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La ricerca della pace
Informazioni su questo libro
Un'analisi interessante sulla ricerca della pace attraverso il pensiero, le opere e le azioni di Johan Galtung, una personalità di spicco nel panorama pacifista, capace di offrire soluzioni vere e durature ai conflitti che infiammano il nostro pianeta. La ricerca della pace diventa un impegno per ciascuno, sapendo utilizzare, attraverso questo ebook, gli strumenti giusti per raggiungerla.
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Informazioni
Capitolo 1 – PRIMA DI GALTUNG
Come accennato nell’introduzione a questo lavoro di sintesi di pensiero e di riflessione sulla necessità di “stravolgere” un pensiero dominante al fine di trovare la Pace, prima di Galtung alcuni filosofi di notevole importanza avevano già tentato, nelle loro opere e riflessioni, di apportare riflessioni e pratiche di ricerca della Pace.
Cosa avevano pensato questi studiosi?
Quanto di ciò che essi avevano formalizzato nel loro pensiero strutturato ha trovato spazio ed origine nelle nostre società?
Come queste riflessioni hanno apportato un cambiamento nelle nostre menti?
Nel paragrafo seguente andremo a conoscere ed approfondire tali pensieri, focalizzandoci in particolar modo su quelli di Locke, Rousseau e Kant.
1.1 LOCKE, ROUSSEAU, KANT
In questo primo paragrafo ci prefiggiamo di effettuare un excursus storico – filosofico sul tema centrale della nostra trattazione.
Il cuore del presente lavoro, infatti, è rappresentato dallo studio e dall’analisi del concetto di Pace e procede attraverso una trattazione dettagliata che parte da John Locke per arrivare a Johan Galtung.
Analizziamo e portiamo all’attenzione del lettore, pertanto, alcune fra le personalità più significative del passato che hanno riflettuto sulla Pace e sulla Tolleranza (Tollerance), in peridi storici caratterizzati da brutali spargimenti di sangue, ma anche da grandi ideali. Molto del loro pensiero si rivela a tutt’oggi di grande attualità ed i modelli socio-politici da loro proposti, se da un lato sono figli dei rispettivi contesti storici, dall’altro contengono alcune intuizioni che, in un’ottica retrospettiva, appaiono di una straordinaria lungimiranza.
La prima metà del XVII secolo vede l’Europa profondamente segnata dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti. In Inghilterra a questo contrasto se ne aggiunge uno non meno grave che oppone Monarchia e Parlamento; tali conflitti, combinati tra loro, portano il paese alla guerra civile (1642-1645) e, dopo il processo e la decapitazione di re Carlo I Stuart (1647), alla Repubblica (di fatto una dittatura personale di Oliver Cromwell). Morto Cromwell si assiste al travagliato re insediamento degli Stuart sul trono (Carlo II, 1660) e, infine, alla successione protestante nella persona di Guglielmo III di Orange a danno del fratello ed erede filo cattolico di Carlo, Giacomo II (la “Gloriosa Rivoluzione” del 1689).{1}
Negli anni successivi al ritorno della monarchia John Locke (1632 – 1704) propone un modello di pace sociale caratterizzato da una concezione e da una sensibilità sotto molti aspetti anticipatrici di quelle moderne.
Nel primo dei suoi Due trattati sul governo (editi nel 1690 e dedicati a Guglielmo III){2} Locke confuta con forza le teorie assolutistiche che vedono la derivazione dell’autorità dei monarchi europei dai patriarchi biblici, a loro volta detentori del potere assoluto sui propri simili per volere di Dio.
Locke allarga il diritto di proprietà a tutti gli uomini, facendolo risalire al tempo della Creazione. Questi, per meglio salvaguardare i propri diritti, si sono affidati alla figura del magistrato, deputandolo a punire quanti volessero prevaricare le libertà altrui.
Nel Secondo trattato sul governo Locke descrive l’originario Stato di Natura degli uomini,{3} soggetto alla Legge di Natura e caratterizzato dall’uguaglianza, dalla libertà non licenziosa, dall’autoconservazione e dalla conservazione degli altri.
La Legge di Natura è anteriore ad ogni diritto positivo, non dipende da alcun contratto ed è vincolante per l’uomo da prima della sua condizione di cittadino.{4}
L’impulso all’autoconservazione ed alla salvaguardia dei propri diritti porta l’uomo ad allontanarsi dallo Stato di Natura perseguendo la vita sociale, nella quale egli condivide i medesimi obbiettivi con altri (i cui diritti, di conseguenza, è tenuto a conservazione non meno dei propri). L’autorità politica consente alla società umana di non cadere nel rischio della violenza e della sopraffazione da parte di alcuni dei propri appartenenti a danno degli altri. L’atto di nascita della società politica è dato da un libero contratto con cui ognuno si sottomette alle decisioni della maggioranza, vera prima detentrice dell’autorità politica, cioè del potere di deliberare e decidere per il benessere comune.
Per impedire che gli interessi dei propri cittadini devino dal benessere comune, il popolo delega a pochi l’esercizio del potere, sia legislativo che esecutivo, purché questi la esercitino nel rispetto della Legge Naturale; quando il monarca, o qualsiasi altra autorità “delegata” dal popolo prende decisioni contrarie al benessere comune, e di conseguenza alla Legge di Natura, si ha il diritto-dovere alla ribellione.
L’opera di Locke che meglio esplica il suo concetto di pace sociale è l’Epistola de Tolerantia, pubblicata nel 1689{5}, che consigliamo vivamente quale lettura.
Tale opera risente assai dell’influsso dei pensatori arminiani, da Locke conosciuti durante l’esilio olandese.{6}
Il filosofo nega anche all’autorità ecclesiastica, come a quella civile, qualsiasi potere di coercizione nelle questioni concernenti la Fede, sostenendo che questa non possa che derivare da una libera scelta. L’appartenenza alla Cristianità è data sostanzialmente dalla spontanea accettazione degli elementi essenziali, soprattutto dell’opera salvifica di Cristo. All’incompetenza, per ciascuna Chiesa, di legiferare in campo dogmatico e di definirsi unica detentrice del patrimonio della Rivelazione, si affianca il dovere alla tolleranza, altro carattere imprescindibile del cristianesimo.{7}
In considerazione dello stretto legame tra tolleranza religiosa, liberismo politico e prosperità economica, il pensiero di Locke lo ha esposto, paradossalmente, anche a pesanti accuse: scetticismo, relativismo, mero utilitarismo, indifferenza etica, addirittura paternità del liberismo senz’anima proprio della società anglosassone (ma, osiamo dire, non solo anglosassone); nonché l’aver proposto uno strisciante e subdolo modello di omologazione volto a soffocare, svuotandola di senso, ogni differenziazione culturale.{8}
Ma queste critiche, tipicamente contemporanee, non tengono conto della vera personalità di Locke, entusiasta e sincero assertore di una nuova ideologia etica e sociale:
“Va detto per inciso che proprio questa precisa collocazione all’interno della speculazione teologica rimostrante{9} non permette di leggere queste pagine quale espressione di relativismo religioso, come alcuni critici antichi e recenti hanno fatto, ma quale segno della speranza di trovare, chiarita la vera natura della chiesa di Cristo, il punto di incontro tra le varie confessioni cristiane, che permettesse finalmente la pacifica convivenza tra i cristiani.”{10}
Un altro equivoco, anch’esso figlio dell’ottica contemporanea, vuole il Locke precursore dello “Stato Laico” modernamente inteso:
“Queste posizioni hanno spesso indotto a ritenere che la teoria lockiana matura della tolleranza dipenda soprattutto dalla separazione radicale tra società politica e comunità religiosa e dall’attribuzione alla società politica del compito di difendere le libertà individuali, in particolare le proprietà, secondo i canoni del ‘liberalismo possessivo’. In realtà Locke aveva sistemato le proprie idee sulla tolleranza prima che sulla società politica (…) Furono le nuove idee sulla tolleranza a rendere Locke sensibile ai ragionamenti con i quali si sosteneva che la convivenza di credenze religiose diverse era addirittura opportuna per la società politica, perché avrebbe rafforzato il consenso e avrebbe attirato immigrati qualificati, capaci di dar vita a commerci e di diventare membri fedeli della comunità che li avesse accolti. Di qui muoveva l’idea della società civile come garante della sicurezza e della proprietà dei suoi membri.”{11}
In realtà Locke, straordinario innovatore, resta pur sempre figlio del suo tempo. Inoltre pur perseguendo egli, in nome della Ragione e della Fede, valori in certo modo “universali”, il suo ambito rimane ben determinato dal punto di vista socio-politico (Inghilterra) e religioso-culturale (Protestantesimo).
Disgustato e affranto dai meso conflitti (ad un tempo religiosi, sociali e politici) che tormentano il suo paese, il filosofo concepisce un percorso in cui Stato e Chiesa (o Chiese) procedano di pari passo, senza deviare né sovrapporsi. Tuttavia la non totale accettazione e/o comprensione di alcune minoranze{12} allontana il nostro pensatore dalla sensibilità contemporanea.
Rispetto al moderno concetto di trascendenza (che, come vedremo, si basa sulla creatività per la formulazione di soluzioni nuove che comportino un comune vantaggio){13} il pensiero di Locke guarda consapevolmente al passato, concepito in maniera ideale, e propugna il ritorno (nei limiti del possibile) alla Legge di Natura; un migliore avvenire, quindi, ottenibile riaccostandosi ad una realtà anteriore alla stessa proliferazione delle tirannidi e delle guerre civili e di religione.
Nondimeno le aspettative del filosofo sono meditate in funzione del superamento dei conflitti in seno alla società inglese, cui offrono concreti appigli di miglioramento. Anche in seguito il suo pensiero si rivelerà, opportunamente “aggiornato”, attuale e lungimirante.
Così, pur avendo in mente una passata “età dell’oro” Locke anticipa i tempi e traccia un sentiero che sarà percorso da molti altri.
Dopo di lui Jean Jacques Rousseau (1712 – 1778) elabora ulteriormente il concetto della sovranità popolare, che più che “trascendere” il contrasto con la monarchia sembra volerlo risolvere a favore di un sistema democratico.{14}
Egli sostiene le virtù dello Stato di Natura, perdute dall’uomo a causa di una distorta civilizzazione che lo ha corrotto piuttosto che migliorarlo; ma non è al progresso in quanto tale, bensì alle modalità in cui esso si è concretizzato nella storia che va la sua critica.
Il filosofo ginevrino mantiene tuttavia fiducia nella originaria virtù dell’uomo, potenzialmente ancora in grado di liberarsi dai mali cui la “cultura” lo ha condotto...
Indice dei contenuti
- Titolo pagina
- INTRODUZIONE
- Capitolo 1 - PRIMA DI GALTUNG
- Capitolo 2 - GALTUNG E TRANSCEND
- Capitolo 3 - SVIZZERA E NON SOLO
- Capitolo 4 - TRASCENDENZA E GEOPOLITICA
- CONCLUSIONI
- APPENDICE A.
- FONTI
- BIBLIOGRAFIA
- L’autore