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Cuore di padre. L'avventura umana e divina di san Giuseppe
Informazioni su questo libro
Sulla traccia della devozione dei sette dolori e gioie di san Giuseppe, rivivono in queste pagine gli snodi della vita del santo Patriarca: la conoscenza viva e diretta della sua figura consente così al lettore di entrare nel cuore del mistero cristiano e nella semplice profondità dell'infanzia di Gesù. Sono note di grande coinvolgimento narrativo, dove diventa sorprendentemente facile condividere e osservare in presa diretta, con il calore dei particolari e il sapore della quotidianità, con le sue luci e le sue ombre, il percorso di fede di Giuseppe che ha per meta il riflesso della paternità stessa di Dio, ed è una sfida a riscoprire l'autentico senso di essere genitori, sul piano naturale come in prospettiva spirituale.
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Informazioni
Argomento
Teologia e religioneCategoria
Denominazioni cristianeCapitolo VII
Lo smarrimento & il ritrovamento di Gesù
1. La crescita di Gesù
Dopo il ritorno a Nazareth, la vita della famiglia trascorreva serena e tranquilla, anche se non era priva di difficoltà e incertezze. All’entusiasmo e al calore dell’accoglienza, era seguita presto la routine della quotidianità. Giuseppe e Maria gradivano particolarmente quella semplicità dell’esistenza, si confaceva perfettamente alla loro indole modesta e riservata, anche se presagivano che non sarebbe potuta durare in eterno... Prima o poi sarebbe avvenuta la manifestazione di Gesù a Israele. Agli occhi della gente quel focolare era uno dei tanti del piccolo borgo. Ancora una volta la cura e la capacità nella rapida risistemazione e nell’abbellimento dell’abitazione avevano destato ammirazione e qualche moto d’invidia o di critica (“Quello ha le mani d’oro, ma bucate; quella ha un cuore d’angelo e non sa dire di no: così non saranno mai ricchi e facoltosi”). Col tempo anche il genio femminile di Maria e il talento manuale di Giuseppe erano diventati consueti e abituali. Gli sposi potevano perciò godersi con tutta la pace e l’intimità di questo mondo il mistero di Dio e il loro tesoro, non avevano certo fretta di accelerare il progetto della salvezza, anzi temevano un po’ che quell’atmosfera celestiale potesse bruscamente interrompersi... D’altronde non toccava a loro, ma a Dio, decidere i tempi e i modi della liberazione. A ogni modo, quella cittadina così piccola e sperduta della Galilea, che al rientro era parsa troppo angusta, ora pareva una sicura difesa e garanzia di nascondimento.
Giuseppe aveva ripreso il suo intenso lavoro, le commesse e gli incarichi, grazie a Dio e alla buona fama di cui godeva, non mancavano e, con essi, logicamente la fatica. Spesso era costretto a lunghi spostamenti. Il mercato di Nazareth da solo non dava da vivere, bisognava cercare ordinativi o lavori a giornata anche nelle vicinanze. Era quello che aveva sempre fatto, solo che ora gli costava di più stare lontano da casa, gli sembrava quasi che lasciasse incautamente i suoi. Maria lo rassicurava: “Stai tranquillo, non c’è da preoccuparsi, Gesù ormai è grandicello...”. Lui aveva comunque un senso di colpa e di vuoto quando era costretto ad allontanarsi all’alba e al rientro all’imbrunire era impaziente di rivedere Gesù. I pagamenti inoltre spesso erano inferiori ai meriti oppure tardavano; era però meno disposto di una volta a concedere sconti o dilazioni, doveva mandar avanti la baracca, anche se non poteva mettere completamente a tacere il suo buon cuore ed essere insensibile verso i debitori. Maria, d’altronde, non gli rinfacciava mai la generosità con gli squattrinati e gli indigenti, anche se alcuni abusavano della sua pazienza. Da parte sua, continuava a prodigarsi con solerzia per i parenti, gli amici (e chi non lo era?) e gli anziani, ma il suo impegno si sapeva in anticipo che non aveva prezzo e misura (semmai la ripagavano con qualche modesto dono in natura): tutti potevano contare su di lei nel momento del bisogno e non solo... Anche lei però, dopo la nascita di Gesù, aveva dovuto ridurre la sua azione. La situazione economica era più rassicurante dei primi tempi del matrimonio, ma non era troppo florida: continuavano a essere una famiglia umile e povera, nonostante gli sforzi e, almeno in parte, ne erano orgogliosi. Giuseppe a ogni modo avrebbe voluto assicurare un po’ più di benessere, agiatezza e sicurezza per i suoi. L’allegria e l’amore non sembravano decisamente mancare, e questo non era poco...
L’infanzia di Gesù era davvero volata: ai primi passi e parole erano seguite le prime decisioni e l’iniziazione alle lettere. L’istruzione religiosa era cominciata in famiglia, ma poi era proseguita nella sinagoga; l’anziano rabbino lo aveva istradato nella comprensione della Scrittura. Il ragazzino si era dimostrato subito sveglio e curioso, le sue domande denotavano un’intelligenza viva e acuta tanto che qualche volta anche i grandi erano in difficoltà nella spiegazione. Giuseppe con semplicità ed esperienza riusciva ancora a tenergli testa, ma non sapeva ancora per quanto... Ormai non bastavano più i racconti della storia della salvezza, Gesù cercava di comprendere il senso della Legge. Talora sembrava che già andasse oltre il sentire degli uomini. Giuseppe conosceva molto bene il ciclo di Davide, ma il fanciullo sin da bambino era stato colpito dall’episodio di Abramo e Isacco e dalla missione di Mosè. Senza proporselo, cominciava già a formare e insegnare quanti gli stavano attorno. Non era comunque un ragazzo saccente e presuntuoso, parlava poco e ascoltava volentieri, aveva appreso l’arte del silenzio e della discrezione dei genitori (almeno così dicevano i più). Qualcuno rimaneva colpito dalla sua sensibilità e delicatezza, piuttosto insolita per un ragazzo della sua età: “Ha tutto il cuore di sua madre!”, sentenziavano spesso le donne. Alla scuola del libro, tra non molto, sarebbe seguita quella della tradizione, l’apprendimento della religione di Israele aveva delle tappe molto ben cadenzate.
Gesù mostrava di avere un filo diretto con Dio, ma non disdegnava il rapporto con gli uomini, si muoveva con discreta disinvoltura nel mondo dei grandi (genitori, parenti, conoscenti) e soprattutto in quello dei coetanei e degli amici, era un ragazzo normale e simpatico, forse un po’ introverso e riservato ma molto disponibile. La sua profondità d’animo non toglieva che sapesse scherzare e divertirsi con i compagni. Correva, rideva e giocava, come tutti gli altri ragazzini, anche se sembrava crescere più rapidamente e guardare ben oltre un orizzonte di bambino. Con gli anni Maria lo lasciava andare sempre più: in paese non c’erano eccessivi pericoli. Alla madre era costato molto dargli una certa indipendenza, era molto legata a Gesù, ma capì che non era più un bambino e doveva maturare nella libertà e responsabilità; fu una dura prova per lei, non poteva nascondere una certa apprensione quando non lo vedeva, considerava quel Figlio la ragion d’essere della sua vita e temeva di doversene distaccare. Qualche volta i genitori dovevano riprenderlo e correggerlo, raramente l’avevano visto litigare, ma aveva anche il suo caratterino forte e determinato: “Come suo padre!”, commentava con un po’ di compiacimento la madre.
Anche l’istruzione professionale aveva avuto le sue tappe e non poteva considerarsi affatto conclusa: Gesù aveva ancora tanta strada da percorrere. All’inizio Maria aveva condotto in braccio o per mano il bambino in bottega semplicemente perché guardasse Giuseppe al lavoro. Quella sosta non durava molto, Maria temeva di disturbare l’opera del marito (e in parte era così); per Giuseppe comunque era una bella consolazione: si sentiva più che mai alla presenza di Dio. Poi Gesù aveva cominciato a frequentare l’officina per i suoi giochi, la madre poteva lasciarlo lì e dedicarsi ad altro, ma cercava di intralciare il meno possibile il lavoro del marito. Giuseppe, anche se badare al piccolo dava il suo da fare, era contento e soddisfatto di averlo lì. Gesù si accontentava di poco: trucioli, qualche pezzo di legno, una cordicella... per dar spago alla sua fantasia. Con gli anni il fanciullo aveva cominciato a dare una mano in officina: le sue attitudini erano molto modeste, Giuseppe inizialmente si preoccupava che non facesse danni a sé e agli oggetti, più dell’apprendimento dell’arte. Ben ricordava lo spavento del primo piccolo incidente e il sangue del primo serio taglio quando un asse lo aveva quasi tramortito. In seguito, la situazione era molto cambiata: il ragazzino si era dimostrato capace e volenteroso, imparava in fretta e lavorava sodo. Era diventato un valido aiuto. Anche se capitava ancora che ogni tanto qualche scheggia di legno gli si conficcasse nelle mani. Il ragazzo si intratteneva con piacere nell’officina, ma Giuseppe aveva una certa remora a tenerlo lì, si chiedeva spesso che ci facesse il figlio di Dio nella bottega di un artigiano, gli sembrava quasi che perdesse il tempo, non era questo certo il suo avvenire... I progetti del Signore gli sfuggivano, una cosa però era certa: doveva aiutare Gesù a crescere umanamente e professionalmente e non c’era scuola migliore del lavoro. In questo Giuseppe si sentiva ferrato e preparato: aveva tanto da insegnare al ragazzo e più della sua tecnica gli premeva soprattutto trasmettergli l’amore per il legno e per le cose ben fatte.
A Giuseppe era sembrato di non aver gustato a sufficienza l’infanzia di Gesù, ricordava con rimpianto quando lo sollevava, lo abbracciava e lo baciava e il piccolo si divertiva. Ora non poteva avere le stesse manifestazioni di affetto e tenerezza, Gesù cominciava a essere un ometto e un po’ gli dispiaceva. I primi brufoli sul volto denotavano l’incipiente pubertà. Gli anni erano volati e avrebbe voluto trattenere i ricordi e gli istanti più belli, ma la vita continuava inesorabilmente, riservando sempre nuove soddisfazioni e sorprese.
2. L’adempimento rituale
Gesù aveva da poco compiuto dodici anni, era venuto il momento di condurlo a Gerusalemme per la Pasqua. I genitori attendevano con ansia quel momento: tornare nella Città Santa era sempre una gioia e poterlo fare tutti e tre assieme moltiplicava la letizia, era come tornare al momento della presentazione e del riscatto del primogenito. Quanti grati ricordi e quante attese e speranze... Negli anni passati il pellegrinaggio rituale era avvenuto confidando nell’aiuto dei parenti, Gesù era un ragazzino tranquillo e obbediente (tutti lo riconoscevano). Il fascino del Tempio colmava il disagio e il dispiacere della lontananza, la mancanza del loro “tesoro” gli causava però una certa inquietudine, i giorni dello spostamento perciò erano parsi a Giuseppe e Maria interminabili. Ora finalmente la partenza non avrebbe significato un allontanamento e una separazione, ma una maggior compenetrazione della famiglia con il mistero e la casa di Dio, almeno così pensavano e desideravano...
Giuseppe andò preparando il ragazzo per la prima visita a Gerusalemme, gli spiegò il significato e la modalità dell’adempimento cultuale. La visita annuale esprimeva la gratitudine e la riconoscenza per la liberazione, un segno d’identità e appartenenza del popolo eletto e un memoriale della continua presenza e benevolenza dell’Onnipotente. Gesù conosceva molto bene la storia sacra e afferrava perfettamente il senso della prescrizione, da tempo coltivava il desiderio di salire a Gerusalemme per la Pasqua (quest’ansia non si sarebbe mai cancellata nella sua anima, ma i genitori non potevano conoscerne la portata e la profondità...). La consapevolezza del valore del mandato e il sincero trasporto dimostravano e confermavano che il dodicenne era pronto (Giuseppe ebbe lo scrupolo di aver aspettato troppo: Gesù era molto più maturo della sua età..., ma non si poteva far violenza alla natura e alla tradizione). Ormai tutti i lavori di ampliamento e abbellimento del Tempio di Erode erano stati ultimati e mai il complesso architettonico era sembrato tanto magnifico e imponente. I genitori ogni anno ne rimanevano ammirati. Giuseppe si soffermò molto a decantare la bellezza e lo splendore della costruzione; rimase però un po’ sorpreso dallo scarso entusiasmo dimostrato da Gesù, gli parve che considerasse l’elemento materiale con di sufficienza. Lui tutte le volte che menzionava il Tempio si sentiva orgoglioso, Gesù invece sembrava più interessato all’aspetto spirituale e quasi trascurava il valore monumentale, circostanza un po’ singolare per un vero israelita e un ragazzo della sua età: “Quando vedrà con i suoi occhi la meraviglia rimarrà sbigottito e commosso: il Tempio parla da solo della maestà di Dio...”, sentenziò tra sé.
Gesù, Giuseppe e Maria s’incamminarono in carovana alla volta di Gerusalemme in una bella giornata di sole. Parecchi galilei celebravano quella ricorrenza (altri erano già andati prima o sarebbero accorsi per altre festività, ma la Pasqua restava il richiamo principale), il gruppo era abbastanza nutrito e variegato. Uomini e donne viaggiavano separatamente in comitive omogenee per riunirsi nei rispettivi nuclei famigliari solo in serata. Gesù, che poteva stare indifferentemente in un gruppo o nell’altro, preferì unirsi agli uomini, era un modo di emanciparsi e di rivendicare una certa virilità. Giuseppe fu un po’ sorpreso e confortato da quella scelta, sapeva quanto fosse in sintonia e confidenza con la madre e si sentiva inadeguato e non all’altezza del suo compito di padre. Percepiva a ogni modo che quello non voleva essere un segno di stima o di rispetto verso di lui, ma una manifestazione di indipendenza e di libertà interiore: il ragazzo non era certo altezzoso, ma cominciava a misurare il suo spazio vitale. Gesù aveva stretto amicizia con qualche coetaneo e sapeva stare anche con i più grandi, ma lo si vedeva molto raccolto e riservato, talora sembrava pensieroso. L’allegria e la giovialità abituale escludevano che si trattasse di tristezza: si sentiva un po’ solo e sconfortato per la poca sensibilità e visione soprannaturale degli altri. Nonostante il carattere religioso del viaggio, il tono non era particolarmente devoto, si parlava di tutto e spesso di mercato, di soldi e di affari. Non mancavano litigi e alterchi, anche le volgarità erano all’ordine del giorno. A lui toccava comprendere, perdonare, riparare e consolare, perciò amava chiudersi in un silenzio fatto di preghiera. I canti e i salmi, che a tratti inframezzavano il cammino, aiutavano almeno a non perdere completamente di vista la meta e la lode divina. Gesù percorse anche un tratto del tragitto con le donne, riteneva che fossero più pie e religiose degli uomini, anche se parlavano e spesso sparlavano di più: non ce n’erano molte come sua madre... La delicatezza e finezza di sentimenti era più incline col suo animo. Con Maria fu particolarmente caloroso e affettuoso, se aveva ricevuto tanto, ora poteva cominciare a dare qualcosa e lei sembrava gradire le sue attenzioni e premure. Lei lo trattava ancora come il suo bambino, anche se sapeva e si rendeva conto che non lo era più ed era lei che cominciava ad aver bisogno di lui.
La sera si ritrovavano tutti assieme accanto al fuoco. Maria aveva preparato un po’ di provviste e volentieri ne rendeva partecipe altri; anche se la carne, che era l’alimento più appetibile e ricercato, scarseggiava, andavano avanti a base di legumi, pane, formaggio, frutta e verdura. Giuseppe aveva la premura di attingere l’acqua per rifocillare i suoi e qualche viaggiatore più spossato. A lui toccava portare il bagaglio più consistente, si dava da fare per raccogliere la legna, sistemare i giacigli, la copertura e quant’altro occorresse per la sistemazione notturna. Al mattino era il primo ad alzarsi, anche se Maria non era da meno. Gesù non era abituato a un cammino tanto prolungato e non aveva ancora una grande resistenza; soprattutto dopo il primo giorno cominciò ad affiorare una certa stanchezza. Anche se dormiva saporitamente e recuperava in fretta le forze, a fine giornata appariva il più provato dei tre, durante la marcia pomeridiana stringeva i denti e non si lamentava. Nonostante l’evidente fatica era contento, attento e servizievole. Se di giorno taceva, la sera spesso faceva molte domande, dettate dalla trepidazione dell’attesa. I genitori rimasero ammirati dal contegno determinato del ragazzo: “È già un ometto e sa quello che vuole...”. Nulla comunque lasciava presagire una levata di capo del fanciullo. Sperarono che non piovesse e, come in altre occasioni, furono esauditi. L’Onnipotente sembrava vegliare con predilezione su quel viaggio.
La visita a Gerusalemme durò un paio di giorni. La città era affollatissima di pellegrini e si dovettero accampare come poterono. In quelle condizioni la cena pasquale fu molto precaria masuggestiva: non rinunciarono a consumare l’agnello, che condivisero con un’altra famiglia, l’atmosfera e il contesto ricordò loro la prima Pasqua. Maria ci tenne a incontrare in città alcuni parenti: era la prima volta che salivano con Gesù al seguito e voleva per correttezza e cortesia presentare il ragazzo ai lontani famigliari. Aveva un’autentica venerazione per le persone anziane e sapeva quanto queste gradissero la visita di persone giovani. Non mancarono, logicamente, i soliti apprezzamenti sul fanciullo: “Ha gli occhi e il viso della madre” (qualcuno che conosceva Anna ne notò una certa somiglianza), “È proprio un bel giovanotto, alto e maturo” (era vero che Gesù per altezza e carattere spiccava rispetto ai coetanei, ma quei complimenti erano dettati dal garbo e dalla gentilezza più che da una profonda conoscenza). Gesù, al contrario dell’abituale timidezza, si comportò con affabilità (sentiva quelle persone di famiglia come una propaggine del suo focolare). I genitori furono contenti della buona accoglienza e, tutto sommato, della bella figura. Il momento più toccante della permanenza fu visitare e pregare nel Tempio, assistendo al sacrificio vespertino. Giuseppe si impensierì quando notò che Gesù era molto raccolto nel salire la scalinata (quell’atteggiamento mistico lo sentiva quasi come un rimprovero e una forma di distanziamento nei confronti del popolo eletto), ma sulla spianata il ragazzo si sciolse. Giuseppe mostrò al dodicenne punto per punto la costruzione. Gesù era sorprendentemente curioso: “Cos’è quella costruzione lì in fondo?” (Giuseppe glissò un po’ sulla Torre Antonia che lo metteva in imbarazzo); “Dov’è il soreg?” (ne aveva tanto sentito parlare e pensava ingenuamente che da quel punto cambiasse la musica di sottofondo); “E che succede agli incirconcisi?” (lo preoccupava la sorte degli infedeli); “Dove fanno lezione i maestri del Tempio?”. Giuseppe ritenne quindi che l’impatto con la gloria della nazione avesse sortito il suo effetto sul ragazzo. Dopo il recinto sacro comunque il fanciullo si chiuse nel più assoluto silenzio. Il chiasso e il rumore lo infastidivano e anche a Giuseppe e a Maria sembrò un po’ dissacrante. Il concorso di persone e il sincero trasporto della gente dimostravano però la vitalità della fede e della speranza d’Israele. Gesù dopo la balaustra, nella discesa e in tutta la serata, riprese a parlare e interrogare i genitori. Maria riusciva ancora a tenergli testa, Giuseppe un po’ meno, ma entrambi erano contenti che il ragazzo fosse così motivato e partecipe.
Al mattino Giuseppe e Maria si sentivano al settimo cielo, erano lieti di aver compiuto l’adempimento annuale e, desiderosi di tornare a casa per raccontare la loro esperienza agli amici e ai parenti, partirono con brio.
3. Il dramma del ritorno
Il ritorno da Gerusalemme era più agevole almeno nel primo tratto, che scendeva verso la pianura del Giordano. Viaggiando in un gruppo così folto e numeroso si sentivano decisamente al sicuro dai briganti che in quelle gole erano l’insidia maggiore, ma poco potevano contro una folla di pellegrini e commercianti (non tutti percorrevano quella strada per la stessa finalità). Il bagaglio di Giuseppe si era molto alleggerito, non solo materialmente... Procedeva leggiadro e spensierato (il che voleva dire essere messo beatamente in Dio). Si meravigliò un po’ di non vedere con sé Gesù come all’andata, ma pensò che al ritorno, quasi per compensare il gioco delle parti, avesse optato per la madre, magari per confidare a lei le sue inquietudini e perplessità come la sera prima. L’anelito religioso dei pellegrini era scemato quasi del tutto: dopo i canti e i salmi di congedo dalla Città Santa, il pensiero dominante erano gli affari e il pagamento dei tributi. Giuseppe si doleva di tanta chiusura e insensibilità al soprannaturale e cercava di consolare il buon Dio e confortare i compagni di viaggio. Il segreto che custodiva e il riserbo che aveva sempre mantenuto non gli impedivano di annunciare l’imminenza della salvezza e la necessità della conversione. In fin dei conti l’attualizzazione dei piani divini era già contenuta nella Scrittura, bisognava solo cercare di far tornare il suo popolo al Signore. Non era né si sentiva un profeta, ma non poteva restare indifferente allo sbandamento degli israeliti; cercava discretamente e semplicemente di sollevare l’animo dei connazionali, ma trovava ottusità e resistenza (sembrava che a loro non interessasse altro che la questione politica ed economica). Il giorno di cammino quasi volò nel desiderio di rivedere i suoi e tornare presto a casa (riprendere il lavoro non gli dispiaceva affatto e la stagione primaverile era un periodo di intensa attività).
Anche Maria percorse quella giornata con grande pace e gioia. Il soggiorno a Gerusalemme l’aveva sollevata nel fisico e nello spirito, era più riposata. Si rallegrava in modo particolare per la reazione e la maturità di Gesù che dimostrava una spiritualità fuori dal comune “E ci mancherebbe altro..., non siamo certo noi a dovergli insegnare qualcosa...”, rideva tra sé. Gesù non aveva nulla a che vedere con i ragazzi della sua età, che sembravano ancora assorbiti dal mondo dei giochi. Pensò che dovesse cominciare a trattarlo in maniera diversa, ma la tenerezza e l’affetto materno la frenavano, ne avrebbe però presto parlato col marito. Probabilmente in quello stesso viaggio, ancor più che all’andata, il fanciullo stava aprendo il suo cuore e i suoi progetti a Giuseppe (lei...
Indice dei contenuti
- Introduzione
- Capitolo I. La gravidanza di Maria
- Capitolo II. La nascita di Gesù
- Capitolo III. La circoncisione di Gesù
- Capitolo IV. La presentazione nel Tempio
- Capitolo V. La fuga in Egitto
- Capitolo VI. Il ritorno a Nazareth
- Capitolo VII. Lo smarrimento & il ritrovamento di Gesù
- Epilogo
- Indice