L'arte di essere nonno
eBook - ePub

L'arte di essere nonno

  1. Italian
  2. ePUB (disponibile sull'app)
  3. Disponibile su iOS e Android
eBook - ePub

L'arte di essere nonno

Informazioni su questo libro

Io contemplo, nei nostri tempi spesso neri ed oscuri, questo punto di luce che esce dalle culle e dai nidi. Ah! i figli dei nostri figli c'incantano, sono delle giovani voci mattutine che trillano. Sono nella nostra lugubre abitazione il ritorno delle rose, della primavera, della vita, del giorno! Il loro riso ci fa spuntare una lacrima sulle pupille e fa trasalire le pietre della nostra vecchia casa; il loro sguardo radioso disperde i terrori della tomba semi-aperta e degli anni gelidi e gravi; essi riconducono la nostra anima ai primi anni; fanno riaprire in noi tutti i nostri fiori secchi; e ci ritroviamo dolci, semplici, felici di nulla; il cuore sereno s'empie di un'onda aerea; vedendoli si crede veder sbocciare se stesso; sì, diventar nonno, è ritornare all'aurora.

Domande frequenti

Sì, puoi annullare l'abbonamento in qualsiasi momento dalla sezione Abbonamento nelle impostazioni del tuo account sul sito web di Perlego. L'abbonamento rimarrà attivo fino alla fine del periodo di fatturazione in corso. Scopri come annullare l'abbonamento.
Al momento è possibile scaricare tramite l'app tutti i nostri libri ePub mobile-friendly. Anche la maggior parte dei nostri PDF è scaricabile e stiamo lavorando per rendere disponibile quanto prima il download di tutti gli altri file. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Perlego offre due piani: Base e Completo
  • Base è ideale per studenti e professionisti che amano esplorare un’ampia varietà di argomenti. Accedi alla Biblioteca Base con oltre 800.000 titoli affidabili e best-seller in business, crescita personale e discipline umanistiche. Include tempo di lettura illimitato e voce Read Aloud standard.
  • Completo: Perfetto per studenti avanzati e ricercatori che necessitano di accesso completo e senza restrizioni. Sblocca oltre 1,4 milioni di libri in centinaia di argomenti, inclusi titoli accademici e specializzati. Il piano Completo include anche funzionalità avanzate come Premium Read Aloud e Research Assistant.
Entrambi i piani sono disponibili con cicli di fatturazione mensili, ogni 4 mesi o annuali.
Perlego è un servizio di abbonamento a testi accademici, che ti permette di accedere a un'intera libreria online a un prezzo inferiore rispetto a quello che pagheresti per acquistare un singolo libro al mese. Con oltre 1 milione di testi suddivisi in più di 1.000 categorie, troverai sicuramente ciò che fa per te! Per maggiori informazioni, clicca qui.
Cerca l'icona Sintesi vocale nel prossimo libro che leggerai per verificare se è possibile riprodurre l'audio. Questo strumento permette di leggere il testo a voce alta, evidenziandolo man mano che la lettura procede. Puoi aumentare o diminuire la velocità della sintesi vocale, oppure sospendere la riproduzione. Per maggiori informazioni, clicca qui.
Sì! Puoi usare l’app Perlego sia su dispositivi iOS che Android per leggere in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo — anche offline. Perfetta per i tragitti o quando sei in movimento.
Nota che non possiamo supportare dispositivi con iOS 13 o Android 7 o versioni precedenti. Scopri di più sull’utilizzo dell’app.
Sì, puoi accedere a L'arte di essere nonno di Victor Hugo, Augusto Castaldo in formato PDF e/o ePub, così come ad altri libri molto apprezzati nelle sezioni relative a Letteratura e Collezioni letterarie. Scopri oltre 1 milione di libri disponibili nel nostro catalogo.

Informazioni

I
A Guernesey
L’esilio soddisfatto
Solitudine! silenzio! oh! il deserto mi attrae. L’anima ivi si calma, severamente contenta; ivi l’uomo si sente l’esploratore di non so quale ombra. Io vado nelle foreste a cercare la vaga oscurità; la selvaggia densità dei rami m’infonde una specie di gioia e di ignoto spavento; ed io vi trovo un oblio quasi eguale alla tomba. Ma io non mi spengo; si può restar fiaccola nell’ombra, e, sotto il cielo, sotto la cripta sacrata, solo, tremare al vento profondo dell’empireo. Non è scemato nulla nell’uomo per avere gettato lo scandaglio nelle tenebrose profondità del dovere.
Chi vede dall’alto, vede bene; chi vede da lontano, vede giusto. La coscienza sa che le è possibile un’augusta crescenza, e va sui luoghi elevati a sfavillare o ingrandire, lungi dal mondo oblioso. Dunque io vado al deserto, ma senza separarmi dal mondo.
Perché un sognatore viene, nella foresta profonda o sullo scoscendimento delle coste, a sedersi tranquillo e meditare l’immensità della sera, egli non s’isola perciò dalla terra ove siamo. Non sentite dunque che, avendo visto assai uomini, si ha bisogno di fuggire sotto gli alberi densi, e che tutte le brame di verità, di pace, di equità, di ragione e di luce aumentano in fondo all’anima, dopo tante cose mendaci?
I miei fratelli hanno sempre il mio cuore, e, lontano ma presente, io guardo e giudico il destino; io tengo, per completare l’anima umana abbozzata, l’urna della pietà inclinata sui popoli, la vuoto senza posa e la riempio sempre. Ma io prendo per rifugio l’ombra degli inaccessibili boschi.
Oh! io ho visto così da vicino le folle miserabili, le grida, gli urti, l’affronto alle teste venerande, tanti vili ingranditi dalle turbolenze civili, dei giudici che avrebbero dovuto essere giudicati, dei preti vili che servono ed insozzano Dio, che predicano pro e testimoniano contro, ho visto il deforme della nostra bellezza, nel nostro bene il male, il falso nel vostro vero, e il nulla passare sotto gli archi trionfali, io ho tanto visto ciò che morde, fugge e piega, che, vecchio, debole e vinto, ho per gioia di sognare immobile in qualche luogo oscuro; là, sanguinando, io medito; e quand’anche un Dio mi offrisse per rientrare nelle città la gloria, la gioventù, l’amore, la forza e la vittoria, io stimo buono d’avere un tugurio nelle foreste, perché io non so se acconsentirei.
Sovranità dell’innocenza
Che cosa è questa terra? Una tempesta d’anime. In quest’ombra, dove, erranti nocchieri, noi non approdiamo altro che a scogli, scambiandoli per porti; nella tempesta delle grida, dei desiderî, dei deliri, degli amori, dei dolori, dei voti, ammasso di nuvoli; nei fuggenti baci di queste prostitute che nominiamo fortuna, ambizione, successo; dinanzi a Giobbe che, soffrendo, dice: «Che cosa so?», ed a Pascal che, tremando, dice: «Che cosa penso?»; in questa mostruosa e feroce profusione di papi, di cesari e di re, che fa Satana; in presenza del destino che gira il suo argano per cui sempre — e di qui il terrore dei filosofi — escono dai medesimi flussi le medesime catastrofi; in questo nulla che morde, in questo caos che mente, ciò che l’uomo finisce per vedere distinto, è, al di sopra dei nostri dolori, delle cadute e delle discese, la sovranità delle cose innocenti. Dato il cuore umano, lo spirito umano, il nostro ieri tenebroso, il nostro oscuro domani, tutte le guerre, tutte le collisioni, tutti gli odî, il nostro progresso interrotto da uno strascinar di catene, dovunque qualche rimorso anche presso i migliori, e la folla dei mortali sbattuta senza fine dai venti che soffiano dai cieli in lacrime; certo è salutare e buono per il pensiero, sotto l’incrociamento di tanti neri rami, contemplare talvolta, attraverso tutti i nostri mali che sono come dei veli tra noi ed il cielo, una profonda pace fatta tutta di stelle; è a ciò che Dio pensava quando ha messo i poeti addormentati presso le culle.
Entra in scena Giovanna
Giovanna parla; ella dice cose che ignora; invia al mare che mugge, al bosco canoro, alla nuvola, ai fiori, ai nidi, al firmamento, all’immensa natura un dolce gorgheggio, tutto un discorso, forse profondo, ch’ella completa con un sorriso nel quale ondeggia un’anima e tremola un sogno, e mormora indistinto, vago, oscuro, confuso, mescolato, Dio. Il buon nonno ascolta sorpreso.
Vincitore, ma vinto (Victor, sed victus)
Io sono, nel nostro tempo di collisioni e di furori, pugnace, ed ho fatto guerra ai monarchici; ho combattuto la immonda folla delle Sodome, milioni di flutti e di uomini hanno ruggito contro di me senza farmi cedere; tutto l’abisso è venuto ad assalirmi e mugghiare, ed io ho dato battaglia alle onde schiumanti, e sotto l’enorme assalto dell’ombra e dei tormenti non ho curvato il capo più che uno scoglio; io non sono di quelli che un cielo triste spaventa, e che, non osando tentare lo stige e l’averno, tremano innanzi all’oscura bocca di un antro; quando i tiranni avventavano su di noi, dall’alto, i loro neri fulmini aventi per lampi i delitti, io ho scagliato il mio cupo verso a quei sinistri passanti; io ho trascinato tutti i re coi loro ministri, tutti i falsi dèi con tutti i falsi principî, tutti i troni legati a tutti i patiboli, l’errore, la spada infame e lo scettro sublime, ho trascinato tutto confusamente all’abisso; io davanti ai cesari, ai príncipi, ai giganti della forza ritti sull’ammasso dei nulla, davanti a tutti quelli che l’uomo adora, abomina, incensa, davanti ai Giove dell’ultrapotenza, sono stato quarant’anni fiero, indomito, trionfante; ed eccomi vinto da un bimbo.
L’altro
Vieni, mio Giorgio. Ah! i figli dei nostri figli c’incantano, sono delle giovani voci mattutine che trillano. Sono nella nostra lugubre abitazione il ritorno delle rose, della primavera, della vita, del giorno! Il loro riso ci fa spuntare una lacrima sulle pupille e fa trasalire le pietre della nostra vecchia casa; il loro sguardo radioso disperde i terrori della tomba semi-aperta e degli anni gelidi e gravi; essi riconducono la nostra anima ai primi anni; fanno riaprire in noi tutti i nostri fiori secchi; e ci ritroviamo dolci, semplici, felici di nulla; il cuore sereno s’empie di un’onda aerea; vedendoli si crede veder sbocciare se stesso; sì, diventar nonno, è ritornare all’aurora. Il vecchio gaio si mescola ai marmocchi trionfanti. Noi ci rinnovelliamo nei nipotini. E, calmi, vediamo dileguarsi tra i rami con tutte queste anime candide la nostra anima tetra.
Giorgio e Giovanna
Io, che con un bimbo divento completamente sciocco, ne ho due: Giorgio e Giovanna; e prendo l’uno per guida e l’altra per lume, e accorro alle loro grida, visto che Giorgio ha due anni e Giovanna ha dieci mesi. Le loro prove di esistere sono divinamente opposte; nella loro parola, in cui tremano degli abbozzi, par di vedere un avanzo di cielo che si dissipa e fugge; ed io che sono la sera, ed io che sono la notte; io, il cui pallido e freddo destino si oscura, ho la tenerezza di dire: Essi sono l’aurora. Il loro dialogo sibillino mi schiude degli orizzonti; essi si capiscono fra loro e si dicono le proprie ragioni. Giudicate come ciò dilegua i miei pensieri. Desiderî, progetti, le cose insensate, le cose savie, tutto in me cade, al loro tenero splendore, e non sono più che un uomo qualunque che sogna. Non sento più la torbida e segreta scossa del male che ci attrae e del destino che spinge. I bambini vacillanti sono il nostro migliore sostegno. Io li guardo, e poi li ascolto, e poi sono buono, e il mio cuore si calma innanzi ad essi; io accetto i sacri consigli dell’innocenza, e sono stato sempre così; non ho mai conosciuto nei dolori come sui fastigi, nulla più dolce dell’oblio che c’invade l’anima al cospetto degli esseri puri dai quali si eleva un’umile fiamma; io contemplo, nei nostri tempi spesso neri ed oscuri, questo punto di luce che esce dalle culle e dai nidi.
La sera vado a vederli dormire. Sulle loro fronti calme, abbagliato, io distinguo l’ombra delle mie mani e come un chiarore di stella, a levarle, e mi dico: Che possono dunque sognare? Giorgio fantastica di pellegrini balocchi, di dolci, del cane, del gallo, del gatto; e Giovanna pensa agli angeli. Poi, quando si svegliano, i loro occhi si aprono, pieni di raggi.
Essi arrivano, ohimè! all’ora in cui noi partiamo.
Cinguettano. Parlano? Sì, come il fiore parla alla sorgente dei boschi; come il padre loro Carlo, fanciullo, parlava un tempo alla loro zia Dedé; come io vi parlavo, inondato di sole, o miei fratelli, al tempo in cui mio padre, giovane, ci guardava giocare nella caserma, a Roma, a cavallo alla sua grande sciabola, noi così piccolini. Giovanna che ha negli occhi il myosotis, e che semiaprendo i ditini per prendere l’ombra, non ha quasi braccia avendo ancora le ali, Giovanna, con dei canti in cui fluttua una parola, arringa Giorgio bello come un dio che fosse marmocchio. Non è la parola, o cielo azzurro, è il verbo; è la lingua infinita, innocente, magnifica che sospirano i venti, le foreste e le onde; i piloti Giasone, Palinuro e Tifi sentivano la sirena con questa dolce voce mormorare l’oscuro inno che abbatte le gonfie acque; è la musica sparsa nel mese di maggio che ad uno fa sentire l’amore, ad un altro, ahimè, le rimembranze pungenti; e il linguaggio vago e luminoso degli esseri nuovi alla vita, che, attirati sotto le sue finestre, davanti all’aprile, smarriti, esitanti zufolano all’immensa vetrata di primavera. Queste misteriose parole che Giovanna dice a Giorgio, sono l’idillio del cigno col pettirosso, il bombitar delle api, le domande che l’ingenuo giglio rivolge al passero pensoso; sono la parte sommessa e divina della vasta armonia, il bisbiglio, l’ombra ineffabile e benedetta che susurra e stormisce accendendo visioni, e che rivela forse il mistero; perché i bambini erano ancor ieri nel cielo, e sapevano ciò che ignora la terra.
O Giovanna! o Giorgio! voci dalle quali il mio cuore è conquiso! Se gli astri cantassero, barbuglierebbero come voi fate. La loro fronte rivolta verso di noi ci illumina e indora. Oh! donde venite, sconosciuti che adoro? Giovanna ha l’aria stupita, e Giorgio ha gli occhi arditi. Essi traboccano, ancora ebri del paradiso.
Ira
Talvolta mi sento preso da orrore per questa terra, il mio verso sembra la bocca spalancata di un cratere; io ho la feroce emozione che dà l’uragano mostruoso all’albero gigantesco; il mio cuore prende il fuoco, io sento tutto ciò che ho di marmo in me diventar lava: e che? niente di vero! lo scriba ha per appoggio il soldato; tutte le cose, giudice e vergine, donna e prete, mentono o mentiranno; il dogma beve del sangue, l’altare benedice il delitto; tutte le verità — gruppo triste e sublime — hanno il rossore alla fronte, sulle nostre teste sta il sinistro bagliore dei re; il tempio è pieno d’inferno; il lume delle nostre feste oscura il cielo azzurro; l’anima ha l’inclinazione d’una nave che si sommerge; e le religioni, a tastoni, nell’ombra hanno scambiato il demonio per Dio!
Oh! chi mi darà le parole terribili? oh! io lacererò queste carte e queste bibbie, questi codici, questi corani! Io leverò il grido profondo delle catastrofi, e vi a...

Indice dei contenuti

  1. CoverImage
  2. V. Hugo L'arte di esser nonno
  3. 1.A Guernesey
  4. 2.Giovanna addormentata
  5. 3.La luna
  6. 4. Il poema del giardino delle piante
  7. 5. Giovanna addormentata
  8. 6. Vecchiezza e infanzia confuse
  9. 7. L’Immacolata Concezione
  10. 8. Gli scarabocchi dello scolaro
  11. 9. Le scappate del nonno bambino
  12. 10. Bimbi, uccelli e fiori
  13. 11. Giovanna lapidata
  14. 12. Giovanna addormentata
  15. 13. L’epopea del leone
  16. 14. Anime scomparse
  17. 15. Lode al fanciullo (Laus puero)
  18. 16. Due canzoni
  19. 17. Giovanna addormentata
  20. 18. Che i bimbi leggeranno quando saranno grandi
  21. 19. L’anima all’inseguimento del vero