Il diritto di vivere
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Il diritto di vivere

Informazioni su questo libro

Il diritto di vivere ha consentito a Roberto Bracco (1861-1943), insieme alle altre sue opere, di essere messo nel novero degli autori concorrenti al Premio Nobel, nomina che non avvenne per l'opposizione del governo fascista. Autore di grandissimo successo in Italia e nel mondo, ebbe i suoi drammi messi in scena da Eleonora Duse, Irma ed Emma Gramatica. Il suo lavoro letterario fu in grado di stare alla pari con quello di Pirandello. Solo il regime fascista dell'epoca lo costrinse al silenzio, facendolo lentamente sparire dal panorama letterario. Anche per questo, oltre che per la bellezza dei suoi testi, Roberto Bracco meriterebbe una riscoperta e un nuovo, grande successo.
Il diritto di vivere, scritto agli inizi del 1900, in un periodo nel quale il drammaturgo e commediografo napoletano riscontrò un enorme successo nazionale e internazionale sia nel pubblico che nella critica, si caratterizzaper il forte realismo che non impedisce all'autore di ispezionare alla sua maniera la psicologia dei personaggi, contraddistinti da un profondo tormento interiore, oppressi come sono da dolori inestirpabili e indipendenti dalla loro condizione economica.
Pur avendo nel tempo fatto registrare una diseguale accoglienza, tutte le opere di Bracco sono unite da un'identica forza trainante: il senso della giustizia che l'autore conservò per tutta la vita. L'autore: (Napoli 1861 - Sorrento 1943). Esercitò a lungo il giornalismo (dove aveva esordito giovanissimo, nel Corriere del mattino di Napoli), anche come critico drammatico e d'arte ( Scritti vari, 1918-21); scrisse versi dialettali e novelle ( Smorfie umane, 1906; Smorfie gaie, 1909; Smorfie tristi, 1909). Dei suoi molti lavori per il teatro, che ottennero largo successo e furono rappresentati anche all'estero, si raccomandano le commedie e i drammi dove l'originario naturalismo, spesso così crudo, e le ideologie sue e del tempo spesso esasperate secondo schemi ibseniani ( I fantasmi, 1906; Il diritto di vivere, 1907, I pazzi, 1922;) riescono a temperarsi in un trepido psicologismo, in un'aura intimista, precorritrice del "teatro del silenzio".

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ATTO TERZO.

Una bettola a Borgo Loreto. Tavole bisunte, panche e seggiole rozze e sciancate. A una delle pareti affumicate si scorge appena il profilo d’un pulcinella beone ingenuamente disegnato con in mano una guastada di vino, e si distingue meglio il biancore della sua camicia abbondante. Accanto a lui, si scorgono anche i resti d’un don Nicola con il cappello a tre punte, con un colletto che ha la forma di due vele riunite e con la giubba a coda di rondine. È sera. Qualche lanternone polveroso illumina pallidamente l’interno della bettola. Ma una luce un po’ più vivida si diffonde da lumi a petrolio che sono sul banco di vendita, il quale si stende parallelo alla parete destra. Su questo banco, sono cataste di piatti e bicchieri e forchette e coltelli e, a un capo di esso, si erge una grande spira di ferro tutta fornita di punteruoli verticali, che, ficcati nelle bocche delle vuote guastade di ogni dimensione, le tengono ritte con le pance in su. Una porta spalancata, in fondo, dà sulla strada, di tanto in tanto attraversata da popolani e da venditori ambulanti di frutta, di lumache, di lupini. Presso la porta, su certe scansie digradanti a mo’ di scaletta, è la mostra di formaggi, di uova, di erbe mangerecce, di polpi, di aringhe. In un angolo, dietro il banco, un fornello con qualche pignatta. La volta del soffitto, nella penombra, par che pesi sull’aria malsana.

SCENA I.

PASQUALE bettoliere, LAROSSA, PANUNZIO, MAGLIUOLO, il MORO, RAFFAELE, FILOMENA, poi, due CEFFI senza nome.
(Seduti presso una tavola piccola, RAFFAELE e FILOMENA cenano. In fondo, LAROSSA e PANUNZIO, a cavalcioni d’una panca, giocano alla morra{1} . Il bettoliere è in faccende dietro il banco. MAGLIUOLO è solo, accasciato, su una sedia. Il MORO, in piedi, lo contempla.)
LAROSSA e PANUNZIO
(simultaneamente — con un grido secco)
Sette! Cinque! Otto! Sei!
Cinque! Quattro! Nove! Nove!
LAROSSA
(che ha perduto, paga un gruzzolo di soldi.) Piglia. Un’altra mezza lira?
PANUNZIO
Ah, no. Aspetta.
MAGLIUOLO
(con gli occhi imbambolati, la testa penzolante sul petto, brontola una funebre cantilena:) Lo lò, lollorò... Lo lò, lollorò... Lo lò, lollorò....
IL MORO
(scrolla il capo, compassionevolmente.)
RAFFAELE
Don Pasqualino, scusate, portateci delle noci. Ma quelle di Sorrento, eh?
PASQUALE
Sissignore.
FILOMENA
(facendo la schizzinosa) Ma no, non c’è bisogno....
RAFFAELE
Con me, i complimenti ce li perdete.
...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. ATTO PRIMO.
  3. ATTO SECONDO.
  4. ATTO TERZO.