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Informazioni su questo libro

« Siamo nati.... per l'intimo accordo con il mistero»
Il Passaggio è il secondo romanzo scritto da Sibilla Aleramo, apparso dopo parecchi anni da Una donna, ma non fu un successo minore, ricevendo critiche entusiaste.
Il merito peculiare di questa opera – nella quale l'autrice riflette sulla propria vita per sviscerare stati d'animo e sentimenti, per confessarsi e testimoniare, se mai ce ne fosse bisogno, la centralità della categoria dell'amore - è quello di difendere verità che appassionano, senza mai mancare alle esigenze di un'arte pura. C'è in essa una nobiltà rara di espressione, una audacia generosa di confessione straziante dettata dalla più fremente delle sensibilità, e che pure non vacilla mai e tende diritta ad una sua mèta d'interesse umano, sprezzante qualsiasi interesse personale. Il romanzo ebbe numerosi estimatori tra cui Renato Simoni che scrisse: "Pagine non facili: nè a scrivere nè a leggere. Bisogna scoprirne il filo delicato; e allora dopo avere gustata quella energia verbale che fa lucide e ferme le parole, dopo aver sentito che quella energia tiene salda la bella prosa, come una pietra augustamente incisa di vaste epigrafi, sopra un impeto tumultuoso che vuole rovesciarla, scopriamo l'originalità del libro, ch'è riassunta da queste parole: «Siamo nati.... per l'intimo accordo con il mistero»".
Luigi Pirandello si espresse in questo modo: "Pochi romanzi moderni io ho letti che racchiudano come questo un dramma così grave e profondo nella sua semplicità e lo rappresentino con pari arte, in una forma così nobile e schietta, con tanta misura e tanta potenza."
Clemente Rebora nota che Il passaggio è "Opera di profonda bontà, di più fonda umanità opera che, come la vita, si potrà bestemmiare ma non dimenticare, Il passaggio, tutto pervaso da un senso di schianto e d'attesa, così annunziatore, così immolatore, in contrasto e in armonia coi tempi: quasi un Apocalissi dell'amore, e anche un lungo grido di richiamo, da Saffo a Santa Caterina a Chitra...." L'AUTRICE: Pseudonimo di Rina Faccio, Sibilla Aleramo nasce ad Alessandria il 14 agosto 1876. Presto si stabilisce con la famiglia a Civitanova Marche dove, con matrimonio riparatore, sposa a quindici anni un giovane del luogo. Nel 1901 abbandona marito e figli iniziando, come lei stessa amava dire, la sua "seconda vita". Conclusa una relazione sentimentale con il poeta Damiani, si lega a G.Cena ma, dopo la crisi con quest'ultimo, inizia una vita errabonda che la avvicina a Milano e al movimento Futurista, a Parigi e ai poeti Apollinaire e Verhaeren, infine a Roma e a tutto l'ambiente intellettuale ed artistico di quegli anni (qui conosce Grazia Deledda). Durante la prima guerra mondiale incontra Dino Campana e con lui inizia una relazione complessa e tormentata. Nel 1936 conosce il giovane Matacotta, a cui resta legata per 10 anni e di questo periodo — la sua "quarta esistenza" — lascia testimonianza nel diario che l'accompagnerà fino alla morte. Al termine della seconda guerra mondiale si iscrive al P.C.I. e si impegna intensamente in campo politico e sociale. Collabora, tra l'altro, all'«Unità» e alla rivista «Noi donne». Muore a Roma nel 1960, dopo una lunga malattia.

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Commenti e recensioni all’opera

Dopo la pubblicazione di Una donna, il romanzo successivo, apparso dopo parecchi anni, Il Passaggio, non fu un successo minore, quantunque non potesse più avere il fragore della rivelazione.
Il merito peculiare di questa opera è quello di perorare verità che appassionano, senza mai mancare alle esigenze di un’arte pura. C’è in essa una nobiltà rara di espressione, una audacia generosa di confessione straziante dettata dalla più fremente delle sensibilità, e che pure non vacilla mai e tende diritta ad una sua mèta d’interesse umano, sprezzante qualsiasi interesse personale.
Dalle centinaia di articoli apparsi su quest’opera in tutti i grandi paesi intellettuali stralciamo alcuni brani di singolare importanza.
ARTURO GRAF per una lunga e profonda critica nella Nuova Antologia si può dire il più ampio illustratore del romanzo «Una donna»:
Romanzo, s’intitola il libro; ma, più che di romanzo, ha carattere di giornale intimo, di un giornale a cui sia stata data posteriormente la continuità e la pienezza che da prima non ebbe, e come rifuso in un racconto, il quale procede per una sua intima forza e cui non possono detrarre gran che alcune incertezze e alcune deficienze. Noi sentiamo che esso scaturisce dal profondo di un’anima. Di qui il suo principale interesse: la donna che narra è tutta intesa in sè stessa, tutta assorta nella meditazione del terribile problema di cui cerca con ansia febbrile la soluzione. È per lei questione di vita o di morte. La condizione è, per più rispetti, simile a quella dell’asceta cristiano, febbricitante ed ansante nello sforzo ostinato di salvarsi l’anima. Che sarà poi non sappiamo; ma, per ora, il mondo esterno si direbbe che non esiste per questa donna, se non quanto serve a darle più piena coscienza, a fornirle termini di confronto e punti di appoggio. Ben poco di ozioso si può notare in questo libro. I personaggi che si muovono intorno alla protagonista sono vivi generalmente, e ben distinti, ma delineati con brevi tocchi, come da chi voglia ricordarsi per uso suo piuttosto che per rappresentare altrui. Dialogo quasi non c’è. La scena dell’azione si vede appena. Le descrizioni sono rapide brevi e in piccolissimo numero. Dice la donna tutta intesa in sè stessa: «Tutto ciò che è succedersi di impressioni, vita pulsante per eccitazioni esteriori, scintillio di immagini, eco di suoni, non può venire da me risuscitato. Pure appaiono allo sguardo una marina, un ciel di tramonto, un paesaggio alpino. E appare Roma, cuore del mondo». «Pel cielo glorioso le nuvole andavano, tutte avvolte dal sole, mutevoli e continue: le piazze, le fontane, le case di pietra e le cupole e il fiume e le pinete incise sull’orizzonte, e il deserto della campagna e i monti lontani, tutto pareva seguire il lento viaggio delle nubi, e com’esse appariva fluido ed eterno». «Lo sfavillio della massa compatta di case, di torri, di alberi che mi si stendeva sotto gli occhi era intenso, quasi insostenibile. In fondo, i monti si staccavano turchini sul cielo, e lungo i declivi le macchie candide dei castelli mandavano anch’esse barbagli. Fra i monti e Roma la campagna, l’immensità». Chi ha potuto dir questo, potrà dire molt’altro, volendo. Lo strumento non le manca di sicuro.
Ed ecco, a distanza di dodici anni, alla pubblicazione del «Passaggio» la fervida lode di RENATO SIMONI nei Libri del Giorno di Milano:
Pagine non facili: né a scrivere né a leggere. Bisogna scoprirne il filo delicato; e allora dopo avere gustata quella energia verbale che fa lucide e ferme le parole, dopo aver sentito che quella energia tiene salda la bella prosa, come una pietra augustamente incisa di vaste epigrafi, sopra un impeto tumultuoso che vuole rovesciarla, scopriamo l’originalità del libro, ch’è riassunta da queste parole: «Siamo nati.... per l’intimo accordo con il mistero». Il dramma di questa Rina che è la protagonista di Il Passaggio, è in questo bisogno di trovare le radici e le norme dei fatti in leggi occulte, in comandamenti che vengono da mondi profondi.
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Libro di palpito, di angoscia, di ombra, di luce, ma soprattutto libro di poesia: la storia di questa Rina è la storia di ogni lirismo che vuole ascendere, liberarsi e divenire puro spirito; e poi, in una ebbrezza di luce e di musica, dissolversi ed annientarsi.
FRANCESCO MERIANO nel Giornale del Mattino:
Chi pretende giustamente di trovare in ogni pagina scritta a scopo letterario la traccia di un’esperienza personale, un insegnamento od anche soltanto una testimonianza, può restar soddisfatto da questo nuovo libro dell’Aleramo. Raramente una donna ci ha parlato con più franchezza e intimità di sè stessa, della sua vita, del suo modo di vedere e di stimare il mondo. Il Passaggio è interessante per l’originalità dello stile e per l’umanità del soggetto: è un libro che bisognerà ricordare ogni qual volta ci si troverà davanti una scrittrice, perchè segna forse l’estremo limite a cui una donna possa giungere senza offendere la sua femminilità, senza superare i confini della sincerità e della poesia. Le ricerche formali sono condotte a fondo, senza paura di cadere nel grottesco e nell’incomprensibile; la collocazione sintattica delle parole, l’interpunzione, la spezzatura dei periodi, sono originalissime. Il discorso ha ora la continuata leggerezza d’un volo cromatico, ora una statuaria solidità dovuta alla successione di...

Indice dei contenuti

  1. Titolo pagina
  2. IL SILENZIO
  3. LE ALI
  4. LA LETTERA
  5. LA FEDE
  6. IL NOME
  7. IL PECCATO
  8. LE CAROVANE
  9. LA FAVOLA
  10. GLI OCCHI EROICI
  11. LE NOTTI
  12. LA POESIA
  13. Commenti e recensioni all’opera