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Informazioni su questo libro
La Via Crucis che gli antichi pellegrini hanno rintracciato e ripercorso nelle stradine di Gerusalemme, è stata poi riprodotta in «quattordici stazioni» sulle pareti di tutte le chiese. In sèguito essa è stata celebrata in tante «sacre Rappresentazioni» popolari e in tante processioni quaresimali, così da donare a tutti i fedeli la stessa commovente devozione.
Dobbiamo però ricordare che essa non deve servire soltanto alla nostra devozione, ma ad alimentare la nostra fede sul fatto che la morte in Croce di Gesù (o l'Amore Crocifisso) non è un avvenimento penultimo, dopo di che si volta pagina, per passare alla Risurrezione.
La Croce di Gesù è invece l'avvenimento ultimo e decisivo della nostra vicenda umana, che dovrà farci compagnia in ogni istante della vita e che la Chiesa (con l'aiuto dello Spirito Santo e della santa Vergine Addolorata) dovrà contemplare fino all'ultimo istante della sua storia terrena. Per noi cristiani, voler «restare con Cristo» significa restare in adorazione davanti alla sua Croce. I santi non sapevano staccarsene mai.
Il rimando oggettivo, ontologico, a questa permanenza del sacrificio di Cristo, continuamente celebrato e contemplato, è nel sacramento dell'Eucaristia (e, in parte, anche negli altri sacramenti). La Chiesa esiste per donarci ogni giorno il Corpo Sacrificato di Gesù: ed è nell'Amen con cui ogni singolo fedele lo accoglie in sé, che viene celebrata la Risurrezione. La Risurrezione di Gesù non è, dunque, una pagina successiva a quella della sua morte in Croce, ma la rivelazione dell'amore invincibile che la Croce ci ha donato e continua a donarci.
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Informazioni
Argomento
Teologia e religioneCategoria
Commento della BibbiaAntonio Maria Sicari
«Ecco l’Uomo»
Meditazioni sulla Via Crucis


Antonio Maria Sicari
Sacerdote e teologo, è fondatore del «Movimento Ecclesiale Carmelitano». Grazie ai suoi numerosi volumi di «Ritratti di Santi» è diventato il più celebre agiografo italiano. Tra le sue opere (tutte uscite da Jaca Book): L’itinerario di santa Teresa d’Avila. La Contemplazione nella Chiesa (1994); La teologia di santa Teresa di Lisieux (1997); Elisabetta della Trinità. Un’esistenza teologica (2000); Ci ha chiamati amici. Laici e consigli evangelici (2001); Gli antichi carismi nella Chiesa (2002); Il primo e il secondo grande libro dei Ritratti di Santi (1997-2006); Nel “Castello interiore” di santa Teresa d’Avila (2006); Il «Divino Cantico» di san Giovanni della Croce (2011). Per Ares Ha pubblicato Come muoiono i santi (2016), Restare con Cristo (2017), La verità dell'amore (2017), Paolo VI (2018) e Santi in missione (2019).
Un grido!
Gesù manda il gran grido.
Rende lo spirito al Padre.
Immenso silenzio improvviso:
via fugge, snidata, la morte:
addensate su giorno
le tenebre, il sole le squarcia:
si squarcia il velo del tempio.
Immobile è tutto,
un istante che è eterno:
il Sangue, solo, si muove,
l’inesausto amor del Signore
che pende regale
aperte le braccia ai fratelli
verso la Madre nel parto.
Ora ascende, ascende il Calvario,
paradiso pieno di dolore:
in un gemer di tutto il creato,
la terra sussulta,
si spezzan le pietre,
nelle tombe esultano i santi;
rincasa la gente, battendosi il petto:
poca rimane, rapita nel pianto:
i crocifissi languenti
stan come assorti:
e nell’immane momento,
il centurione, di fronte alla Croce,
sgomento, dice, gloriando, coi suoi:
— Veramente era il Figlio di Dio. —
Clemente Rebora

L’agonia nell’Orto degli ulivi (1652ca)
Rembrandt van Rijn
Rembrandt van Rijn
IL POTERE BEFFARDO: «ECCO IL VOSTRO RE»
1. Preludio: Passione di Cristo, Passione dell’uomo
Affermare: «Passione di Cristo, passione dell’uomo» può voler dire molte cose:
– che la Passione di Cristo si ripete e si prolunga nella sofferenza di ogni uomo;
– che dobbiamo imparare a scoprire il Suo Volto nel volto «del più piccolo dei suoi fratelli», come il Vangelo ci insegna;
– oppure (più originariamente) che davvero Cristo patisce per la Passione che ha per noi uomini e che, col suo dolore infinito, anch’egli è diventato la nostra passione di credenti.
Tutto questo vuol significare ogni Crocifisso, con quel volto sofferente che fissiamo come se non ci stancassimo mai di guardarlo, di contemplarlo: per imparare a pregare e per scoprire la nostra stessa fisionomia e quella di coloro che ci sono dati come prossimo.
Da quando Cristo è venuto, infatti, Egli è insieme il nostro Dio e il nostro prossimo.
La celebrazione della Via Crucis nacque quando i cristiani cominciarono, nella liturgia, a dialogare il racconto della Passione, come si fa anche oggi durante la Settimana Santa. E, dialogando quel racconto, volevano immedesimarsi, capire quella espressione che è così essenziale nel Credo: «propter nos homines et propter nostram salutem», cioè «per noi uomini e per la nostra salvezza». Tutto è avvenuto per noi: nel dramma della Passione di Cristo tutte le parti ci riguardano; in tutte è in gioco la nostra salvezza.
La Via Crucis è diventata un ulteriore ampliamento di quella celebrazione, legata soprattutto al ricordo dei pellegrini che in Terra Santa avevano visto la via che sale al Calvario e l’avevano percorsa umilmente, tentando di rivivere quasi fisicamente gli avvenimenti del primo Venerdì Santo della storia.
Ma l’indicazione, ancora più antica, della necessità di percorrere anche noi la Via Crucis di Gesù è già nel Vangelo: «Io me ne vado per prepararvi un posto» – disse Gesù l’ultima sera della sua vita – «... poi ritornerò e vi prenderò con me, affinché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io vado, voi conoscete la via. Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via? Gli disse Gesù: Io sono la via... Nessuno viene al Padre se non per mezzo mio» (Gv 14, 5ss.).
Tempo prima, il Signore Gesù aveva avvertito i discepoli: «Chi vuol venire dietro a me rinneghi sé stesso, prenda la sua Croce e mi segua». E, per vincere le nostre incertezze e le nostre paure, parlò anche di una attrazione irresistibile che ci avrebbe condotti sulla strada che porta a Lui Crocifisso: «Io, quando sarò innalzato (sulla Croce), attirerò tutti a me».
La Via Crucis perciò è un mistero di «adattamento», di vera «conformazione»: noi ci adattiamo a Lui – tentiamo almeno di farlo – per scoprire fino a che punto, doloroso e glorioso assieme, Lui si è adattato a noi. Ha scritto Paul Claudel: «Da quando il Suo Cuore è aperto e le mani sono ferite, / non c’è più nessuna croce fra noi / alla quale il suo corpo non si adatti; / non c’è più peccato tra noi a cui non risponda una sua piaga. / Vieni dunque verso di noi, Salvatore del mondo».
Proprio così. Andiamo verso di Lui, per accorgerci del suo cammino verso di noi. Per ringraziarLo e adorarLo («Adoramus te, Christe»!).
Ma per vivere bene, in modo educativo per noi, questo gesto occorre viverlo come momento di totale radicalizzazione.
La Via Crucis è come la via del «nulla» descritta da san Giovanni della Croce: quella che sale dritta sulla vetta dell’amore di Dio senza mai badare ad altro, senza mai deviare. Ha scritto De Lubac: «Nulla, se non questa via, / Nulla, se non questo Crocifisso, / ché è Egli stesso la Via».
È la stessa posizione di san Paolo quando esclama: «Non voglio sapere altro che Cristo e Cristo crocifisso. Con Lui io sono confitto alla Croce. Porto le sue stimmate nel mio corpo». E anche: «Completo nella mia carne quello che io devo alla Passione di Cristo».
Ricordiamo che queste parole vanno bene dette prima di percorrere la Via Crucis, prima d’iniziare la strada e di meditare le stazioni singole: così si capirà meglio ogni passo e ogni sosta.
«Stazioni». Non parole ma soste davanti a dei fatti: fatti che riguardano il Corpo di Cristo, che segnano il suo Corpo. Visione dei fatti che hanno costituito la sua indicibile Passione. Ricordiamo la parola del profeta che dice: «Tu che cammini sulla mia strada, fermati e guarda se c’è mai stato un dolore simile al mio dolore».
2. Prima stazione: Gesù è condannato a morte
Il cammino della Via Crucis è breve. Comincia quasi dalla fine, dalla condanna. Va dalla condanna all’esecuzione, dalla sentenza alla morte. È solo l’ultimo e irrimediabile «tempo» della Passione.
È un cammino «breve», nel senso di «deciso»: si è già a un punto cioè che non permette ripensamenti, non lascia respiro, nessun «forse», nessun «chissà», nessuna attesa se non quella di morire. Perché quando noi cominciamo il cammino, Lui è già condannato.
Non c’è più il processo in cui si poteva ancora discutere, si poteva ancora essere accusati, ma anche portare testimonianze a discolpa, e difendersi quindi. Ora più niente. Sono rimaste soltanto le parole definitive:
«Ha bestemmiato e deve morire!».
«Si è messo al posto di Cesare e deve morire!».
«Via, crocifiggilo!».
È una Via Crucis perché tutte le altre strade sono state sbarrate. Non c’è più la discussione con Pilato, che sembrava aprire uno spiraglio di ripensamento: «Cos’è la verità?»; né l’estremo tentativo della moglie che manda a dire al procuratore romano: «Non voler avere nulla a che fare con quell’uomo, perché stanotte in sogno io ho sofferto molto per lui»; né c’è più la perplessità: «Io non trovo in lui nessuna colpa»; oppure: «Volete che vi liberi costui o Barabba?».
Ora Gesù è definitivamente condannato. Le strade si sono raccolte in una sola, perfino l...
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