Etica
VALORE
Nella cultura cristiana il valore si identifica con il divino, mentre nella cultura classica il valore era distinto in tre “luoghi” non religiosi: bello, buono e logico. Nel pensiero moderno, a proposito del buono ci sono divergenze non piccole: Buber per esempio sosteneva che buono e cattivo non sono mai una sostanza ma solo una direzione{113}, non esiste cioè niente che sia buono o cattivo di per sé. Questo non è facile da comprendere se ci si muove con un pensiero fondato sull’essere, è invece comprensibile se si pensa in termini di esistere, cioè di essere nel tempo. Nel tempo gli oggetti diventano processi, nel tempo si diviene, non si è: buono è allora un avvenimento, non una sostanza, solo una direzione. Se buono e cattivo non sono sostanze ma direzioni, indicano luoghi dove non si arriva mai, solo si lasciano tracce nel percorso…
Se etica, estetica e logica non si riferiscono a cose ma a processi, si reificano quando si vogliono oggettivare. L’oggettivazione dell’etica è la morale, l’oggettivazione della logica è la razionalità, l’oggettivazione dell’estetica si può dire che sia la moda, o semplicemente ciò che piace{114}. Etica, estetica e logica, anche se sono rigorose non hanno leggi: non ci sono oggetti che siano buoni, belli e logici. Dire “questo è logico” significherebbe infatti semplicemente “questo è razionale”: non si può dire “questo è bello”, significherebbe che mi piace, ma non è detto che mi piacerà tra un po’ di tempo, o che piaccia anche a te. Allo stesso modo, dire “questo è buono” togliendolo dal contesto perde chiaramente di senso: gli eventi storici non sono valutabili al di fuori delle circostanze in cui si verificano.
Il valore viene prima di ogni logia: non è individuato dal discorso psicologico, ma è piuttosto il fondamento su cui psicologia e psicoterapia si appoggiano. Esiste la psicoterapia perché esiste il valore, se non ci fossero comportamenti di più o meno valore non avrebbe senso lavorare per cambiare il modo di comportarsi. La funzionalità normalmente viene considerata valore, ma un discorso semplicemente funzionalista all’interno di una situazione umana non è plausibile{115}, perché non tutto è misurabile in questi termini. Non di rado quello che permette di gestire la propria vita è per esempio una grande capacità di sopportare la sofferenza nella prospettiva di qualcosa di più importante: Van Gogh riconvertiva in un’arte gloriosa il suo dolore, e se questo nella sua vita non fosse stato tanto grande, probabilmente non avrebbe potuto essere un così grande artista.
Il valore è un miracolo, nel senso che è incredibile che esista: spiegarlo o non spiegarlo non fa nessuna differenza, in realtà semplicemente è la sua esistenza quello che dà colore alla vita. La bellezza differenzia uno sgorbio di un bambino da un quadro di Tiziano: spiegarne il perché è un optional, l’importante è che la bellezza esiste, ed è riconoscibile attraverso il gusto.
Si può evolvere nel gusto solo guardando dentro di sé: non tutti hanno lo stesso gusto estetico, e così è presumibile che non tutti abbiano lo stesso gusto etico. Ciò che piace esteticamente a qualcuno potrà non piacere a qualcun altro, ma non si potrà dire comunque di Tiziano o di Giotto che sono cattivi pittori. Il gusto non è affatto dimostrabile, ma nella psicoterapia si lavora continuamente con ciò che non è dimostrabile, e non c’è bisogno di prove per sapere che il gusto etico esiste.
La tendenza umana è quella di dedurre una legge da un’unica esperienza: si picchia il naso una volta e si dice “no, questo non si fa!” e non ci si riprova più. Oppure si fa qualcosa che ha successo e allora si pensa che quella è la cosa da fare sempre, e magari si ripete la stessa cosa anche quando l’esperienza non la conferma più. Distinguere tra i comportamenti sarebbe invece riuscire a distinguere quali hanno un gusto migliore, sviluppando così un gusto etico. Così succede per l’estetica: nel passato per studiare pittura si andava “a bottega”, e a forza di guardare i quadri degli altri e di provare a dipingere si arrivava a poter dire “ah, questo mi piace più di quell’altro!”, cioè si imparava a dipingere riconoscendo certe forme come preferite. I criteri del gusto non sono razionali, ma esperienziali: per averli bisogna disporre di una gamma di esperienze paragonabili fra loro, dato che non si può valutare senza confrontare, e quindi necessariamente la vita richiede esperienza.
Guardando un quadro di Klimt, dove si cerca il valore? Dove si localizza? Il valore trascende il quadro, ovvero è più della somma di chi guarda e il quadro, ed è esperienzialmente una percezione dell’invisibile. Nietzsche diceva che lo psicologo deve avere orecchi dietro gli orecchi: orecchi per ascoltare le parole del paziente, e orecchi dietro gli orecchi per ascoltare il silenzio dell’ineffabile da cui vengono quelle parole. Aprendo alla percezione dell’ineffabile si potrebbe anche, per assurdo, fare a meno della morale: il gusto etico potrebbe essere sufficiente a segnare la via della convivenza umana.
Quello che di solito si pensa è che qualcosa di valore etico debba essere noioso e faticoso, e che per farlo sia necessario reprimersi, altrimenti si farebbe altro. Questo è un errore di valutazione: la morale è noiosa perché è astratta dalla realtà concreta, ma l’etica è esattamente il contrario di noioso. Sarebbe come dire che l’estetica è noiosa: un quadro meraviglioso può costare lacrime e sangue al pittore, ma il risultato è tale che per l’artista il gioco vale la candela. Per l’etica è lo stesso: quando succede qualcosa di buono tra le persone è in...