La donna italiana del Trecento
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La donna italiana del Trecento

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La donna italiana del Trecento

Informazioni su questo libro

La “donna storica” e la cosiddetta “donna angelicata”: dal Dolce Stil Novo (Guinizzelli, Cavalcanti, Dante) alla Divina Commedia, dal petrarchismo a Boccaccio. Insomma l’alba dell’“amor cortese”, in un excursus colto e delicato, romantico e poetico. In questa curata edizione il testo è stato prudentemente revisionato.

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Informazioni

La donna italiana del Trecento

Al sorgere del nuovo secolo volle Dante che avesse principio il suo viaggio meraviglioso, cagione di gloria immortale per una donna italiana; e le pagine del Poema divino in cui raccolse, per così dire, la forte vitalità, le ire, i dolori di una parte del Medioevo italiano, e iniziò in qualche modo il grande lavorio intellettuale della Rinascenza, basterebbero a rendere fra tutti i secoli e per tutte le nazioni grande il Trecento. Ma anche per altri motivi quel periodo di tempo, che può dirsi di transizione fra il Medioevo bizzarro che muore e la Rinascenza che sorge, attrae fortemente l’animo del poeta, dello storico, del pensatore; poiché vive in esso gente medioevale, che insieme alle strane superstizioni ereditate, alle passioni violente, alle ire non represse, serba ancora in petto, specialmente al principio del secolo, molte delle forti virtù degli avi, e ripete con orgoglio le tradizioni che ricordano la gloria latina; eppur lentamente si piega al giogo, cede innanzi all’ambizione smodata dei più forti, e dimenticherà presto l’audacia dei vincitori di Legnano, per andar cercando solo fra lo splendore delle lettere e delle arti, innanzi al mondo meravigliato, quelle vittorie che più non sa conseguire colla forza delle armi e del suo diritto.
In mezzo alle ire delle fazioni diverse, alle feroci contese fra comuni e comuni, alle lotte supreme per la libertà o per l’ambizione del dominio; accanto ai Neri e ai Bianchi, ai Guelfi e ai Ghibellini che combattono le loro ultime battaglie, o sorridenti, incoronate di fiori, tra l’allegria delle feste, in mezzo al lusso delle città che anelano ancora all’indipendenza, e nelle corti suntuose ove presto splenderà la luce della Rinascenza, vivono le donne italiane del Trecento, vittime con frequenza degli odi di parte, trepidanti per la vita dei loro cari, eppure ispiratrici della grande arte nuova, innanzi alla quale sfumano molte forme convenzionali, molte reminiscenze della scuola occitanica e della siciliana; e per questo motivo degne che i posteri vadano cercando con amore la loro storia nella poesia, nella prosa e nei ricordi della vita reale degl’Italiani di quel secolo.
Questa storia unita nella poesia a una grande idealità, dimenticata spesso dai cronisti, avvezzi a parlare delle guerre fraterne, o congiunta nella prosa dilettevole alle reminiscenze di altre letterature, non è stata forse studiata ancora in ogni sua parte, e mi si perdonerà se, nella breve lettura di un’ora, non mi sarà dato di narrarla minutamente.
Poiché l’arte divina ha sempre tanta forza da attrarre l’animo nostro verso le regioni serene, ove si possono dimenticare i tristi casi della vita, dirò prima della donna italiana del Trecento, quale ella ci appare nella poesia armoniosa di coloro, che usarono cantando il Dolce Stil Novo.
Dell’alto posto toccato alla donna nella poesia medioevale europea tratterò a lungo in un volume, che farà seguito a quello sulle leggende del mare; or basti notare che mentre le tenebre della barbarie si distendono ancora su gran parte dell’Europa, a molte figure femminili danno l’onore del canto i forti poeti popolari; dai geli dell’Islanda e della Scandinavia fino alla molle Bisanzio; dalle terre della Russia e della Germania fino alla Spagna cavalleresca e cristiana; dalle brume della Bretagna fino alla gentil terra di Provenza; e ora possono apparire ancora alla nostra mente con un fascino singolare o con certe parvenze strane, in cui il mito si unisce spesso alle reminiscenze storiche, la divina Brunilde, destata dall’amorosa parola di Sigurd, figlio della luce; le fanciulle dai capelli d’oro delle saghe islandesi, belle tanto che gli audaci Viking, re del mare, debbono fuggirle, siccome i marinai di Grecia e d’Italia fuggivano le sirene ammaliatrici, se non vogliono rinunziare pei loro sorrisi alle future battaglie e alla gloria, eppur capaci d’impugnare la spada a difesa della patria, a vendetta dei loro congiunti; la Gudrun e la Crimilde, appassionate e feroci, del grande ciclo scandinavo e germanico di Attila e dei Nibelunghi; l’Apraxia del ciclo russo di Vladimiro, bella e volubile, che rallegra col suo sorriso i difensori della Russia, forti e valorosi come i paladini di Carlomagno e i cavalieri di Artù; Zabava, la fanciulla russa, affascinata dall’arte divina di un pirata, re del mare, che regna sul Falcone, nave leggendaria dalle sponde vermiglie, e suona siccome usava Achille nelle ore di riposo; la bella Eudossia dell’epopea bizantina, sposa fedele, che, vicino al fantasma di suo fratello Costantino cavalca di notte nelle deserte campagne; Alda della Chanson de Roland, che al pari di una fanciulla ricordata nelle saghe islandesi, muore nel sentire che l’uomo amato è caduto in battaglia; Ginevra e Isotta, Berthe au gran pié e la bella saracena Orable, amata da Guglielmo d’Aquitania; donna Chimene, del gran poema cavalleresco spagnolo e altre mille ancora.
Per ragioni che or non è possibile enumerare, non par che si sia formato, neppure nei tempi più oscuri del Medioevo, un ciclo epico intorno alla donna d’Italia, come se due volte, nella grande arte latina e nella grande arte italiana, dovessero sol dire di lei, in modo degno di essere ricordato dai posteri, i poeti dalla parola colta e gentile, esperti nell’innalzare l’inno all’amore e alla bellezza; o se, quando l’Italia ripete quei poemi cavallereschi, innanzi ai quali starà più tardi come opera colossale e eterna il poema divino dell’Ariosto, par che diventino italiane nelle nostre imitazioni della poesia francese e provenzale certe figure femminili; esse non sono che una riproduzione o una trasformazione di figure non nostre, e l’anima della donna italiana non si manifesta ancora nell’impeto della passione o nel pianto del dolore.
Quando, in tempi di molto anteriori al Trecento, un caldo raggio di poesia, forse venuto dalle terre ove si alza la mezza luna, ha scaldato il cuore dei Provenzali, che in onore delle dame e dell’am...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. LA DONNA ITALIANA DEL TRECENTO
  3. Indice
  4. Intro
  5. LA DONNA ITALIANA DEL TRECENTO
  6. La donna italiana del Trecento
  7. Note
  8. Ringraziamenti