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Il commissario Richard. Tutte le inchieste
Informazioni su questo libro
Per Andrea Camilleri, suo estimatore, Ezio D'Errico è un artista "dotato di una genialità rinascimentale". E certamente unico, più volte imitato, è il suo indimenticabile commissario Richard, che con De Vincenzi è tra i personaggi più originali della storia del giallo italiano (e anche dei "mitici" gialli Mondadori). In questo libro sono raccolte tutte le indagini del Commissario nato dalla penna di D'Errico: da Qualcuno ha bussato alla porta a La nota della lavandaia. Introduzioni di Loris Rambelli.
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Informazioni
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LetteraturaCategoria
Classici- Va bene, va bene, datemi il tempo di infilarmi una giacca. Dopo pochi minuti il dottor André Nivard fece il suo ingresso in casa Vernier, in una tenuta che in tutt’altro momento avrebbe fatto ridere Marius. Sul pigiama, che era di un panno verdognolo sbiadito, aveva indossato un pastrano a quadri; i piedi nudi guazzavano in un paio di enormi pantofole di paglia e i capelli grigi, che egli di solito portava pettinati con gran cura, gli ricadevano sulle orecchie in due bande come avviene per il pelo di certi cani pechinesi.
Entrando nello studio del suo amico Vernier, il medico ebbe un lieve movimento di ripulsa, subito vinto, poi, mentre la vecchia Pélage e il ragazzo lo guardavano smarriti senza osare di oltrepassar la soglia, si curvò sul cadavere esaminandone la cornea dell’occhio e cercando di abbassargli un braccio che era alzato come se l’ucciso prima di morire avesse abbozzato un gesto di difesa.
Finalmente con voce un po’ emozionata disse; - Povero Vernier... non c’è niente da fare... l’unica è avvertire subito la Polizia. Volete che telefoni io?
La vecchia fece una smorfia, forse per dire qualche cosa, ma dalla gola le uscì solo un lamento. Poi come se lo sforzo fatto le avesse tagliato le gambe, si lasciò cadere in ginocchio mormorando: - Maria Vergine abbiate pietà di me... Nostra Signora dei Buon Porto aiutateci...
Il dottor Nivard salì nel suo alloggio per telefonare, e quando ridiscese vide Marius Ponsard che sorreggendo la vecchia governante l’accompagnava in cucina mormorandole delle parole affettuose.
La tragedia aveva improvvisamente fatto di quel ragazzo un uomo, e quando il dottore disse: - Fino all’arrivo della Polizia sarebbe meglio che nessuno entrasse nello studio, - Marius Ponsard rispose con fermezza: - Non temete dottore, ci penserò io.
Alla telefonata del dottore, il piantone di turno al commissariato aveva risposto: - Va bene, adesso avverto il commissario... ma mi pare che sia uscito...
Infatti il vice commissario Harpe era uscito per accompagnare alla stazione un suo ex superiore, il quale proprio quel giorno aveva ultimato la sua quindicina di ferie e rientrava a Parigi.
Il vice commissario Harpe in altri tempi aveva prestato servizio come ispettore alle dipendenze di quel vecchio funzionario, ed era stato lui stesso che, promosso da poco tempo vice commissario a Les Sables d’Olonne, tanto aveva insistito che il suo ex superiore si era deciso di portarvi la sorella a trascorrere qualche giorno, dato che per guarire i postumi di una bronchite i medici avevano consigliato a costei l’aria di mare.
Il ciclista trovò il terzetto al buffet della stazione davanti alla macchina del caffè.
Al centro troneggiava il corpulento commissario Émile Richard, alla sua destra c’era la sorella Geneviève, alla sua sinistra il vice commissario Harpe.
All’arrivo dell’agente ciclista il vecchio Richard stava dicendo: - Ed ora rientriamo nella bolgia parigina... beato te, caro Harpe, che hai avuto la fortuna di lasciare le grandi metropoli e iniziare la nuova carriera in un paese così tranquillo e pittoresco.
L’agente avanzò portando la mano alla visiera, e il vice commissario Harpe staccandosi dai suoi ospiti chiese: - Che cosa c’è?
In quel momento Richard aveva finito di sorseggiare il suo caffè e accendendo l’eterna “gitana” diceva alla sorella: - Le valige ci sono tutte? Ti raccomando quella piccola che ha la serratura che non chiude bene...
Ma Geneviève si accorse che il fratello parlava distrattamente, perché la sua attenzione era polarizzata da quei due che confabulavano in un angolo.
Poi Harpe si avvicinò borbottando: - A proposito di luogo tranquillo...
- Che cosa è avvenuto?
- Hanno telefonato dalla villa dell’avvocato Vernier... uno dei notabili della città, fratello del vescovo di Nantes...
- Un furto?
- Magari... hanno trovato l’avvocato ucciso nel suo studio... È il dottor Nivard che ha telefonato... sembra che il Vernier sia stato pugnalato questa notte...
- Caspita! Be’... io ti lascio, perché non voglio farti perdere dell’altro tempo... tante grazie per tutte le cortesie...
- No, commissario... non vorrete lasciarmi nei pasticci...
- Come sarebbe a dire?
- Sapete bene che questo è il primo caso...
- Ma che diavolo mi vai cantando... hai quindici anni di esperienza sul groppone... o ti sei già dimenticato...
- Non ho dimenticato, ma allora ero l’ispettore Harpe...
- Che cosa significa? Ora sei il vice commissario Harpe...
- No, non fatemi questo sgarbo...
- Ma sai che sei un bel tipo... che cosa c’entro io?
- Ma va là che muori dalla voglia di restare! - esclamò con voce rabbiosa Geneviève. - Volevo ben dirlo che era impossibile che una volta tanto mi finisse la villeggiatura senza dovermi avvelenare il sangue.
- Ma io ti assicuro, cara...
- Non dire bugie! Vai, vai, per fortuna che non abbiamo fatto il biglietto. Bada soltanto per cinque minuti alle valige così vado a fare il mio.
- Se è per questo, signorina - interruppe Harpe - vi lascio l’agente ciclista a disposizione. Vi aiuterà a mettere le valige sul treno.
- Grazie tante! - rispose seccamente la zitellona.
Ma poi come al solito si rabbonì e dopo che il fratello le ebbe promesso che non si sarebbe trattenuto più di ventiquattro ore, salutò Harpe con un sorriso che rassomigliava alquanto a una smorfia e si allontanò verso la biglietteria, mentre il vecchio Richard seguitava a balbettare: - Ti assicuro che prenderò il treno di mezzogiorno. Lo sai pure che dopo domani debbo essere in servizio...
Fu così che dopo pochi minuti il commissario Émile Richard, accompagnato da Harpe, faceva il suo ingresso a villa Vernier, dove la governante Pélage stentò a convincersi che quel corpulento signore vestito in grigio chiaro e col panama in testa fosse un asso della Polizia parigina.
Fra l’altro il commissario s’era dimenticato di togliersi dall’occhiello un rametto di gaggia, che gli dava un’aria un po’ buffa di vecchio ganimede da spiaggia.
Per quanto Richard strada facendo avesse detto e ripetuto ad Harpe che egli accettava soltanto di intervenire come spettatore o tutt’al più come consigliere, fu chiaro fin dai primi istanti che il vecchio commissario aveva preso le redini della faccenda e che ormai tutta l’inchiesta avrebbe gravitato intorno alla sua massiccia persona.
Lo stesso giudice Ludovic Ferreol, che Harpe per debito d’ufficio aveva mandato ad avvertire, dovette al suo arrivo mettersi in seconda fila, cosa che d’altronde fece con molto garbo e senza affatto aver l’aria di esserne mortificato.
Dopo aver dato un’occhiata al cadavere e aver fatto un giro per le camere che componevano la villa, soffermandosi soprattutto su quelle del piano terreno, il commissario interrogò Pélage, poi il ragazzo, e finalmente il dottor Nivard.
Vale la pena di riportare integralmente questi interrogatori, non solo perché la loro importanza doveva, come vedremo in seguito, essere fondamentale ai fini dell’inchiesta, ma anche perché la loro concisione permette di catalogarli fra i più essenziali e caratteristici, in relazione ai metodi di indagine del commissario Richard.
- Voi vi chiamate?
- Pélage Gaudin...
- Da quanti anni prestate servizio in questa casa?
- Da diciotto anni.
- Siete di questo paese?
- Sono nata a Guèrande, dipartimento della Loira inferiore.
- Avete parenti a Les Sables d’Olonne?
- Né qui, né altrove. Sono una trovatella allevata dalle monache del Buon Consiglio di Nantes, presso le quali ho fatto la cuoca fino a quarant’anni, poi Monsignore...
- Ho capito... Quando avete visto il vostro padrone per l’ultima volta?
- Ieri mattina, quando è partito per Nantes.
- Dove si recava spesso?
- Almeno tre volte alla settimana... Tutti i suoi clienti sono laggiù... ha anche uno studio a Nantes...
- Pernottava anche in quella città?
- Raramente. Quasi sempre rientrava con l’ultimo treno, quello delle ventidue e trenta.
- Lo attendevate al suo ritorno?
- No, perché il povero avvocato non voleva.
- Vi accorgevate però del suo rientro?
- No, perché io dormo nello stanzino dietro la cucina e il signor avvocato rientrava dalla strada.
- Per ritirarsi nella sua camera doveva necessariamente passare dallo studio?
- No, poteva girare il corridoio che dall’atrio conduce alla camera da letto e al bagno, ma il signor avvocato passava sempre dallo studio per lasciarvi la busta di pelle coi documenti della sua professione, a parte il fatto che quando giungevano telegrammi o qualunque corrispondenza, avevo l’ordine di mettere tutto in vista sulla scrivania...
A questo punto giunse il giudice Ferreol che era un tipo tarchiato dal viso abbronzato e dai capelli grigi tagliati a spazzola, il cui accento tradiva il marsigliese a un miglio di distanza.
Dopo le presentazioni, il vice commissario Harpe spiegò la presenza casuale di Richard e questi chiese al giudice il permesso di continuare.
- Figuratevi caro commissario... io sono un vostro vecchio ammiratore e se non si trattasse del povero Vernier, starei per dire di essere felice della circostanza che mi permette di conoscervi di persona.
Il commissario Richard s’inchinò leggermente sorridendo, poi rivolto alla governante continuò: - Voi insomma escludete che l’avvocato sia entrato in casa passando dalla spiaggia?
- Dalla spiaggia?
- Sì... da quel poco che ho visto, mi pare che si possa entrare in casa anche dalla parte del giardino, risalendo per la veranda...
- Non capisco perché dovrebbe essere passato di lì. Dalla stazione ferroviaria, la strada più breve è quella che taglia il podere dei Chantal e sbocca sullo stradale a cento metri dalla villa.
- Quando avete fatto l’ultima volta la pulizia nello studio dell’avvocato?
- Come al solito ieri mattina.
- Dopo la partenza dell’avvocato?
- Naturalmente.
- Sta bene... Il signor giudice ha qualcosa da chiedere?
- Prego, prego... è meglio che continuiate voi.
- Grazie.
Il commissario Richard, che fino allora era rimasto in piedi, sedette su una sedia di paglia (l’interrogatorio avveniva nella cucina) e accesa una sigaretta si rivolse al ragazzo.
- Voi vi chiamate?
- Marius Ponsard.
- Siete nipote di Oreste Vernier?
- Sissignore.
- Figlio di una sorella?
- Sissignore.
- Da quanto tempo abitate in questa casa?
- Dalla morte dei miei... sono quasi dieci anni.
- Vostro zio vi faceva da tutore?
Il ragazzo si strinse nelle spalle: - Io non posseggo nulla... mio zio mi manteneva e mi faceva studiare.
- E voi studiavate?
- Poco.
- La qual cosa vi esponeva ai rimproveri di vostro zio?
- Sì.
- I vostri rapporti erano però cordiali...
- Purtroppo no.
Ci fu un istante di silenzio scandito dal fragore della risacca che dava all’interrogatorio un ritmo solenne, quasi che domande e risposte fossero suggellate dalla voce possente di quell’infinito liquido che fungeva da coro. Il commissario restò un momento ad osservare il ragazzo che teneva la testa bassa e le braccia penzoloni lungo il corpo. Non gli sfuggì che le dita avevano un tremito continuo sia pure impercettibile.
A un tratto disse: - Perché assumete questo atteggiamento da colpevole?
- Perché mi sento colpevole.
- Di che cosa?.
- Di tutto.
- Volete spiegarvi meglio?
Il ...
Indice dei contenuti
- VII. L'ispettore Rops prende una famosa «azzoppatura»
- XIII. Da Bruxelles si telegrafa...
- Capitolo III
- Capitolo IX
- II. Il seduttore radiofonico
- VIII. Piccola ombra nell'ombra della notte
- Parte prima
- Parte seconda
- IL TRAPEZIO D'ARGENTO
- PARTE SECONDA
- IL QUARANTA, TRE, SEI, SEI NON RISPONDE
- PARTE SECONDA
- LA NOTTE DEL 14 LUGLIO
- PARTE SECONDA
- Capitolo secondo
- Notturno allo zoo
- Capitolo secondo
- Capitolo settimo
- Capitolo secondo
- Capitolo settimo
- Capitolo secondo
- Capitolo ottavo
- III. La crisi di coscienza del cancelliere Dupont
- VIII. Una lettera inutile e una confessione inaspettata
- Capitolo IV
- Capitolo IX
- III. L'uomo che ha venduto il suo cranio
- Epilogo
- Parte seconda
- SEGNI PARTICOLARI: NESSUNO
- Capitolo VI
- Capitolo III
- Capitolo VIII
- Capitolo III
- Capitolo ottavo
- III
- VIII
- III. Profezie e coincidenze
- VIII. Le delusioni di Harpe
- IX. L’inchiesta nella nebbia