Il commissario Richard. Quattro inchieste vol. 2
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Il commissario Richard. Quattro inchieste vol. 2

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Il commissario Richard. Quattro inchieste vol. 2

Informazioni su questo libro

Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D'Errico è un artista "dotato di una genialità rinascimentale". E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei "mitici" gialli Mondadori). In questo libro sono raccolte altre quattro indagini del Commissario nato dalla penna di D'Errico: Il trapezio d'argento, Il Quaranta, tre, sei, sei non risponde, Plenilunio allo zoo e La notte del 14 luglio. Introduzione di Loris Rambelli.

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Informazioni

Argomento
Literature
Categoria
Classics
Georges Milton, che lo aveva pedinato pazientemente, lo vide uscire dal ristorante e guardarsi intorno come indeciso; poi avvicinarsi all’automobile e scambiar qualche parola con l’autista che subito dopo mise in moto la macchina e si allontanò.
L’uomo dagli occhiali azzurri si avviò lentamente verso Place Pigalle e giunto davanti all’imboccatura della metrò si arrestò guardandosi attorno come chi teme di essere seguito.
Il medico-detective che sapeva cosa pensare della miopia dell’armatore, non si dette troppa pena di nascondersi, limitandosi a voltargli la schiena. Quando vide che l’uomo s’era imbucato nella scala sotterranea lo seguì prendendo lo stesso treno, che lo sbarcò a Saint-Fargeau.
Mancavano pochi minuti alle ventidue.
William Staël percorse tutta la via Saint-Fargeau fino al boulevard Mortier, poi si fermò sull’angolo accendendo una sigaretta. Il dottor Milton attese nascosto sotto un portone. L’aria s’era lievemente rinfrescata e nel cielo balenavano di quando in quando lampi rossastri. Il luogo non era molto frequentato; un tassì libero rallentò davanti all’uomo immobile, poi l’autista vedendo che il presunto cliente non faceva nessun cenno, accelerò e scomparve rombando.
Milton dette un’occhiata all’orologio da polso e sul quadrante fosforescente lesse le ventidue e cinque minuti. Quando rialzò gli occhi, vide un’automobile chiusa proveniente dal boulevard girar l’angolo e nel momento stesso in cui la macchina gli intercettava la vista dell’armatore udì un tonfo sordo che sul momento scambiò per lo scoppio di un pneumatico.
Tuttavia si lanciò fuori dal suo ricovero, mentre l’automobile misteriosa con una specie di balzo accelerava l’andatura scomparendo nell’oscurità.
Una forma umana giaceva riversa sul marciapiede. I rari passanti si fermarono incuriositi, poi al grido che il medico mandò si avvicinarono come se anch’essi fossero increduli sulla natura del colpo udito.
— Accostatevi dunque, non vedete che hanno ferito un uomo? — urlò il dottore, e tentò di rialzare il caduto sollevandolo di sotto le ascelle.
Una donna si mise a piagnucolare con voce querula. Un soldato chiese ruvidamente: — E voi chi siete?
Poi accorsero altri curiosi e si incrociarono delle esclamazioni. Il soldato aveva abbrancato Milton per il bavero della giacca e si ostinava a ripetere: — Ditemi il vostro nome.
Finalmente accorse un «flic» che suonò il suo fischietto, ma ci vollero almeno dieci minuti prima che qualcuno rintracciasse un’automobile pubblica.
Il ferito che si lamentava debolmente venne caricato da troppe braccia, cosicché urtò con la testa nella portiera.
Finalmente l’automobile ripartì e sul luogo rimase un gruppo di ombre che commentavano l’accaduto.
Non fu che molto più tardi, e dopo che il chirurgo dell’ospedale di Menilmontant ebbe estratto dal polmone sinistro di William Staël un proiettile di pistola calibro 6,5, che un ispettore della Sùreté perquisendo le tasche del ferito trovò un biglietto battuto a macchina e subito chiese: — Chi è il dottor Georges Milton?
— Sono io...
— Bene, vi dichiaro in arresto.

PARTE SECONDA

Cap. VI

Milton compie una ritirata strategica

Quando i nostri padri si recavano a Parigi, non dimenticavano di acquistare prima di ogni altra cosa il cosiddetto Piano della Città. Era questa una carta topografica tascabile, come quelle che ancor oggi si trovano in tutte le città principali del mondo presso l’edicola del giornalaio, ma quella di Parigi che acquistavano i viaggiatori di cinquanta o sessanta anni fa, era meno precisa e più poetica delle attuali.
Si chiamava pomposamente Piano Monumentale di Parigi, e sulla rete di strade che spiccavano in bianco sul fondo rosa degli isolati, erano riportati con una prospettiva assolutamente arbitraria tutti i principali monumenti della città, sparpagliati come una manciata di quei giocattoli di legno contenuti nelle scatole del «piccolo architetto».
L’idea può sembrare puerile a chi come noi è abituato al linguaggio convenzionale della moderna topografìa, ma era un’idea che non mancava di praticità, in quanto il ricordo fornito dall’immagine visiva dei singoli monumenti, aiutava il forestiero ad orientarsi, talché in presenza della Torre Eiffel o dell'Hòtel de Ville, della Chiesa di Saint-Augustin o del Pantheon, il viaggiatore ripescava facilmente la minuscola riproduzione incisa in un bel giallo oro sul suo piano tascabile e capiva subito dove si trovasse.
Naturalmente erano ben visibili le mura perimetrali della città, le cosidette «fortificazioni», e fuori di quella cinta dentellata come la Gran Muraglia Cinese, la carta si tingeva di un verde smeraldo disseminato di paesini col campaniletto aguzzo, di boscaglie incise minuziosamente albero per albero, di viadotti con sopra il trenino che fuma, di ponti con i loro archi, e su questa idilliaca visione di una banlieue lillipuziana, si leggevano i nomi di Courbevoi, Champerret, Asnières, Epinay, Issy, nomi che dovevano ricordare a quei viaggiatori le cenette con la modistina immortalate dalla prosa di Maupassant e forse ai più dotti, addirittura La colazione sull’erba dipinta con molto ottimismo dal pennello di Manet.
Non so se ancora oggi il bravo editore Leconte che aveva bottega in rue des Archives, pubblichi simili «Piani», ma certo dovrebbe modificarli alquanto, sopratutto alla periferia, sostituendo ai paesini col campaniletto aguzzo di Montrouge o di Champerret, i grattacieli scaturiti dal compasso di Le Corbusier.
In mancanza dei paesini rustici, ci sia concesso almeno conservare lo stile dell’epoca, invitando il lettore a trasportarsi al tredicesimo piano di uno dei più moderni palazzi di Montrouge per osservarvi, in grazia agli illimitati poteri che ogni scrittore possiede, un uomo magro dai capelli grigi, intento a guardare appunto uno dei vecchi Piani dell’editore Leconte.
Vicino a lui un meticcio agita un grosso ventaglio di fibre di cocco per rinfrescare l’aria intorno al suo padrone, che ha la respirazione un po’ affannosa, e tutto ciò non solo in contrasto con l’arredamento ultramoderno dell’ambiente, ma anche in barba ai ventilatori le cui pale d’argento sono immobili, come se lo strano inquilino di quel tredicesimo piano sdegnasse le comodità moderne, o volesse conservare a tutti i costi almeno qualche ricordo nostalgico di una vita coloniale non ancora completamente dimenticata.
— Vedi questa carta, Rolph?
— La vedo, padrone.
— Questa è la carta che avevo allora... e sai perché mi servo ancora di questo vecchio piano? Perché ho bisogno di sentirmi ancora come allora... povero, miserabile, abbandonato in questa Parigi che odio come odio quella gente.
In così dire il pugno magro ma muscoloso dell’uomo percuote al centro la carta topografica, e il meticcio che non ha mai capito perché il padrone osservi sempre quel grosso ragno bianco cosparso di casette, ride felice di veder la bestia schiacciata dalla mano del padre di adozione, del suo signore, del suo idolo, del suo re.
In quello stesso istante, un altro ventaglio si muoveva con lentezza in un’altra camera tutta bianca non molto lontana da quella che abbiamo descritta. Era un ventaglio di carta da pochi soldi, di quelli che si regalano per far la pubblicità ai prodotti farmaceutici. Anche l'aria di questa seconda camera odorava vagamente di farmacia, e la donna che agitava il ventaglio appariva stanca come chi ha vegliato a lungo vicino a un capezzale. Per seguire ancora una volta lo stile letterario del secolo scorso, diremo che il lettore ha già capito che la camera era quella di una lussuosa clinica di Montrouge, e che la donna era Monica Staël.
Di fronte a lei, seduto su uno sgabello di metallo, il dottor Milton parlava lentamente.
— Signorina, cercate di essere calma e soprattutto di aderire alla realtà delle cose... bisogna che voi assolutamente facciate questo sforzo... vostro padre ormai è fuori pericolo, ma non resisterebbe certo a un altro attentato...
— Sapete bene che sono disposta a tutto... la mia vita ormai non ha più nessun valore.
— Non dovete dire questo, la vostra vita ha ancora tutto il suo valore, voi siete sempre la ragazza di qualche settimana fa, con parecchie esperienze dolorose in più, lo ammetto, ma col vostro radioso avvenire intatto, ed è per questo avvenire, che si identifica poi nella salvezza di vostro padre, che voi dovete farvi forza e aiutarmi.
— Aiutarvi? Ma per far ciò dovrei capire, e come posso, se improvvisamente mi è crollato intorno tutto un mondo nel quale credevo? Credevo che mio padre fosse uno dei finanzieri più solidi di Parigi, e voi siete venuto a dire che la sua ricchezza data appena dal dopoguerra e attraversa in questo momento una crisi piuttosto grave; credevo che tutti lo amassero come lo amo io, e voi mi avete fatto balenare la possibilità di intrighi oscuri e paurosi che lo circonderebbero come una rete.
— Non io... i fatti...
— I fatti, sia pure, ma questi fatti potrebbero anche essere casuali... l’uccisione di Chopard potrebbe non aver niente a che fare col colpo di pistola tirato su mio padre, e anche tale ferimento potrebbe essere un incidente fortuito... un pazzo, un ubriaco, che so io... ma voi no, voi vi ostinate a gettare un’ombra su tutto il nostro passato, su tutta la mia famiglia, voi cercate misteriosi collegamenti, mettete in dubbio ogni parola, sospettate di tutti, voi... come dire... anticipate quasi gli avvenimenti luttuosi, trovandovi in precedenza sui luoghi dove essi si dovranno verificare.
Il dottor Milton ebbe un sorriso un po’ triste.
— Capisco... capisco che io vi debba sembrare una specie di profeta di sventura, una Cassandra in abito estivo, peggio ancora, una specie di jettatore... capisco, ma purtroppo i fatti parlano per me... finché si è trattato dell’uccisione di Chopard, poteva ancora darsi che l’assassino avesse cercato di sviare le tracce gettando i sospetti su una qualunque delle persone che lo Chopard conosceva, ma il biglietto apocrifo con la mia firma, quel biglietto che ha attirato vostro padre all’angolo del boulevard Mortier, è stato addirittura un ordine di esecuzione, meditato con freddezza e portato a termine con ferocia. Dobbiamo a un puro miracolo se vostro padre è ancora vivo, e ci vorranno lunghi mesi di convalescenza prima che egli possa dirsi completamente guarito. In questa attesa sarebbe imperdonabile da parte mia, e soprattutto da parte vostra, attendere tranquillamente che il criminale o i criminali mettano in azione un altro piano delittuoso contro vostro padre o contro altri.
— Ma perché tanto accanimento? Che cosa ha potuto far loro quel povero uomo?
— È appunto quello che desidero sapere, ed è per questo che vi tormento con le mie domande, ma, sembra una fatalità... tutti quelli che circondano vostro padre, o che hanno conosciuto Geo Chopard, diventano improvvisamente muti quando di tratta di parlare del passato di questi due uomini... anche l’avvocato Gaspard... anche la vedova Chopard...
— La vedova Chopard?...
— Sì, quella donna che al momento dell’arresto di vostro padre ha marciato diritto su di lui chiedendogli conto del marito, ebbene, quando l’ho interrogata sui rapporti che passavano fra vostro padre e Chopard, si è confusa, ha risposto in modo evasivo e se n’è uscita con frasi vaghe.
— Può darsi che essa stessa non sappia nulla.
— Può darsi, come può darsi che l’avvocato Gaspard... a proposito di Gaspard, lo conoscete da molto tempo?
— L’ho sempre visto per casa fin da quando ero bambina...
— Che impressione avete di lui?
— L’impressione che mi è stata suggerita da mio padre... un professionista molto stimato che ha sempre condotto a termine con diligenza gli affari... vedete? Io stessa capisco la puerilità delle mie parole..., ma è colpa mia se sono stata allevata in questo modo? Io ero la ragazza ricca che trova tutto facile, che si occupa di sport, di musica... che si fidanza e forse si sposa sempre in un ambiente fittizio, in un mondo che conosce solo per sentito dire... poi improvvisamente questo mondo crolla...
— Per ora non è ancora crollato niente.
— Peggio, è tutto messo in dubbio: l'origine della nostr...

Indice dei contenuti

  1. IL TRAPEZIO D'ARGENTO
  2. IL QUARANTA, TRE, SEI, SEI NON RISPONDE
  3. LA NOTTE DEL 14 LUGLIO
  4. PLENILUNIO ALLO ZOO
  5. Crediti