L'arbitrato nella crisi familiare
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L'arbitrato nella crisi familiare

Una proposta applicativa

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L'arbitrato nella crisi familiare

Una proposta applicativa

Informazioni su questo libro

Lo studio affronta il tema dell’arbitrato come strumento di soluzione della crisi familiare (principalmente divorzio e separazione coniugale), che in Italia vive ancora allo stato embrionale, a differenza di altri ordinamenti che lo sperimentano ormai da lungo tempo.
Nonostante l’assenza di una disciplina positiva, è opinione dell’autrice che l’istituto possa trovare applicazione de iure condito: da qui l’idea di tentare un’“analisi di fattibilità”, a cui possa seguire la predisposizione di un regolamento arbitrale in grado di assicurare ai coniugi una tutela efficace e ad un tempo attuativa dell’interesse pubblico che permea questa materia.
Al fondo sta una domanda: l’arbitrato è in grado di offrire un valore aggiunto rispetto agli strumenti di tutela che sono già a disposizione della coppia in crisi? L’autrice prova a rispondere alla fine del lavoro, dopo aver esaminato dapprima la questione dell’arbitrabilità della crisi, e, di poi, la tecnica processuale più idonea a realizzare gli interessi in gioco, in costante confronto con le esperienze straniere.

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2021
Print ISBN
9788833793139
eBook ISBN
9788833793191
Argomento
Law
Categoria
Civil Law

Conclusioni

Una proposta applicativa

Per tirare le fila di questo lungo excursus, posso dire che, de iure condito, vi sono spazi per l’elaborazione di un regolamento arbitrale che permetta ai coniugi senza figli minori o non autosufficienti di sperimentare l’arbitrato per separarsi e divorziare, con compromesso a crisi già sorta, oppure con clausola arbitrale per eventuali liti circa l’esecuzione o la modifica degli accordi raggiunti ex l. n. 162 del 2014 o ex art. 158 c. c., da inserire nei suddetti accordi, con le modalità ed i limiti riportati nella prima parte di questo lavoro1.
Per assicurare la piena consapevolezza del consenso e la massima trasparenza, il regolamento, unitamente a documentazione di più agevole lettura, volta a spiegare ai potenziali utilizzatori le principali caratteristiche dell’arbitrato e il significato della scelta che stanno per compiere, dovranno essere diffusi attraverso il web ed ogni altro tipo di comunicazione efficace.
Il regolamento dovrà adeguarsi ad alcuni parametri indispensabili per garantire l’interesse pubblico sotteso a questa materia. Brevemente, rinviando alla più ampia trattazione delle pagine precedenti, particolare attenzione dovrà esser data:
  1. al modello di arbitrato, che dovrà essere di diritto e rituale;
  2. al momento del consenso, che dovrà essere espresso solo se i coniugi abbiano avuto tutte le possibilità di valutare i pro e i contra, all’esito di informazioni attendibili e qualificate;
  3. alla individuazione degli arbitri, che dovranno essere attentamente selezionati sulla base di criteri di competenza, specializzazione, adeguate soft-skills, imparzialità;
  4. ai costi, secondo i criteri di calmieramento e di prevedibilità;
  5. alle regole processuali, cercando un equilibrio fra prevedibilità delle regole e flessibilità rispetto alle circostanze del caso concreto; potenziando al massimo la fase istruttoria, sia sotto il profilo dell’istruzione primaria (ricerca dei fatti) sia sotto il profilo dell’istruzione secondaria (ammissione ed assunzione delle prove); prevedendo la possibilità di emettere provvedimenti urgenti e dedicando una fase apposita del procedimento dedicata al tentativo di conciliazione; disciplinando espressamente le ipotesi in cui dovessero prospettarsi situazioni difficili quali sospetti di abuso familiare; valutando eventuali raccordi con la mediazione familiare;
  6. all’impugnazione del lodo arbitrale, obbligatoriamente di diritto, per violazione di legge anche non inderogabile.
***
Rimane l’ultima domanda, al centro di questa trattazione: quale contributo può dare l’arbitrato, che non sia già a disposizione dei coniugi nella gestione contenziosa o negoziale della crisi?
Si può ancora una volta trarre spunto dalle prassi straniere, partendo dagli aspetti che sono tradizionalmente visti come punti forti dell’arbitrato.
La scelta del proprio giudice rappresenta un valore indiscutibile sul piano teorico ed anche sul piano pratico, a patto che sia correttamente inteso dalle parti: l’arbitrato (ben) amministrato ha le carte in regola per assicurare che la scelta non si presti ad abusi, sottoponendo al proprio vaglio gli arbitri nominati dalle parti ed individuando, in caso di nomina diretta, professionisti nei quali riponga la massima fiducia.
L’arbitro può e deve offrire alle parti un ottimo servizio, e per far ciò deve essere dotato di qualità riassumibili in due categorie: quelle di natura tecnico-giuridica, consistenti nella specializzazione nella materia familiare e nel saper condurre un arbitrato; quelle di natura generale, consistenti in competenze gestionali (anche informatiche) in senso lato, ma soprattutto nella capacità di comunicare, nell’empatia2 unita all’autorevolezza, nella disponibilità mentale, di tempo e di risorse (un contesto ambientale adatto, tutto il tempo necessario per svolgere con la giusta attenzione le attività processuali, ecc.) da dedicare alla lite. Ritengo che queste caratteristiche rappresentino uno dei più importanti, se non il più importante vantaggio dell’arbitrato familiare; specie in liti come queste, le qualità umane ed il contesto possono fare la differenza: “I view that quality of empathy, of understanding and identifying with peoples’ hopes and struggles, as an essential ingredient for arriving at just decisions and outcomes”3.
Insieme alle qualità dell’arbitro, ritengo che l’aspetto più interessante dell’arbitrato sia la flessibilità procedimentale e il conseguente taglio “su misura”4. Gli arbitri non debbono appiattirsi sulle regole processuali statuali, ma debbono far uso di tutte le opportunità a disposizione e della propria creatività, per concepire un rito tailor-made. Provo ad esemplificare: condivisione con le parti ed i difensori, fino a che sia possibile, di tutte le scelte processuali, a cominciare dal luogo e data delle udienze e dagli strumenti più comodi di comunicazione; elaborazione di un programma delle attività processuali da svolgere (possibile solo a patto che l’arbitro arrivi al primo incontro dopo aver studiato approfonditamente la lite); modalità di determinazione della materia del contendere semplificate, quando il caso lo permette; oralità in fase pre-decisionale, per evitare tempi morti; gestione di eventuali divisioni patrimoniali da arbitri-tecnici; elasticità massima nell’uso degli strumenti probatori, con il solo limite del contraddittorio5; uso delle tecnologie con sapienza e prudenza.
Mi soffermo un momento su quest’ultimo aspetto, che oggi assume una particolare importanza6: il ricorso alla telematica può permettere, in molti casi, un notevole risparmio di costi e di tempi (depositi telematici, digitalizzazione dei documenti, traduzione simultanea, registrazione e trascrizione via software di testimonianze e dichiarazioni, ascolto di persone a distanza), ma può rappresentare anche un ostacolo all’esigenza di una interazione efficace con le parti, i difensori, i testi o fra gli stessi arbitri. Come giustamente notato7, altro è tenere una udienza di programmazione delle successive attività, altro è sentire un teste, deliberare un lodo o decidere questioni delicate come l’opportunità di disporre una consulenza tecnica. Se nel primo caso la video-conferenza può essere preziosa, nel secondo caso va disposta solo se strettamente necessario. Bisogna cioè stare attenti a non spersonalizzare un incontro che, pur processuale, rimane sempre umano.
I tempi rapidi e stabiliti dalle parti sono tradizionalmente visti come un altro punto forte dell’arbitrato: la convenienza dipende dalla durata media dei processi giudiziali di divorzio o di separazione nello Stato di riferimento ed è assai probabile che l’arbitrato sia più rapido di un processo di divorzio in Italia. Si potrebbe obiettare che il vantaggio si azzera per via della possibilità di ottenere i provvedimenti presidenziali in limine litis, ma vi è da considerare che detti provvedimenti vengono emessi sulla base degli atti, e senza la visione completa che solo il compimento dell’istruttoria può assicurare. Rimane dunque il valore di una decisione rapida ed a piena cognizione, a patto però che l’arbitro non richieda troppe proroghe del termine inizialmente fissato dalle parti o solleciti, per esempio, il consulente tecnico che tarda nel deposito della perizia. Ancora una volta, l’ente amministratore assume una decisiva funzione di controllo, in tal senso.
La riservatezza è sentita specialmente in quei Paesi in cui la pubblicità è ritenuta caratteristica imprescindibile in tutto il corso del processo, mentre in Italia assume minor rilievo, dato che solo l’udienza di discussione è pubblica.
Passando ai punti deboli, viene subito in mente il costo dell’arbitro e dell’ente amministratore: aggravio indubitabile, se paragonato al costo di un processo italiano sulla stessa lite, ma attenuabile grazie alla prevedibilità e al calmieramento delle tariffe. All’estero si evidenzia che la minor durata dell’arbitrato permette un risparmio sui costi per la difesa, ma non mi sembra che si possa ragionare allo stesso modo in Italia, dato che le tariffe degli avvocati non sono a tempo, bensì a fasi del processo. Piuttosto, si potrà evitare la spesa di un consulente tecnico, quando gli arbitri abbiano idonee conoscenze tecniche e non è un vantaggio da poco.
Si suole altresì sconsigliare l’arbitrato quando vi sia un particolare squilibrio – economico o morale – fra le parti, ma si sono già messe in luce le necessarie accortezze per garantire un consenso consapevole, mentre, nel corso del processo, sarà l’arbitro a dover sorvegliare affinché non si creino squilibri di difesa (più rischiosi, invece, nella negoziazione assistita), anche facendo uso dei propri poteri inquisitori.
Altro punto debole è visto nella mancanza di poteri autoritativi e cautelari in capo all’arbitro: l’Italia, purtroppo, non ha fatto la stessa scelta di altri paesi, che hanno dotato l’arbitrato di un aiuto giudiziale generalizzato, specie in materia probatoria; né ha ritenuto di concedere poteri cautelari agli arbitri, in controtendenza con la grande maggioranza degli altri ordinamenti. Tuttavia, le osservazioni già compiute supra sull’istruttoria arbitrale in rapporto con quella giudiziale e sul coordinamento fra arbitrato e tutela cautelare mi sembrano poter compensare, almeno in parte, queste debolezze.
Vi è un ultimo aspetto, che può rappresentare ad un tempo un forte vantaggio od una notevole criticità: la maggiore stabilità del lodo rispetto alla sentenza, con riguardo alla ricostruzione dei fatti. Essa rende forte chi vince ed indebolisce chi lamenta l’ingiustizia della pronuncia. È un fattore da soppesare, al momento della scelta dell...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Premessa. Finalità e delimitazioni
  6. Capitolo I
  7. Capitolo II: Tecnica dell’arbitrato sulla crisi coniugale
  8. Conclusioni. Una proposta applicativa