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Gli scritti letterari di Giuseppe Mazzini
Informazioni su questo libro
«Se Mazzini fu talvolta calunniato come uomo politico, come critico letterario è vergognosamente dimenticato in Italia. Eppure pochi libri di critica italiana contengono così gran numero di idee notevoli per verità , novità e varietà ; per acume di analisi, e per larga e feconda sintesi estetica». In questa edizione il testo è stato prudentemente attualizzato nella forma.
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Informazioni
Argomento
LetteraturaCategoria
Biografie in ambito letterarioII.
Giuseppe Mazzini visitò spesso a Chelsea il Carlyle - e avevano delle discussioni che minacciavano talora di divenir tempestose. Il Carlyle che inneggia in tutti i suoi libri al silenzio come indizio di forza e di latente eroismo, amava in realtà di parlare, e come tutti i grandi oratori, di essere religiosamente ascoltato. Egli fu, durante tutta la sua lunga vita, il profeta tuonante dello spiritualismo germanico e del puritanismo scozzese. Solo il dolore, un supremo dolore, seppe insegnargli il silenzio. Quando la sua angelica moglie, la sua cara Jane, mori, Carlyle non parlò più - visse nella solitudine e nel silenzio - un silenzio commovente su quelle labbra tuonanti, un silenzio di vecchio colpito dal fato, un silenzio tragico. Non trovò conforto che nel lavoro ostinato. Gli ultimi volumi della sua Storia di Federigo , furono pensati nel dolore e bagnati di lacrime. Passava delle ore intere, appoggiati i gomiti alla tavola del suo studio - quello studio accomodato da lei, e dove spirava ancora il profumo di lei - raccolta la larga fronte granitica fra le mani tremanti, e amare lacrime silenziose gli solcavano le magre gote...
Ma all’epoca in cui Mazzini soleva visitarlo, Carlyle amava, cercava la discussione, la contradizione. Non era ancora spento l’incendio dei suoi terribili Latter-Day Pamphlets.
Era l’epoca in cui la sua immaginazione - la più potente d’Europa dopo quella di Victor Hugo, e solo emulata da quella di Michelet - varcava i limiti dell’umano e pareva talvolta un delirio. Invano egli cercava difendere la sua Storia della Rivoluzione Francese dai giusti appunti che le aveva fatti Mazzini: quella sua storia della Rivoluzione, che è un apocalittico panorama di battaglie, di scene tragiche, di supplizi e di orge, successione vertiginosa di personaggi e di quadri che il veggente puritano vi mette sottocchio, tutto giudicando secondo le sue ardenti simpatie o antipatie personali, incoraggiando, esaltando, imprecando e gemendo, come un vero attore della grande tragedia. I ritratti, le apostrofi, le descrizioni, l’epopea e l’elegia, l’inno e la satira, si succedono in quelle vulcaniche pagine. Idee, stile, vocabolario, tutto vi è nuovo, strano, intraducibile.
Mazzini ripeteva e commentava a voce ciò che aveva sapientemente e magistralmente scritto al primo apparire del libro.
«Non riconoscendo in un popolo né, a più forte ragione, nella Umanità , una vita collettiva, e non guardando che agl’individui, voi non potete capire (gli diceva) né il significato, né l’unità , né la legge provvidenziale dei grandi movimenti politici e sociali. I personaggi della vostra storia passano in rapida fuga, spettri mesti o severi, improntati di non so quale inesorabile fatalità . Quale opera compiono? quale è la loro missione? Non lo dite, né lo sapete... Bastiglia, Costituzione, Ghigliottina sono le tre parole titolo e sommario della vostra storia. In questa dolorosa trilogia è contenuta la narrazione del più grande evento dei tempi moderni. La Costituzione è collocata fra una prigione e un patibolo. È questo dunque tutto il significato della Rivoluzione di Francia? Non ha lo storico altro insegnamento, altro consiglio da dare ai giovani che il minaccioso Versuchs di Goethe? No: ciò non può essere. Venticinque milioni d’uomini non si levarono come un sol uomo, e la metà d’Europa non si scosse alla loro chiamata, per una parola, per una vuota formula, per un’ombra. La Rivoluzione, cioè il tumulto della Rivoluzione, perì: perì nella forma come perisce ogni cosa, compita a sua missione; ma l’idea sopravvive: essa appartiene alle conquiste della Umanità . La Rivoluzione francese ha ridestato il senso del diritto, della libertà , dell’eguaglianza, oggimai incancellabili nell’anime umane: ha dato coscienza a ogni popolo della sua inviolabilità , della forza irresistibile che risiede in una volontà collettiva, e della vittoria che nessuno può contenderle. Questi risultati non passeranno. Essi sfidano protocolli, trattati costituzionali, e divieti di poteri dispotici. Il vostro libro non è la storia, ma l’illustrazione della Rivoluzione francese».
Dove lo scozzese e l’italiano si trovavano d’accordo era nell’odio e nelle maledizioni al materialismo, all’industrialismo e all’ateismo della moderna società . E Mazzini faceva eco al Carlyle, quando questi lanciava i suoi pittoreschi ed eloquenti sarcasmi: «Ah, noi abbiamo dimenticato che l’universo è un’apparenza, una veste, sotto la quale si cela l’idea divina: noi scambiamo l’apparenza delle cose con la loro essenza. Analizziamo l’arcobaleno, e non ci curiamo più del sole invisibile che lo produce... Crediamo senza commuoverci che questo universo è intrinsecamente un gran forse inintelligibile, ma all’esterno la cosa ci sembra assai chiara; con una scienza da castori, misuriamo, analizziamo, e con allegra disinvoltura ci vantiamo di spiegare il grande arcano che ha fatto impallidire i titani dell’intelletto... Ma che? il mondo al di fuori non è chiaro abbastanza? è uno stecconato di mandrie, una casa di correzione considerevole, con grandi cucine e tavole rotonde, dove è savio chi può trovarsi un buon posto. Che bisogno abbiamo di Dio? Le sue leggi sono trasformate in principi del più gran benessere possibile, in perfezionamenti gastronomici, in espedienti parlamentari. I cieli piegano sulle nostre teste la loro cupola azzurra solo per fornirci un orologio astronomico, per dare uno scopo ai cannocchiali di Herschell. L’uomo non crede più alla sua anima, ma cerca invano un sale antiputrido che impedisca di marcire al suo corpo! Invano egli ricorre a uccisioni di re, bills di riforma, rivoluzioni francesi, insurrezioni di Manchester, e istruzioni obbligatorie. Tutti vani palliativi, tutti vani rimedi!»
Mazzini descrisse a un suo vecchio amico lo strazio e lo scempio che il terribile scozzese fece un giorno di un povero diavolo venuto a posta da Londra a fargli visita, il quale ebbe l’infelice idea di dirgli che bisognava ...
Indice dei contenuti
- Copertina
- GLI SCRITTI LETTERARI DI GIUSEPPE MAZZINI
- Indice
- Intro
- Prefazione
- GLI SCRITTI LETTERARI DI GIUSEPPE MAZZINI
- I.
- II.
- III.
- Ringraziamenti