Altreconomia 236 - Aprile 2021
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Altreconomia 236 - Aprile 2021

La tassa della disuguaglianza

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Altreconomia 236 - Aprile 2021

La tassa della disuguaglianza

Informazioni su questo libro

In copertina
ECONOMIA
Una riforma fiscale per contrastare le disuguaglianze. Ecco perché
ECONOMIA
Elogio delle tasse: perché servono per garantire diritti e democrazia Primo tempo
ATTUALITÀ
“La voce di Vittorio non si è mai spezzata né è stata dimenticata”
ATTUALITÀ
Che cosa è diventata la Palestina che raccontava Vittorio Arrigoni
DIRITTI
Le responsabilità di Shell per il disastro nel Delta del Niger
SALUTE COSTITUZIONALE
Tutelare il diritto alla salute con una “epidemiologia della visibilità” Secondo tempo
INTERNI
Rwm in Sardegna, riconvertire si può dalle armi a progetti sostenibili
TERRITORIO
Viaggio in Carnia, tra chi sogna la rinascita della montagna
REPORTAGE
Il popolo indigeno che resiste al crimine organizzato in Messico
SOCIETÀ
A scuola di lingua madre per non perdere le proprie radici Terzo tempo
FOTOGRAFIA
Carolina Rapezzi. Immagini da una discarica infernale
STORIA
Eric Gobetti. E allora le foibe?
I NOSTRI LIBRI
Sapessi com’è strano pensare di cambiare Milano Rubriche
Editoriale di Duccio Facchini
Obiettivo
Monitor
La salute al caleidoscopio di Nicoletta Dentico
Il clima è (già) cambiato di Stefano Caserini Il diritto di migrare di Gianfranco Schiavone
Semi in viaggio di Riccardo Bocci
Distratti dalla libertà di Lorenzo Guadagnucci
Il dizionario economico dell’ignoto di Alessandro Volpi
Piano Terra di Paolo Pileri
Osservatorio sulla coesione di Igor Guardiancich
In punta di diritto di Enrico Zucca
Avviso Pubblico di Pierpaolo Romani
Un volto che ci somiglia di Tomaso Montanari
La pagina dei librai di Modo Infoshop
Una finestra sul commercio equo di Micol Arena
Le idee eretiche di Roberto Mancini

Domande frequenti

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Informazioni

Anno
2021
eBook ISBN
9788865164198
Argomento
Business

“La voce di Vittorio non si è mai spezzata né è stata dimenticata”

Intervista a Egidia Beretta, mamma di Vittorio “Vik” Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile 2011. In dieci anni ha continuato a trasmettere il messaggio di suo figlio. Cambiano le generazioni che vogliono conoscerlo e il filo non si spezza

di Anna Maria Selini

"Mi sento ancora orfana di mio figlio”. Usa un paradosso Egidia Beretta, la madre di Vittorio Arrigoni, per parlare del decimo anniversario dell’uccisione del figlio. “Come allora, mi sento come se mi mancasse un pezzo, di cuore e di vita. Nonostante tutti questi anni siano stati anche belli, per quello che è successo attorno a me, per gli incontri, le dimostrazioni e l’enorme affetto che ho ricevuto. Le persone hanno fame di Vittorio, vogliono conoscerlo, gli vogliono bene e questo mi ha aiutato tantissimo”.

Come si sente nel decimo anniversario?
EB Per me non si tratta di una ricorrenza da ricordare in maniera diversa. In parte sono serena, ma la mancanza di mio figlio per me è sempre enorme e anche se, come ho detto, questi anni mi hanno portato tanto affetto, non dimentico mai che tutto parte da un assassinio.

Cosa ricorda oggi a mente fredda di quei giorni? Vede tutto nella stessa maniera?
EB A volte ho dei ricordi vaghi, a volte confusi, altre mi attardo a ripercorrere tutti i passi e quelle ore. Altre ancora mi scrollo tutto di dosso. Ricordo con grande dolore il momento in cui mia figlia Alessandra sentì alla tv che avevano trovato un corpo e che era di Vittorio. Andai da Ettore, mio marito, che era nel letto gravemente malato: “Il nostro Vittorio è morto”, gli dissi. La telefonata della Farnesina arrivò poco dopo.

Che cosa sa dei rapitori rimasti in vita? Ha mai cercato un contatto?
EB L’unico contatto è stato con i loro familiari, che ci chiesero di intercedere presso il tribunale militare di Gaza affinché non fosse applicata la pena di morte e così facemmo. Non mi è mai interessato, né interessa, avere un contatto con loro.
“ll fatto che venga continuamente ricordato significa tanto per me, significa che quella vita errabonda è stata la cosa più bella che Vittorio potesse fare per lui e per molti altri”
Li ha perdonati?
EB
No, assolutamente. Per perdonare una persona devi conoscerla, vederla, cercare di capire. Non lo volevo allora e non lo voglio oggi.

Lei allora mi disse che aveva una sua idea su quello che è successo a suo figlio, l’ha cambiata? Perché secondo lei è stato ucciso?
EB
Fin dall’inizio ho pensato che ci fosse un mandante più in alto degli esecutori, anche se non so dare contorni definiti alla mia sensazione. Forse credere che non sia stato semplicemente un colpo di testa è un tentativo di lenire il cuore. Penso che sia stato ucciso per metterlo a tacere, lo penso oggi più di ieri, anche se non ho ricevuto nuove informazioni o prove a riguardo.

Lei ha scelto di continuare a diffondere il messaggio di suo figlio invece che condurre una battaglia per rivendicare la verità di quello che è successo.

Crede che non si arriverà mai alla verità? O le basta quella giudiziaria?
EB L’ho fatto perché credo che nel mio caso sia un dispendio inutile di energie, anche per la mia anima, conservare per sempre questo rancore. Apprezzo chi lo fa, come i genitori di Giulio Regeni, ma quella è un altro tipo di battaglia -su come, dove e soprattutto sulle responsabilità di quello che è accaduto- e capisco la loro scelta. Io so di avere un altro compito, il compito che Vittorio mi ha affidato e che mi aiuta a restare più serena, una condizione dello spirito migliore per quando ci rincontreremo. La mia sarebbe una battaglia contro i mulini a vento e allora mi accontento della verità giudiziaria, anche se non ho mai nascosto alcune perplessità, in particolare sulle ricerche. Il mio unico rincrescimento è che non è stata fatta luce fino in fondo sul presunto leader del gruppo, il giordano.

Come sono stati questi anni in giro per l’Italia a raccontare suo figlio? Che bilancio ne trae?
EB Sono contenta. L’eredità di Vittorio è ancora fortissima, la sua voce non si è mai spezzata né è stata dimenticata. I primi giovani a cui l’ho raccontato sono cresciuti e adesso ci sono le nuove generazioni, quelli che erano troppo piccoli per ricordare, che vogliono conoscerlo. È un filo che non si spezza.

Che cosa resta ai ragazzi di Vittorio?
EB Gli resta in mente il Vittorio fermo, deciso, che non ha mai rinunciato a seguire i suoi ideali, la sua via, utopia, nonostante le difficoltà e le privazioni. Li stupisce la forza interiore che lo ha portato ad andare avanti, la costanza e la voglia di superare le difficoltà. E li sorprende che io non mi sia opposta alle sue scelte, ma lo abbia lasciato “volare”. Quando mi domandano il perché, stanno pensando ai loro sogni e sperando nelle loro madri.

Cosa ha imparato da tutti questi incontri?
EB Che ci sono molte più persone di quanto si possa pensare generose, altruiste, che aspirano ad una vita in cui possano aiutare gli altri. Che l’Italia e gli italiani sono un popolo grande. L’ho capito per l’accoglienza e l’affetto che ho sempre ricevuto e che mi ha dato la forza in tutti questi anni. C’è un’Italia che si conosce poco, che esiste e resiste.

“‘Restare umani’ credo significhi guardarsi attorno, non stare rinchiusi dentro le mura dell’egoismo, ma mettersi a disposizione”
L’uccisione di suo figlio l’ha cambiata, se sì in che senso?
EB Sono sempre stata una persona che tendeva a vedere l’umanità negli altri e lo sono ancora, anzi forse ora di più, perché l’ho constatata di persona. La mia quotidianità certo è cambiata: ho molti contatti, il lavoro della Fondazione che prima non c’era e che avrei preferito non ci fosse, ma che ha dato forma alla positività degli incontri, agli scambi… È incredibile notare come tanti siano desiderosi di “appropriarsi” delle esperienze di Vittorio.

Vittorio è stato inserito tra le vittime del terrorismo e con i fondi avete rinsaldato la Fondazione Vik Utopia. Che cosa avete realizzato in questi anni?
EB L a fondazione (fondazionevikutopia.org) è nata nel 2012 con fondi nostri, addirittura con i risparmi che erano rimasti sul conto di Vittorio. Il riconoscimento di vittima del terrorismo è arrivato nel 2015 e i fondi solo successivamente. Ogni anno finanziamo due-tre progetti nello spirito di Vittorio, cioè lasciare qualcosa di costruito, concreto, e che vada a beneficio soprattutto dei bambini o dei ragazzi, i più fragili e bisognosi, e a cascata naturalmente anche delle loro famiglie. A Gaza abbiamo realizzato diversi progetti, ma anche in Africa, Sud America, Europa, in Afghanistan, quest’anno in Bosnia.

A livello istituzionale è cambiato qualcosa? È stata contattata da esponenti politici in questi anni?
EB Nessuno si è avvicinato. Tutti mi chiedono perché anche a livello istituzionale non venga ricordato e io rispondo che non lo so. Di certo io non vado a cercare niente o nessuno. Io e Alessandra siamo state invitate a Roma per la giornata nazionale delle vittime del terrorismo e siamo andate un paio di volte, ci sembrava un dovere, ma è qualcosa di molto molto formale.

Anche grazie a lei ci sono state molte iniziative dedicate a Vittorio. C’è qualcosa che vorrebbe che ancora non è riuscita a fare?
EB Mi piacerebbe andasse a buon fine un documentario realizzato da due giovani laureati alla scuola d’arte di Roma. Il progetto prevede diverse forme di espressione, tra cui anche l’animazione, con la graphic novel che Stefano Piccoli ha dedicato a Vittorio. Per ora è fermo, spero riparta.

Per l’anniversario avete previsto qualche iniziativa?
EB Se ci fossimo trovati in un’altra situazione (senza Covid-19), lo avremmo ricordato a Bulciago ad aprile. Mi sto meravigliando di come tanti lo stiano facendo o lo faranno in quei giorni. Ricordo, tra gli altri, il podcast “Le ali di Vik”; un’iniziativa dell’associazione Assopace Palestina; uno spettacolo dell’Anpi di Aprilia tratto dal libro di Vittorio; l’evento “Buon compleanno Faber” organizzato dalla biblioteca di Monserrato in Sardegna, il contest lanciato dall’agenzia giornalistica Nenanews. Le persone ci hanno sostituito.

Non se l’aspettava?
EB No, anche se forse il funerale è stato un presagio. Ricordo lo stupore, la gioia e la riconoscenza per tutte quelle persone. Il fatto che venga continuamente ricordato significa tanto per me, significa che quella vita errabonda, che ci teneva un po’ in pensiero, è stata la cosa più bella che Vittorio potesse fare per lui e per molti altri.

Cosa vuol dire per lei “restare umani”?
EB
Questa è la domanda più difficile perché tutte le risposte rischiano di sembrare frasi fatte. Credo che significhi guardarsi attorno, non stare rinchiusi dentro le mura dell’egoismo ma mettersi a disposizione.

© riproduzione riservata

Che cosa è diventata la Palestina che raccontava Vittorio Arrigoni

Negli ultimi dieci anni la situazione nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania è ulteriormente peggiorata. I civili hanno continuato a subire attacchi militari da Israele, autoritarismo interno e chiusura dei confini

di Anna Maria Selini

Se Vittorio Arrigoni fosse ancora vivo, probabilmente starebbe a Gaza. Senza dubbio in questi 10 anni, dal suo blog Guerrillaradio o dai social, avrebbe continuato a monitorare e raccontare tutto ciò che ruota attorno alla Palestina. A partire da Colonna di nuvole e Margine protettivo, le maggiori operazioni israeliane lanciate contro la Striscia, che hanno provocato rispettivamente, nel 2012, la morte di 174 palestinesi (101 civili) e sei israeliani (quattro civili) e, nel 2014, di oltre 2.100 palestinesi (69% civili) e 73 israeliani (sei civili).

Gli scontri armati non si sono mai interrotti: dagli attacchi dell’esercito israeliano ai pescatori e ai contadini sul confine, agli omicidi mirati di palestinesi, e dall’altra al lancio di razzi. È stato un continuo di trattative mediate da Egitto, Qatar o Turchia. In cambio della pace venivano concesse più miglia pescabili, merci, aperture o gas, in un tira e molla devastante per la popolazione.

Nel 2017 l’Onu annunciò che la Striscia sarebbe diventata invivibile nel 2020, una facile profezia. Di certo in 10 anni Gaza -stretta da un assedio che dura dalla salita al potere di Hamas nel 2007- è diventata più povera e affamata: nel 2000 erano 80mila le persone che dipendevano dall’Unrwa, l’Agenzia Onu per i profughi palestinesi, ora sono oltre un milione. La disoccupazione supera il 50%, il 97% della popolazione non ha accesso all’acqua pulita e ha poche ore di elettricità al giorno. Ma la situazione non è meno grave in Cisgiordania. Secondo Oxfam, in tutti i Territori Occupati, a fine 2019, 2,5 milioni di persone dipendevano dagli aiuti umanitari e due milioni vivevano senza acqua pulita.

“Vittorio arrivò a Gaza dopo che Hamas aveva vinto le elezioni, nella divisione fisica, politica e sociale con l’Autorità nazionale palestinese (Anp) -ricorda Meri Calvelli, storica cooperante, rappresentante nel Paese per l’Asso...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Altreconomia 236 - Aprile 2021
  3. Indice dei contenuti
  4. Le mancate dosi di trasparenza a tutela delle multinazionali
  5. Monitor osservatorio sul mondo (aprile 2021)
  6. Una riforma fiscale per contrastare le disuguaglianze. Ecco perché
  7. Elogio delle tasse: perché servono per garantire diritti e democrazia
  8. “La voce di Vittorio non si è mai spezzata né è stata dimenticata”
  9. Che cosa è diventata la Palestina che raccontava Vittorio Arrigoni
  10. I brevetti sui farmaceutici collidono con il diritto alla salute
  11. Le responsabilità di Shell per il disastro nel Delta del Niger
  12. Il mancato discorso di Mario Draghi in Senato sulla crisi climatica
  13. Tutelare il diritto alla salute con una “epidemiologia della visibilità”
  14. L’assistenza negata alle invisibili vittime di tortura
  15. Cambiare i sistemi alimentari per sfamare il mondo
  16. Disha Ravi e le nuove pratiche per la giustizia climatica
  17. Servono regole nuove per debito e crediti
  18. Rwm in Sardegna, riconvertire si può: dalle armi a progetti sostenibili
  19. Rifiuti abbandonati: piaga di un Paese incivile
  20. Viaggio in Carnia, tra chi sogna la rinascita della montagna
  21. I “Bocconi boys” e il Piano nazionale di ripresa e resilienza
  22. Il popolo indigeno che resiste al crimine organizzato in Messico
  23. Tortura: sei anni dopo la sentenza Cestaro
  24. A scuola di lingua madre per non perdere le proprie radici
  25. Beni confiscati: occorrono più risorse e trasparenza
  26. Carolina Rapezzi. Immagini da una discarica infernale
  27. È regno dei banchieri. Senza opposizione
  28. Sapessi com’è strano pensare di cambiare Milano
  29. E allora le foibe?
  30. La pagina dei librai (da Altreconomia 236)
  31. La rivoluzione della moda equosolidale
  32. Il manifesto per una nuova politica dei territori