
- 224 pagine
- Italian
- ePUB (disponibile sull'app)
- Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub
Informazioni su questo libro
Quarant'anni di storia della Chiesa e d'Italia descritti da un osservatorio privilegiato: il lavoro di scrittura del marito di Rosanna – Vittorio Messori, tradotto e letto in tutto il mondo – sullo sfondo delle turbolenze del post Concilio e dei grandi pontificati di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Un racconto che apre uno squarcio inedito anche sulla esperienza privata dei protagonisti: il travaglio di una coppia che ha dovuto per lunghi anni scontrarsi con molti e dolorosi ostacoli, ma anche lo sforzo di vivere quel Vangelo al quale hanno dedicato le loro vite. La testimonianza sincera, singolare e affascinante di un amore per Dio e per gli uomini che, nutrendosi di fede, ha saputo, nonostante tutto, mantenersi vivo e fecondo nel tempo.
Prefazione di Cesare Cavalleri.
Domande frequenti
Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
- Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
- Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a Una fede in due di Rosanna Brichetti Messori in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Teologia e religione e Biografie in ambito religioso. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.
Informazioni
Capitolo settimo
Fatiche & gioie
di una vita di coppia
1. Uniti nelle differenze
Finora abbiamo parlato dei tanti libri «ufficiali» nati nella nostra casa. Di quelli certamente più importanti e assai più conosciuti di Vittorio, ma poi anche dei miei. Non nascondo che mi ci è voluto un po’ di coraggio per uscire allo scoperto con un tale confronto, proprio tra le mura domestiche. Ma, a dire il vero, non ho mai avuto complessi. Ho fatto e faccio quello che posso con semplicità .
Però, nel nascondimento della nostra casa c’era un altro libro, assai meno noto, che lentamente andava prendendo forma, giorno dopo giorno, anno dopo anno. Era la storia del nostro rapporto; di due persone che quando si sono messe insieme, già avevano sperimentato i limiti propri e quelli della vita, e che cercavano, tenendosi per mano, di costruire qualcosa, questa volta, di bello e di buono anche dal punto di vista affettivo.
Una storia che cercherò di raccontare perché sono convinta che possa essere utile a molti: a quelli che stanno vivendo una storia in qualche modo analoga, affinché possano trarne conforto. A quelli che, invece, hanno avuto la grazia di un matrimonio unico e felice perché comprendano i primi, le loro difficoltà , le loro debolezze ma anche le loro speranze e guardino loro con occhi di misericordia.
Mi rendo conto che forse Vittorio e io abbiamo vissuta, in anticipo sui tempi, quella che ora è esperienza comune anche in à mbito cattolico. E, cioè, la fragilità di vincoli matrimoniali addirittura nulli o comunque costruiti su basi assai traballanti e che dunque, spesso, hanno come esito separazioni, processi canonici per verificarne la nullità , nuove e complicate unioni.
Il guaio è che, se non provieni da un’esperienza familiare abbastanza equilibrata, se non hai sperimentato un amore, non dico perfetto, ma almeno sufficientemente sano nel corso della tua esistenza, ti presenti alla vita con delle immaturità affettive e psicologiche che ti espongono molto facilmente a compiere degli errori. Purtroppo, è una situazione oggi abbastanza comune quella di scegliere il partner e poi sposarsi, senza aver sviluppato una almeno sufficiente capacità di discernimento e di relazione. Tanto più che la cultura, nella quale anche i credenti sono immersi oggi, si basa su un concetto di amore che è molto lontano dall’amore evangelico. E tutto questo certamente non favorisce il crearsi di rapporti stabili e fedeli.
Per questo neanche la fede, oggi, è di per sé stessa una garanzia sicura, perché spesso si tratta di un credere ancora immaturo, nel quale sono presenti elementi cristiani ma anche concetti e convinzioni proprie della cultura moderna, in un insieme assai confuso e destabilizzante. Sempre per questo può succedere che sia proprio il fallimento di una relazione a provocare una crisi salutare che può talvolta sfociare anche in un cammino religioso serio e importante ma quasi sempre complicato dalle scelte fatte precedentemente.
Di me, della mia esperienza, dei miei limiti ed errori ho già detto. Vittorio, qua e là nei suoi libri ha pure accennato alle difficoltà della sua infanzia, ancor più complicate e difficili delle mie. Solo che le reazioni ai due vissuti sono state, da parte mia e sua, molto diverse, anzi, addirittura opposte. Io, che per tutta la mia infanzia e adolescenza ero andata cercando fuori casa ciò che non trovavo tra le pareti domestiche, mi presentavo alla vita e ai futuri rapporti con un intenso bisogno di affetto. E per questo ero fin troppo aperta, troppo feribile, quasi senza difese, come se fossi nuda, senza pelle, a carne viva.
Vittorio, invece, aveva avuto la reazione opposta: quella, cioè, di chiudersi in difesa, di stabilire una sorta di barriera tra sé e gli altri, una saracinesca che alzava davvero solo quando scriveva. Lì, non si risparmiava, dando tutto sé stesso. Era – e rimane – il suo modo privilegiato di comunicare amore.
Forse era stato proprio per tutto questo che, pur diversi, anzi opposti, ci eravamo «intuiti», «annusati» fin da Assisi, nonostante allora i rapporti tra noi, vivendo nella Comunità , fossero scarsi e formali. Io provavo un’istintiva simpatia per quell’orso, con il suo progetto personale che alcuni invece criticavano. Ed evidentemente anche Vittorio aveva intuito la mia disponibilità ad accogliere e a condividere se poi, a distanza di anni, nella sua solitaria fatica per scrivere le Ipotesi, mi aveva immaginata, nella sua fantasia, come una sorta di tutor benevolo e incitante.
Ecco, credo che questi siano stati esattamente i binari sui quali ha continuato a muoversi, anche negli anni a seguire, il nostro rapporto, portandoci di tappa in tappa, di stazione in stazione, per oltre cinquant’anni.
Io credo di avere ogni volta abbracciato con amore i progetti di Vittorio, che andavano via via delineandosi e poi realizzandosi; collaborando nel mio ruolo un po’ nascosto, ma che sentivo tuttavia importante perché gli dava sicurezza affettiva, gli garantiva in qualche modo le spalle. Intuendo, al contempo – poiché avevo anch’io già sufficientemente sofferto – che cosa c’era dietro quella corazza che si portava addosso, a volte apparentemente inviolabile; dietro quel carattere spesso brusco, talvolta addirittura, nei primi anni, un po’ scostante. Un cuore molto generoso, una grande affettività che non osava esprimersi ma che, alla fine, molto spesso balenava nel luccichio degli occhi, quando si decideva ad alzarli e a guardarmi. Una severità così posticcia, da burbero benefico, che spesso e volentieri, mi muoveva al riso. Ma anche, lo avrei scoperto a poco a poco, un distacco dal denaro e dal potere che mi colpivano. E anche da quella «fama» e «notorietà » che giunsero, ma per nulla ricercate.
Spesso, lui cercava di smontarmi nel mio entusiasmo esistenziale, nel mio ottimismo talvolta eccessivo, ma non ci riusciva. «Vittorio», gli dicevo quando mi sembrava esagerasse e la misura si faceva un po’ troppo colma anche per me, «tu conosci un solo modello di famiglia, la tua di origine, dove i rapporti erano quel che erano. Guarda che ne esistono anche altri di modelli un po’ migliori». E devo dire che con gli anni mi sembra di essere riuscita a convincerlo.
Vittorio, a sua volta, mi accettava nella mia esuberanza affettiva, e forse anche un po’ ne approfittava. Ma io avvertivo che mi voleva davvero bene, mi stimava e mi rispettava. Mi rispettava nella mia fragilità fisica, alla quale dava accoglienza, senza tuttavia mai volgerla al tragico: «Mi dispiace per te», mi diceva (e mi dice), «Ma io sono fiducioso perché tu, alla fine, trovi sempre il modo per venirne fuori». Accoglieva anche, senza gelosie o egoismi, il mio bisogno di ricerca in campi che a lui poco interessavano. Mi coinvolgeva, sì, nei suoi progetti, ma lasciandomi un’ampia sfera di autonomia. E io ne avevo bisogno. Anzi, ne avevamo un gran bisogno entrambi. Uno dei nostri motti di riferimento, infatti, è sempre stato ed è tuttora un’espressione che avevo trovato un giorno in uno dei libri – non ricordo più quale – di Charlotte Bronte: il matrimonio felice è quello in cui ci si sente «liberi come in solitudine, felici come in compagnia». Dove cioè si mette, ovviamente, molto in comune, perché altrimenti non avrebbe senso l’unione, ma ognuno mantiene la propria individualità , non per sottrarla all’incontro, ma per coltivarla al meglio e poi portarla dentro, come ricchezza acquisita.
Quel che ho detto finora ha sempre regolato anche il nostro rapporto con la dimensione religiosa.
Nel senso che certamente ci univa – e molto, anzi era il collante principale – la fede comune in Gesù. Ma poi ciascuno coltivava, se così possiamo dire, il suo carisma. Vittorio, quello di passare al vaglio della ragione e dello studio indefesso il patrimonio di fede cristiano, e cattolico in particolare, per mostrarne la credibilità . Io, da parte mia, quello piuttosto, di sperimentare esistenzialmente tale fede, cioè di metterla alla prova per verificare se dona davvero ciò che promette: guarigione del cuore, pace, gioia. Per verificare, se davvero la buona novella evangelica è la chiave giusta per aprire il cuore dell’uomo e salvarlo.
Due carismi che in qualche modo si integrano perché io, da parte mia, sono stata molto aiutata dalla ricerca di Vittorio che, come dire, mi ha confermato la stabilità e veridicità della base da cui partivo. Ricerca che mi ha riportato ogni volta al Gesù concreto, fin dalla prima lettura delle famose Ipotesi. Che mi ha tagliata la strada ogni volta che rischiavo di perdermi dietro a qualche miraggio ideologico.
Ma anche Vittorio credo che abbia potuto trarre vantaggio dalla mia di ricerca e dal mio conseguente cammino interiore. La nostra vita, almeno per i primi vent’anni di rapporto, era indubbiamente complicata dal punto di vista spirituale. E, dunque, occorreva puntare alto per reggerla. Non credo che ce l’avremmo fatta se non avessimo cercato con sempre maggiore intensità di vivere la verità nella quale credevamo.
2. Convivenza & castitÃ
Naturalmente anche noi nel corso degli anni abbiamo dovuto imparare molte cose. Anzi, la nostra è stata davvero una strana esperienza perché, prima, abbiamo vissuto la convivenza, poi una separazione e, infine, il matrimonio. Situazioni che, almeno per quanto ci attiene, abbiamo costatato generare stati d’animo proÂfonÂdaÂmente diversi, con inevitabili conseguenze anche sul piano spirituale.
La convivenza: checché se ne dica, ha al suo fondo una sorta di incertezza congenita, una sfiducia, seppure velata, nella riuscita del rapporto. Oggi, al contrario, viene giudicata opportuna persino in certi ambienti cattolici. Per conoscersi, si dice. Ma a questo dovrebbe bastare un fidanzamento vissuto con gli occhi ben aperti. Questo stato di incertezza latente, almeno a mio giudizio, finisce per frenare lo stesso cambiamento, che spontaneamente si innesta quando un uomo e una donna iniziano a vivere insieme. Rallenta l’amalgamarsi progressivo della coppia che è più restia a investire molto, per il timore che la relazione non duri.
Per noi, in verità , quella della convivenza non è stata una scelta, ma una necessità . Avremmo voluto sposarci subito, ma non potevamo. In più, su di noi gravava, come una spada di Damocle, una sorta di incertezza ancor più profonda che non dipendeva da noi, ma che era legata al fatto di non conoscere con esattezza la volontà di Dio su di noi; almeno fino a quando non fosse terminato l’iter dei procedimenti giudiziari in corso. Così, eravamo quasi costretti, pur senza dircelo, a mantenerci un margine piuttosto ampio di autonomia, per essere in grado di stare in piedi anche da soli se poi, come davvero si è verificato, avessimo dovuto separarci.
Ma c’è stato un elemento che, nonostante le apparenze, ci ha aiutati molto in questo travaglio ed è stata la scelta di vivere in castità , come fratello e sorella. So bene che è un’opzione che oggi molti, anche in à mbito cattolico, considerano inutile o, forse, addirittura dannosa per i singoli e per il rapporto. Ma la nostra esperienza non è stata questa. E adesso, a distanza di tanti anni, quando ripensiamo a quel periodo, non lo ricordiamo affatto come una sorta di incubo ma, al contrario, come un periodo, nonostante tutto, molto felice.
Eppure, Vittorio non è certo il prototipo dell’asceta. È, sì, culturalmente torinese ma il suo DNA è quello di un emiliano, cresciuto da emiliani amanti della buona tavola, dei piaceri del mondo, di una vita sensuale in tutti i sensi. Non era nella sua natura propendere per la castità , anzi, proprio il contrario. Fu davvero una scelta di fede, quella che facemmo. Spesso difficile, soprattutto per lui. Dettata necessariamente dal fatto che soffrivamo troppo a stare in una situazione di peccato, senza eucaristia e, al contempo, a occuparci a tempo pieno di Gesù Cristo.
Proprio per questo, anche se spesso ci sono sembrati ingiusti e la lunghezza dei procedimenti e la poca disponibilità dei giudici ad ascoltarci e capirci davvero, abbiamo tutto accettato. Il rispetto della Chiesa, anche nella sua parte istituzionale, lo sentivamo come rispetto per il Mistero che, nel suo profondo, custodisce e porge agli uomini. E se talvolta, stanchi della situazione, abbiamo pensato a una qualche via di uscita diversa, abbiamo sempre finito per tornare sui nostri passi e accettare con umiltà quanto stava avvenendo. Spesso Vittorio mi diceva: «Ma dai, questa cosa forse è provvidenziale perché, con il successo che ho, se non ci trovassimo in questa situazione, forse mi monterei la testa, mi darei delle arie, mi trasformerei in un notabile cattolico. Invece tutto questo mi obbliga a mantenermi umile, col profilo basso, perché non ho nulla da esibire o di cui vantarmi».
Io, da parte mia, ho sempre cercato di non forzare la situazione, rendendomi conto non solo che la missione alla quale Vittorio era stato chiamato era più importante di me, ma anche che, solo rispettando questa gerarchia di valori, il nostro rapporto si manteneva, nonostante tutto, fresco, vivo, profondo, anche con il passare degli anni.
Scelta difficile, dicevo, quella della castità . Sì, perché se credo che non sia mai troppo facile mantenersi casti, è particolarmente complicato quando si è ancora relativamente giovani, innamorati e per di più si convive. Anche noi, ovviamente, ne avevamo un po’ paura. Ma credo che il Signore abbia guardato alla nostra buona volontà e ci abbia dato da subito una mano. Nel senso che, fin dall’inizio, abbiamo intuito e vissuto la castità non solo in negativo, come il modo per evitare di vivere in una situazione di peccato, ‘ anche come un’opportunità positiva. Un’autentica grazia per la nostra vita, il modo migliore per attendere le decisioni della Rota, per ritrovare lo slancio che ci aveva portati ad Assisi, e anche per purificarci degli anni un po’ turbolenti che avevamo vissuto prima di rincontrarci. Insomma, come un periodo di esercizi spirituali particolarmente lungo.
Certo, col tempo abbiamo anche capito che la castità non è solo astinenza dal sesso ma un atteggiamento generale della persona. Cioè, che non puoi denunciare la lussuria e abbandonarti tranquillamente a tutti gli altri vizi capitali. Altrimenti, o non ci riesci, o magari apparentemente ci riesci, ma a costo di compromessi interiori, forse ancor più gravi della stessa colpa sessuale. E questo perché la castità è una sublimazione del sesso, non un suo soffocamento. È far convergere l’energia sessuale verso altre mete, è sviluppare altri modi, non necessariamente fisici, di fare quell’amore che nella coppia, in un modo o nell’altro è necessario.
Certo, tutto questo non avviene in un giorno, è una maturazione che richiede tempo e pazienza e che va di pari passo con la maturazione della fede. Che prevede qualche inevitabile caduta e qualche successivo rialzarsi; un cammino non facile ma che, se ben vissuto, ti porta verso l’alto.
Quello che mi sento di poter dire, credo d’accordo con Vittorio, è che alla fine, ricordiamo, come dicevo, questo periodo con gioia. E questo penso sia un buon segno. Lo ricordiamo come un tempo in cui ci siamo affinati noi, e si è affinato il nostro rapporto. Senza sesso, siamo stati quasi costretti a esplorare altre dimensioni del nostro stare insieme, per dargli un senso. Come per esempio l’affettività , oppure i comuni interessi. E, soprattutto, il comune amore per Gesù al quale abbiamo sempre offerto tutto, convinti che il sacrificio che compivamo, avrebbe maturato i suoi frutti.
Devo dire che un grande aiuto ci è venuto anche dal tanto affetto che i lettori dimostravano a Vittorio, e che si rifletteva anche su di me. Affetto che ci convinceva che il nostro lavoro, purificato dalla castità , sarebbe stato ancor più efficace.
3. Anche un gattino aiuta
Ma il Signore ha tanti modi, anche imprevedibili, anche molto semplici, per aiutarci. E in quel periodo così delicato ce ne ha fatto scoprire un altro: la...
Indice dei contenuti
- Prefazione, di Cesare Cavalleri
- Introduzione
- Capitolo primo. Le fondamenta
- Capitolo secondo. Gli anni di Assisi
- Capitolo terzo. Roma & le sue tentazioni
- Capitolo quarto. Una strada in salita
- Capitolo quinto. Quella lunga catena di libri
- Capitolo sesto. Quando si aprono orizzonti sconosciuti
- Capitolo settimo. Fatiche & gioie di una vita di coppia
- Congedo
- Rosanna cara, di Vittorio Messori