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Ranchero
Informazioni su questo libro
Prima di iniziare a raccontare desidero di mio proposito rivolgermi a te, anche se non ti conosco. In questo preciso momento hai aperto il mio libro e ti stai apprestando a leggere le pagine che seguiranno. Ti ritroverai immerso in un mondo reale, a vivere immagini che la tua mente ti proietterà come un film, nel quale io sono il primo attore. Degli altri personaggi principali ti racconterò più avanti. Ti esprimo gratitudine. Se tra tanta carta e tanti colori hai preferito proprio quest’opera, che magari se ne stava là tutta sola nell’angolino più lontano, forse è perché il lavoro che svolgo non è poi così privo di significato. Comunque, qualunque sia stato il motivo per cui l’hai scelta, io ti ringrazio ugualmente, anche se l’hai tirata giù dallo scaffale semplicemente perché ti ha incuriosito l’immagine di copertina. La prima apparenza non ti ha ingannato! Non è banale. Raffigura un libro semiaperto. Come un cancello di legno si spalanca dopo aver percorso a piedi un breve stradello polveroso, per farti entrare nel profondo dello scritto all’interno del ranch, con i suoi recinti e animali.
Una tranquilla collina e ai suoi piedi una valle stretta. Come un serpente striscia l’impetuoso torrente. Io calpesto questa terra ogni giorno. Per me raffigura un mondo bello e calmo, dove non esiste la guerra. Gli animali hanno i loro recinti, ma sono comunque liberi di vivere anche allo stato brado, brucando l’erba di questo territorio raro. Questo è un ranch vero ed io, con grande orgoglio, ne sono il ranchero.
Prima di iniziare ad accompagnarti in questo immaginario safari, non privo di sensazioni di vera avventura, desidero fare un minimo di conoscenza con te amico mio, che stai per sprofondare nella lettura.
Allungo la mano… Piacere! “Incorasti”.
Nome strano?
A me piace molto. È una parola “semplice”. Ogni volta però che la pronuncio di fronte a qualcuno (come in questo caso con te) mi esprime energia, vitalità, entusiasmo e tanta allegria. Mi fa sentire un uomo libero, più unico che raro, talvolta poetico. Mi piace molto stringere rapporti di vera amicizia e sono legato alla mia famiglia, che vedo come un ottimo riparo in quei giorni di poca luce, quando il sole è coperto dalle nere nubi.
Cristiano Benci, ribattezzato “ Cri Cri” nasce il 28-luglio-1975 a Grosseto. Vive in una villetta sita nella campagna maremmana, nel comune di Campagnatico. Si è diplomato geometra durante l’anno scolastico1995/1996, presso l’istituto tecnico per geometri “Alessandro Manetti” di Grosseto. Arruolato nel 12° scaglione dell’anno 1996 ha svolto il servizio militare presso il 2° CE.RI.MOT di Lenta, un centro di rifornimento e motorizzazione, sperso tra i boschi e le risaie del Vercellese. Durante la sessione 2000 ha superato l’esame per l’abilitazione di geometra. Ha due figlie, Anastasia e Melissa, la prima nata nel 2000 e la seconda nata nel 2012.
Una tranquilla collina e ai suoi piedi una valle stretta. Come un serpente striscia l’impetuoso torrente. Io calpesto questa terra ogni giorno. Per me raffigura un mondo bello e calmo, dove non esiste la guerra. Gli animali hanno i loro recinti, ma sono comunque liberi di vivere anche allo stato brado, brucando l’erba di questo territorio raro. Questo è un ranch vero ed io, con grande orgoglio, ne sono il ranchero.
Prima di iniziare ad accompagnarti in questo immaginario safari, non privo di sensazioni di vera avventura, desidero fare un minimo di conoscenza con te amico mio, che stai per sprofondare nella lettura.
Allungo la mano… Piacere! “Incorasti”.
Nome strano?
A me piace molto. È una parola “semplice”. Ogni volta però che la pronuncio di fronte a qualcuno (come in questo caso con te) mi esprime energia, vitalità, entusiasmo e tanta allegria. Mi fa sentire un uomo libero, più unico che raro, talvolta poetico. Mi piace molto stringere rapporti di vera amicizia e sono legato alla mia famiglia, che vedo come un ottimo riparo in quei giorni di poca luce, quando il sole è coperto dalle nere nubi.
Cristiano Benci, ribattezzato “ Cri Cri” nasce il 28-luglio-1975 a Grosseto. Vive in una villetta sita nella campagna maremmana, nel comune di Campagnatico. Si è diplomato geometra durante l’anno scolastico1995/1996, presso l’istituto tecnico per geometri “Alessandro Manetti” di Grosseto. Arruolato nel 12° scaglione dell’anno 1996 ha svolto il servizio militare presso il 2° CE.RI.MOT di Lenta, un centro di rifornimento e motorizzazione, sperso tra i boschi e le risaie del Vercellese. Durante la sessione 2000 ha superato l’esame per l’abilitazione di geometra. Ha due figlie, Anastasia e Melissa, la prima nata nel 2000 e la seconda nata nel 2012.
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Informazioni
Argomento
Scienze socialiIndiani sui crinali
È mattino. Mi sono appena svegliato e come ogni mattina mentre faccio colazione osservo la grande finestra della cucina. È un momento tutto mio, dove mi ritrovo da solo a beneficiare di uno spettacolo privato. Questo si presenta come un gigantesco schermo appeso alla parete, che mi proietta il mio film western preferito dal titolo “Ranchero”. Lo sfondo principale è rappresentato dalle colline ricoperte da un mare di giallo grano. Spinte dal caldo vento le onde s’ increspano una dentro l’altra. I personaggi principali sono i miei animali che mi stanno aspettando. Uno di loro raglia in lontananza. Forse è andato ad abbeverarsi laggiù nella valle lontana, dove scorre il torrente. Da seduto non riesco a vederlo bene. Mi avvicino alla finestra. Mi appoggio al davanzale. Rimango subito incantato dai bianchi cavalli, che a testa bassa brucano l’erba. Penso di essere molto fortunato a lavorare con gli animali in questo ranch. Un immaginario parco giochi dedicato ai bambini, dove al posto di un piccolo cavallo a dondolo c’è un vero purosangue dalle zampe enormi. Continuo a osservare i quadrupedi. Li fisso per molto tempo ancora.
Improvvisamente il bianco del loro mantello mi riflette intensamente la luce del sole abbagliandomi gli occhi, proprio come fa lo specchio. Mi sento subito attraversato da un’insolita sensazione. La gelosia che ho per i miei compagni di ogni giorno mi si è trasformata nella vera e propria malattia della pazzia. La realtà non è più vera. Il mio corpo rimane appoggiato al davanzale, mentre la mente si trova già là fuori. Come l’ombra riflessa sul terreno della mia immagine, la mia mente sta girovagando per la campagna e nuotando nei mari di grano giallo. Uno di questi mi si presenta come prosciugato delle ricche spighe e sul suo fondale sono spuntate delle capanne di paglia.
Chi le ha costruite? Perché si trovano tanto vicine al mio ranch? Mi ricordano vagamente qualcosa, ma non riesco a capire bene cosa. Forse delle edificazioni che ho già rivisto in altri luoghi. In un secondo momento ricordo vagamente che a me piacciono molto i film western ambientati nelle sterminate praterie del grande ovest, dove qua e là spuntano le tante capanne colorate. Sono le caratteristiche tende degli indiani. Cosa ci fanno gli indiani in questo territorio tanto lontano da quelle praterie? Questo io mi domando. Mi rispondo pensando che anche qui ci troviamo a ovest di un antico territorio. Il collegamento è presto stato fatto. Mi convinco che quelle sono proprio le capanne degli indiani. Costantemente alla ricerca di cibo per sopravvivere e provenienti da un lontano territorio si sono accampati su quel terreno vicino al mio ranch. Hanno visto nei miei paffutelli animali le prede giuste da cacciare per potersi sfamare. In televisione questi uomini dalle penne in testa mi sono simpatici e li considero amici. In questa mia alterata realtà mi si presentano come i nemici da combattere, per difendere ciò che mi appartiene. Penso che se presto non interverrò, una mattina di queste, mi sveglierò e affacciandomi alla finestra vedrò solamente un paesaggio vuoto. Un quadro a tinta unica, depredato dei suoi tanti colori.
Decido di affrontare gli invasori. Facendomi coraggio e armato del mio bastone in legno mi appresto ad avvicinarmi alle loro capanne, per sfidarli in uno scontro ad armi pari. Mi avvicino sempre più, ma non solo non scorgo nessuno di loro, ma non odo neppure le loro voci. Mi accompagna solamente il cinguettio degli uccellini. Fuori non ci sono neppure i loro cavalli legati. Forse gli uomini, le donne e bambini sono ancora dentro i rifugi. Provo ad avvicinarmi sempre più, fino a che non allungo la testa, immergendola nella paglia. Non c’è nessuno. Rimango sorpreso. Penso che siano tutti usciti molto presto, ancora prima che il sole sorgesse, per andare a caccia. Riemergendo dal buon profumo di grano alzo la testa e subito si lanciano lassù i miei occhi. Sono tutti là… Sui crinali dei poggi!
Tutti in fila uno dopo l’altro. Nell’osservarli da lontano mi sembrano esseri piccoli. Riesco a catturarli con una sola mano! Sentendomi leggero perché privo del mio corpo pesante credo che non farò nessuna fatica a mettermi in cammino per raggiungere quegli alti crinali. Rappresentano per me i confini del creato, perché non sono mai riuscito a vedere oltre. Arrivato sulla cresta affronterò e sterminerò gli indiani, difendendo e salvando i miei animali. Così deciso m’ incammino.
Seguendo le orme impresse nel terreno dai loro cavalli giungo al torrente, che scorre in mezzo alla valle posta ai piedi dei poggi. Sono in piedi sulla riva sinistra. Qui le orme s’interrompono. Credo che siano entrati in acqua e abbiano raggiunto la riva opposta. Anch’io devo arrivare dall’altra parte, ma non voglio bagnarmi. Rischierei di prendermi un brutto raffreddore. Comprendendo che quello è l’unico sentiero da seguire se voglio raggiungere i miei nemici entro nel torrente. Sto camminando immerso nell’acqua, ma rimango subito meravigliato da come il mio corpo non si bagna. Mi chiedo anche perché non sento la forza della corrente che dovrebbe tentare di spazzarmi via. Il sole mi aiuta a capire tutto questo. Mi ricorda che è la mia ombra inconsistente a essersi avventurata in questo cammino, mentre il corpo la sta guardando dalla finestra. Mi chiedo come farò a colpire gli avversari, con queste mani fatte solamente di un’immagine priva di alcuna consistenza. Improvvisamente, mentre penso a tutto questo, vedo scivolare sull’acqua alcune piume. Galleggiando come barche si stanno dirigendo verso sud. Forse sono le piume che portano in testa gli indiani. Forse non hanno attraversato il torrente, ma l’hanno semplicemente costeggiato in direzione nord. Convinto di questo mio pensiero, ritorno indietro ed esco dall’acqua. Rimane da risolvere il problema della mia inoffensiva inconsistenza.
Vagamente ricordo di essere figlio di Madre Terra. La mia immaginazione si eleva così in un alto volo. Dall’alto scorgo le pietre che andranno a formare le mie ossa, la terra sarà la carne che le avvolgerà. I fiumi saranno le mie vene che trasporteranno il sangue. I laghi dove mi rispecchio saranno i miei occhi. I crinali delle dolci colline formeranno i profili del mio volto. Ora riesco a toccarmi. Così formato posso combattere. Continuo il mio cammino. Lascio il torrente, affronto l’arrampicata del poggio. Raggiungo il crinale. Sono a un passo dai miei rivali. Sono giunto anche alla fine del giorno e il sole mi sta abbandonando scomparendo sotto l’orizzonte del mare. Si sta facendo buio. Dove è la Luna? Sono qui che l’aspetto. Ho paura. Ho bisogno di lei per meglio orientarmi e vedere cosa mi si presenta davanti. Nella penombra riesco solamente a...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Ranchero
- Indice dei contenuti
- Io…”Incorasti
- Il cancello in fondo allo stradello
- Io e il pollaio
- Tacchini pulcini
- Ciuchi cocciuti
- Cavalli ribelli
- Maiali con gli stivali
- Pecore con il maglione
- Indiani sui crinali
