L’immagine come punto interrogativo o il valore estatico del documento surrealista
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L’immagine come punto interrogativo o il valore estatico del documento surrealista

  1. 48 pagine
  2. Italian
  3. ePUB (disponibile sull'app)
  4. Disponibile su iOS e Android
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L’immagine come punto interrogativo o il valore estatico del documento surrealista

Informazioni su questo libro

Il breve saggio approfondisce l'utilizzo delle immagini fotografiche tipico dell'attività dei Surrealisti tra la fine del XIX e inizio del XX secolo. Peculiarità surrealista è la forte preferenza per le immagini funzionali, utilizzate ai fini di documentazione o d'informazione, che venivano utilizzate in arte, decontestualizzandole, con un valore anti-artistico, legato alla capacità di suscitare domande e perplessità. L'uso di queste immagini diventa un gesto surrealista in sé, uno stimolo all'immaginazione e una forma poetica per creare la sorpresa, o l'estasi tanto cara ai Surrealisti. In questo modo queste immagini subiscono una conversione del loro significato acquisendo una forza e una connotazione artistica e contemporaneamente non-artistica.

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Informazioni

Anno
2018
eBook ISBN
9788860101464
Argomento
Arte
Categoria
Arte generale

L’immagine come punto interrogativo

I surrealisti hanno amato appassionatamente le immagini. All’interno delle diverse formazioni d’avanguardia dei primi decenni del XX secolo sono stati senza dubbio tra i più “iconofili”. Nella vastissima varietà visiva che offriva loro la società moderna sembrano essersi particolarmente interessati alle immagini funzionali, prodotte in un contesto utilitario, a fini di documentazione o di informazione: tavole scientifiche, etnografiche o topografiche, materiali d’inchiesta, fotografie della polizia e della stampa periodica. «Non conosco niente di più esaltante» scriveva André Breton «dei documenti fotografici che ci restituiscono la luce di questa epoca.»1 Per Salvador Dalí il dato fotografico – che in spagnolo si dice, senza che vi sia niente di anodino, dada fotográfica – «è sempre essenzialmente il veicolo più sicuro della poesia e il processo più agile per percepire le delicate osmosi che si determinano tra realtà e surrealtà».2
A quell’epoca uno dei migliori fornitori di documenti fotografici era il giornale illustrato che, a partire dai progressi ottenuti nei procedimenti di stampa fotomeccanica all’inizio del secolo, conosceva uno straordinario sviluppo. Nel suo Poisson soluble, pubblicato nel 1924, André Breton descrive così il piacere che prova a sfogliare i giornali come un mondo che si misura a grandi passi, a lasciarsi colpire da un’immagine intrigante come ci si abbandonerebbe completamente al sortilegio di un profumo scoperto alla svolta di un viottolo in un boschetto: «La terra, sotto i miei piedi, non è altro che un immenso giornale aperto. Talvolta passa una fotografia, è una curiosità qualunque e dai fiori sale uniformemente il profumo, il buon odore dell’inchiostro di stampa».3
Un’altra testimonianza di questo gusto per la “raccolta” delle immagini nei giornali è fornita dal Cahier de permanence del Bureau des recherches surréalistes. Il 1° novembre 1924 Jacques-André Boiffard vi consegna la proposta seguente: «che qualcuno si informi sull’identità del personaggio che si occupa delle curiose fotografie sulla prima pagina dell’Intransigeant – e se è possibile chiedere il suo aiuto».4 Come si può verificare, questo giornale pubblicava effettivamente ogni giorno in prima pagina dei documenti insoliti accompagnati da titoli o commenti laconici (Figg. 1-2). Il numero del 13 settembre 1924 presenta, per esempio, la fotografia di un incidente automobilistico in cui un albero aveva finito con l’incastrarsi violentemente in un autobus. L’immagine tuttavia è stata presa in modo tale che la pianta al primo sguardo sembra cresciuta naturalmente lì, nel bel mezzo del veicolo. «L’albero nell’autobus… o l’autobus nell’albero (Fig. 35 commenta il giornale. È esattamente questo il genere di sorprese visive che i surrealisti amavano veder fiorire sulla stampa.
Fig. 1. “La casa del Presidente”, in L’Intransigeant, 5 ottobre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Fig. 1. “La casa del Presidente”, in L’Intransigeant, 5 ottobre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Fig. 2. “La più grande ‘in the world’”, in L’Intransigeant, 27 ottobre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Fig. 2. “La più grande ‘in the world’”, in L’Intransigeant, 27 ottobre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Fig. 3. “L’albero nell’autobus…”, in L’Intransigeant, 13 settembre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Fig. 3. “L’albero nell’autobus…”, in L’Intransigeant, 13 settembre 1924. Fotografia anonima. Bibliothèque nationale de France, Parigi.
Al di là del puro piacere della scoperta fortuita sulle pagine dei giornali, i surrealisti hanno anche cercato attivamente e talvolta perfino collezionato queste immagini. L’esempio più noto è quello di Eugène Atget. A metà degli anni venti Man Ray scopre questo fotografo documentarista il cui atelier è situato a pochi passi dal suo, in rue Campagne-Première. Tra le migliaia di documenti che il vecchio fotografo proponeva a cinque franchi l’uno, Man Ray gli acquista una quarantina di immagini i cui soggetti – mercati delle pulci, parchi giochi, vetrine o manichini – si inscrivono a pieno titolo nell’immaginario surrealista.6
Ma questa non è l’unica manifestazione dell’interesse dei surrealisti per la fotografia documentaria. La dispersione degli archivi di André Breton nel 2003 ha rivelato che aveva conservato in proprio possesso molti documenti fotografici – ritratti antropometrici, immagini di incidenti (Fig. 4), rilievi topografici, fotogr...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. L’immagine come punto interrogativo
  3. Note
  4. Copyright