fashion companies, con speciale riferimento agli illeciti che attingono i diritti di proprietà industriale.
Tratteggiata la disciplina generale della responsabilità punitiva delle persone giuridi­che, e ricostruita la fisionomia in action dei reati che colpiscono l’abuso di marchi e l’imitazione servile di prodotti, viene proposto, a partire dalle linee guida di alcune as­sociazioni di categoria, un ventaglio di possibili contromisure organizzative articolate per tipologie di rischio.
Il tutto, tenendo conto della tendenza ad autonomizzare-espandere la responsabilità degli enti per i fatti di contraffazione e pirateria, e con lo scopo di offrire agli opera­tori della moda uno strumento utile non solo a sabotare attacchi di concorrenti sleali estranei, ma anche, e soprattutto, a contenere il rischio di patire sanzioni capitali per l’attività di intranei aziendali.

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Informazioni

Anno
2020
Print ISBN
9788833791623
eBook ISBN
9788833792156
Argomento
Business

1. LA RESPONSABILITÀ “PENALE” DELLE PERSONE GIURIDICHE

Lucio Maria Brunozzi e Carlo Fiorio
SOMMARIO: SEZIONE I. IL DIRITTO SOSTANZIALE. - 1.1. La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche -– 1.2. I destinatari del Decreto. – 1.2.1. (Segue): i gruppi di imprese. – 1.3. I criteri di imputazione della responsabilità amministrativa: i reati presupposto. – 1.3.1. (Segue): i reati tributari. – 1.3.2 - (Segue): presupposti oggettivi e “colpa di organizzazione”. – 1.4. (Segue): i delitti tentati. -– 1.5. Responsabilità amministrativa dell’ente e vicende modificative. – 1.6. Il sistema sanzionatorio. – 1.7. Il modello organizzativo quale esimente della responsabilità amministrativa. – 1.8. La disciplina del whistleblowing. SEZIONE II. IL PROCESSO ALLE SOCIETÀ. - 1.9. Generalità. - 1.10. Indagini preliminari. - 1.11. Misure cautelari. - 1.12. Procedimenti speciali. - 1.13. Giudizio ordinario. - 1.13.1 (Segue): dibattimento e prove. - 1.13.2. (Segue): impugnazioni. - 1.14. Esecuzione.

SEZIONE I
IL DIRITTO SOSTANZIALE

1.1. La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche

Il Decreto legislativo 8 giugno 2001 n. 231 (d’ora innanzi, per brevità, il “Decreto”) ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano, in attuazione della leggedelega 29 settembre 2000 n. 300, a sua volta emanata sulla scorta di plurimi provvedimenti sovranazionali1, una disciplina per la «responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica» (d’ora innanzi, per brevità, “l’Ente”/“gli Enti”).
Il Decreto ha, in tal modo, istituito una nuova tipologia di responsabilità, ascrivibile agli Enti riconosciuti e non riconosciuti, ma non riferibile «allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici, nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale» (art. 1, comma 3, del Decreto).
La natura della responsabilità dell’Ente viene dal Decreto definita “amministrativa”, anche se, nella sostanza, essa prefigura un paradigma di imputazione di nuova generazione, compatibile con i principi costituzionali di responsabilità per fatto proprio e di colpevolezza e, comunque, per molti tratti assimilabile a quello di matrice penale. Suggeriscono una simile conclusione le prerogative di cognizione attribuite in materia al giudice penale e l’applicabilità della normativa processualpenalistica al procedimento per l’accertamento dell’illecito de societate e per l’irrogazione delle relative sanzioni2.
Relazione al Decreto, in Dir. giust., 2001, n. 20, 20: La Responsabilità amministrativa dell’ente - 1.1 La natura giuridica della responsabilità: «Tale responsabilità, poiché conseguente da reato e legata (per espressa volontà della legge delega) alle garanzie del processo penale, diverge in non pochi punti dal paradigma di illecito amministrativo ormai classicamente desunto dalla L. 689 del 1981. Con la conseguenza di dar luogo alla nascita di un tertium genus che coniuga i tratti essenziali del sistema penale e di quello amministrativo nel tentativo di contemperare le ragioni dell’efficacia preventiva con quelle, ancor più ineludibili, della massima garanzia».
Più precisamente, il Decreto definisce la predetta responsabilità quale «responsabilità degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato» (art. 1, comma 1, del Decreto), ancorandone la configurabilità ad un novero di presupposti rigidamente predefiniti.

1.2. I destinatari del Decreto.

Nel conferire apposita delega al Governo, il Parlamento aveva individuato, quali destinatari della normativa di futura emanazione, le persone giuridiche e le società, le associazioni e gli enti privi di personalità giuridica che non svolgono funzioni di rilievo costituzionale (art. 11, comma 1 della l. n. 300 del 2000), specificando che «per persone giuridiche si intendono gli enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato e gli altri enti pubblici che esercitano pubblici poteri». Il legislatore delegato ha perciò tradotto le indicazioni del delegante nell’art. 1 del Decreto, stabilendo che le disposizioni in esso codificate «si applicano agli enti forniti di personalità giuridica e alle società e associazioni anche prive di personalità giuridica» (comma 2), mentre «non si applicano allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici, nonché agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale» (comma 3).
Destinatari della normativa in questione, pertanto, sono non solo tutte le persone giuridiche private (associazioni, fondazioni e istituzioni di carattere privato, società di capitali e cooperative), ma anche gli enti (privati) sprovvisti di personalità giuridica quali le società a base personale (ad esempio, le società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice, nonché quelle di fatto e “irregolari”) e le associazioni non riconosciute.
L’utilizzazione della formula «società e associazioni anche prive di personalità giuridica» (art. 1, comma 2) è volta a circoscrivere l’applicazione delle disposizioni del Decreto agli enti contrassegnati da un’apprezzabile complessità organizzativa, indice suscettibile di differenziare questi ultimi dalla persona fisica autrice del reato e di porre al riparo dalla responsabilità amministrativa le realtà economiche che costituiscono – per così dire – una semplice “proiezione” del singolo soggetto fisico3. In tale ottica, la giurisprudenza ad oggi prevalente esclude dalla sottoposizione alla normativa in questione l’imprenditore individuale4, così come l’impresa familiare e le associazioni in partecipazione.
Un’ulteriore delimitazione del perimetro della responsabilità amministrativa concerne gli enti che esercitano pubblici poteri e riguarda lo Stato, gli enti (pubblici) territoriali, gli enti (pubblici) non economici e gli altri enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (art. 1, comma 3); supportata dal parametro di selezione del «movente economico», la scelta legislativa prefigura una esenzione dalla responsabilità in questione sia a favore degli enti che, pur avvalendosi di istituti di diritto privato, erogano un servizio pubblico senza intenti di lucro (si pensi alle aziende ospedaliere e alle università pubbliche), sia per quelli che, in quanto veicoli della sovranità e/o partecipazione popolare alla vita democratica, devono godere di una libertà d’azione per natura incompatibile con i possibili abusi dello strumento della responsabilità da reato (partiti politici, sindacati).
Di contro, lo statuto di “economicità” dell’ente – desumibile dalla coesistenza di finalità pubblicistiche con quelle lucrative – preclude l’operatività della clausola di esclusione (ex art. 1, comma 3 del Decreto): il pensiero corre, in questo caso, a realtà a soggettività privata che svolgono un pubblico servizio in regime di concessione ovvero a società per azioni che espletino funzioni di rilevanza costituzionale pur operando nel rispetto di criteri di economicità5.
A queste realtà si sono recentemente aggiunte le società in controllo pubblico, relativamente alle quali l’A.N.A.C. impone l’adozione di un modello organizzativo “231”6, inclusivo delle misure anticorruzione declinate dalla legge 190 del 2012 e successive modificazioni.

1.2.1. (Segue): i gruppi di imprese.

Il fenomeno dei gruppi societari rappresenta in Italia una soluzione organizzativa diffusa, tuttavia il Decreto non affronta espressamente gli aspetti connessi alla responsabilità dell’ente appartenente a tali realtà complesse, lasciando una lacuna che la giurisprudenza tenta di colmare da tempo.
Per avere informazioni sulla responsabilità amministrativa e sull’adozione dei modelli organizzativi nel contesto dei gruppi societari, si può fare riferimento alle Linee-guida di Confindustria, aggiornate nel 2014.
Si afferma, infatti, che benché manchi una «disciplina generale del gruppo, esistono tuttavia alcuni indici normativi, quali il controllo e il collegamento (art. 2359 c.c.) e la direzione e coordinamento (art. 2497 c.c.) di società, che confermano la rilevanza del fenomeno delle imprese organizzate in forma di gruppo»7.
L’ordinamento giuridico, tuttavia, «considera unitariamente il gruppo» solo nella prospettiva economica, mentre dal punto di vista strettamente normativo esso risulta privo di autonoma capacità giuridica e costituisce un raggruppamento di enti dotati di singole e distinte soggettività giuridiche. E dunque, non essendo un ente, un gruppo «non può considerarsi diretto centro di imputazione della responsabilità da reato e non è inquadrabile tra i soggetti indicati dell’art. 1 del decreto 231»: non si può quindi in alcun modo affermare una esplicita responsabilità diretta del gruppo ai sensi del Decreto.
Tuttavia gli enti che compongono il gruppo possono rispondere in dipendenza dei reati commessi nello svolgimento dell’attività di impresa. Sicché, è più corretto interrogarsi sulla responsabilità da reato nel gruppo. E come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, «la responsabilità della capogruppo o di una controllata non può discendere dalla mera presunzione di coincidenza dell’interesse di gruppo con quello delle singole società, dovendosi verificare in concreto la sussistenza di un interesse o di un vantaggio della holding o di altra società del gruppo»8.
Pertanto «qualora il reato presupposto sia stato commesso da una società facente parte di un gruppo o di una aggregazione di imprese, la responsabilità può estendersi alle società collegate solo a condizione che all’interesse o vantaggio di una società si accompagni anche quello concorrente di altra società e la persona fisica autrice del reato presupposto sia in possesso della qualifica soggettiva necessaria, ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n.231 del 2001, ai fini della comune imputazione dell’illecito amministrativo da reato»9.

1.3. I criteri di imputazione della responsabilità amministrativa: i reati presupposto.

La responsabilità amministrativa sussiste soltanto per i reati tassativamente indicati nel Decreto e nella L. 16 marzo 2006, n. 146 con riferimento ai reati c.d. “transnazionali” (art. 10)10. In proposito, dal momento dell’introduzione della responsabilità in questione, si è assistito ad un progressivo ampliamento del perimetro di applicazione del...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. PREFAZIONE
  6. 1. LA RESPONSABILITÀ “PENALE” DELLE PERSONE GIURIDICHE
  7. 2. FASHION CRIMINAL LAW E RESPONSABILITÀ DEGLI ENTI COLLETTIVI
  8. 3. LINEE GUIDA DELLE ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA E SPUNTI CAUTELATIVI DI MATRICE EUROPEA
  9. 4. RISCHIO-ILLICEITÀ PENALE INDUSTRIALE E MISURE DI COMPLIANCE