Smart working
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Smart working

  1. 176 pagine
  2. Italian
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  4. Disponibile su iOS e Android
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Smart working

Informazioni su questo libro

Lo smart working è la fine dell'ufficio? In questo libro troverete la risposta, perché il futuro del lavoro è già arrivato. Ha cambiato il nostro modo di lavorare, la percezione dei nostri spazi vitali. Ha modificato i rapporti tra colleghi e le modalità con cui svolgere le riunioni. Ha indotto molte imprese a valicare il muro dello scetticismo o del pregiudizio negativo. È stato il miglior strumento per affrontare una crisi senza precedenti, un evento imprevedibile e devastante. È questo lo smart working.O meglio è stato questo finora. Prima o poi la pandemia finirà, non il nuovo modo di lavorare.È questo il senso degli interventi che esperti, economisti, giuristi, sociologi hanno affidato al Sole 24 Ore e che ora sono raccolti in questo volume.
Il lavoro del futuro avrà bisogno di regole, il più possibile frutto di accordi tra le parti sociali e non di ingessature normative frutto di una cultura dei vincoli tarata sull'idea novecentesca della prestazione lavorativa. Ma non cambia solo il lavoro, cambia anche il senso e la spazialità dei suoi luoghi. E forse è questa la conseguenza meno prevedibile anche se potenzialmente più dirompente.
Perché la domanda a cui bisogna rispondere è una sola: lo smart working sarà la fine dell'ufficio?

Domande frequenti

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Informazioni

1. Le regole

Lo smart working
L’era di un altro articolo 18

—Matteo Prioschi
Una modalità di esecuzione del lavoro subordinato che ha l’obiettivo di facilitare la conciliazione dei tempi di vita personale e quelli di lavoro, nonché aumentare la competitività delle aziende. Esecuzione che deve avvenire in parte in azienda e in parte fuori, senza vincoli particolari di tempo e luogo se non il rispetto dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale fissato dalla contrattazione collettiva. Questo è lo smart working, secondo l’articolo 18, comma 1, della legge 81/2017.
Un quadro regolamentare complessivamente snello, che lascia margine ad azienda e lavoratori per definirne meglio le caratteristiche caso per caso, nel rispetto della cornice normativa. Infatti sempre il comma 1 dell’articolo 18 prevede che lo smart working sia attivato tramite accordo tra le parti. In questo periodo di emergenza epidemiologica, però, la normativa ordinaria resta in vigore ma con due eccezioni temporanee: il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dello scorso 25 febbraio ha stabilito che l’accordo non è necessario e l’informativa sui rischi generali per la salute e la sicurezza sul lavoro si può inviare al dipendente anche tramite email. Successivamente è stata semplificata la modalità di comunicazione al ministero del Lavoro dell’utilizzo della modalità di lavoro agile.
Per ora, almeno fino al 15 ottobre, l’accordo può essere sostituito dalla decisione unilaterale dell’azienda, motivata anche dall’obbligo/necessità di garantire la tutela della salute dei dipendenti, che senza l’obbligo di recarsi in sede riducono le possibilità di esposizione durante gli spostamenti e l’attività stessa a contatto con i colleghi. Tuttavia la decisione unilaterale è opportuno che sia accompagnata da una comunicazione al dipendente contenente quelli che dovrebbero essere i contenuti dell’accordo.
Devono essere indicati i tempi di riposo e le modalità tecniche e organizzative con cui viene garantito il diritto alla disconnessione, cioè quando, nel corso dell’attività fuori azienda, il dipendente può non essere reperibile.
C’è poi la parte relativa al potere di controllo del datore di lavoro, tenuto conto anche delle possibilità di “monitoraggio” derivanti dall’utilizzo degli strumenti di lavoro: le informazioni a cui l’azienda può attingere già tramite solo il telefono e il computer in dotazione al dipendente sono numerose. Può inoltre essere stabilita, ad esempio, la pratica di rendicontare l’attività svolta con cadenza periodica, focalizzando magari l’attenzione più sui risultati da conseguire, nello spirito dello smart working, che sul tempo impiegato.
Altro aspetto da regolamentare riguarda i comportamenti ammessi o quelli vietati, con riferimento ad esempio all’utilizzo e alla conservazione dei dispositivi in uso, anche per garantire la sicurezza delle informazioni aziendali. Quindi, istruzioni precise sulle modalità di connessione in rete, scambio dei messaggi, conservazione dei documenti e degli stessi dispositivi. Tuttavia è bene ricordare che la sicurezza e il buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati sono responsabilità dell’azienda. Va detto che, nei fatti, si può utilizzare questo aspetto per andare a delimitare lo spazio in cui svolgere l’attività, vietando magari luoghi particolarmente affollati. Mentre il già accennato tema della reperibilità può portare a definire un orario di lavoro analogo a quello svolto in azienda. Disposizioni, queste, che vanno a limitare quella sostanziale libertà o irrilevanza di tempo e spazio entro cui effettuare l’attività lavorativa, purché funzionale al raggiungimento degli obiettivi prefissati. Gli accordi siglati in precedenza, o le disposizioni unilaterali della fase emergenziale, rischiano di “ingessare” il lavoro agile ben più di quanto richiesto dalla legge. Spetta quindi alle parti individuare il miglior punto di equilibrio, non cedendo alla tentazione di replicare fuori azienda regole e modalità applicate all’interno.
Per quanto riguarda salute e sicurezza, la legge stabilisce che il dipendente deve essere informato in forma scritta, almeno una volta all’anno, dei rischi generali e specifici derivati dallo svolgimento del lavoro fuori sede e deve collaborare con l’azienda nell’attuazione delle misure di prevenzione disposte da quest’ultima. Quanto alla copertura contro gli infortuni e le malattie professionali, essa vale anche per le giornate di smart working, compreso l’eventuale spostamento tra l’abitazione e il luogo scelto per lavorare, che quindi può anche essere diverso dal domicilio.
Altro aspetto regolato dalla legge è il diritto del dipendente a ricevere un trattamento economico non inferiore a quello riconosciuto a chi lavora solo in sede. E, poiché non va dimenticato che, come delineato dall’articolo 18, comma 1, lo smart working ha come obiettivo il miglioramento della competitività dell’azienda, gli incentivi fiscali e contributivi (che possono avere ricadute positive sia sul lavoratore che sull’azienda) sono applicabili anche in presenza della modalità agile.
Infine, l’accordo (in questa fase l’informativa dell’azienda) può riconoscere il diritto all’apprendimento permanente e alla certificazione delle competenze del lavoratore in smart working, aggiornamento conseguibile secondo modalità formali o non.
Quale strumento di conciliazione del tempo dedicato al lavoro e alle altre attività, lo smart working prevede dei diritti di precedenza o di utilizzo. In via strutturale, se questa modalità viene utilizzata, deve essere riconosciuta in via prioritaria alle lavoratrici che si trovano nei tre anni successivi al congedo di maternità e ai genitori di figli disabili gravi. Inoltre, nella fase di emergenza epidemiologica, viene riconosciuto il diritto allo smart working (purché compatibile con le caratteristiche dell’attività da svolgere) ai disabili gravi o ai loro familiari e, nel settore privato, ai dipendenti affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa, a quelli immunodepressi e ai loro familiari conviventi deve essere riconosciuta la priorità.
Inoltre, fino al 14 settembre, data prevista di ripresa dell’attività scolastica, è riconosciuto il diritto al lavoro agile ai genitori con almeno un figlio minore di 14 anni, se in famiglia non c’è altra persona che non lavora o beneficiaria di ammortizzatori sociali per sospensione o cessazione dell’attività. Infine, la modalità agile va riconosciuta ai lavoratori più esposti al rischio di contagio da coronavirus (per età, immunodepressione, patologie oncologiche o terapie salvavita, comorbilità) sulla base delle valutazioni svolte dal medico competente. Anche in questi casi se è compatibile con il lavoro da svolgere.
In questi mesi di emergenza, uno degli aspetti a cui può essere stata posta scarsa attenzione è la durata del periodo complessivo di ricorso allo smart working, perché probabilmente nelle comunicazioni ai dipendenti si è fatto riferimento alla durata dello stato di emergenza oppure si è indicata una validità fino a revoca. Secondo la legge, l’accordo può essere a tempo determinato o indeterminato. In quest’ultimo caso si può recedere dallo stesso con un preavviso di almeno 30 giorni, che diventano 90 per i lavoratori disabili. Il preavviso non si applica a fronte di un motivo giustificato, che nell’ipotesi di accordo a tempo determinato consente la conclusione anticipata dello stesso, mentre il preavviso non è previsto per l’intesa a termine.

«Ora lo strumento deve superare l’emergenza»
Intervista alla ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo

—Claudio Tucci
Gli ammortizzatori sociali verranno riformati: «I nuovi strumenti dovranno essere universali e strettamente legati ai percorsi di formazione e politiche attive, con la condizionalità che avrà un ruolo determinante. Il 24 settembre incontrerò le parti sociali per migliorare lo smart working, visto che le regole semplificate e la deroga all’accordo individuale sono strettamente legate allo stato d’emergenza (valgono quindi fino al 15 ottobre). Mi aspetto una spinta da parte della contrattazione collettiva per contemperare sicurezza e produttività. In tale ottica – ha spiegato il ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, in questa intervista al Sole 24 Ore, la prima dopo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale del decreto Agosto, che stanzia altri 12 milioni per l’occupazione – un ruolo centrale andrà riconosciuto al diritto alla disconnessione, che guardi soprattutto alle donne lavoratrici».
Ma per ripartire occorre anche altro: «Un piano di incentivi e investimenti per facilitare la transizione tecnologica delle nostre imprese – ha risposto Catalfo –. La spinta sulle competenze, a cominciare dai percorsi Stem. Il sostegno a imprese e lavoratori. Tra le misure in vista del Recovery fund, c’è l’empowerment femminile. E sì, manterremo l’impegno a ridurre il costo del lavoro: è un obiettivo imprescindibile dell’azione di governo».
Ministro, ci aspetta un autunno piuttosto caldo. Sarà pronta la riforma degli ammortizzatori, e che contenuti avrà?
Ho manifestato da subito la necessità e l’intenzione di modificare l’attuale disciplina, disorganica e frammentata, degli ammortizzatori sociali. La contingenza della pandemia ci ha costretti a operare con gli strumenti e le procedure vigenti rispetto alle quali è stato compiuto comunque un primo ma importante sforzo di semplificazione e rimodulazione del sistema in senso universalistico. L’universalismo della copertura assicurativa degli ammortizzatori sarà uno dei due pilastri della riforma a cui la commissione di esperti che ho nominato sta lavorando. Il secondo è la correlazione del sostegno al reddito con percorsi di formazione e politiche attive: in questi termini, la condizionalità avrà certamente un ruolo determinante.
L’occupazione femminile sta pagando un prezzo elevato. Come migliorare la conciliazione vita-lavoro?
L’empowerment femminile è uno degli argomenti su cui, insieme ai miei tecnici, mi sto maggiormente concentrando in vista del piano di riforme da presentare all’Europa per avere accesso agli stanziamenti del Recovery fund. Gli obiettivi sono due. Primo: favorire l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, attraverso – per esempio – la programmazione di incentivi alle assunzioni e la creazione di percorsi formativi fondati sull’acquisizione di nuove competenze, con particolare riguardo all’accesso alle discipline Stem, in grado di rispondere ai nuovi fabbisogni occupazionali. Secondo: incentivare la permanenza nel mercato del lavoro delle lavoratrici madri, mediante il contrasto al part-time involontario, alle dimissioni “in bianco” e la promozione di strumenti di condivisione delle responsabilità genitoriali e dei carichi di cura. A tutto ciò, va aggiunta la diminuzione del gender pay gap, con incentivi sulla retribuzione di risultato che portino le imprese ad adottare indici di produttività gender oriented.
L’emergenza coronavirus, tra le tante cose, ha fatto ri-scoprire il lavoro agile. Di che numeri stiamo parlando?
A seguito delle deroghe inserite nei provvedimenti che abbiamo emanato per fronteggiare l’emergenza epidemiologica abbiamo registrato il picco di comunicazioni da parte delle aziende, per i lavoratori in smart working, superiore a 1.550.000 unità, dato rilevato nei primi giorni dello scorso mese di aprile. A oggi, perdurando lo stato di emergenza anche se con misure più espansive rispetto al passato, possiamo stimare che la prosecuzione del lavoro agile si attesti intorno al 50% del picco massimo registrato tenendo conto dei rapporti di lavoro in essere.
Scorrendo le Faq pubblicate sul sito del ministero del Lavoro molte sono dedicate allo smart working. Fin quando si potranno utilizzare le regole semplificate per accedere allo strumento?
Per tutta la durata dello stato di emergenza, quindi fino al 15 ottobre. Infatti, la semplificazione delle procedure e la deroga all’accordo individuale sono strettamente correlati al regime di eccezionalità in cui ci siamo trovati a vivere e lavorare negli ultimi mesi. Con il progressivo ritorno alla normalità, sarà necessario recuperare la ratio dello smart working, cioè quella di gestione flessibile e per obiettivi del rapporto di lavoro slegato da precisi vincoli di spazio e tempo.
Il lavoro agile è stato regolato da una legge tutto sommato recente, del 2017. Lei ha annunciato un tavolo per risistemare l’istituto. Di cosa si tratta?
Ho convocato un tavolo con le parti sociali per il 24 settembre. La normativa, seppur introdotta di recente, ha necessità di essere rafforzata e aggiornata, anche alla luce della diffusione che ha avuto lo strumento.
Entriamo nel dettaglio. Quali diritti e doveri, secondo lei, vanno previsti per chi lavora da remoto?
Essendo il lavoro agile una modalità di svolgimento della prestazione di lavoro, diritti e doveri non possono che essere modulati sulla base della sua tipologia e specificità. Per far ciò, è indispensabile recuperare il ruolo della contrattazione collettiva per contemperare sicurezza e produttività. In tale ottica, un ruolo centrale deve essere svolto dal diritto alla disconnessione, la cui effettività assicura un equo bilanciamento tra il bisogno di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro – con particolare riferimento alle donne lavoratrici sulle quali gravano i carichi familiari e di cura – e le esigenze produttive delle imprese.
Non c’è dubbio che anche le aziende vadano sostenute. Come?
La revisione della disciplina del lavoro agile va collegata all’interno di un più ampio e sistematico piano di incentivi e investimenti per facilitare la transizione tecnologica delle nostre imprese e del nostro tessuto produttivo. In tal senso, la leva fiscale è certamente uno dei primi strumenti da mettere in campo.
Lo smart working ha rappresentato uno svolta, quasi obbligata, nel mondo del lavoro. Un po’ come Industria 4.0. Le chiedo: nei prossimi mesi quanto del lavoro che oggi conosciamo cambierà?
L’avvento delle tecnologie digitali ha innescato un processo di grande trasformazione del lavoro e della produzione, che certamente la pandemia ha accelerato. Tale processo deve essere accompagnato dallo Stato, per permettere alle imprese di mantenere alti livelli di produttività del lavoro senza ridurre i livelli occupazionali. Pertanto, è necessaria una analisi in tempo reale dell’evoluzione del mercato del lavoro: proprio per questo, nel decreto Rilancio ho istituito un Osservatorio del mercato del lavoro. In tale processo, ovviamente, politiche attive e formazione sono i pilastri da cui partire per gestire il cambiamento.
Ecco, la formazione. C’è chi ha sostenuto essere il nuovo articolo 18. Quanto crede nel Fondo nuove competenze?
Il Fondo nuove competenze è uno strumento che ho fortemente voluto e in cui credo fermamente. Nel decreto Agosto è stato rifinanziato con ulteriori 500 milioni di euro, portandone l’attuale dotazione a 730 milioni, e il suo utilizzo esteso anche alle transizioni occupazionali e fino al 2021. L’obiettivo è quello di rendere il Fondo una misura strutturale, che permetta di sostenere le imprese che investono in formazione – mediante la riduzione del costo del lavoro a loro carico – permettendo ai lavoratori di aumentare le occasioni di progressione professionale o di nuovo impiego scongiurando così lo spettro della disoccupazione. Sono al lavoro per finalizzare in tempi brevi il decreto interministeriale di attuazione che lo renderà pienamente operativo.
Un’ultima domanda. Il governo si è impegnato a ridurre il costo del lavoro, una zavorra per le imprese e la loro ripartenza. Manterrete la promessa?
Sì. Quello del taglio del costo del lavoro resta un obiettivo imprescindibile dell’azione di governo. Abbiamo già operato in questa direzione sia con la legge di Bilancio sia con il Dl Agosto, che contiene uno specifico taglio del costo del lavoro per le imprese del Mezzogiorno e ulteriori incentivi alle assunzioni stabili. Ora il nostro obiettivo è operare sull’intero territorio nazionale, mettendo tutte le imprese nelle condizioni necessarie a ripartire, anche attraverso misure che incidano proprio sul costo del lavoro.

Lo smart working
È uscito dalla nicchia

—Tiziano Treu
Presidente del Cnel
Lo smart working da fenomeno di nicchia, quale era fino a poco tempo fa, è diventato un modo diffuso di lavorare. Il lockdown ha funzionato da forte acceleratore e ne ha cambiato in larga misura i caratteri. Secondo i dati disponibili prima della emergenza lavoravano da remoto circa 500mila persone, mentre nelle settimane di isolamento si stima che i lavoratori a distanza abbiano raggiunto gli otto milioni.
Nel pubblico impiego è stato imposto per legge, mentre nei settori privati colpiti dal blocco delle attività è stato introdotto spesso per iniziativa aziendale prescindendo dal consenso individuale dei lavoratori previsto dalla legge 81/2017. Solo in una minoranza di casi (il 27% secondo un sondaggio Cgil) è stato negoziato con il sindacato.
Le prime esperienze raccolte anche dal Cnel seg...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Copyright
  4. Indice
  5. Introduzione
  6. 1. Le regole
  7. 2. L’impatto
  8. 3. Le esperienze
  9. 4. I luoghi