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Per l'umano & per l'eterno. Il dialogo con don Giussani continua
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Per l'umano & per l'eterno. Il dialogo con don Giussani continua
Informazioni su questo libro
Di fronte alla grave crisi personale e sociale che attanaglia il tempo presente, due amici, discepoli di mons. Luigi Giussani, rendono pubblico il loro dialogo sull'uomo e sul bene comune che continua, anche oltre la morte, quotidianamente, col Fondatore del Movimento di CL, attraverso i suoi scritti e, grazie alla preghiera, nella comunione dei santi.
Un testo che, nel suggerire un metodo per discernere la realtà e vivificarla, ripropone con speciale evidenza l'identikit del cristiano, uomo nel mondo ma non di questo mondo. Così gli spunti qui offerti si fanno invito ad approfondire l'intera opera di Giussani a cui puntualmente si riferiscono, per imparare, come lui, a pensare, amare e agire nella presenza di Cristo a ogni livello dell'esistenza, ogni istante della propria vita.
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Informazioni
Argomento
Theology & ReligionCategoria
Christian Theology«Per l’umano & per l’eterno»
Intervista virtuale con mons. Luigi Giussani
• Il 20 giugno 2015 a Roma, in Piazza San Giovanni, è accaduto un avvenimento di portata storica. Centinaia di migliaia di persone hanno avvertito l’esigenza di mobilitarsi e di aderire alla grande manifestazione organizzata dal comitato Difendiamo i nostri figli (che per comodità definiremo Family Day 2015). Una folla immensa che spontaneamente – senza aspettare alcun input da parte delle gerarchie ecclesiastiche, dei leader di movimenti religiosi, dei politici «cattolici» – ha deciso di scendere in piazza in difesa del diritto alla libertà di educazione. C’è chi ha addirittura parlato di democrazia a rischio.
La libertà di educazione è la condizione essenziale per la libertà e quindi per una democrazia reale. L’educazione implica la possibilità per un adulto di proporre al proprio figlio o al proprio amico, quello che più gli preme, quello di cui è persuaso, senza questa libertà non ci sarebbe più un nesso naturale tra un padre e un figlio1.
• «Libertà» ed «educazione» sono pertanto due concetti strettamente connessi.
La libertà ha la sua espressione privilegiata nel poter educare. La parola «libertà di educazione» ha un primo risvolto che ne sottolinea il valore di condizione irrinunciabile per una espressività umana compiuta. Per questo ribadisce Giovanni Paolo II: «Fuori della libertà non può esserci cultura», autentico sviluppo culturale. Del resto, la condizione essenziale per una dignità dello sviluppo educativo e di una cultura risiede nella possibilità di valorizzare la propria posizione culturale e di comunicarla, liberamente, ad altri. Per poter educare alla libertà deve esserci la possibilità di educare liberamente2.
• Questa è sempre stata una preoccupazione di Comunione e Liberazione.
Il movimento di Comunione e Liberazione ha sempre voluto essere un luogo in cui l’umanità di chiunque trovasse accoglienza, e ogni interesse umano trovasse incoraggiamento. Nei nostri programmi non rientrava (forse eravamo degli ingenui) alcun obiettivo politico in senso stretto. O meglio, ce n’era uno solo: la battaglia per la libertà dell’educazione. Chiedevamo fra l’altro che, all’interno della scuola statale, potesse finalmente entrare – accanto alle altre visioni del mondo – anche un’espressione culturale cristiana che in difesa del cristianesimo contestasse e dialettizzasse le altre, ma non certo le emarginasse. Non chiedevamo affatto un puro e semplice ribaltamento della situazione, ossia un passaggio dal totalitarismo culturale laico, invalso fino a quel momento, a un nuovo e altrettanto ingiustificabile totalitarismo cattolico. Non ci proponevamo affatto di monopolizzare la scuola di Stato, come anche in seguito non ci siamo mai proposti di marciare alla conquista di alcuna istituzione pubblica.
La nostra era una lotta su un problema di principio e una ribellione contro il tentativo di instaurare un regime: possono esistere infatti regimi fascisti, regimi nazisti, regimi clericali, ma anche regimi laicisti e marxisti.
Le piccole e grandi battaglie culturali in cui i giovani di GS3 si coinvolsero con generosità e coraggio furono, innanzitutto, quelle per la libertà di educazione in un contesto ideologico ed ecclesiastico insensibile quando non ostile a ogni contestazione di quel tipo di involuta libertà di coscienza, e quindi di educazione ed espressività culturale, di cui oggi vediamo le gravi conseguenze e le più subdole applicazioni4.
L’incontro con il compagno di scuola che proponeva il foglietto con l’ordine del giorno del raggio5, o l’invito alla recita delle «ore», o a una vacanza in montagna, o la battaglia culturale e civile per la libertà d’educazione, fu per molti la riscoperta del valore umano della fede, e il gusto per la verifica di una posizione cristiana di fronte alla totalità del reale che non si concepiva in opposizione all’uso della ragione, ma lo esaltava chiarendo la vera struttura e la dinamica di apertura alla realtà che è la natura ultima della ragione stessa.
Che cosa c’entra tutto – compresa la battaglia per la libertà di educazione – con Cristo? Questa era la questione che ci muoveva. Vale a dire la riscoperta, in termini d’esperienza, del significato del termine «cattolico»6.
• Lei ha più volte utilizzato il termine battaglia. Non è una parola amata dai alcuni cattolici perché rischia, a loro detta, di apparire un po’ troppo «aggressiva». Cosa risponde a questa obiezione?
«La nostra battaglia infatti non è contro creature fatte di carne e di sangue, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, contro gli Spiriti del male che abitano nelle regioni celesti» [cfr san Paolo, Ef 6, 12, nda]. L’arrendersi alle tenebre, al potere mondano: questa è alienazione della nostra fisionomia, alienazione della vita7.
• Da che cosa devono guardarsi i discepoli del Signore, le comunità cristiane, perché il loro cammino terreno sia riflesso della luce che abita la casa del Padre? E la nostra Fraternità, in particolare, che cosa deve evitare per essere per le anime Chiesa, cioè, luogo di autentica comunione e liberazione?
Una Fraternità che sia conclusa in se stessa è una Fraternità che non ha storia, non ha tempo, vale a dire ha una vita breve, è una illusione, non è nient’altro che il surrogato di un’amicizia comune...
Una Fraternità in cui gli appartenenti sono altamente indifferenti di fronte, poniamo, alla libertà di educazione o alla libertà della scuola non è Fraternità di Comunione e Liberazione, è Fraternità di incoscienti: vadano a vendere stringhe!8.
• Alla grande manifestazione del 20 giugno 2015 è stata rievocata la sua celebre espressione: «Mandateci nudi per le strade ma lasciateci il diritto di educare i figli».
Ricordo che, quando insegnavo religione nella scuola, io gridavo quella frase: «Mandateci nudi per le strade, ma lasciateci il diritto di educare i figli». Politicamente, però, abbiamo fatto l’inverso, ci siamo vestiti e rivestiti e ci hanno tolto completamente il diritto di educare. Si capisce perché l’episcopato debba dire che le difficoltà vengono anche dalla stessa comunità ecclesiale, non solo dallo Stato laicista di qualunque partito si tratti, di qualunque, perché tutti i partiti, come fondamento, sono laicisti e i fatti l’hanno dimostrato. La prima cosa che un uomo di cultura laicista, se non ha il contrappeso di una grandissima umanità, fa è quella di togliere la libertà di educazione, ma questo è avvenuto con una connivenza all’interno della stessa comunità ecclesiale9.
• La politica ha, pertanto, deluso quell’anelito di libertà?
Il primo, vero, grande tradimento, già ai tempi della Democrazia cristiana, è stato un tradimento culturale. Da questo è disceso tutto il resto. Il potere, che la Dc aveva avuto per trent’anni, è stato uno strumento essenziale per il costituirsi e il diffondersi della cultura. Ebbene, l’ultima cosa che la Dc ha pensato è stata questa. La Dc si è ben guardata dal dare a una tradizione popolare immensa come quella cristiana in Italia gli strumenti per esprimersi. E non so, purtroppo, se in questo ha contato più la stupidità o la malafede. Perché non si può arrivare a una giustizia più autentica, a una reale trasformazione sociale senza fornire alla gente, gli strumenti culturali. L’esempio più clamoroso di questo completo disinteresse per la cultura della Democrazia cristiana è l’assenza totale della Dc nella battaglia per la scuola. Il primo passo per la libertà di un popolo è una scuola libera. E una scuola libera non è una scuola di Stato, perché la scuola di Stato sotto il fascismo fabbrica fascisti, sotto il capitalismo capitalisti, e sotto il marxismo marxisti. E non è una scuola libera una scuola privata come quella italiana, che altro non è che una scuola di Stato tenuta da suore o preti o da chi fa i propri affari. Bene, di tutto si è preoccupata la Democrazia cristiana fuor che di avere una scuola libera10.
• Oggi ha ancora senso confidare nella politica?
La politica deve decidere se «favorire» la società esclusivamente come strumento di manipolazione da parte dello Stato, come oggetto del suo potere, o se favorire uno Stato che sia veramente laico, cioè al servizio della vita sociale secondo il concetto tomistico di «bene comune», ripreso vigorosamente e costantemente dal Magistero della Chiesa. La politica deve essere perciò secondo una posizione ideale, vale a dire secondo un esplicito riconoscimento del nesso originale dell’uomo con il suo destino. Senza una posizione ideale è impossibile all’uomo una certezza che si sviluppi in costruzione.
Già abbiamo notato che un popolo si forma attraverso un avvenimento particolare, accaduto nel tempo, ed è unito da un ideale che esso persegue (più o meno conosciuto e intuito). Altrimenti non si ha un popolo, ma un gregge. E la tentazione più grande di chi detiene il potere è rendere il popolo gregge, cioè privarlo di ogni ideale, anche salvando tutte le forme esteriori. Mi viene in mente un celebre verso carducciano: «O popolo d’Italia, vecchio titano ignavo, / vile io ti dissi in faccia, tu mi gridasti: Bravo»11.
• È quindi l’esclusiva preoccupazione di una posizione ideale il vero orizzonte della politica?
Una politica che sia preoccupata non di una posizione ideale, ma di «riuscire» attraverso il potere conquistato, è una politica nemica del popolo. Una politica preoccupata di una posizione ideale stabilisce invece un’onda educativa, realizzando un respiro maggiore di libertà per tutti, perciò una maggiore creatività e fantasia. Oggi non ci sono grandi creatori ed è sempre più difficile che ci siano, perché manca lo spazio per il respiro creatore12.
• Il 21 marzo 2015 papa Francesco parlando ai giovani a Napoli ha definito la teoria gender «uno sbaglio della mente umana che crea tanta confusione», lasciando intendere che non si tratta di un processo casuale ma di una precisa strategia educativa totalitaria di quella che lo stesso Santo Padre continua a denunciare come la «dittatura del pensiero unico». Sembra che il potere voglia i giovani confusi e isolati.
La violenza del potere percuote e distrugge soprattutto loro, i giovani, abbandonati in amara solitudine, tagliati via da qualsiasi appartenenza familiare o sociale che li abbia a cuore13.
• Quali sono le armi di questo potere?
L’azione del potere si documenta come più efficace nel determinare la mentalità del singolo e di quello che resta di un popolo: riduzione delle parole e svuotamento del desiderio sono le armi più efficaci di chi ha come scopo la manipolazione delle coscienze per quella che Pier Paolo Pasolini chiamava «omologazione». Il potere, di qualunque tipo, infatti, non è mai stato così capillarmente efficace e invasivo della società come nella nostra epoca14.
• È possibile intravvedere nel potere così concepito l’idea biblica dell’idolo?
Non possiamo concepire adeguatamente un discorso sul potere senza recuperare, almeno per un accenno, questa posizione biblica, perché l’idolo è ciò che sembra Dio, e lo sembra in quanto – come l’Anticristo – fa grandi cose. L’idolo per eccellenza è chi ha il potere è chi ha l’atteggiamento del potere, la maschera del potere. L’idolo è ciò in cui l’uomo pone tutta la sua speranza esistenziale storica, è ciò cui si dà obbedienza e devozione, è ciò che esplicitamente o implicitamente è concepito come il motivo adeguato per cui le cose sono o si muovono15.
• Posto in questi termini il ragionamento, sembra c...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Introduzione degli autori
- «Per l’umano & per l’eterno». Intervista virtuale con mons. Luigi Giussani
- Note bibliografiche
- Notizia sugli Autori