Diplomacy and the Aristocracy as Patrons of Music and Theatre in the Europe of the Ancien Régime
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Diplomacy and the Aristocracy as Patrons of Music and Theatre in the Europe of the Ancien Régime

  1. 546 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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Diplomacy and the Aristocracy as Patrons of Music and Theatre in the Europe of the Ancien Régime

Informazioni su questo libro

This volume explores the dense networks created by diplomatic relationships between European courts and aristocratic households in the early modern age, with the emphasis on celebratory events and the circulation of theatrical plots and practitioners promoted by political and diplomatic connections. The offices of plenipotentiary ministers were often outposts providing useful information about cultural life in foreign countries. Sometimes the artistic strategies defined through the exchanges of couriers were destined to leave a legacy in the history of arts, especially of music and theatre. Ministers favored or promoted careers, described or made pieces of repertoire available to new audiences, and even supported practitioners in their difficult travels by planning profitable tours. They stood behind extraordinary artists and protected many stage performers with their authority, while carefully observing and transmitting precious information about the cultural and musical life of the countries where they resided.

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PART I

THE POLITICAL AND DIPLOMATIC
DIMENSIONS OF MUSIC CULTURE’S
PROTECTIONISM IN
SEVENTEENTH- AND EIGHTEENTH-
CENTURY EUROPE

«…UND MIT DER PROTEKTION […] WIRD ER, SO HOFFE ICH, ALLEN BEISTAND FINDEN». MECCANISMI E PROTEZIONISMO: «VIAGGIATORI» STRANIERI…

HELEN GEYER

Ho scelto un commento di Gluck, formulato prima della presentazione delle sue opere a Parigi, ispirato a una viva speranza nel protettorato da parte di persone potenti ed influenti che avrebbe dovuto facilitare l’inserimento di un artista/compositore/interprete in un ambiente straniero con reti sociali poco conosciute; dunque un rischio, come Parigi risultava in realtà per molti. Infatti la città fu vista sempre come un luogo rischioso, ed anche Wagner si sarebbe espresso in modo simile al riguardo.
La riflessione sugli scambi e le migrazioni, l’attenzione al fenomeno dello «straniero» e ai sistemi di sostegno, che ovviamente offrono una certa sicurezza, ci permettono di individuare diversi livelli di interazione.1
Resta l’auspicio di una ricerca più sistematica su tali problemi, sulle mediazioni e sui meccanismi che sorreggevano il sistema.
Di certo non mi sento in grado di offrire una sistematizzazione conclusiva in questa occasione; vorrei però almeno indicare alcuni modelli generici,2 senza basarmi su casi molto particolari – solo come pars pro totis. Cerco di riflettere su questo puzzle di osservazioni, pubblicate negli ultimi due decenni, culminate nel volume Europäische Musiker in Venedig, Rom und Neapel.3 Questo lavoro meritevole è come un riassunto eccezionale (e non l’unico!) d’una ricerca enorme, finanziata dalla Comunità Europea e dalla Deutsche Forschungsgemeinschaft.
I meccanismi di trasferimento – fenomeni di certo non solo europei – non riguardavano solo lo scambio tra Italia (le varie aree della penisola), Germania (le diverse regioni e stati tedeschi), Spagna, Portogallo, Polonia, Danimarca, etc., ma anche uno scambio molto più sottile. Il territorio finiva spesso dopo venti o cinquanta chilometri, e ogni viaggiatore si sarebbe trovato alla frontiera e dove si pagava la dogana, dove la giurisdizione cambiava, forse anche la religione, e da dove un musico di chiesa si sarebbe confrontato con un’altra tipologia di servizio religioso e altre disposizioni liturgiche, ed da dove, infine, si entrava nel territorio di un altro imperatore/sovrano.
Almeno fino a metà dell’Ottocento, per gran parte d’Europa, occorre non perdere di vista questa struttura politica molto complessa; quando si voleva viaggiare per lunghe distanze, per esempio dalla Germania all’Italia o in Francia, si dovevano attraversare molte frontiere. Sono da considerare queste molteplici differenze politiche: ci offrirebbero un quadro assai complesso sui viaggi in direzione Nord-Sud e viceversa, o Est-Ovest e viceversa.
Nonostante tutte le particolarità linguistiche locali si dovrebbero ulteriormente tener presenti le differenze fra territori quasi minuscoli che condividono una stessa lingua di base4 e quelli con altre lingue; ovvero quando si entrava in paesi di lingua italiana, tedesca, francese, etc. le diversità che non riguardavano solo le lingue regionali ma anche peculiarità culturali; un’ osservazione senz’altro scontata, ma con ricadute ad ampio raggio. L’«Italianità» implicava ad esempio anche l’eredità dell’antichità classica,5 romana ed in parte anche greca, almeno dal Rinascimento in poi; inoltre – visto che il Rinascimento era partito dalla penisola italiana, ed era poi stato esportato come modello culturale eminente al Nord, nello spazio transalpino, soprattutto tedesco, polacco, inglese, etc., e solo in parte in Francia, – non c’è da meravigliarsi che, almeno per un certo periodo, i viaggi in Italia e lo spostamento dall’Italia in altri paesi risultassero particolarmente attrattivi. D’altra parte c’è da osservare che gli itinerari e le destinazioni dei viaggi cambiavano; anche i Paesi Bassi, l’Inghilterra e di certo la Francia acquisirono una funzione educativa e turistica, almeno per il Grand Tour.
Quali sistemi o meccanismi è possibile ravvisare attraverso le molte ricerche che finora con tanto zelo e con tanti risultati stupefacenti si sono occupate di ricostruire e illustrare le circostanze e le modalità di trasferimenti e migrazioni?6
Se si riflette sul carattere internazionale delle cappelle e del repertorio fino al XVI secolo, nel Cinquecento stesso si può osservare un certo mutamento. Sebbene per esempio attraverso il repertorio si evinca un panorama complesso dell’internazionalità nella Germania centrale, nel corso degli anni fu netto lo slittamento verso l’italiano: vuol dire che già per la musica del tardo Cinquecento, quella italiana funzionò come modello esemplare, di moda e di ottimo gusto, anche dal punto di vista stilistico, popolare e colto. E il problema della confessione religiosa ebbe poca o nessuna importanza, poiché spesso una composizione molto popolare fu trasmessa in un componimento spirituale attraverso la contraffazione: ad esempio, un madrigale con testo originale erotico si ascoltava con un testo adattato per la chiesa.7
Inoltre il commercio di stampe e copie, sostenuto dalla curiosità per ogni forma di «nuovo», lo scambio assai veloce delle informazioni, e i contatti sempre più frequenti tra le persone fornivano un veicolo importantissimo per creare un certo senso di unità culturale europea, sebbene la rivalità delle corti, dei sovrani e del potere – e anche dei mercanti – fosse sempre presente.8
Tra questi fattori sociali cominciano ad apparire già quelli più importanti tra i tanti che caratterizzarono notevolmente il meccanismo della protezione per i musicisti viaggianti.
Di certo, com’è noto a noi tutti, il Grand Tour dei «Cavalieri» diventò, per qualche musicista/compositore, un’occasione per incontri politici, favoriti dalle cappelle musicali del sovrano o almeno da qualche musicista, come già dal Medioevo in poi è documentato: si trattava di un impulso fondamentale di scambi musicali – nel senso della scoperta di nuovi mondi, con conseguenze stilistiche per ogni personaggio coinvolto.
Spesso si rinunciava a questi viaggi in cambio di un posto fisso e prestigioso, come accadde nel caso di Carl Philipp Emanuel Bach, che preferì accettare nel 1738 il posto di cembalista nella cappella del Principe di Prussia – più tardi Re Federico II – (e grazie a questo incaricò – potè aspirare al ruolo di maestro di cappella), invece di far compagnia a un giovane nobile nel suo Grand Tour tra Inghilterra, Francia ed Italia.9
Il Grand Tour non costituì un sistema regolare di sostentamento per un musicista/compositore/cantore. Meditando sul sistema mecenatesco, dovremmo dapprima considerare che cosa potesse significare il fenomeno del mecenate all’epoca.
Infatti nella lingua tedesca il sistema mecenatesco è espressione moderna;10 una volta era descritto dalla parola medioevale milte, che voleva indicare nient’altro che una promozione per l’arte: chi la esercitava era visto come un patronus, un donatore di privilegi o il responsabile di una fondazione. Machiavelli ne Il Principe (1532) formula il principio di base, la generositas; ma questa generosità approdava spesso ad una certa dipendenza tra il beneficato e il donatore. Solo certi ambiti sociali erano in grado di offrire «generosità». Le preferenze, la cultura e la personalità del mecenate determinavano i modi e le forme in cui si manifestava questa «generosità».
Per la musica e le sue professioni (compositore, musicista, maestro di cappella), come per altri campi dell’arte, prevalse fino alla fine del Settecento un’idea di artigianato, non di genio. Ma già dal tardo Cinquecento il «dilettare» nel senso più alto del termine non era solo simbolo di alta cultura e di ricca formazione, ma indicava nei casi più rilevanti la creazione di «corti delle muse», come accadde ad esempio ad Asolo alla corte di Caterina Cornaro, a Firenze, a Lucca o a Mantova; e in Germania, nel castello di Beichlingen (vicino al Kölleda); a Weimar col Musenhof della duchessa Anna Amalia: famosissima attrazione culturale per il Classicismo tedesco ed il Romanticismo, dove si incontravano letterati come Goethe, Schiller, Herder, Wieland. Questo sistema di munificenza offriva libertà enormi, soprattutto ad artisti e intellettuali inclini a discutere idee e visioni nuove e a promuovere scambi intellettuali. Si trattava dunque d’un mecenatismo per lo più privato, che non intendeva mostrare il proprio prestigio e potere e incoraggiava invece la libertà creativa.
D’altra parte proprio l’esibizione di potere inteso come autorappresentazione attraverso la cultura e la produzione di eventi di alta qualità musicale da parte di patronati e sovrani e di esponenti del mondo ecclesiastico o dell’alta borghesia – spesso commercianti, se si pensa solo ai Fugger di Augusta – richiedeva che alcuni musicisti venissero mandati in viaggio in Europa, e per quel che ri...

Indice dei contenuti

  1. Cover
  2. Preliminary Matter
  3. Title
  4. Impressum
  5. CONTENTS
  6. Introduction: ISKRENA YORDANOVA – FRANCESCO COTTICELLI
  7. PART I: THE POLITICAL AND DIPLOMATIC DIMENSIONS OF MUSIC CULTURE’S PROTECTIONISM IN SEVENTEENTH- AND EIGHTEENTH-CENTURY EUROPE
  8. PART II: FLORENCE 1625 / VIENNA 1782: THE CROWN PRINCE’S GRAND TOUR AND ITS IMPACT ON MUSICAL CULTURE
  9. PART III: MILAN: MANAGING OPERA IN THE SECOND HALF OF THE SEVENTEENTH CENTURY
  10. PART IV: ROME: A STAGE FOR EUROPEAN DIPLOMACY
  11. PART V: THE PALATINATE (KURPFALZ): THE DYNASTIC AND DIPLOMATICAL STRATEGIES OF ELECTOR PHILIPP WILHELM AND HIS SON JOHANN WILHELM
  12. PART VI: LISBON: DIPLOMACY AND THE STAGE
  13. PART VII: NAPLES: THE CULTURAL ACTIVITIES OF SPANISH AMBASSADORS UNDER THE REIGN OF CARLO BORBONE AND HIS SON FERDINAND
  14. PART VIII: VENICE, DRESDEN, BERLIN, VIENNA: DIPLOMACY AND AESTHETIC DISCOURSE
  15. APPENDIX