parte prima
Problematiche a confronto e aree culturali
Capitolo primo
Risorse umane, memorie orali, nation building e pratiche endogene.
I diversi aspetti della medicina nel Corno d’Africa
Il Corno d’Africa – Eritrea, Etiopia, Somalia e Sudan – rappresenta il focus principale della nostra analisi. Durante gli ultimi anni di insegnamento ho promosso nei miei corsi all’Università di Bologna ricerche nuove su un aspetto interessante della ricostruzione della storia della medicina nel Corno d’Africa. In particolare, ho concentrato le ricerche seguendo anche “tesi magistrali” su alcuni temi legati alla storia sociale della medicina nel Corno d’Africa, dal periodo coloniale ad oggi. Di recente, numerosi lavori hanno arricchito questo campo d’indagine; e ritengo tuttavia che si possa ancora proporre qualcosa di diverso, sia dal punto di vista metodologico sia per i contenuti e affrontare l’argomento con idee innovative. Numerose sono le tematiche considerate nelle nostre riflessioni, frutto di elaborazioni storiografiche e di ricerche sul campo in un’area che è stata poco finora considerata, rispetto ad altre regioni africane.
Se si guarda la storia della pratica della medicina moderna in Africa nei secoli XIX-XX individuiamo alcune costanti. Al di là dei temi comuni che possiamo trovare, le società africane hanno sviluppato risposte estremamente differenziate, ed è per questo che la nostra analisi si concentra su un’area culturale integrata, il Corno Africa appunto, con alcune eccezioni per casi di studio relativi ad alcune società dell’Africa orientale.
Uno dei principali problemi legati alla ricostruzione delle società africane dopo le indipendenze degli anni Sessanta del secolo XX fu rappresentato dalla necessità di sviluppare politiche sanitarie alternative rispetto ai modelli coloniali. L’Africa soffre ancora oggi di una grave carenza istituzionale nel settore della medicina e delle politiche sanitarie. Accanto a patologie endemiche (malaria e malnutrizione) che il periodo coloniale non ha sanato, si sono sviluppate rapidamente nuove pandemie, come l’HIV/AIDS, che hanno aggravato una situazione già complessa e difficile da gestire da parte degli stati post-coloniali. Tuttavia, per comprendere meglio la situazione controversa attuale, i riferimenti al passato sono fondamentali.
Il secolo XX è il periodo principale sul quale focalizzare la nostra analisi per i grandi cambiamenti che ha comportato nella natura delle società africane, nei sistemi politici come nelle condizioni di vita quotidiane. La sanità è un momento importante di questo veloce cambiamento sociale, politico, economico ed istituzionale al tempo stesso. Il colonialismo appare quindi un episodio centrale all’interno del nostro discorso. L’impero è stato un momento cruciale per diffondere le nuove conoscenze scientifiche che l’Europa andava sistematizzando nel corso del secolo XX. La ricerca scientifica, proprio mentre stava facendo passi enormi e significativi, si inseriva nel momento storico della conquista degli imperi africani ed asiatici, in cui ha avuto una prima sperimentazione. Colonialismo e medicina moderna si incrociano nelle nostre tematiche e appaiono argomenti correlati.
La scienza europea si propone di “civilizzare” l’Africa, la medicina è una parte di questo aspetto di “civilizzazione”. L’uso amministrativo della medicina moderna in Africa si dispiega all’interno del colonialismo e diventa un mezzo ulteriore di “civilizzazione” progressiva. Il territorio africano è stato una sede privilegiata di numerose sperimentazioni scientifiche mediche moderne. Una parte di queste sperimentazioni è indubbiamente legata a forme di razzismo insite nella cultura europea che dobbiamo sottolineare fin da ora. La scienza si applica attraverso una “missione civilizzatrice” che non risparmia nessun territorio africano colonizzato dall’Europa. La pratica scientifica coloniale è una parte interessante da analizzare di questo percorso extra-europeo. La dimensione sociale dell’incontro/scontro coloniale può essere vista anche in queste tematiche sanitarie. Gli africani hanno beneficiato, o sono rimasti coinvolti passivamente da questa fase espansiva della scienza moderna? Il problema è quello di valutare criticamente questa fase dell’espansione europea legata ad una nuova scienza medica e di contestualizzare l’impatto, come il lascito, di questo tipo di “medicina imperiale”. È il discorso critico da affrontare, soprattutto alla luce della pratica medica sviluppata dai nuovi stati africani indipendenti. Si tratta di ripensare la medicina coloniale.
Una parte del nostro lavoro riguarda appunto questo lascito che la “medicina imperiale” ha trapiantato in Africa. Gli stati africani contemporanei in che misura sono oggi in grado di affrontare uno sviluppo diverso della scienza medica e di offrire sfide ai paradigmi occidentali? È il secondo interrogativo che il volume si propone di affrontare e di sviluppare criticamente, almeno in alcuni casi specifici. Gli stati africani hanno avuto a partire dall’indipendenza, e hanno tuttora, vari problemi di gestione della società comunitaria di base e della vita sociale in generale. L’aspetto della sanità è una componente importante della dinamica dello stato postcoloniale. L’ipotesi che sta alla base di questo lavoro è suffragata dalla constatazione che la pratica intensiva della medicina moderna abbia costituito oggi un momento fondamentale nella costruzione della nazione e di fatto abbia rappresentato un aspetto importante nella formazione di un’identità nazionale. Ritornerò su questo aspetto, evidenziato in seguito anche in relazione ad alcuni saggi specifici di questo volume, dedicati a ricerche in merito all’Eritrea e al Somaliland.
Se si guarda il panorama degli studi sulla medicina in Africa, troviamo numerosi lavori sulla medicina tropicale, varie analisi a livello medico-scientifico, trattazioni su malattie e problemi sanitari. Accanto ai lavori strettamente medici, esiste una vasta letteratura nell’ambito della sociologia della medicina che colloca l’aspetto medico all’interno del sociale, delle condizioni di sussistenza, molto spesso al limite della vita umana. Analogamente sviluppati gli studi di antropologia medica, che offrono connessioni fra la malattia, il corpo e le istituzioni sociali ed economiche. La letteratura contemporanea internazionale ha ampiamente trattato tematiche che intersecano queste molteplici prospettive.
Meno analizzato l’aspetto che lega la medicina alla costruzione della società e di un’identità collettiva nazionale. È questo il tema principale del nostro lavoro di ricerca che ha legato la situazione medica alla tematica dell’attualità della ricostruzione della nazione e che viene analizzato in diversi periodi storici. È quindi un aspetto politico/identitario quello che si vuole privilegiare, un fattore sociale che si trasforma in una dimensione politica precisa legata al contesto in cui emerge la nazione attraverso anche la condivisione di una medicina moderna nel Corno d’Africa.
Medicina e nation building, una correlazione che emerge significativamente nella ricostruzione delle risorse umane degli stati indipendenti africani. I materiali a disposizione dello studioso sono numerosi, anche se mancano lavori di sintesi improntati su questo concetto base. I saggi, uniti alla promozione di varie tesi di laurea presso l’Università di Bologna, hanno cercato di colmare una lacuna.
Il ricorso ad un’analisi del passato, come anticipavamo, è quindi d’obbligo. Lo sviluppo di una medicina moderna iniziata durante il periodo coloniale si pone oggi a confronto con un tentativo di conciliare le tecniche e le pratiche sanitarie della medicina consuetudinaria. Questo fenomeno, sviluppato in molti paesi africani, rappresenta una forma di recupero della memoria del passato per risolvere un problema drammatico come quello della sanità. Il periodo dell’impianto dello stato coloniale è quindi oggetto di analisi nelle sue interrelazioni con la medicina impartita dalle missioni, componente importante dell’età moderna, e che recentemente ha ricevuto grande attenzione da parte degli studiosi.
La medicina allopatica occidentale, promossa dagli stati coloniali e finalizzata alla cura dei coloni e dei funzionari europei, ebbe scarse ripercussioni sulle trasformazioni sociali. Nel Corno d’Africa, le ex-colonie italiane, in particolare Eritrea e Somalia, seguirono questo percorso. La medicina promossa dall’amministrazione coloniale italiana non aveva raggiunto la maggior parte della popolazione africana, il suo impatto era stato limitato nello spazio e nel tempo. Inoltre, la nascita dei primi medici moderni africani non era stata finalizzata allo sviluppo di una nuova forma di medicina locale, a differenza della British East Africa.
L’Etiopia per soli cinque anni di colonialismo italiano non può essere considerata sotto questo aspetto e non rientra in tali dinamiche, mentre il Sudan è analizzato meglio all’interno del grande ed effettivo ruolo esercitato dai missionari e non, in quanto condominio anglo-egiziano, dall’amministrazione coloniale. Se si esamina nel suo complesso, il Corno d’Africa rappresenta un insieme multiforme di esperienze trans-culturali, pratiche e risultati diversi nei confronti della popolazione africana, a seconda dei momenti storici analizzati.
I missionari, al contrario degli amministratori occidentali, svolsero un ruolo significativo nel promuovere modelli differenti di medicina. La medicina missionaria si pose in alternativa/competizione, all’interno dello stato coloniale, con le pratiche indigene e con i curatori locali attraverso l’uso, appunto, e il recupero di tecniche tradizionali. In più, era incentrata principalmente sulla cura della popolazione africana, due punti particolarmente importanti e che la contraddistinguevano dall’operato degli amministratori europei.
Il secondo periodo analizzato è quello relativo agli anni 1960-1990, nei quali un ruolo significativo hanno avuto sia l’Eritrea durante la lotta di liberazione sia il Somaliland dopo l’autoproclamazione di indipendenza nel 1...