Terra, popoli, macchine
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Settantamila anni di globalizzazione

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Settantamila anni di globalizzazione

Informazioni su questo libro

“La cooperazione globale è oggi di vitale importanza non soltanto per il controllo delle malattie, ma anche per affrontare questioni urgenti come quella del controllo del cambiamento climatico indotto dall’uomo; la tutela della biodiversità; il controllo e la riduzione del grande inquinamento dell’aria, del suolo e degli oceani; l’uso appropriato e la governance di Internet; la non proliferazione di armi nucleari; l’evitare migrazioni forzate di massa e la sempre presente sfida per evitare o porre fine a conflitti violenti. Tutte queste sfide devono essere affrontate in un mondo che troppo spesso è diviso, diffidente e distratto e, ora, preoccupato per una nuova zoonosi che si è tramutata di colpo in una nuova pandemia. Questo libro non fornirà risposte semplici o antidoti a questi mali e minacce. La storia della globalizzazione è la storia delle gloriose imprese e delle atrocità compiute dall’umanità, dei danni che a volte ci siamo inflitti da soli e della complessità del progresso umano che avviene nel mezzo di continue crisi. La globalizzazione, potremmo dire, prevede l’intricata interazione tra geografia fisica, istituzioni umane e conoscenze tecniche. Spero che questo libro farà chiarezza sulla lunga storia dei nessi reciproci globali e sul ruolo della globalizzazione nel modellare la nostra umanità e le nostre vite.”
Dalla prefazione dell'autore.

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Capitolo 1
Le sette Età della Globalizzazione
L’umanità è sempre stata globalizzata, sin da quando gli uomini migrarono dall’Africa circa settantamila anni fa. Eppure, nel corso della storia, la globalizzazione ha mutato carattere. I cambiamenti sono spesso sopraggiunti in modo brusco e violento. Ora invece, nel Ventunesimo secolo, dobbiamo cambiare in modo pacifico e assennato; nell’epoca del nucleare, nel caso di una guerra globale potremmo non avere una seconda chance. Studiando la storia della globalizzazione, possiamo arrivare ad avere una comprensione informata del fenomeno in atto nel Ventunesimo secolo per capire come gestirlo con efficacia.
Nella mia interpretazione, dal nostro passato remoto al presente abbiamo attraversato sette distinte Età della Globalizzazione. In ciascuno di questi sette periodi storici, il cambiamento globale è emerso dall’interazione tra la geografia fisica, le tecnologie e le istituzioni. Per geografia fisica in questo contesto si intendono il clima, la flora e la fauna, le malattie, la topografia, il suolo, le risorse energetiche, i giacimenti minerari e i processi della Terra che influenzano le condizioni di vita. Le tecnologie si riferiscono agli hardware e software dei nostri sistemi produttivi. Le istituzioni comprendono la politica, le leggi e le idee e pratiche culturali che guidano le società. Geografia, tecnologie e istituzioni sono soggette a variabilità e cambiamenti notevoli, e interagiscono con vigore nel modellare le società nello spazio e nel tempo.
Se vogliamo comprendere la storia dell’uomo, è fondamentale comprendere l’interazione tra queste tre importanti componenti, che ci faranno da guida anche nell’orientarci nei cambiamenti in corso nel nostro secolo. Esaminando la storia della globalizzazione possiamo fare scelte più avvedute per le società e le economie dei nostri tempi.
Filosofi, storici, teologi e altri studiosi si chiedono da molto tempo: C’è una direzione nella storia? Possiamo parlare di cambiamenti di lungo periodo o soltanto di cicli storici che si ripetono? C’è un progresso a lungo termine? Secondo me sì, la storia ha una direzione. In ogni periodo storico l’essere umano è divenuto sempre più consapevole del mondo più esteso in cui viveva. I progressi tecnologici – soprattutto nell’ambito dei trasporti e delle comunicazioni – e i cambiamenti demografici in termini di dimensioni e struttura delle popolazioni umane hanno intensificato le nostre interdipendenze e la nostra consapevolezza su scala globale. Di conseguenza, anche la politica è passata dall’essere molto locale a globale, mai come nella nostra epoca.
Dovremo allora concentrare la nostra attenzione su cinque grandi domande: Quali sono stati i principali motori del cambiamento su scala globale? Come interagiscono geografia, tecnologie e istituzioni? Come si diffondono i cambiamenti da una regione alle altre? Come questi cambiamenti hanno influenzato l’interdipendenza globale? Quali lezioni possiamo trarre da ciascun periodo storico per affrontare le sfide del presente?
le sette età
Globalizzazione significa che esistono nessi reciproci tra società diverse in vaste aree geografiche. Questi nessi reciproci sono di natura tecnologica, economica, istituzionale, culturale e geopolitica. Comprendono interazioni tra società attraverso il commercio, la finanza, le imprese, le migrazioni, la cultura, gli imperi e la guerra.
Per delineare la storia della globalizzazione andrò a descrivere ed esaminare sette distinte età: il Paleolitico, la nostra Preistoria, in cui gli uomini erano ancora animali in cerca di cibo; il Neolitico, età in cui cominciarono le prime attività di agricoltura e allevamento; l’Età Equestre, in cui l’addomesticamento del cavallo e lo sviluppo di forme di protoscrittura permisero scambi commerciali e comunicazioni di lunga distanza; l’Età Classica, che vide emergere i primi grandi Imperi; l’Età Oceanica, periodo in cui gli Imperi si espansero per la prima volta oltreoceano e oltre le zone ecologiche abituali delle terre natie; l’Età Industriale, quando qualche società – con la Gran Bretagna in testa – introdusse l’economia industriale; e l’Età Digitale, i nostri tempi, in cui quasi tutto il mondo è istantaneamente interconnesso attraverso dati digitali.
Nel Paleolitico, che io dato dal 70.000 a.C. al 10.000 a.C., interazioni di lungo raggio avvenivano per migrazioni di piccoli gruppi di persone da un posto a un altro. Quando ciò avveniva portavano con sé i loro utensili, il loro complesso di competenze e le loro culture emergenti. Quando gruppi migranti di Homo sapiens (esseri umani moderni dal punto di vista anatomico) arrivavano in nuove regioni, dovevano cavarsela in nuovi modi, affrontando altri ominidi (appartenenti al genere Homo) come i Neanderthal e i Denisova, nuovi predatori e patogeni, nuove condizioni ecologiche (come quella di vivere ad altitudini più elevate) e, naturalmente, altri gruppi concorrenti di uomini. La competizione contribuì alla formazione di modelli culturali che sussistono ancora oggi.1
La fine dell’ultima Era Glaciale e la comparsa di un clima più caldo permisero la successiva fase della globalizzazione, l’Età del Neolitico (“nuova pietra”), che io colloco temporalmente dal 10.000 a.C. al 3000 a.C. La svolta fondamentale di questo periodo fu l’agricoltura, con attività di coltivazione e di allevamento. Quando si passò dal ricercare cibo al coltivarlo, si passò anche dal nomadismo a una vita sedentaria in villaggi. La gamma di interazioni umane passò dal proprio clan ad abbracciare il villaggio e la politica e gli scambi commerciali tra villaggi. Lo scambio di oggetti preziosi – gemme, conchiglie, minerali, utensili – avveniva tra luoghi che distavano centinaia di chilometri.
L’addomesticamento del cavallo introdusse una terza Età della Globalizzazione, l’Età Equestre, che colloco temporalmente dal 3000 a.C. al 1000 a.C. Questo periodo viene tradizionalmente denominato l’Età del Bronzo e del Rame, ma io preferisco dare maggiore enfasi al ruolo del cavallo rispetto a quello dei minerali. Con l’addomesticamento del cavallo divennero possibili trasporti e comunicazioni di lungo raggio. Il cavallo poteva svolgere diversi ruoli essenziali: trazione animale (cavallo-vapore), comunicazioni (trasmissione di messaggi), e militare (cavalleria). Nel gergo moderno diremmo che il cavallo addomesticato fu una “tecnologia rivoluzionaria”, paragonabile in un certo senso a invenzioni come la macchina a vapore, la locomotiva, l’automobile e il carrarmato messi insieme. In ambito politico il cavallo accelerò l’avvento dello Stato, perché permise a potenze coercitive di percorrere distanze molto maggiori per amministrare il pubblico.
L’età successiva, a noi nota come Età Classica e che io dato dal 1000 a.C. al 1500 d.C., segnò l’ascesa e l’intensa competizione tra grandi Imperi terrestri. A partire all’incirca dal 1000 a.C., alcuni Stati – come quello neoassiro in Mesopotamia e, di poco successivo, quello achemenide in Persia – intrapresero grandi espansioni territoriali, che ebbero successo per i loro vantaggi nella gestione militare e politica. In questa ascesa contarono enormemente le idee. I principali Imperi furono spronati da nuove prospettive religiose e filosofiche, come le nuove filosofie del mondo grecoromano, che modellarono profondamente queste società. Il periodo imperiale diede avvio a scambi commerciali transeurasiani, come quello tra l’Impero romano in Occidente e l’Impero Han cinese in Oriente, che avvenivano sia via terra sia attraverso rotte marittime lungo le coste dell’Oceano Indiano e del mar Mediterraneo.
Intorno al 1400 d.C., i progressi nella navigazione e nelle tecnologie militari sfociarono nella transizione a una nuova era, l’Età Oceanica, che colloco temporalmente da 1500 al 1800. Durante questo nuovo periodo storico gli Imperi divennero per la prima volta transoceanici, di fatto quindi globali, e potenze imperiali di zone temperate dell’Europa conquistarono e colonizzarono regioni tropicali in Africa, nelle Americhe e in Asia. Seguirono cambiamenti rivoluzionari nel commercio globale, come quello della nascita delle società multinazionali, la grande espansione degli scambi commerciali transoceanici, e il movimento di massa di milioni di persone in vari modi, tra cui quello della schiavitù forzata di milioni di africani inviati a lavorare nelle miniere e nelle piantagioni americane. Anche la politica divenne per la prima volta globale, in termini di scala, e condusse alle prime guerre combattute simultaneamente in diversi continenti.
L’Età Industriale, che colloco nel tempo tra il 1800 e il 2000, segnò un’altra profonda accelerazione di mutamenti globali. Cambiamenti che avevano avuto luogo nel corso di secoli, o persino di millenni, in questo periodo si realizzarono nell’arco di appena qualche decennio. L’Età Industriale fu contraddistinta da ondate di progressi tecnologici, e da una nuova potente alleanza tra scienza e tecnologia. Con lo sfruttamento di combustibili fossili, reso possibile dall’invenzione della macchina a vapore e del motore a combustione interna, l’aumento della produzione industriale fu vertiginoso. Mentre nell’Età Oceanica si assistette all’ascesa di Imperi transoceanici, quella industriale fece sorgere la prima egemonia globale, la Gran Bretagna, seguita poi dagli Stati Uniti. Queste due potenze dominarono l’intero globo con un potere militare, tecnologico e finanziario senza precedenti nella storia. Ma, come dimostrato dalla caduta dell’Impero britannico, anche le egemonie possono perdere rapidamente il loro posto in cima alla competizione globale.
Dal 2000 abbiamo fatto il nostro ingresso nell’Età Digitale, risultante dalle capacità sbalorditive delle tecnologie digitali: computer, internet, telefonia mobile e intelligenza artificiale, solo per nominarne alcune. La trasmissione globale dei dati è dilagante: la potenza computazionale è moltiplicata miliardi di volte, e le tecnologie informatiche stanno stravolgendo ogni aspetto dell’economia, della società e della geopolitica mondiale. Stiamo passando da un’era di potenze egemoniche a un mondo multipolare in cui coesistono diverse potenze regionali. Il flusso onnipresente di informazioni ha globalizzato l’economia e la politica in modo più diretto e pressante che nell’Età Industriale. Abbiamo visto come un calo temporaneo in un’area dell’economia mondiale – per esempio la caduta della Lehman Brothers, banca d’investimenti di Wall Street, il 14 settembre del 2008 – possa creare il panico finanziario e il tracollo economico su scala globale nell’arco di qualche giorno.
La tabella 1.1 sintetizza le sette età ora descritte, e gli intervalli temporali interessati, le principali innovazioni tecnologiche e la portata della loro governance.
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l’accelerazione del cambiamento
Agli albori della storia umana tutti gli uomini erano impegnati a cacciare e a raccogliere cibo per sopravvivere. Non vi era alcun divario città-campagna, dal momento che non vi erano villaggi rurali, né tantomeno città. La Rivoluzione del Neolitico e l’introduzione dell’agricoltura fece sorgere villaggi agricoli e diede avvio alla vita sedentaria, rimpiazzando per lo più (ma non del tutto) la ricerca di cibo e il nomadismo. Per migliaia di anni, fino all’inizio dell’industrializzazione, quasi tutta l’umanità viveva in aree rurali e si occupava soprattutto di agricoltura di sussistenza. Ogni famiglia lottava per nutrirsi, e soltanto una proporzione minima di eccedenze, quando c’erano, venivano vendute o utilizzate per pagare le tasse.
Fino al Ventesimo secolo in gran parte del mondo – e fino a oggi nei Paesi più poveri – la produzione agricola fu così misera che il rischio di carestie e di fame era onnipresente. Nel 1789, la Rivoluzione francese scoppiò in parte per la fame dilagante tra la popolazione in un periodo in cui il governo tentava di aumentare le tasse per coprire il debito pubblico. La carestia irlandese degli anni Quaranta dell’Ottocento si portò via circa un milione di vite. Nella seconda metà del Diciannovesimo secolo, ripetute carestie nell’India britannica e in altre regioni colonizzate uccisero decine di milioni di persone.2
Il processo di industrializzazione e i conseguenti progressi nella meccanizzazione agricola e nelle conoscenze agronomiche aumentarono grandemente la produzione di cibo per agricoltore nelle economie industriali. Mentre prima era necessario che quasi tutti i nuclei famigliari fossero impegnati nell’attività agricola per produrre abbastanza cibo per la popolazione, a quel punto divenne possibile che una porzione più contenuta, e sempre minore, della forza lavoro nutrisse tutti gli altri. Una maggiore produzione di cibo comportò per gran parte della popolazione rischi nettamente minori di carestie generalizzate e di fame. I lavoratori agricoli divenuti “eccedenti” e rimpiazzati dalle macchine abbandonarono le campagne per trovare lavoro in città. Più della metà dell’Inghilterra, la prima società industriale al mondo, era urbanizzata intorno al 1880, periodo in cui la maggior parte del resto del mondo era ancora in preponderanza rurale. Con il diffondersi dell’industrializzazione, seppur in modo molto disomogeneo nel mondo, l’urbanizzazione cominciò a espandersi e il tenore di vita a migliorare.
L’aspetto rilevante è il tempo impiegato dall’umanità per liberarsi della povertà e della fame onnipresenti e quasi totali. Se prendiamo in considerazione l’ampia curva temporale dell’esperienza umana che comincia trecentomila anni fa, quasi ogni cambiamento economico e demografico è avvenuto in un batter d’occhio durante gli ultimi duecento anni circa della storia della nostra speci...

Indice dei contenuti

  1. Terra, popoli, macchine
  2. Indice
  3. Prefazione
  4. Capitolo 1. Le sette Età della Globalizzazione
  5. Capitolo 2. Il Paleolitico (70.000-10.000 a.C.)
  6. Capitolo 3. Il Neolitico (10.000-3000 a.C.)
  7. Capitolo 4. L’Età Equestre (3000-1000 a.C.)
  8. Capitolo 5. L’Età Classica (1000 a.C.-1500 d.C.)
  9. Capitolo 6. L’Età Oceanica (1500-1800)
  10. Capitolo 7. L’Età Industriale (1800-2000)
  11. Capitolo 8. L’Età Digitale (Ventunesimo secolo)
  12. Capitolo 9. Guidare la globalizzazione nel Ventunesimo secolo
  13. Ringraziamenti
  14. Appendice dati
  15. Letture di approfondimento
  16. Bibliografia