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- Italian
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Brexit con deal, istruzioni per l'uso
Informazioni su questo libro
Alla fine l'accordo è stato fatto. Con uno spunto finale e la convinzione che la mancanza di accordo avrebbe creato una situazione difficilmente gestibile per entrambe le parti, Uk e Ue il 24 dicembre scorso hanno siglato l'intesa che disciplina dal 1° gennaio 2021 i rapporti commerciali, i flussi delle persone e dei capitali e la cooperazione amministrativa e giudiziaria. L'accordo sarà ratificato dalle parti e per ora è entrato in vigore in via transitoria, con efficacia fino al 28 febbraio 2021.
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Informazioni
Argomento
VolkswirtschaftslehreCategoria
WirtschaftstheorieIl quadro generale
IL TRATTATO DI DIVORZIO
L’accordo c’è, ma restano problemi aperti
Più che guardare agli effetti sull’economia, si è cercata un’intesa politica
Nicol Degli Innocenti
LONDRA

Dopo il voto del giugno 2016 e la vittoria a sorpresa del fronte anti-Ue, i sostenitori di Brexit avevano trionfalmente dichiarato che in tempi brevi avrebbero raggiunto «l’accordo commerciale più facile della storia». Invece la storia degli ultimi anni è stata di trattative tormentate, negoziati complessi, scadenze fissate e poi disattese, ultimatum annunciati e poi ritrattati, speranze di svolta deluse e recriminazioni reciproche.
L’ottimismo degli euroscettici non aveva tenuto conto di un aspetto fondamentale: l’accordo commerciale tra Londra e Bruxelles era diverso da qualsiasi intesa precedente. Di solito si parte da posizioni e regole diverse e si tratta per avvicinarle il più possibile, mentre in questo caso il punto di partenza era regole comuni e consolidate da decenni di appartenenza della Gran Bretagna all’Unione.
La norma è che le due parti negozino per convergere, mentre in questo caso si è trattato per divergere. I negoziati tradizionali già non sono facili. Ci sono voluti 7 anni per raggiungere l’accordo commerciale tra Ue e Canada e 5 anni per l’intesa tra Ue e Giappone. Questo negoziato al contrario tra Ue e Regno Unito si è rivelato ancora più difficile.
Uno dei motivi è che per Londra il divorzio dalla Ue è sempre stato una questione politica, mentre per Bruxelles è sempre stata una questione economica e commerciale.
Raggiunto l’accordo, il premier Boris Johnson ha festeggiato la riconquista della sovranità, il ritorno ad essere uno Stato indipendente e libero dal «giogo degli eurocrati non eletti di Bruxelles», l’ambizione di tornare grande potenza commerciale globale come ai tempi dell’Impero britannico.
La Ue, con estrema coerenza e grande rigore, ha sempre parlato in termini molto più concreti di tutelare l’integrità del mercato unico e garantire parità di condizioni.
Si può dire che Brexit è nata male. L’allora premier David Cameron aveva indetto il referendum per tacitare l’ala eurofoba del partito conservatore che lo chiedeva da tempo.
Per ottimismo o leggerezza, a seconda dei punti di vista, Cameron era convinto che il voto sarebbe stato a favore di restare nella Ue. Non ha neanche ascoltato i costituzionalisti che chiedevano una maggioranza qualificata, cioè due terzi dei voti, per una decisione di questa portata.
Così Remain ha ottenuto il 48,1% e Leave il 51,9%. Con la maggioranza semplice tanto è bastato per mettere fine a un’associazione che era iniziata nel 1975, quando il 67% degli elettori britannici aveva votato a favore di entrare nella Comunità Economica Europea.
Anche Johnson, che nel 2016 era il leader della campagna anti-Ue, era convinto di perdere. Quando si è trovato vincitore, non aveva un programma o una strategia per realizzare Brexit.
Il fronte pro-Ue aveva le idee chiare: voleva restare a far parte dell’Unione per ragioni politiche, ideologiche, pragmatiche e certamente economiche. Il fronte pro-Brexit invece non aveva un progetto comune al di là di uscire dalla Ue.
Lo schieramento comprendeva, e comprende tuttora, da una parte euroscettici moderati che volevano più autonomia mantenendo però stretti legami economici e un clima di cooperazione con la Ue, di gran lunga il maggiore partner commerciale della Gran Bretagna.
Dall’altra parte invece c’erano oltranzisti eurofobi che paragonano la Ue a una dittatura e che erano pronti a uscire subito sbattendo la porta, senza accordi. E tra questi due estremi tutta una gamma di punti di vista.
Dopo il trionfo elettorale nel dicembre 2019, che gli ha dato una maggioranza schiacciante in Parlamento, Johnson ha potuto imporre la sua linea dura. Il catastrofico «no deal» è stato evitato, ma l’accordo raggiunto è scheletrico. Il premier alla fine ha privilegiato sovranità e autonomia regolamentare, rinunciando a legami stretti con la Ue. La politica ha vinto sull’economia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
I passaggi chiave
TRANSIZIONE FINO A FINE 2020

Il contesto
Il Regno Unito ha lasciato l’Unione europea il 31 gennaio 2020. Ufficialmente il Regno Unito non è più Stato membro dell’UE e non partecipa al processo decisionale dell’Unione europea.
L’UE e il Regno Unito hanno concluso un accordo di recesso che prevede un periodo di transizione fino al 31 dicembre 2020. Durante il periodo di transizione le norme e le procedure in materia doganale e fiscale sono rimaste invariate. Tuttavia, dal 1° gennaio 2021 le cose cambiano. Terminato il periodo di transizione, i cambiamenti nei settori della fiscalità e delle dogane saranno importanti per le imprese che hanno scambi commerciali con il Regno Unito.
La Brexit avrà coseguenze sulle imprese che:
– vendono merci o prestano servizi al Regno Unito, o
– acquistano merci o servizi dal Regno Unito, o
– movimentano merci attraverso il Regno Unito
– usano materiali e merci del Regno Unito negli scambi con i paesi partner dell’UE nell’ambito dei regimi preferenziali.
Per l’Irlanda del Nord si potranno applicare disposizioni specifiche che si ripercuotono sull’imposta sul valore aggiunto, sulle accise e sulle dogane.
IMPORT ED EXPORT

Fiscalità e unione doganale
I nuovi adempimenti:
– per importare o esportare merci da/verso il Regno Unito o per movimentare merci attraverso il Regno Unito sarà necessario presentare dichiarazioni in dogana;
– oltre alla dichiarazione in dogana, può essere necessario fornire dati relativi alla sicurezza;
– sarà necessaria una licenza speciale per importare o esportare determinate merci (ad esempio rifiuti, determinate sostanze chimiche pericolose e OGM);
– per l’importazione o l’esportazione dei prodotti sottoposti ad accisa (alcol, tabacco, combustibili) da/verso il Regno Unito saranno necessarie formalità supplementari;
– in generale si dovrà versare l’IVA nel paese dell’UE in cui s’importano merci dal Regno Unito; tutte le merci esportate verso il Regno Unito saranno esenti dall’IVA nell’UE, ma poi bisognerà adempiere alle norme sull’IVA applicabili alle importazioni nel Regno Unito;
– per le operazioni con il Regno Unito sarà necessario conformarsi a norme e procedure IVA diverse da quelle per le operazioni all’interno dell’UE
TRATTATIVE COMMERCIALI

Tariffe
Le aziende che commerciano con il Regno Unito, movimentano merci attraverso il Regno Unito o usano merci del Regno Unito che esportano nell’ambito di regimi preferenziali dell’UE devono prepararsi a cambiamenti importanti che si ripercuoteranno sulle aziende stesse. Trascorso il periodo transitorio, nelle trattative commerciali con il Regno Unito le aziende dovranno espletare le stesse formalità doganali che si applicano ai paesi terzi.
Con l’accordo di Natale, almeno per le merci originarie di una delle due parti, non sarà necessario assolvere in dogana i diritti di confine. Per tutti i beni, comunque, dal 1° gennaio 2021 sono scattati i controlli in frontiera. Per i beni non originari dalla predetta data si applica la tariffa, in linea con le regole dell’Omc.
Si prevede che il 90% delle merci britanniche esportate nella Ue saranno soggette a tariffe Omc, che variano dall’11% in media per prodotti agricoli al 35% per latticini a oltre il 60% per alcuni tipi di carne. Per questo Tesco, la maggiore catena di supermercati britannica, prevede aumenti dei prezzi del 5% in caso di no deal. Le barriere non tariffarie – quote, controlli alla frontiera, verifiche fitosanitarie, sicurezza, dichiarazioni doganali – sono altrettanto onerose.
CONTROLLI ALLE FRONTIERE

Prime code di camion
La previsione è di lunghe code alle frontiere per i controlli doganali.
Lo stesso Governo britannico ha previsto code di 7mila camion a Dover e ha costruito enormi parcheggi nei dintorni.
Già a Calais si sono registrate code di 17 chilometri con novemila camion bloccati a causa della corsa ad accumulare scorte in Gran Bretagna in vista non solo di Natale ma di un possibile “no deal”.
Per limitare i danni, Londra ha unilateralmente annunciato che per sei mesi non effettuerà controlli sulle merci in arrivo dalla Ue.
Questo è cruciale soprattutto per prodotti alimentari deperibili, dato che la Gran Bretagna importa gran parte della frutta e verdura dalla Ue, ma il problema è solo rinviato. L’Un...
Indice dei contenuti
- Copertina
- Frontespizio
- Copyright
- L’accordo c’è, ma restano problemi aperti
- Serve la dichiarazione doganale Merci censite in modo analitico
- Adempimenti in dogana, sei mesi di periodo transitorio
- Conformità dei prodotti per il 2021 attestata «Ce»
- Operazioni avviate a fine 2020 con regole intracomunitarie
- Triangolazioni commerciali: da gennaio è cambiato tutto
- Tassati i dividendi corrisposti alla madre da società italiane
- Corte Ue non più competente, arbitrato per le controversie
- Test su tre livelli per ottenere la residenza nel Regno Unito
- Doppia cittadinanza ammessa dall’Italia e dal Regno Unito
- Il cittadino Ue deve acquisire lo stato di residente stabilito
- Le università britanniche danno l’addio a Erasmus
- Fino al 31 marzo franchigia sulla tassa d’acquisto della casa