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XIV
Aveva preso sonno sul far del giorno. Durante la notte, aveva formulato la lettera per il marito, va-gliando ogni parola, escludendo ogni frase di tenerezza per sé, di recriminazione per lui. S'era poi messa a immaginare la vita degli altri senza di lei, minutamente; il pianto, la disperazione della ma-dre e della sorella; il conforto ch'egli, il marito, sarebbe accorso a recare; il rammarico, la maraviglia dei conoscenti; il compianto... poi, con l'andar dei giorni, la calma desolata in cui il cordoglio s'asso-pisce; e man mano le strane piccole sorprese nel vedere, nel sentire che la vita ha seguito e segue tut-tavia il suo corso, e noi... noi con essa. I morti? I morti sono lontani...
Dopo due ore appena di sonno, si svegliò tranquillissima, come se l'animo avesse, durante il breve riposo, espulso la determinazione violenta. Né di questa calma si stupì: a lungo aveva pensato, a lun-go discusso, e aveva pensato specialmente ai suoi: nessun rimorso, dunque; era preparata, già pronta. Dopo colazione avrebbe scritto la lettera; ecco, e poi, verso sera, sarebbe uscita per impostarla con le proprie mani; e poi... poi non sarebbe ritornata più a casa. Ormai ogni difficoltà circa al modo di dar-si la morte le appariva puerile: si sarebbe recata in prossimità della stazione ferroviaria, e giù, col ca-po tra le ruote d'un treno; o alla spiaggia, per annegarsi in qualche punto deserto.
- Che bel tempo! - disse a Maria, uscendo dalla camera. - Avevo lasciato gli scuri accostati per sve-gliarmi appena fosse giorno... aspetta, aspetta: il giorno non spuntava mai...
Il cielo infatti era coperto e minaccioso, la prima volta, dopo tanta stagione serena.
Marta quel giorno fu dolcissima con la madre e con la sorella, in ogni parola, in ogni sguardo. Fu quasi allegra a tavola. Terminata la colazione, annunziò alla madre che avrebbe scritto al marito.
- Sì, figlia mia... Dio t'assista!
La madre era sicura che Marta accondiscendeva alla riconciliazione; e con Maria attese tranquilla al-le consuete faccende domestiche.
Nel pomeriggio il cielo s'incavernò: nubi gravide di temporale s'addensarono su la città , e si levò un gran vento. A ogni sbuffo, i vetri delle finestre, urtati con violenza, pareva dovessero fragorosamen-te cedere alla furia; e sù, la porticina del terrazzo sbatteva a quando a quando. Guizzò a un tratto, nella tetraggine, un lampo vivissimo e quasi contemporaneamente il tuono scoppiò squarciando l'aria con formidabile rimbombo. Marta cacciò un grido fuggendo dalla camera, e andò ad aggrapparsi al-la madre tremando a verga a verga pallida, convulsa.
- Hai avuto paura? - le disse la madre, carezzandole i capelli. - Vedi come sei nervosa? Che bambi-na!
- Sì, sì... - fece Marta, scossa da brividi che diventarono singhiozzi. - Non è possibile che scriva og-gi... Scriverò domani... Tremo tutta...
- Sta' qui con noi, - le consigliò Maria.
Star lì con loro, lì, in quella cucinetta raccolta, assaporando la vita familiare, chiusa, ristretta e santa, la vita che non era più per lei!
Aveva lacerato tanti e tanti fogli di carta: la lettera facilmente formulata nella delirante esaltazione della notte, le era parsa, sul punto di scriverla, quasi inconsistente. S'era messa a pensare per riformu-larla; invano!
lo spirito le rimaneva attonito; arido il cervello; e intanto il corpo smaniava sotto l'im-posizione della volontà .
Sentiva il corpo l'incombente minaccia del tempo, l'elettricità vibrante nell'a-ria, la violenza del vento, e gli occhi si erano volti a guardar fuori.
Si era veduta allora in preda a quel vento, lungo la spiaggia deserta, col mare mosso, rabbioso, urlante sotto gli occhi; si era veduta in cerca d'un luogo acconcio per buttarsi a quelle onde torbide, orrende, giù; e mentre con l'animo sospeso seguiva quasi i suoi passi fino all'ultimo, fino al punto di spiccare il salto, era guizzato un lampo, era scoppiato il tuono.
Un momento dopo, rideva istintivamente alle parole della madre e di Maria, che la calmavano, scherzando su la paura da lei avuta.
La sera precipitò orrenda su la città . Marta, la madre e Maria stavano raccolte a cena, quando una forte scampanellata alla porta fece loro a un tempo esclamare:
- Chi sarà a quest'ora?
Era donna Maria Rosa Juè, la quale entrò con le mani per aria, scotendo la testa e gridando:
- Signora mia! signora mia! Che ho da dirle! Cà pitano tutte a me! E che v'ho fatto, Signore Iddio, che v'ho fatto? Quella poveraccia, l'inquilina mia ai Benfratelli... Signora mia, sta per morire... Gesù! Gesù! Gesù! Muore lì, come una cagna, salvo il santo battesimo... Le ho mandato il medico a mie spese; le ho comprato le medicine: imposture, signora mia, che non servono a nulla, ma tanto perché non si dica che sia mancata per noi... Non ci ha pagato la pigione... Basta... Ora io dico: qualche pa-rente questa poveraccia ce l'avrà , deve avercelo laggiù, nel loro paese... Non parlo per la miseria del-la pigione, del medico, delle medicine... ma per il funerale, signora mia! chi deve mandarla al cam-posanto?
Io e Fifo abbiamo fatto già troppo, per carità , per amor di prossimo... Con questo tempac-cio, poi! Vento, signora mia, che si porta via le case... Siamo tornati un momento per prendere un boccone in fretta e furia... andiamo di nuovo, adesso, per stare a vegliarla magari tutta la notte...
Come si fa? Siamo cristiani! Ah, i mariti, i mariti!
Non parlo del mio: io, per grazia di Dio, indegna-mente, due, signora mia, uno meglio dell'altro: la sant'anima e questo che è il ritratto di suo fratello, tal quale, lo stesso cuore. Ci roviniamo, signora mia, per il buon cuore... Possono scrivere loro a qualcuno, se conoscono qualche parente laggiù?
- Sì, al figlio... - rispose la signora Agata, stordita dalla furia con cui la Juè aveva parlato e dall'an-nunzio inatteso.
- Come! - esclamò donna Maria Rosa. - Quella poveraccia ha un figlio? E il figlio la lascia morire co-sì, come se fosse una cagna? Ah, i figli, i figli, peggio dei mariti! Gli scrivano, per carità ; gli scrivano che è proprio agli estremi! Questa sera stessa le faccio dare i sacramenti... Siamo cristiani, sì o no? E` carne battezzata!
- Vengo con lei, - disse Marta, levandosi da sedere.
La madre e Maria si voltarono a guardarla.
- Vuoi andar tu? - domandò la madre. - Ti senti così male, Marta, e con questo tempo...
- Lasciami andare... - insisté Marta, avviandosi per la camera.
La signora Agata non s'oppose più; ammirò la figlia che rispondeva così, con un atto di generosità , al male che il marito le aveva fatto. E le parve che con quella visita alla s...