Pandemia da "Covid-19" e sistema tributario
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Pandemia da "Covid-19" e sistema tributario

Problematiche dell'emergenza, misure di sostegno e politiche fiscali

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Pandemia da "Covid-19" e sistema tributario

Problematiche dell'emergenza, misure di sostegno e politiche fiscali

Informazioni su questo libro

Il libro raccoglie un’ampia selezione di saggi che gli studiosi del diritto tributario hanno elaborato, nell’anno della pandemia, in tema di impatto della crisi sanitaria sul sistema economico e tributario, di principali strumenti di sostegno fiscale approntati dalla legislazione emergenziale e di prospettive di riforma.
All’interno del volume sono affiancati studi di respiro sistematico sulla politica fiscale nel nostro Paese e nell’Unione Europea, nella fase pandemica e post-pandemica, ad approfondimenti tecnici che spaziano dal cd. “superbonus” al processo tributario da remoto.
Ciò mira a consentire una lettura su più livelli delle molteplici problematiche e delle prospettive evolutive del sistema fiscale determinate dalla pandemia da Covid-19, così da offrire al lettore gli strumenti per interpretare questa dimensione tanto delicata quanto fondamentale dell’attuale e futuro contesto economico, giuridico e sociale.
L’opera è arricchita dall’introduzione del Prof. Giulio Tremonti, già Ministro dell’Economia e delle Finanze e già Vicepresidente della Camera dei Deputati, e dalle conclusioni del Prof. Franco Gallo, già Ministro delle Finanze e Presidente Emerito della Corte Costituzionale.

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Informazioni

Anno
2021
Print ISBN
9788833793283
eBook ISBN
9788833793290
Argomento
Diritto

CONCLUSIONI

Quali interventi postpandemia attuare in materia fiscale?
Franco Gallo[41]
1. L’uscita, speriamo prossima, dalla crisi globale da pandemia dovrebbe essere un’occasione per attuare, sul piano istituzionale, alcuni interventi legislativi che le passate politiche restrittive dell’Unione Europea, il forte indebitamento pubblico del nostro Paese e la mancanza di robuste maggioranze politiche non hanno consentito di effettuare con le dovute pienezza ed energia. Si dovrebbe far seguire alle iniziative straordinarie in atto, volte a far fronte alla grave crisi di liquidità di imprese e famiglie, alcune riforme organiche che concorrano a far uscire il Paese dalla crescita stagnante di quest’ultimo ventennio e correggano, in nome della solidarietà, alcune discutibili scelte fatte in passato. Tra le tante riforme in discussione, mi soffermerò qui solo su due.
La prima attiene alle politiche fiscali dirette a realizzare una più equa redistribuzione della ricchezza e, soprattutto, ad esorcizzare gli effetti negativi di un capitalismo digitale che finora è sfuggito al controllo pubblico ed è stato causa di incremento delle disuguaglianze; la seconda è diretta ad indicare molto sinteticamente quale potrebbe essere a livello costituzionale, dopo l’esperienza non del tutto positiva del passato ventennio, il riparto più opportuno delle competenze fra Stato e Regioni.
2. Si deve prendere atto che la produzione di beni, che il capitalismo digitale ad alto tasso di integrazione tecnologica consente utilizzando al minimo le unità lavorative, può essere un forte fattore di disoccupazione e, conseguentemente, può produrre anche la riduzione dei salari, della domanda di merci, delle contribuzioni previdenziali, del gettito fiscale e dell’assistenza sanitaria.
La crisi mondiale conseguente alla pandemia ha aggravato drammaticamente questa situazione ed ha reso non più rinviabili politiche di deglobalizzazione che siano dirette a limitare gli indicati gravi inconvenienti, senza comportare però la rinuncia ai vantaggi che lo strumento tecnologico, l’intelligenza artificiale e l’automazione possono offrire in termini di produzione. E la via al riguardo non può che essere quella di aggiungere agli attuali provvedimenti straordinari di sostegno e di sospensione dei pagamenti iniziative di più ampio respiro, che impegnino tutta l’Europa e siano dirette a costruire forme di governance pubblica la cui maggiore preoccupazione non sia tanto garantire l’equilibrio di bilancio e, perciò, la riduzione del debito, quanto attuare organici interventi condivisi a livello europeo. Queste iniziative dovrebbero consentire non solo di ammortizzare, nel breve e medio termine, le enormi conseguenze sociali ed economiche della crisi pandemica (soprattutto, il blocco simultaneo delle attività produttive e di consumo), ma anche di riassorbire, nel lungo termine, le disuguaglianze endemiche o, meglio, di socializzare la ricchezza prodotta dalle macchine e distribuirla anche sotto forma di lavoro.
La pandemia ci costringe, in altri termini, a constatare che non esiste un capitalismo davvero praticabile senza un forte sistema di servizi pubblici e senza una protezione dei beni (comuni) globali di interesse collettivo, quali sono appunto non solo la salute, ma anche l’istruzione, l’ambiente, la cultura e la biodiversità. Se si vuole imparare la lezione di questa dolorosa primavera, va perciò ripensato il ruolo del potere pubblico e il modo in cui produciamo e consumiamo. È inevitabile impegnare lo Stato e l’UE a riconvertire la produzione, regolare i mercati finanziari, lanciare un grande piano di risanamento per la reindustrializzazione ecologica e lo sviluppo delle energie rinnovabili e, last but not least, ridurre la pressione tributaria sulle famiglie e sulle imprese e costruire tributi europei che abbiano anche (e non solo) il fine di finanziare gli interventi antipandemia dell’UE.
È a quest’ultimo aspetto che intendo dedicare la prima delle due mie riflessioni, non senza aver prima sottolineato l’opportunità – condivisa dall’OCSE in un suo documento del 3 aprile 2020 (OECD Secretariat Analysis of Tax Treaties and the Impact of Covid-19 Crisis) – che nel periodo di global lockdown e in quello immediatamente successivo l’Amministrazione finanziaria applichi e interpreti le norme vigenti tenendo conto dell’eccezionalità del contesto, e cioè del fatto che esse sono state emanate in tempi, del tutto diversi, di piena mobilità delle persone e di operatività delle imprese.
3. Diverse sono le osservazioni da fare sulle linee di una possibile riforma fiscale postpandemia di carattere organico, che tenga conto, quanto ai tributi da istituire o razionalizzare, anche delle ineludibili istanze sovranazionali.
3.1. La prima considerazione che viene spontaneo fare, in tale prospettiva, è che i diversi interventi, eccezionali e straordinari, di sospensione dei termini e dei pagamenti, già attivati e in corso di attuazione, dovrebbero essere seguiti da un sapiente uso dello strumento tributario che abbia fini sia allocativi che ridistributivi.
Il che significa cogliere l’occasione della ripartenza postpandemia per realizzare una riforma organica che attribuisca alla tassazione e al sistema degli incentivi il fine di ottenere un giusto bilanciamento fra produzione e consumo, di ridistribuire in modo più appropriato redditi e ricchezza e di incentivare un lavoro riqualificato che non può essere svolto dall’intelligenza artificiale e dovrebbe essere assistito da garanzie comuni (sia esso lavoro subordinato, che autonomo o precario) ed impiegato anche nel settore del no profit, dell’economia sociale e della condivisione.
Si tratta non di tassare la tecnologia in sé, e cioè i robot come sostiene Bill Gates, ma di spostare, con interventi graduali e ragionevoli, il prelievo dai redditi di lavoro, familiari e di impresa ai sovraprofitti, ai grandi patrimoni, ai grandi lasciti ereditari e donazioni (attualmente assoggettati a una tassazione abbastanza ridotta e sperequata) e, soprattutto, al valore aggiunto economico di quelle digital enterprises che hanno costi marginali molto bassi e un elevato, direi quasi spropositato, valore di borsa. Mi riferisco, in particolare, al rafforzamento delle imposte successorie – sulla cui coerenza costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi la Corte costituzionale proprio in questi giorni – e alla tassazione a livello europeo sia delle transazioni finanziarie, sia dell’uso delle materie prime non rinnovabili (la c.d. carbon tax europea interna e alle frontiere), sia delle posizioni di rendita come quella della digital economy, derivanti dalla raccolta e dall’uso di dati e informazioni nei confronti dei privati (le c.d. web o digital taxes del tipo di quella sui servizi digitali introdotta in Italia – ma finora non applicata per “incompatibilità” con la Global Intangible Law Tax Income USA – dall’art. 1 della Legge di bilancio per il 2019, 30 dicembre 2018, n. 145).
Come ha detto il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella sua relazione di fine maggio, progetti riformatori di questo tipo dovrebbero essere integrati da una forte azione antievasione e antielusione. È eloquente al riguardo un passaggio della sua relazione, in cui si legge che “ciò che ci differenzia dalle altre economie avanzate è l’incidenza dell’economia sommersa e dell’evasione che si traduce in una pressione fiscale effettiva troppo elevata per quanti rispettano pienamente le regole”. Visco invita perciò i governanti a ripensare la struttura della tassazione in modo da tener conto del rinnovamento del sistema di protezione sociale “e a porsi l’obiettivo di ricomporre il carico fiscale a beneficio dei fattori produttivi”. Le ingiustizie e i profondi effetti distorsivi che derivano da evasione e sommerso si riverberano, infatti, sulla “capacità di crescere e di innovare delle imprese e generano rendite a scapito dell’efficienza del sistema produttivo”.
Questo invito è in linea con la posizione dell’attuale governo che, attraverso il Presidente del Consiglio, in questi giorni ha sempre indicato la riforma tributaria come uno degli obiettivi della politica di rilancio del nostro Paese.
Vale la pena soffermarci sui più rilevanti punti di un percorso riformatore, iniziando da quello che potremmo genericamente definire il “Fisco europeo”.
3.2. Va sottolineato che alcuni dei tributi da istituire o razionalizzare nell’indicata ottica sono stati caldeggiati dall’OCSE, sono stati oggetto di specifiche proposte di Direttiva della Commissione UE e sono coerenti con il dettato dell’art. 311 del Trattato sul Funzionamento dell’UE (TFUE). In tale articolo si legge, infatti, che “L’Unione si dota dei mezzi necessari per conseguire i suoi obiettivi e per portare a compimento le sue politiche” e che “Il bilancio, fatte salve le altre entrate, è finanziato integralmente tramite risorse proprie”. Il Consiglio, a sua volta, “deliberando secondo una procedura legislativa speciale, all’unanimità e previa consultazione del Parlamento europeo, adotta una decisione che stabilisce le disposizioni relative al sistema delle risorse proprie dell’Unione”.
I tributi più importanti, la cui istituzione è stata oggetto di diverse proposte di Direttiva della Commissione, non hanno raccolto finora l’unanimità di consenso dei Paesi membri. La situazione ...

Indice dei contenuti

  1. Copertina
  2. Frontespizio
  3. Colophon
  4. Indice
  5. Presentazione
  6. INTRODUZIONE
  7. I: Diritto costituzionale, diritto europeo e politica fiscale
  8. II: Procedimento tributario e sanzioni
  9. III: Processo e giustizia tributaria
  10. IV: Agevolazioni fiscali e misure emergenziali
  11. V: Fiscalità dei rapporti internazionali
  12. CONCLUSIONI